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sezione I; ordinanza 11 gennaio 1999, n. 20; Pres. Tosti, Est. Leoni; Codacons e Associazione per la...

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sezione I; ordinanza 11 gennaio 1999, n. 20; Pres. Tosti, Est. Leoni; Codacons e Associazione per la tutela dei diritti del malato (Avv. Lioi, Rienzi, Saporito, Montaldo, Viti, Mirenghi, Caracuzzo, Marconi) c. Min. sanità (Avv. dello Stato Tamiozzo), Associazione italiana industriali della birra e del malto e Associazione italiana industriali delle bevande analcoliche (Avv. Mosco, Longo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 99/100-101/102 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192879 . Accessed: 24/06/2014 22:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.51 on Tue, 24 Jun 2014 22:00:41 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; ordinanza 11 gennaio 1999, n. 20; Pres. Tosti, Est. Leoni; Codacons e Associazione perla tutela dei diritti del malato (Avv. Lioi, Rienzi, Saporito, Montaldo, Viti, Mirenghi,Caracuzzo, Marconi) c. Min. sanità (Avv. dello Stato Tamiozzo), Associazione italiana industrialidella birra e del malto e Associazione italiana industriali delle bevande analcoliche (Avv. Mosco,Longo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 99/100-101/102Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192879 .

Accessed: 24/06/2014 22:00

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PARTE TERZA

vanza dirimente alla concreta, maggiore o minore, impegnativi tà delle funzioni assolte.

Parimenti l'assimilazione paventata dall'appellante non può essere desunta dalla ratio dell'opzione normativa, rappresentata da una presunzione di impossibilità di proficuo assolvimento dei compiti istituzionali in presenza dell'adibizione contestuale a compiti esterni di carattere assorbente, posto che, alla luce della valenza eccezionale della disciplina de qua, la verifica del

raggio di azione di detta presunzione è rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore. La circostanza che la legge non ab bia contemplato la figura, certamente conosciuta nel quadro nor

mativo, del commissario liquidatore, per certo opinabile in rela zione all'indubbia impegnatività dei compiti ed alle attività ge stionali correlate, non è superabile attraverso un'azione di

ortopedia interpretativa sfociante nella creazione di un mecca nismo analogico, essendo anzi con tutta probabilità spiegabile in relazione alla fisiologica limitatezza temporale e teleologica dei compiti assolti dal commissario liquidatore.

Non assume infine rilievo decisivo il dato che all'individua zione della nomina ad amministratore delegato e presidente il

legislatore faccia seguire la formulazione della deroga rappre sentata dalle «cariche comunque direttive di enti a carattere pre valentemente culturale o scientifico», posto che la normativa, anche in tale ipotesi, allude agli incarichi relativi alla fisiologia della vita dell'ente e non alla dimensione patologica della liqui dazione dello stesso.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del l'art. 9 1. 3 gennaio 1981 n. 1 e dell'art. 5, 1° comma, 1. 9 dicembre 1985 n. 705 nonché il vizio di eccesso di potere. Os serva che ai lavori della commissione ha preso parte il prof. Piero Alberto Capotosti che, in quanto eletto, pur se successi vamente all'insediamento dell'organo collegiale, membro del Con

siglio superiore della magistratura, avrebbe dovuto essere invi tato dall'amministrazione a dimettersi, stante l'applicabilità ai membri del Csm del regime di incompatibilità previsto per i

giudici della Corte costituzionale. La censura non è fondata. L'art. 5 1. 9 dicembre 1985 n. 705, diversamente dalla prece

dente disciplina dettata dall'art. 9 1. 3 gennaio 1981 n. 1, nel

disciplinare compiutamente il sistema delle incompatibilità per il Csm, ha rinviato all'art. 7, 3° e 4° comma, 1. n. 87 del 1953, senza richiamare il dettato del 5° comma, che vieta ai giudici della Corte costituzionale di «far parte delle commissioni giudi catrici di concorso». La comparazione delle normative in esame consente di ritenere, diversamente da quanto opinato dall'ap pellante, che il mancato richiamo del 5° comma citato, lungi dal derivare dalla volontà del legislatore di fare riferimento alle modalità di collocamento fuori ruolo — in relazione al quale intento sarebbe stato superfluo il richiamo del divieto — sia

espressivo della scelta di distinguere con nettezza la posizione dei giudici costituzionali da quella dei componenti del Csm. Se

gnatamente, alla luce del quadro normativo di riferimento, si

appalesano condivisibili le osservazioni del primo giudice secon do cui «l'esclusione dei docenti universitari è chiaramente colle

gata all'intervenuto collocamento fuori ruolo», mentre «in as senza di ulteriori elementi normativi che dispongano specifica mente l'incompatibilità di chi fa parte di una commissione di concorso quando all'epoca della nomina non si trovasse nella

posizione di fuori ruolo, sono fatte salve le posizioni già acqui site dalle commissioni di concorso».

A sostegno dell'assunto depone la norma, da ritenersi di ca rattere generale, dettata dall'art. 3, 5° comma, 1. 7 febbraio 1979 n. 31, secondo cui «eventuali modificazioni di stato giuri dico di professore universitario o il determinarsi di situazioni di incompatibilità non influiscono sulla composizione delle com missioni già nominate».

Applicando le coordinate ermeneutiche al caso di specie deve concludersi che la nomina come componente del Csm del prof. Capotosti, essendo intervenuta successivamente all'insediamen to della commissione, non inficia la legittimità dell'operato del la medesima.

Con l'ultimo motivo si prospetta la violazione dell'art. 3, 15°

comma, 1. 7 febbraio 1979 n. 31, unitamente al vizio di eccesso di potere. Ad avviso dell'appellante, illegittimamente la com missione avrebbe ritenuto nulla la prima votazione, all'esito della

quale il ricorrente aveva riportato la maggioranza dei consensi

(cinque su nove votanti), per poi procedere ad una seconda vo tazione in forza della quale lo stesso candidato, senza motiva zione alcuna, aveva riportato un voto in meno. Detta condotta colliderebbe con la disciplina di legge in base alla quale la com

missione, lungi dal poter invalidare l'esito della votazione ini

II Foro Italiano — 1999.

ziale, avrebbe dovuto proporre al ministro per la nomina i can didati che avevano riportato nell'ordine il maggior numero di voti.

Il motivo non merita positiva valutazione. Ai sensi dell'art. 3, 15° comma, 1. n. 31 del 1979, «al termine

dei suoi lavori, da concludersi entro sei mesi dalla data del ban do di concorso, la commissione redige una relazione analitica in cui sono riportati i giudizi sui singoli candidati e il giudizio complessivo della commissione, in base alla quale essa propone, previa votazione, i vincitori in numero non superiore ai posti messi a concorso e senza ordine di precedenza».

La previsione legislativa in merito al divieto della proposta di un numero di candidati superiore ai posti messi a concorso, evidentemente spiegabile con la volontà di evitare la formalizza zione di qualifiche di mera idoneità, per lo meno consente, tra le varie opzioni praticabili, la decisione della commissione, nel la specie formalizzata in via preventiva, di ripetere la votazione laddove la maggioranza dei consensi venga ottenuta da parte di un numero di docenti superiore al numero dei posti disponibili.

Ad avviso del collegio è da escludere che per ripetere la vota zione la commissione avesse l'obbligo di verbalizzare l'esito del la comparazione tra i candidati, non essendo un adempimento di tal genere prescritto né voluto dalla disciplina legislativa. In

particolare, non coglie nel segno il rilievo secondo cui il diverso esito della seconda votazione, sub specie di sottrazione di un voto al ricorrente, avrebbe richiesto uno specifico corredo moti vazionale posto che, alla luce della dichiarata inefficacia della

prima votazione, la coagulazione dei consensi su alcuni candi

dati, con correlativa sottrazione ad altri, si appalesano quali evenienze fisiologiche non abbisognanti di specifica motivazio ne. Non appare infine pertinente il richiamo ai principi di cui all'art. 3 1. n. 241 del 1990, posto che le motivazioni delle scelte amministrative sono rinvenibili nei giudizi previamente espressi, non invalidati dalla nullità della prima votazione, e che, alla luce dei criteri predeterminati dalla commissione, la votazione

poi ripetuta, nella quale peraltro il ricorrente non si era classifi cato in posizione utile in rapporto ai posti messi a concorso, non aveva consolidato alcun affidamento tutelabile.

Le considerazioni esposte impongono la reiezione dell'appello.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; ordinanza 11 gennaio 1999, n. 20; Pres. To

sti, Est. Leoni; Codacons e Associazione per la tutela dei diritti del malato (Avv. Lioi, Rienzi, Saporito, Montaldo, Viti, Mirenghi, C arac uzzo, Marconi) c. Min. sanità (Avv. dello Stato Tamiozzo), Associazione italiana industriali della birra e del malto e Associazione italiana industriali delle be vande analcoliche (Avv. Mosco, Longo).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; ordinanza 11 gennaio 1999, n. 20; Pres. To

Giustizia amministrativa — Alimenti e bevande — Commercia lizzazione di lattine pericolose per i consumatori — Rigetto della richiesta di inibitoria — Istanza di sospensione — Ordi ne di riesame (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21; d.p.r. 23 agosto 1982 n. 777, attuazione della direttiva Cee n. 76/893 relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, art. 4; d.leg. 17 marzo 1995 n. 115, attuazione della direttiva 92/59/Cee relativa alla sicurezza ge nerale dei prodotti, art. 2, 6; d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, ema nate in attuazione dell'art. 11, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, art. 33; 1. 30 luglio 1998 n. 281, disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, art. 3).

Sussistono i presupposti per accogliere (ai fini del riesame, da

parte dell'amministrazione, dell'atto impugnato e della con

seguente adozione delle opportune misure) l'istanza di sospen sione dell'esecuzione del provvedimento con cui era stata ri

gettata la richiesta di inibire la commercializzazione delle lat tine provviste del sistema di apertura «stay on tab», senza

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

considerare le ragioni di rischio per i consumatori emerse nel

corso della procedura di verifica. (1)

Visto l'art. 33 d.leg. 31 marzo 1998 n. 80; visto l'art. 3 1. 30 luglio 1998 n. 281; visto il d.p.r. 23 agosto 1982 n. 777, concernente attuazione

della direttiva Cee n. 76/893 relativa ai materiali e agli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, che

prevede: — all'art. 4, 1° comma, che i materiali e gli oggetti non an

cora venuti a contatto con i prodotti alimentari devono riporta re all'atto della loro immissione in commercio, fra l'altro . . .

b) le condizioni particolari che devono essere osservate al mo

mento del loro impiego, qualora tali indicazioni si rendano ne

cessarie; — all'art. 4, 2° comma, che le indicazioni previste al 1° com

ma devono essere riportate in modo ben visibile, chiaramente

leggibile ed indelebile al momento della vendita al consumatore

finale: sui materiali e sugli oggetti o sugli imballaggi, oppure sulle etichette appostevi oppure sui cartellini, chiaramente visi

bili ai clienti, posti nelle immediate vicinanze dei materiali e degli oggetti.

Visto il d.leg. 17 marzo 1995 n. 115, concernente attuazione

della direttiva 92/59/Cee, relativa alla sicurezza generale dei pro dotti che all'art. 2 definisce «prodotto sicuro» il prodotto che, in condizioni di uso normale o ragionevolmente prevedibile, com

presa la durata, non presenta alcun rischio oppure presenta uni

camente rischi minimi compatibili con l'impiego del prodotto o considerati accettabili nell'osservanza di un livello elevato di

tutela della salute e della sicurezza delle persone, in funzione, in particolare, dei seguenti elementi: 1) caratteristiche del pro

dotto; 2) effetti del prodotto su altri prodotti, quando è ragio nevolmente prevedibile il loro uso congiunto; 3) presentazione del prodotto, etichettature, eventuali istruzioni per l'uso, elimi

nazioni nonché qualsiasi altra indicazione o informazione forni

ta dal produttore; che definisce «prodotto pericoloso» il prodotto che non ri

sponde alla definizione di prodotto sicuro come precedentemen te definito;

visto l'art. 6 del medesimo decreto legislativo (controlli) che

(1) Continua a far discutere il meccanismo di apertura delle lattine

contenenti bevande, alcoliche ed analcoliche, di largo consumo. Abban

donato pressoché generalmente il sistema «a strappo», ritenuto nocivo

per l'ambiente (a causa della dispersione delle linguette metalliche) e

pericoloso per i consumatori (essendo le linguette taglienti), la parte

più cospicua delle lattine vendute nel nostro paese è stata provvista del sistema stay on tab. Quest'ultimo, peraltro, se consente di ovviare

agli inconvenienti testé evidenziati, comporta rischi potenzialmente più

gravi per la salute dei consumatori, in quanto lo scivolamento della

linguetta all'interno della lattina fa sì che essa venga inevitabilmente a contatto con il liquido ivi contenuto. Come risulta dall'ordinanza in

epigrafe, era stato chiesto al ministero della sanità, competente ad ef

fettuare le verifiche sulla sicurezza (sul sistema dei controlli introdotto

dal d.leg. 115/95, v. A. Cantù, Il d.leg. 17 marzo 1995 n. 115 sulla

sicurezza generale dei prodotti, in Resp. civ., 1996, 819 ss.), di vietare

la commercializzazione dei prodotti in questione, ma l'amministrazione — nonostante i pareri non propriamente tranquillizzanti dell'Istituto

superiore della sanità e del Consiglio superiore della sanità — rigettava l'istanza.

Il collegio giudicante, evocando in premessa una pluralità di disposi zioni normative (tra cui quella concernente i diritti dei consumatori), ma facendo essenzialmente leva sulla normativa di derivazione comuni

taria concernente la sicurezza dei prodotti e sulle perplessità manifesta te dagli organi tecnici intervenuti nella procedura di verifica, ha accolto

la domanda di sospensione incidentale del provvedimento negativo, or

dinando all'amministrazione di riesaminare la situazione e di adottare le misure ritenute più idonee (in tema di tutela cautelare nei confronti

degli atti negativi, v. Cons. Stato, sez. IV, ord. 21 ottobre 1997, n.

2056, Foro it., 1998, III, 306, con nota di F. Fracchia, Osservazioni in tema di misure cautelari di carattere dispositivo nel giudizio ammini

strativo:; cfr. altresì Cons. Stato, sez. IV, ord. 27 ottobre 1998, n. 1770,

ibid., 597, che ha ordinato all'amministrazione il riesame della situazio

ne, in accoglimento di un'istanza cautelare proposta in materia rien

trante nella giurisdizione amministrativa esclusiva ex art. 33 d.leg. 80/98)

presumibilmente da scegliere tra quelle previste dall'art. 6, 3° comma,

d.leg. 115/95, in un ventaglio che va dall'apposizione sul prodotto di

adeguate avvertenze circa i rischi che esso può presentare fino al più drastico ritiro del prodotto dal commercio.

Da segnalare, altresì, che la detenzione per il commercio dei prodotti insicuri, destinati a venire a contatto con sostanze alimentari, può avere

conseguenze sul piano penale: cfr. Cass. 25 ottobre 1996, Castelluci,

id., Rep. 1997, voce Alimenti e bevande, nn. 75, 76, in tema di conteni

tori di cartone per pizze, con quantitativo di piombo superiore al con

sentito.

Il Foro Italiano — 1999.

prevede che le amministrazioni controllanti (fra cui il ministero

della sanità) provvedono, in misura proporzionale alla gravità del rischio a:

— disporre, anche dopo che il prodotto sia stato immesso

sul mercato come prodotto sicuro, adeguate verifiche delle sue

caratteristiche di sicurezza fino allo stadio dell'utilizzo e del

consumo; . . . — sottoporre l'immissione del prodotto sul mercato a condi

zioni preventive in modo da renderlo sicuro e disporre l'apposi zione sul prodotto di adeguate avvertenze sui rischi che esso

può presentare; — disporre che le persone che potrebbero essere esposte a

rischio derivante da un prodotto siano avvertite tempestivamen te ed in forma adeguata di tale rischio, anche mediante la pub blicazione di avvisi; . . .

— disporre, entro un termine perentorio, l'adeguamento del

prodotto o di un lotto di prodotti già commercializzati, agli

obblighi di sicurezza previsti dal decreto stesso, qualora non

vi sia un rischio imminente per la salute e l'incolumità

pubblica; . . . visto il parere espresso dall'istituto superiore di sanità in data

11 dicembre 1992, che esprime la potenziale pericolosità per la

salute pubblica dell'utilizzazione del sistema di apertura delle

lattine di bibita di cui si discute; visti i successivi pareri espressi dallo stesso istituto in data

3 novembre 1993 e 6 novembre 1996; considerato che in quest'ultimo parere, espresso a seguito di

apposita sperimentazione, l'istituto indicato conclude che, an

che in assenza di documentate indagini epidemiologiche, da un

punto di vista igienico è importante che la superficie delle latti

ne risulti pulita all'atto del consumo e che una ulteriore sicurez

za, oltre alle normali norme di igiene già previste, potrebbe es

sere rappresentata dall'apporre all'esterno della lattina un'av

vertenza che induca il consumatore a pulire accuratamente il

fondello prima dell'immersione del dispositivo nella massa del

prodotto; visto il parere espresso dal consiglio superiore di sanità nella

seduta del 20 novembre 1996 che, nel fare proprie le conclusio

ni espresse dall'istituto superiore di sanità, ha concluso per la

permanenza dal punto di vista igienico sanitario della probabili tà di un possibile rischio per il consumatore;

rilevato che nella circolare n. 704/33.66/53 del 1997 concer

nente «dispositivo di apertura delle lattine contenenti bevande»

non appaiono considerate né le ragioni di rischio potenziale emer

se nel corso della procedura di verifica attivata dall'amministra

zione sanitaria né le cautele consigliate nell'assunzione delle be

vande attraverso lattine provviste dell'indicato dispositivo di

apertura. Per questi motivi, alla luce di quanto indicato in premessa,

accoglie la suindicata domanda incidentale di sospensione ai fi

ni del riesame del provvedimento impugnato da parte del mini

stero della sanità e della conseguente adozione degli opportuni

provvedimenti.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 20 maggio 1998, n. 1728; Pres. Schi

naia, Est. Romano; Sena e altri (Avv. Sanino) c. Pres. cons,

ministri (Avv. dello Stato Palmieri).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Personale appar tenente alle ex qualifiche ad esaurimento dei ministeri — Con

tratto collettivo nazionale di lavoro — Trattamento economi

co — Violazione di norme imperative — Esclusione (D.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento au

tonomo, art. 61; d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizza

zione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e

revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a nor ma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 25, 45, 46, 49,

72; d.p.c.m. 30 dicembre 1993 n. 593, regolamento concer

nente la determinazione e la composizione dei comparti di

contrattazione collettiva di cui all'art. 45, 3° comma, d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 3, 11).

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