sezione I; ordinanza 7 ottobre 1986, n. 230; Pres. Caruso, Rel. De Marco, P. M. Schiavello;Comune di MontescanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 235/236-237/238Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178749 .
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PARTE TERZA
Diritto. — L'appello, con il quale il comune di Roma sostiene
la tesi della vigenza della disposizione del regolamento edilizio
del comune di Roma che sancisce la decadenza delle concessioni
edilizie quando i lavori siano rimasti sospesi per oltre sei mesi, non è fondato e va respinto.
La fonte legale del potere regolamentare dei comuni in materia
edilizia è, attualmente, l'art. 33 1. 17 agosto 1942 n. 1150, secon
do cui i comuni debbono provvedere con regolamento a discipli nare precipuamente le materie di edilità ivi elencate, in armonia
con le disposizioni contenute nella legislazione urbanistica e sani
taria. Vigente la legge urbanistica fondamentale del 1942 nel te
sto originario, il cui art. 31 prevedeva la licenza di costruzione
senza disciplinare la validità temporale, le norme regolamentari concernenti i termini iniziali e finali per l'esecuzione della costru
zione ovvero il tempo massimo di sospensione dei lavori, erano, ancorché disciplinanti materia non specificamente prevista nell'e
lencazione esemplificativa dell'art. 33, in armonia con la legisla zione urbanistica. Dette norme infatti rispondono all'esigenza di
evitare che i lavori edilizi, protraendosi indefinitamente, tengano
troppo a lungo in istato di dissesto le aree interessate e sfuggano al controllo dell'autorità preposta alla disciplina del territorio, che potrebbe dover tollerare l'esecuzione di lavori consentiti mol
to tempo prima e non più rispondenti agli strumenti urbanistici
vigenti. La materia è stata poi disciplinata dall'art. 4 1. 28 gennaio 1977
n. 10 (preceduto dall'art. 10 1. 6 agosto 1967 n. 765 che limitava
l'efficacia temporale della licenza in relazione all'inizio dei lavo
ri), nel senso che le concessioni edilizie debbono contenere il ter
mine iniziale e finale dei lavori nei limiti massimi stabiliti dalla legge stessa.
Posto quindi che, nella nuova cornice legislativa, all'esigenza di limitare la durata dei lavori edilizi provvede la legge stessa, la disposizione contenuta nell'art. 11 del regolamento edilizio del
comune di Roma (approvato con deliberazioni 18 agosto 1934, n. 5261 e 29 settembre 1934, n. 6032 e n. 6033 del governatore della città), secondo cui l'autorizzazione (ora concessione) si in
tende decaduta quando le opere siano rimaste sospese per più
In altri casi la giurisprudenza ha ritenuto che l'abrogazione di una nor ma per il fatto che la nuova legge regola l'intera materia già regolata da legge anteriore opera esclusivamente per la volontà novativa del legis latore e prescinde dalla circostanza che vi sia o meno tra le due discipline succedutesi nel tempo incompatibilità generale o su punti specifici, realiz zandosi invece l'altra figura della abrogazione per incompatibilità tra la nuova legge e quella anteriore quando il contrasto sia tale da renderne
impossibile la contemporanea applicazione: cfr. Cass. 7 marzo 1979, n.
1423, id., Rep. 1979, voce cit., n. 44; 26 marzo 1973, n. 830, id., 1973, I, 3128, con nota di richiami.
Nella decisione che qui si riporta il Consiglio di Stato afferma inciden talmente che anche a voler ritenere non verificata nel caso di specie una
abrogazione tacita della disposizione regolamentare, secondo una delle
figure sopra ricordate, la norma del regolamento edilizio del comune di Roma risulterebbe tuttavia pur sempre contraria alla legge poiché emana ta al di là dei limiti di competenza entro i quali i regolamenti devono
contenersi, ai sensi dell'art. 3, 2° comma, c.c., limiti che risultano fissati dall'art. 33 1. 17 agosto 1942 n. 1150.
A voler prospettare in questi termini la questione, si dovrebbe però affermare che nella specie si è verificato non un effetto abrogativo, bensì una ipotesi di invalidità da far valere con i comuni mezzi di impugnazione.
L'affermazione secondo cui una norma regolamentare può essere abro
gata da una norma di legge successiva è condivisa da una giurisprudenza costante: cfr. T.A.R. Emilia-Romagna 19 giugno 1981, n. 337, id., Rep. 1982, voce cit., n. 47; T.A.R. Sicilia, sez. Catania, 28 settembre 1978, n. 414, id., Rep. 1979, voce cit., n. 414; Corte conti, sez. contr. reg. sic., 16 dicembre 1976, n. 154, id., Rep. 1977, voce cit., n. 29; Cass. 5 gennaio 1975, n. 427, id., Rep. 1975, voce cit., n. 26; 17 gennaio 1967, Rescia, id., Rep. 1968, voce Piano regolatore, n. 366. Né tale affermazio ne si può ritenere contraddetta dalla qualificazione di regolamenti edilizi comunali: cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 1980, n.
949, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 281; Cass. 3 febbraio
1973, n. 1962, id., 1973, I, 116; 3 febbraio 1973, n. 350 ibid., 1041, con nota di richiami.
In termini generali sulla decadenza della concessione edilizia per inos servanza del termine finale, cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 1985, n. 288, id., Rep. 1985 voce cit., n. 580; Cass. 2 agosto 1984, n. 4601, id., Rep. 1984, voce cit., n. 532; Cons. Stato sez. V, 26 aprile 1984, n. 314, ibid., n. 535; 11 luglio 1980, n. 695, id., 1981, III, 613, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1987.
di 180 giorni, non svolge più nessuna utile funzione e viene quin di a limitare ingiustificatamente la libertà dei privati.
Va poi osservato che l'abrogazione tacita di disposizione rego lamentare ad opera di disposizione di legge successiva non si veri
fica soltanto quando tra le due disposizioni vi sia un contrasto
logico tale da renderne inconcepibile la contemporanea vigenza
(come invece è nel rapporto tra leggi succedentisi nel tempo), ma
altresì quando la disposizione di legge successiva modifichi i limi
ti di competenza nei quali, a norma dell'art. 3, 2° comma, pre
leggi, i regolamenti devono contenersi, in modo tale che la
precedente disposizione regolamentare venga ad essere, indiretta
mente, contraria alla legge. Nel caso di specie la disposizione del regolamento edilizio cita
ta non essendo, per quanto sopra detto, in armonia con la nor
mativa legale sulle concessioni edilizie introdotta dall'art. 4 1. n.
10 del 1977, esula dai limiti di competenza assegnati ai regola menti edilizi dall'art. 33 1. n. 1150 del 1942 e deve pertanto rite
nersi abrogata, come correttamente ha ritenuto il giudice di primo
grado con la sentenza che va qui confermata. (Omissis)
CORTE DEI CONTI; sezione I; ordinanza 7 ottobre 1986, n.
230; Pres. Caruso, Rei. De Marco, P. M. Schiavello; Co
mune di Montescano.
CORTE DEI CONTI;
Comune e provincia — Conto consuntivo — Firma di un solo
revisore — Effetti (R.d. 3 marzo 1934 n. 383, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 309).
Se il conto consuntivo di un comune sia stato firmato da un solo
revisore, giacché gli altri due si erano rifiutati di rivederlo, in
quanto relativo ad anno anteriore alla loro elezione a consiglie
ri, la Corte dei conti ordina al sindaco del comune di deposita re entro novanta giorni la relazione del conto consuntivo, da
redigersi previo suo esame ora per allora dall'intero collegio
(temporaneo ma perfetto) dei revisori. (1)
Nei giudizi, riuniti ai sensi dell'art. 274 c.p.c., sui conti con
suntivi del comune di Montescano (PV), relativi agli esercizi fi
nanziari 1977, 1978, 1979, 1980 e 1981.
Vista la relazione del magistrato designato quale relatore sui
conti, iscritta al n. EL/4353 del registro di segreteria; (omissis) Premesso che, con la predetta relazione, il magistrato relatore
aveva richiesto il giudizio della sezione su talune irregolarità ge stionali e contabili rilevate in sede di istruttoria preliminare sui
conti in questione; Considerato che, in relazione alle segnalate irregolarità, sono
intervenuti elementi e chiarimenti da parte del sindaco del comu
ne di Montescano, che ha anche trasmesso le delibere adottate
in sanatoria, con le quali sono state apportate ai conti consuntivi
all'esame le conseguenziali rettifiche;
Rilevato, peraltro, che — relativamente al conto dell'esercizio
1979 — la relazione prescritta dall'art. 309 t.u. n. 383 del 1934
è stata sottoscritta da uno solo dei revisori designati, avendo gli altri due ritenuto non opportuno revisionare il conto stesso, per ché riferito ad un periodo durante il quale essi, nominati alla
carica di consiglieri comunali dopo le elezioni amministrative dell'8
giugno 1980, erano estranei all'amministrazione comunale; Considerato che l'esimente addotta non possa accogliersi, perché:
(1) Sulla rilevanza della relazione dei revisori del conto consuntivo del
comune, Corte conti, sez. I, 14 luglio 1984, n. 130, Foro it., Rep. 1985, voce Responsabilità contabile, n. 289.
La medesima sez. 1, con l'ordinanza 29 gennaio 1986, n. 2, id., 1986, III, 349, con osservazioni di Verrienti, dopo aver chiesto invano al sin daco il deposito del conto e degli adempimenti connessi, ha mandato alla competente sezione del comitato regionale di controllo l'esercizio del controllo sostitutivo, mediante l'invio di un commissario ad acta, e la comunicazione della relativa spesa.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
— la relazione dei revisori dei conti è atto indispensabile ai
fini della corretta approvazione del conto consuntivo, che rinvie
ne la sua ratio sostanziale nella necessità che l'esame del conto
da parte del consiglio sia preceduta da una fase di verifica de
mandata a soggetti di fiducia del consiglio stesso e da questo
designati, ditalché essa assume rilievo decisivo ed essenziale sul
piano della effettività del controllo dell'assemblea elettiva sulla
gestione dell'ente (cfr. sez. I 10 giugno 1983, n. 101; 4 ottobre
1983, n. 124); — la legge (art. 309 citato) dispone che «il conto è sottoposto
all'esame di tre revisori», ai quali è congiuntamente fatto obbligo di tempestivamente adempiere a tale incombenza («l'esame del
conto deve essere effettuato dai revisori entro il termine di tre
mesi»): le disposizioni surriferite inducono a ritenere che si tratti
nella specie di un organo collegiale (temporaneo) perfetto, sicché
l'esame del conto da parte di uno solo dei tre revisori designati
equivale, nella sostanza, al mancato esame del conto stesso, infi
ciando di nullità la relativa relazione;
Ritenuto, pertanto, che occorre che il collegio dei revisori si
riunisca, ora per allora, ai fini del prescritto adempimento di leg
ge e che la relativa relazione, congiuntamente sottoscritta da tutti
i componenti, sia acquisita al conto, sottoposto al giudizio; Visto il t.u. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con
r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; Per questi motivi, la sezione la giurisdizionale per le materie
di contabilità pubblica, sospesa ogni pronuncia in merito, ordina
al sindaco del comune di Montescano (PV) di depositare nella
segreteria della sezione, entro novanta giorni dalla data di notifi
ca della presente, la relazione dei revisori del conto consuntivo
relativo all'esercizio finanziario 1979, da redigersi previo esame — ora per allora — del conto stesso da parte dei suddetti reviso
ri, cosi come specificato in parte motiva. (Omissis)
CORTE DEI CONTI; sezione controllo; deliberazione 28 novem
bre 1985, n. 1599; Pres. Pietranera, Rei. Marletta; Min.
agricoltura e foreste.
Impiegato dello Stato e pubblico — Governo — Componenti —
Diritto all'indennità — Prescrizione quinquennale (Cod. civ., art. 2935, 2948; r.d. 19 gennaio 1939 n. 295, recupero dei cre
diti verso impiegati e pensionati, e prescrizione biennale di sti
pendi, pensioni e altri emolumenti, art. 2; 1. 8 aprile 1952 n.
212, revisione del trattamento economico dei dipendenti statali,
art. 2; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni
dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche a ordina
mento autonomo, art. 47).
Il diritto all'indennità dei membri del governo si prescrive in cin
que anni. (1)
(1) Non constano precedenti editi in termini. Sul diniego della qualifica di impiegato ai membri del governo cfr.,
da ultimo, Corte conti, sez. contr., 6 dicembre 1979, n. 1020, Foro it.,
1981, III, 237, con nota di richiami (che, pur qualificando come «stipen dio» il compenso spettante per legge al membro del governo, precisa che
non si tratta di rapporto di pubblico impiego ed è dunque possibile il
cumulo della carica di ministro e del relativo «stipendio» con altri impie
ghi e stipendi); 13 gennaio 1972, n. 467, id., Rep. 1972, voce Impiegato dello Stato, n. 40. Sul punto v. anche Corte conti, sez. Ili, 20 luglio
1968, n. 25651, id., 1968, III, 415, con nota di richiami, in merito alla
vicenda della pensione a Rachele Mussolini. Va tuttavia precisato che
in tale occasione non è stata direttamente affrontata la problematica del
rapporto di pubblico impiego, giacché la corte ha ritenuto esistere norme
specifiche disciplinanti il trattamento pensionistico dei membri del gover no a prescindere dalla costituzione o meno di un rapporto di pubblico
impiego. Per ulteriori riferimenti sui ministri, cfr. Cass. 18 dicembre 1985, n. 6441, id., 1987, I, 569, con nota di richiami di L. Verrienti.
Più in generale, sulla natura giuridica del rapporto di servizio del fun
zionario onorario — e tale è il membro del governo — e sui caratteri
fisionomici del funzionario onorario rispetto al pubblico impiegato: Cass.
20 marzo 1985, n. 2033, id., 1985, I, 1652, con nota di richiami (scelta di carattere amministrativo-tecnico, mediante procedure concorsuali quanto
Il Foro Italiano — 1987.
Diritto. — La questione che la sezione del controllo è chiamata
a risolvere riguarda sia la natura giuridica della prescrizione del
diritto ai compensi, di cui sono titolari i membri del governo, sia l'operatività della prescrizione stessa.
In ordine al primo punto il collegio ricorda innanzi tutto la
deliberazione del 13 febbraio 1972, n. 467 (Foro it., Rep. 1972, voce Impiegato Stato, n. 40), con la quale si evidenziò che «i
membri del governo vanno considerati titolari di un pubblico uf
ficio, ma privi della qualifica di impiegati, vale a dire che il loro è un rapporto di preposizione ad un officium che non va qualifi cato anche di impiego».
Sulla natura di rapporto di servizio onorario, che si instaura
fra componente del governo e amministrazione, concorda il Con
siglio di Stato, sez. I, con parere in data 11 gennaio 1985, nel
quale si sostiene pure che il compenso percepito dai membri del
governo non è una retribuzione ma un'indennità.
Alla luce di tale qualificazione e tenuto conto della periodicità dei compensi, la fonte normativa che prevede la prescrizione del
relativo diritto va individuata non nell'art. 2 r.d. 19 gennaio 1939
n. 295 (inteso ai sensi della sentenza della Corte costituzionale
n. 50 del 1981, id., 1981, I, 1224), ma nell'art. 2948, n. 4, c.c.
L'amministrazione, pur riconoscendo l'applicabilità del men
zionato art. 2948, n. 4, c.c., sostiene l'operatività della prescri zione decennale, in quanto la qualificazione della circolare n. 70
del 16 settembre 1981 come un formale atto di riconoscimento
del diritto comporterebbe il mutamento del titolo della prescri
zione, la quale dovrebbe considerarsi decennale anche per la ne
cessità di un atto dell'amministrazione valutativo nelle singole
posizioni individuali allo scopo di accertare la sussistenza delle
condizioni richieste per l'attribuzione dei benefici.
Le argomentazioni dell'amministrazione non sono condivise dal
collegio.
Infatti, anche se la anzidetta circolare n. 70 del 1981 fosse rite
nuta un atto di riconoscimento del diritto avrebbe avuto il solo
effetto di interrompere la prescrizione, ai sensi dell'art. 2944 c.c.
e non di mutare la natura della prescrizione stessa.
Per quanto concerne, poi la necessità di un atto dell'ammini
strazione per la corresponsione delle competenze ai membri del
governo, si osserva che il diritto agli emolumenti sorge in via
immediata da disposizione di legge (art. 2 1. 8 aprile 1952 n. 212
e 47, nota 1, d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748). L'amministrazione ha emesso gli anzidetti ordinativi senza com
piere alcuna operazione di verifica, per cui il suo intervento non
ha valore costitutivo del diritto, bensì natura meramente rico
gnitiva. Da quanto sopra esposto emerge l'operatività della prescrizio
ne quinquennale, la quale decorre dalla data in cui il diritto può essere esercitato (art. 2935 c.c.).
Dovendosi, poi, accertare se l'effetto di tale prescrizione si sia
prodotto, la sezione prende in considerazione la circolare del 28
febbraio 1973. Come chiaramente si evince dal contenuto della predetta circo
lare, il ministro del tesoro aveva disposto il pagamento degli asse
gni ai ministri e sottosegretari senza alcun aumento rispetto ai
al secondo, politico-discrezionale quanto al primo; inserimento nell'orga nizzazione amministrativa, strutturale e professionale per l'impiegato, me
ramente funzionale per il funzionario onorario; svolgimento del rapporto retto da apposito statuto per il pubblico dipendente, sostanzialmente pri vo di disciplina, se non derivante dall'atto di conferimento dell'incarico
e dalla natura stessa di quest'ultimo per il funzionario onorario; compen so, che è vera e propria retribuzione, inserendosi in un rapporto sinallag matico per l'impiegato, mentre, anche se predeterminato e certo (ha pur
sempre mera funzione indennitaria, o di ristoro delle spese in senso lato,
per il funzionario; durata del rapporto tendenzialmente non determinata
per l'impiegato, sempre temporanea, anche se con possibilità di reitera
zione dell'incarico, per il funzionario); 2 maggio 1983, n. 3006, id., 1983,
I, 1852, con nota di richiami; T.A.R. Veneto 11 gennaio 1977, n. 28,
id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 81; Cass., sez. un., 8 gen naio 1975, n. 27, id., 1975, I, 596, con nota di richiami.
Sull'appartenenza alla giurisdizione generale di legittimità del giudice
amministrativo; e non alla giurisdizione esclusiva del medesimo, delle con
troversie relative alla determinazione dei compensi percepiti dal funziona
rio onorario in ragione della sua carica: Cass. 20 marzo 1985, n. 2033,
id., 1985, I, 1652, con nota di richiami; 2 maggio 1983, n. 3006, id.,
1983, I, 1852, con nota di A. Lener, e 7 ottobre 1982, n. 5129, ibid., con nota di R. A. Di Stefano T.A.R. Lazio, sez. Ili, 23 gennaio 1978, n. 87, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1045.
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