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sezione I; parere 12 giugno 2002, n. 1647/02; Pres. Giacchetti, Rel. Faberi; Min. interno. Ricorso...

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sezione I; parere 12 giugno 2002, n. 1647/02; Pres. Giacchetti, Rel. Faberi; Min. interno. Ricorso straordinario Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 215/216-217/218 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198306 . Accessed: 28/06/2014 17:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.176 on Sat, 28 Jun 2014 17:02:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; parere 12 giugno 2002, n. 1647/02; Pres. Giacchetti, Rel. Faberi; Min. interno.Ricorso straordinarioSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 4 (APRILE 2003), pp. 215/216-217/218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198306 .

Accessed: 28/06/2014 17:02

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PARTE TERZA

blica amministrazione e più in generale dei soggetti indicati dal

l'art. 23 1. 241/90 deve essere intesa in senso ampio tale da ri

comprendere anche gli organismi di diritto pubblico. Peraltro, nel caso di specie, la qualificazione di Enel.it come

organismo di diritto pubblico deriva dal riconoscimento che si

tratta di un soggetto che opera quale «branca informatica» di

Enel s.p.a., gestore di pubblico servizio.

Pertanto, non appare ragionevole un'interpretazione che con

durrebbe a ritenere assoggettato alla disciplina sull'accesso

l'attività di una divisione (informatica) di Enel s.p.a. e non sog

getta la (sostanzialmente analoga) attività svolta da un organi smo solo formalmente separato.

Il principio di trasparenza, cui è finalizzata la normativa in

materia di accesso, abbraccia ogni attività espletata in ossequio al principio di imparzialità della pubblica amministrazione, inte sa in senso ampio.

L'accesso va quindi garantito nei casi in cui una norma co

munitaria o di diritto interno imponga al soggetto pubblico (an che organismo di diritto pubblico) l'attivazione di procedimenti

per la formazione delle proprie determinazioni, in specie per la

scelta dei propri contraenti.

Al fine di evitare irragionevoli discriminazioni nel regime

giuridico proprio di soggetti parimenti deputati all'esercizio di

attività ascrivibili a soggetti pubblici e soggette ai principi di

imparzialità e trasparenza, si osserva che la conformazione in

senso pubblicistico di talune strutture soggettive finisce inevita

bilmente per ampliare il novero delle attività nel cui esercizio si

impone la rigorosa osservanza del principio di imparzialità e

conseguentemente di trasparenza, cui il diritto di accesso è fun

zionale.

Deve quindi ritenersi che gli atti di una procedura ad eviden

za pubblica (o anche di una procedura negoziata), indetta da un

organismo di diritto pubblico, siano «accessibili» ai sensi del

l'art. 25 1. 241/90. 6. - E infondato l'ulteriore motivo, con cui la società appel

lante deduce che nei settori esclusi non trova applicazione la di

sciplina generale sull'accesso, ma l'art. 27 d.leg. 158/95.

La gara in questione non costituisce, infatti, al di là della

qualificazione data da Enel.it, un appalto nei settori esclusi in

quanto l'acquisto di millecinquecento notebook non è collegato strettamente allo scopo istituzionale di un soggetto operante nei

c.d. settori esclusi.

Comunque, la previsione di cui all'art. 27 d.leg. 158/95 non

comporta l'inapplicabilità della disciplina generale sull'accesso, ma risulta idonea a giustificare le sole limitazioni previste dal 4°

comma della norma.

7. - E infine infondato anche l'ultimo motivo, con cui si so

stiene che il diniego opposto all'istanza di accesso è comunque

legittimo, tenuto conto dell'assenza di motivazione dell'istanza

e del carattere riservato dei documenti richiesti.

Infatti, sotto il primo profilo, è sufficiente sottolineare che la

posizione di impresa partecipante alla gara è sufficiente per giu stificare la richiesta di accesso agli atti della medesima gara, senza necessità di particolari motivazioni.

Per quanto attiene all'asserito carattere riservato degli atti ri

chiesti, si rileva che la presentazione di un'offerta in una gara

presuppone una valutazione comparativa con le altre offerte e

non è di per sé coperta da esigenze di riservatezza, in assenza di

contrari elementi non forniti dall'appellante. Come rilevato dal Tar, tale conclusione non è condizionata

dalla contestazione in sede giurisdizionale della gara, dal mo

mento che le ragioni di trasparenza, cui l'accesso è funzionale,

comportano una definizione di interesse all'accesso, diversa e

più ampia di quella all'interesse all'impugnazione; di conse

guenza la mancata impugnazione non può in alcun modo re

stringere l'originaria portata del diritto di accesso.

8. - In conclusione, l'appello deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 2003.

CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 12 giugno 2002, n.

1647/02; Pres. Giacchetti, Rei. Faberi; Min. interno. Ricorso

straordinario.

Sindacati, libertà e attività sindacale — Comportamento an

tisindacale della pubblica amministrazione — Controver

sie — Giurisdizione ordinaria (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della

libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e

norme sul collocamento, art. 28; 1. 11 aprile 2000 n. 83, modi

fiche ed integrazioni della 1. 12 giugno 1990 n. 146, in mate

ria di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici es

senziali e di salvaguardia dei diritti della persona costituzio

nalmente tutelati, art. 4; d.leg. 30 marzo 2001 n. 165, norme

generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle

amministrazioni pubbliche, art. 3, 63).

Appartengono alla cognizione del giudice ordinario le contro

versie riguardanti il comportamento antisindacale del datore

di lavoro pubblico, anche con riferimento alle categorie di

pubblici dipendenti —

quale, nella specie, le forze di polizia — escluse dalla privatizzazione, ai sensi dell'art. 3 d.leg. n.

165 del 2001. (1)

Diritto. — Il presente ricorso straordinario è da considerare

inammissibile. Come, infatti, evidenziato dal resistente ministero dell'inter

no, oggetto sostanziale della richiesta dell'organizzazione sin

dacale ricorrente è la tutela del diritto dell'organizzazione stessa

all'informazione preventiva in una materia (turni di reperibilità del personale) contrattualmente definita ai sensi dell'art. 25

d.p.r. 31 luglio 1995, concernente il recepimento dell'accordo

sindacale relativo al quadriennio 1994-1997 per gli appartenenti ai ruoli della polizia di Stato.

Al riguardo si osserva che la conseguente pretesa dell'orga nizzazione sindacale ricorrente è rivolta alla rimozione di un

atto dell'amministrazione costituente un comportamento asse

ritamente diretto ad impedire o limitare l'esercizio della libertà

e dell'attività sindacale dell'organizzazione stessa.

La fattispecie trova quindi una specifica disciplina nell'art. 28

1. 20 maggio 1970 n. 300, il quale prevede, in materia, uno spe ciale procedimento da azionare davanti alla competente a.g.o.

In proposito si rileva che la generalizzata devoluzione al

l'a.g.o. delle controversie ex art. 28 menzionata 1. n. 300 del

1970 (statuto dei lavoratori), dopo le modifiche introdotte nel

1998 all'art. 68 d.leg. n. 29 del 1993 (oggi art. 63, 3° comma,

d.leg. n. 165 del 2001, che richiama espressamente il citato art.

28), consente di affermare che le doglianze avverso le asserite

lesioni dei diritti e delle prerogative sindacali da parte della

(1) I. - Il Consiglio di Stato, nel parere reso al ministero dell'interno, oltre a far propria la tesi dell'esclusiva pertinenza al giudice ordinario delle controversie in materia di condotta antisindacale nel pubblico im

piego, a prescindere dall'esistenza di un atto amministrativo di cui si richiede in concreto la rimozione (così già Cass., sez. un., 13 luglio 2001, n. 9541, Foro it., Rep. 2001, voce Impiegato dello Stato, n. 773), statuisce con nettezza che il ricorso ex art. 28 statuto dei lavoratori può essere sempre proposto dinanzi al giudice ordinario, anche dalle orga nizzazioni sindacali rappresentative delle categorie di pubblici dipen denti esclusi dalla «privatizzazione», come, nel caso di specie, le forze di polizia. La statuizione sembra dirimere, una volta per tutte, un nodo

interpretativo rimasto a lungo controverso, già alla luce del non chiaro

disposto dell'art. 68 d.leg. n. 29 del 1993. e successive modificazioni

(nel senso, per esempio, della sopravvivenza del regime ex art. 28, 6° e 7° comma, statuto dei lavoratori, con riferimento alle categorie non pri vatizzate, e mantenimento dei criteri di riparto di giurisdizione ivi pro spettati, v. Pret. Cosenza 12 maggio 1999, id.. Rep. 1999, voce Sinda

cati, n. 110, nonché Trib. Vibo Valentia 12 luglio 1999, ibid., n. 77);

per una esaustiva ricostruzione del dibattito, anche tenendo conto degli effetti abrogativi espliciti ex art. 4 1. n. 83 del 2000, v. L. de Angelis, Lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e giurisdizio ne, in Argomenti dir. lav., 2000, spec. 566 ss.

II. - Sul riparto di giurisdizione in materia di condotta antisindacale nel pubblico impiego, a seguito delle recenti riforme dell'ordinamento dei rapporti di lavoro pubblici, cfr. Cass., ord. 24 gennaio 2003, n.

1127, e 21 novembre 2002, n. 16430, in questo fascicolo, I, 1071, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

pubblica amministrazione vanno azionate — con riferimento a

tutte le categorie di pubblici dipendenti (ed anche quindi a

quelle escluse dalla c.d. «privatizzazione» ex art. 2, 4° e 5°

comma, d.leg. n. 29 del 1993, e successive modifiche, ora art. 3

d.leg. n. 165 del 2001, come il personale delle forze di polizia di

Stato del quale è rappresentativa l'organizzazione sindacale ri

corrente) — innanzi all'a.g.o. con lo speciale rito di cui al più volte menzionato art. 28 dello statuto dei lavoratori, anche ove

si intenda (come nel caso di specie) dichiaratamente ottenere la

rimozione di atti ritenuti antisindacali.

In tal caso — giova sottolineare — la natura di atto ammini

strativo del censurato provvedimento non è di ostacolo ad una

siffatta conclusione, giacché — come è noto —

l'a.g.o. dispone, in materia, anche di poteri «costitutivi» ex art. 63, 2° comma,

d.leg. n. 165 del 2001, con possibilità pertanto anche di rimuo

vere (ergo di annullare, e non solo di disapplicare) gli eventuali

provvedimenti antisindacali adottati dalla pubblica amministra

zione.

Anche se è vero, peraltro, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ammesso, in generale, la concorrente tutela in sede

di ricorso straordinario al presidente della repubblica nei casi

nei quali la giurisdizione sulle controversie concernenti i pub blici dipendenti sia transitata all'a.g.o. quale giudice del lavoro

ex art. 68 d.leg. n. 29 del 1993 e successive modifiche, non è

men vero — tuttavia — che, qualora la giurisdizione e la com

petenza dell'a.g.o. stessa (ovvero di altre autorità giurisdiziona li) sia qualificabile come esclusiva e funzionale (anche per la

specificità e peculiarità del rito, come nel caso dell'art. 28 sta

tuto dei lavoratori), è stata costantemente esclusa l'ammissibi

lità del ricorso straordinario al presidente della repubblica av

verso atti dell'amministrazione riconducibili a tali particolari forme di tutela giurisdizionale.

Alla stregua di quanto precede consegue, data l'oggettiva

specificità funzionale e rituale della competenza dell'a.g.o. ex

art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300, e successive modifiche (appli cabile alla fattispecie in questa sede evidenziata), l'inammissi

bilità del gravame prodotto dalla federazione sindacale Li.si.po.

So.di.po., segreteria provinciale Li.si.po. di Salerno.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 11 giugno 2002, n. 3256; Pres. Trotta, Est. Poli; Soc. Tolla (Avv. Giu

liani, Scoca) c. Regione Basilicata (Avv. Viggiani). Confer ma Tar Basilicata 27 febbraio 2002, n. 160.

Giustizia amministrativa — Giudizio sul silenzio dell'am

ministrazione — Cognizione del giudice — Verifica della illegittimità dell'inerzia (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21 bis; 1. 21

luglio 2000 n. 205, disposizioni in materia di giustizia ammi

nistrativa, art. 2). Atto amministrativo — Silenzio dell'amministrazione —

Formazione — Diffida — Termine per la notifica — De correnza (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, t.u. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato; 1. 7

agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammini

strativi, art. 2). Giustizia amministrativa — Giudizio sul silenzio dell'am

ministrazione — Inadempimento di obbligazioni da parte dell'amministrazione — Esclusione (R.d. 26 giugno 1924

n. 1054, approvazione del t.u. delle leggi sul Consiglio di

Stato, art. 29, 30; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 21 bis; 1. 21

luglio 2000 n. 205, art. 2).

Il Foro Italiano — 2003.

Giustizia amministrativa — Giudizio sul silenzio dell'am ministrazione — Sopravvenienza di provvedimento nega tivo — Impugnazione con motivi aggiunti — Inammissibi lità (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 21 bis-, 1. 21 luglio 2000 n. 205, art. 2).

Nel caso di silenzio della pubblica amministrazione, il giudice adito ai sensi dell'art. 21 bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034, in

trodotto dall'art. 2 l. 21 luglio 2000 n. 205, una volta accer

tata l'inerzia della pubblica amministrazione deve limitarsi

ad ordinarle di provvedere, senza poter compiere un accer

tamento sulla fondatezza della pretesa sostanziale del ricor

rente. (1) Per la formazione del silenzio della pubblica amministrazione è

necessaria la previa notifica della diffida prevista dall'art.

25, 1° comma, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3; tale notifica può es

sere effettuata o dopo la scadenza del termine di sessanta

giorni dopo l'avvio del procedimento, o dopo la scadenza del

termine più ampio fissato dai regolamenti attuativi dell'art.

2, 2° comma, l. 7 agosto 1990 n. 241. (2)

(1) La quarta sezione si allinea sull'indirizzo enunciato dall'adunan za plenaria (Cons. Stato, ad. plen., 9 gennaio 2002, n. 1, Foro it., 2002, III, 227, con nota di A. Travi, Giudizio sul silenzio e nuovo processo amministrativo), secondo cui il giudice amministrativo nel giudizio sul silenzio (c.d. silenzio-inadempimento) previsto dall'art. 21 bis 1. 6 di cembre 1971 n. 1034 (introdotto dall'art. 2 1. 21 luglio 2000 n. 205), può solo accertare la sussistenza o meno dell'obbligo dell'amministra zione di provvedere e non anche la fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente ad ottenere un certo provvedimento. L'indirizzo espresso dall'adunanza plenaria, criticata da una parte della dottrina (cfr. Taran

tino, L'epilogo del silenzio. O «sancta semplicitas», in Urbanistica e

appalti, 2002, 422 ss.), è stato invece confermato da Cons. Stato, sez.

V, 10 aprile 2002, n. 1970, Cons. Stato, 2002, I, 807; sez. VI 23 set tembre 2002, n. 4824, <www.giustizia-amministrativa.it>.

Il giudice adito ai sensi dell'art. 21 bis 1. 1034/71 deve, dunque, li mitare la propria verifica all'accertamento dei presupposti necessari per integrare la violazione dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere sull'istanza del privato. Perché, infatti, si possa configurare un tale ob

bligo dell'amministrazione, occorre che quest'ultima sia titolare del

potere il cui esercizio viene sollecitato; che il soggetto istante sia titola re di una posizione qualificata che legittimi l'istanza; che sia attivato il

procedimento di formazione del silenzio mediante notifica di apposita diffida con assegnazione all'amministrazione di un termine entro il

quale provvedere (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2002, n. 1970, cit.). Se, dunque, con la sentenza succintamente motivata ex art. 21 bis 1. 1034/71, il ricorrente ottiene la definizione giudiziale del procedi mento amministrativo, allora il giudice, con tale sentenza, potrà dichia rare l'insussistenza dell'obbligo di provvedere in capo alla pubblica amministrazione in tutte quelle ipotesi in cui non sussiste l'obbligo di definizione del procedimento amministrativo, in deroga a quanto espressamente previsto dall'art. 2 1. 241/90. In particolare, in base alla decisione in rassegna, l'obbligo di conclusione del procedimento non sussiste in tre ipotesi: a) quando il privato abbia presentato all'ammini strazione reiterate richieste con il medesimo contenuto e l'amministra zione abbia già provveduto in merito con un atto non impugnato e di venuto inoppugnabile e non siano intervenuti mutamenti nello stato di fatto e di diritto (Cons, giust. amm. sic. 25 maggio 1998, n. 319, Foro

it., Rep. 1998, voce Atto amministrativo, n. 535; Tar Lazio, sez. I, 11

gennaio 2001, n. 114, id., Rep. 2001, voce Giustizia amministrativa, n.

377); b) nell'ipotesi di domande manifestamente assurde o totalmente

infondate; c) in caso di pretese illegali a cui l'ordinamento non può fornire tutela (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2420, Foro

amm., 2002, 1240, con riferimento ad istanza di inquadramento con de correnza che l'amministrazione non avrebbe mai potuto riconoscere).

Cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 30 settembre 2002, n. 4997,

<www.giustizia-amministrativa.it>, nel senso che l'invio della cartolina

precetto a chi abbia richiesto l'esonero dal servizio militare comporti il

rigetto implicito della domanda e rende perciò superflua la procedura necessaria per far accertare un silenzio dell'amministrazione.

Nel senso che la procedura del silenzio-rifiuto non sia attivabile in

presenza di vertenza devoluta ad altra giurisdizione, Cons. Stato, sez.

V, 16 luglio 2002, n. 3974, ibid.

(2) Aderendo all'indirizzo prevalente, la decisione conferma che per configurare il silenzio dell'amministrazione, anche ai fini del ricorso

previsto dall'art. 21 bis 1. 1034/71, è necessaria la notifica all'organo

competente della diffida a provvedere prevista dall'art. 25 t.u. 10 gen naio 1957 n. 3. Si esclude, quindi, che la diffida non sia più necessaria

dopo l'entrata in vigore della 1. n. 241 del 1990, quando sia decorso il

termine per la conclusione del procedimento stabilito in base all'art. 2

di tale legge. La decisione dimostra di aver tenuto in considerazione l'art. 2 1. n. 241 del 1990, perché precisa che la notifica della diffida

deve essere preceduta o dalla scadenza del termine di sessanta giorni

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