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sezione I penale; sentenza 17 aprile 2002; Pres. Teresi, Est. Rossi, P.M. Mura (concl. diff.); ric....

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sezione I penale; sentenza 17 aprile 2002; Pres. Teresi, Est. Rossi, P.M. Mura (concl. diff.); ric. Frasca. Annulla senza rinvio App. Catanzaro 5 marzo 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 1 (GENNAIO 2003), pp. 5/6-11/12 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198147 . Accessed: 28/06/2014 07:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.26 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I penale; sentenza 17 aprile 2002; Pres. Teresi, Est. Rossi, P.M. Mura (concl. diff.); ric.Frasca. Annulla senza rinvio App. Catanzaro 5 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 1 (GENNAIO 2003), pp. 5/6-11/12Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198147 .

Accessed: 28/06/2014 07:51

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GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 17

aprile 2002; Pres. Teresi, Est. Rossi, P.M. Mura (conci, diff.); ric. Frasca. Annulla senza rinvio App. Catanzaro 5

marzo 2001.

Concorso di persone nel reato — Associazione di tipo mafio so — Patto di scambio voti-favori — Fatto commesso pri ma della 1. 356/92 — Concorso esterno nel reato associati vo — Esclusione (Cost., art. 25; cod. pen., art. 2, 110, 416 bis; d.l. 8 giugno 1992 n. 306, modifiche urgenti al nuovo codice

di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla crimi nalità mafiosa, art. 11 bis; 1. 7 agosto 1992 n. 356, conversio ne in legge, con modificazioni, del d.l. 8 giugno 1992 n. 306).

L'ipotesi aggiunta all'art. 416 bis c.p. dalla l. 356/92, pur ri

spondendo allo scopo perseguito dal legislatore di punire più ampiamente e severamente condotte atte a turbare il libero

svolgimento delle competizioni elettorali, già previste da pre esistenti norme incrinìinatrici, nulla ha a che vedere con gli altri casi contemplati dall'art. 1 l. 646/82 e rappresenta una

fattispecie completamente nuova, che qualifica in modo di verso rispetto alle altre la finalità cui tende il sodalizio ma

fioso in combutta con chi va a caccia di voti e che non esita,

pur di raggiungere l'agognato successo elettorale, a stipula re patti scellerati con la criminalità; ciò posto, in virtù del

perentorio e intangibile disposto dell'art. 25, 2° comma, Cost., e dell'art. 2, 1° comma, c.p., i «comportamenti conclu denti» addebitati all'imputato, sorretti dall'unico intento di ottenere il sostegno elettorale delle cosche mafiose della sua

terra, non sono punibili a titolo di concorso esterno nel reato

associativo, perché consistenti in fatti che al tempo in cui fu rono commessi non erano previsti dalla legge come reato. ( 1 )

1. - Salvatore Frasca è imputato — come si legge nella rubri

ca della sentenza impugnata — «del delitto concorsuale di par

tecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso ai sensi degli art. 110 e 416 bis commesso in Rossano, Cosenza,

Corigliano Calabro, Cassano allo Jonio, Sibari, Altomonte, dal

1975 e successivamente, per avere, nella qualità di candidato a

competizioni elettorali amministrative e politiche, successiva mente in quella di parlamentare della repubblica, nonché di sin

daco del comune di Cassano allo Jonio, concorso nelle associa

zioni criminali di stampo mafioso facenti capo a Cirillo Giusep

pe, Tripodoro Pasquale, Santo Carelli, Francesco Pino, Portora ro Leonardo, Magliari Pietro Alberto, Elia Alfredo e Giuseppe, nonché a soggetti legati alla criminalità organizzata come Fu scaldo Pasquale, Lanzillotta Luigi, Faillàce Federico, Novelli Vincenzo ...» con una serie di comportamenti «concludenti!»,

specificamente indicati nel capo d'accusa come tenuti — per

quanto è dato arguire dal testo dell'imputazione medesima —

negli anni compresi tra il 1975 e il 1990, «che dimostrano ade

(1) La sentenza in epigrafe si segnala all'attenzione perché, sul tor mentato terreno del concorso esterno nell'associazione mafiosa (la cui

configurabilità giuridica è stata recentemente ribadita in termini gene rali da un'ulteriore sentenza a sezioni unite, relativa questa volta al ca so del giudice Carnevale, della quale si attende la motivazione), e con

particolare riferimento all'ipotesi del patto di scambio voti-favori, af ferma inaspettatamente un principio interpretativo nuovo: il principio cioè dell'irrilevanza penale, in base alla ritenuta operatività del divieto di retroattività della norma incriminatrice, degli accordi politico mafiosi che siano stati stipulati anteriormente alla modifica normativa del 1992; modifica che ha inserito, nel 3° comma dell'art. 416 bis c.p., la previsione del condizionamento delle consultazioni elettorali tra gli obiettivi programmatici tipici dell'organizzazione criminale.

Senonché, nel senso contrario della rilevanza penale, proprio in rela zione alla stessa vicenda oggetto del provvedimento su riprodotto, cfr. la precedente sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla quinta sezione in data 16 marzo 2000, Frasca, citata in motivazione, Foro it., 2001, II, 80, con nota di Morosini, cui si rinvia per ampi riferimenti

giurisprudenziali e dottrinali, nella quale si è affermato: «Risponde di concorso esterno in associazione mafiosa il candidato alle elezioni che richieda ed ottenga l'appoggio dell'organizzazione mafiosa, promet tendo in cambio una serie di favori, mentre l'eventuale effettivo adem

pimento delle prestazioni promesse (o di alcune di esse) non assurge ad elemento costitutivo del reato». Nel solco della stessa impostazione, v., nell'ambito della giurisprudenza di merito, Trib. Palermo 27 gennaio 2001, id., 2002, II, 68, con nota di richiami; nonché Trib. Palermo 6

giugno 2001, ibid., 202 (sfociata però in un esito assolutorio, sul pre supposto che la disponibilità di un sindaco a pianificare gare d'appalto insieme con un personaggio mafioso, nel ruolo di «mediatore» tra ma

fia, imprenditori e politici, non si era nel caso di specie tradotta in un

progetto ben definito).

Il Foro Italiano — 2003.

sione al programma criminoso delle organizzazioni e che erano suscettibili di accrescere il prestigio di queste».

Il 19 marzo 1998, il Tribunale di Castrovillari ha assolto il

Frasca, perché il fatto non sussiste. Il 23 marzo 1999 la Corte

d'appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia liberatoria. Il 16 marzo 2000 la sentenza di secondo grado è stata annul

lata con rinvio da altra sezione di questa corte (Foro it., 2001, II, 80) che, enunciati i principi di diritto applicabili nella sog getta materia, ha elencato i vizi logici' e giuridici riscontrati nella motivazione del provvedimento portato alla sua cognizio ne.

In particolare, il Supremo consesso ha individuato l'elemento materiale della fattispecie criminosa prevista dall'art. 416 bis, 3° comma, c.p., come modificato dal d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella 1. 7 agosto 1992 n. 356, in uno «scambio di

promesse», quella di voti contro quella di futuri favoritismi, e il

momento consumativo del reato nell'incontro delle volontà

convergenti dei promittenti. Ha sottolineato, inoltre, la diversa

connotazione che la figura delittuosa in questione può in con

creto assumere a seconda della qualifica di elemento interno o esterno al sodalizio rivestita dal candidato alla carica in gioco, con la precisazione ché, nella seconda ipotesi, a integrare la

condotta punibile è sufficiente la disponibilità dimostrata dal

l'agente a soddisfare Je esigenze della struttura cui si appoggia, senza necessità che questo risultato sia poi effettivamente con

seguito, assumendo tale fattore rilevanza unicamente sul piano

probatorio.

Sempre in punto di diritto, la Corte di cassazione censura

l'assunto della corte territoriale riguardante la mancanza di pro ve dell'uso da parte delle diverse cosche interessate nelle cam

pagne elettorali del Frasca di violenze e minacce nei confronti di cittadini riluttanti, essendo le stesse insite nella «forza d'in

timidazione» connaturata agli organismi sussumibili nella previ sione della norma incrimmatrice, rispetto alla quale le modalità

operative di volta in volta attuate si pongono con carattere di

mera strumentalità.

La Suprema corte ha, d'altro canto, ritenuto fondate le criti

che mosse dal pubblico ministero alla motivazione della senten

za annullata, che definisce «carente sul piano logico», specie con riferimento a taluni episodi considerati emblematici dall'ac cusa (mancato abbattimento di manufatti abusivi appartenenti alla famiglia Elia: sequestro del Falvo da parte del Mirabile per eliminarlo dalla competizione elettorale) e, segnatamente, con

riferimento alla metodologia seguita della valutazione «parcel lizzata» dei dati storici acquisiti, nonostante l'evidente carattere

indiziario del processo, che avrebbe richiesto un esame unitario e coordinato di quei dati per «verificare l'esistenza di una rico

struzione dei fatti» idonea a dare una ragionevole spiegazione ai

diversi episodi, esaltandone il vero significato e non liquidan doli puramente e semplicemente come «episodi di malcostume», sicuramente riprovevoli, ma privi, di per sé, di efficacia proba toria (giro elettorale del Frasca in compagnia di Tripodoro; in

contro riconciliativo con il Mirabile; acquisto per il comune di

vetture dal concessionario Lanzillotta; irregolare assunzione del

fratello del Portoraro e simili). Con sentenza del 5 marzo 2001 la Corte d'appello di Catan

zaro, in diversa composizione, ha dichiarato il Frasca colpevole del delitto a lui contestato e lo ha condannato alla pena di cin

que anni di reclusione con le statuizioni consequenziali anche in

favore della parte civile, comune di Cassano allo Jonio.

La corte territoriale, ricordati, anzitutto, i tratti essenziali

della personalità dell'imputato, «uomo politicamente impegnato

per interi decenni, più volte consigliere della provincia di Co

senza (fin dal 1952) ed assessore provinciale, parlamentare alla

camera dei deputati, sindaco di Cassano allo Jonio, senatore

della repubblica, sottosegretario di Stato presso il ministero di

grazia e giustizia, componente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni

criminali similari», descrive il contesto ambientale, che fa da cornice all'accusa, dominato fin dai primi anni settanta da un

personaggio, Giuseppe Cirillo, emigrato dalla Campania, ma di

venuto capo incontrastato della criminalità della Piana di Sibari, in perenne contrasto con i gruppi rivali degli Elia, dei Portoraro

e degli Impieri, ma, poi decaduto e sostituito prima dal cognato, Mario Mirabile, ucciso il 31 agosto 1990, e, quindi, da Santo Carelli, sotto il quale, nel luglio del 1991, era avvenuta la spar tizione del territorio tra i già citati Elia, Portoraro, Impieri ed altri, molti dei quali coinvolti, in seguito, in fatti cruenti, rive

latori del clima di lotta continua imperante nella zona tra i vari

clan per la conquista dell'egemonia.

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PARTE SECONDA

Da tale situazione il Frasca aveva cercato di trarre vantaggi elettorali, tentando, dapprima, di avvicinare il Cirillo, che, però, avendo promesso i voti dei dipendenti delle sue imprese ad altro

candidato, lo aveva respinto, e, poi, con i successori del vecchio

boss, promettendo favori di varia natura al fine di assicurarsi il

necessario sostegno. E questa, in estrema sintesi, la conclusione cui la corte di me

rito infine perviene attraverso l'analisi delle risultanze proces suali, consistenti prevalentemente nelle deposizioni di testimoni

e di imputati in altri procedimenti, interpretate alla luce delle

regole dettate dalla sentenza della corte di legittimità e, più in

generale, dei principi accolti dall'ordinamento e chiariti dall'e

laborazione giurisprudenziale in tema di valutazione della pro va, tenendo conto evidentemente della diversità delle possibili fonti d'informazione.

La corte anzidetta passa, così, in rassegna i diversi fatti rite nuti dall'accusa indicativi della colpevolezza del Frasca, evi

denziandone gli aspetti a suo avviso utili a legittimare la pro nuncia adottata.

In particolare: 1) Riguardo ai rapporti dell'imputato con Giuseppe Cirillo,

osserva che già negli anni 1975-1976 «l'imprenditore fosse per sonaggio seriamente compromesso», in quanto legato da tempo ad esponenti di spicco della malavita campana e calabrese, tra i

quali lo stesso cognato Mario Mirabile, e implicato in molteplici losche faccende sfociate anche in iniziative dell'autorità giudi ziaria.

2) Riguardo ai rapporti con Pasquale Tripodoro, già capo società del «locale di Rossano», sottolinea la sostanziale atten dibilità del collaborante, che aveva promesso di raccogliere voti

per il senatore Frasca, in cambio del suo interessamento nella

pratica di restituzione della patente di guida ritiratagli ed aveva avuto con lui più contatti, riuscendo a salire persino sulla sua

vettura in occasione di un comizio tenuto nel 1987 a Paluti, co me confermato dai testimoni escussi.

3) Riguardo ai rapporti con i fratelli Portoraro, membri rico

nosciuti, anche giudizialmente, del clan di Francavilla, la corte

d'appello evidenzia i legami, definibili persino amichevoli, del l'imputato con entrambi e la collaborazione prestata all'uomo

politico in più d'una competizione elettorale dai vari membri della famiglia mafiosa, a uno dei quali, Giovanni, era stato in cambio «assicurato lavoro come custode dell'ospedale» e a un

altro, Leonardo, promesso l'appalto dei servizi di tumulazione delle salme nel cimitero comunale.

Anche per questi fatti la corte territoriale ha visto una con ferma alle dichiarazioni di Leonardo Portoraro nelle deposizioni di numerosi testimoni, tra cui Gaetano Di Cunto, legale dei

Portoraro, Luigi Pricoli, segretario del Frasca dal 1983 fino al 30 giugno 1992, e il maresciallo dei carabinieri Salvatore Perro

ne, che aveva avuto notizia sicura dell'impegno assunto dal sin daco di Cassano nei confronti del Portoraro per l'appalto dei servizi funebri.

4) Riguardo ai rapporti con Mario Mirabile, la corte calabre se si sofferma principalmente sul fattivo contributo dato da Leonardo Portoraro anche al chiarimento della vicenda dell'in contro tra il cognato del Cirillo e il Frasca, incontro propugnato dallo stesso dichiarante onde evitare che l'acceso contrasto in sorto tra il politico e l'anziano capomafia degenerasse con esiti cruenti.

Elenca, quindi, i dati di riscontro alla narrazione del Portora

ro, tra i quali le affermazioni dello stesso imputato circa i con tatti avuti con il Mirabile verso la fine degli anni ottanta nella casa comunale di Cassano, individuandone la reale giustifica zione, pretestuosamente indicata dal mafioso nella sua ispira zione a diventare cittadino del paese, nell'esigenza avvertita dai due uomini di stabilire «una sorta di tregua» per affrontare, sen za laceranti contrasti, la «futura convivenza» sul territorio.

Secondo la stessa corte, nelle carte processuali vi sarebbe «traccia» di un ulteriore abboccamento del Frasca con il Mira bile: il riferimento è alle propalazioni del collaborante Pietro Alberto Magliari, a dire del quale anche questo secondo incon tro era stato «sicuramente amichevole, ma con parole e toni for

ti», pretendendo il Mirabile di poter «lavorare» in pace senza

troppe interferenze del senatore. Viene richiamata nella senten za anche la testimonianza dell'avv. Roberto Falvo, che, rievo cando un burrascoso colloquio avuto con il Mirabile, aveva udito costui accennare ai suoi rapporti con il Frasca, definiti con un patto di mutuo rispetto consacrato in un secondo incontro avvenuto «alla Caccianova».

5) Riguardo ai rapporti del Frasca con Luigi Lanzillotta (eli

II Foro Italiano — 2003.

minato nel 1993), la corte distrettuale riferisce le dichiarazioni

di Alfredo Perciaccante relative al contrasto nato con il com

merciante, verso il quale aveva contratto debiti per l'acquisto di

un'automobile e per altra causa, gravati da interessi usurari, e

soprattutto alle pressioni esercitate su di lui dal medesimo, in

combutta con Alfredo Elia e Luigi Schifini e vantando l'autore

vole amicizia del Frasca, non solo per indurlo a pagare, ma an

che per costringerlo a deporre le sue ambizioni elettorali quale militante nelle fila della Democrazia cristiana.

A sostegno dell'assunto del collegamento del Lanzillotta con

il Cirillo e il Mirabile e, quindi, con la criminalità organizzata, da una parte, e la dimestichezza del medesimo con il Frasca,

dall'altra, la corte di merito richiama le dichiarazioni rese da

molti altri personaggi, tra cui particolarmente significative rav

visa quelle di Giuseppe Cirillo e del figlio dello stesso Lanzil lotta, collocando in tale contesto di rapporti, più o meno ambi

gui, l'episodio della fornitura al comune di un certo numero di

vetture commissionate ad una società controllata dal Lanzillotta.

6) Riguardo ai rapporti con gli Elia, inizialmente fedelissimi del Cirillo, poi «messisi in proprio», legati al Lanzillotta e so stenitori elettorali del Frasca, da cui furono «graziati» con la so

spensione dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione dei lo

ro manufatti abusivi pretestuosamente attribuita a non meglio chiariti ostacoli tecnici, la corte d'appello sottolinea la deposi zione di Pietro Russo, ritenuta pienamente attendibile e rileva

trice del reale significato della «sceneggiata» organizzata dal

Frasca quella mattina del marzo 1984, non avendo il sindaco al

cuna reale intenzione di dare attuazione all'operazione, che

avrebbe richiesto ben altri mezzi e che, in ogni caso, si sarebbe

potuta compiere in tempo successivo.

7) La corte di merito accenna, infine, ai rapporti del Frasca

con il Fuscaldo e Franco Pino, ma solo per escludere l'esistenza

di elementi comprovanti la concessione di favori da parte del

l'imputato anche a questi due personaggi minori.

Tirando, quindi, le fila del suo lungo discorso, il giudice a

quo osserva che «dalla completa valutazione dei fatti e degli elementi indiziari che ne sono emersi, dalla loro ricostruzione e

reciproca connessione logica ... derivano considerazioni for

mulabili da diverse ottiche e su diversi piani, oggettivo e sog

gettivo, che conducono univocamente all'attestazione di sussi stenza della fattispecie criminosa contestata e a una pronuncia di penale responsabilità in capo all'imputato», la cui condotta

ebbe «un suo sviluppo nel tempo simmetrico rispetto alla storia

stessa della delinquenza locale», storia che non poteva essere certo ignorata da un «attento osservatore, nativo del posto» co me il Frasca, attivo partecipe della vita del proprio paese e di

quella pubblica in genere. Così, non poteva essere sfuggita al

l'imputato l'ascesa del Cirillo, che solo a causa della sua ripulsa era entrato nelle mire del politico, il quale era riuscito, sia pure in condizioni di precario equilibrio, a stabilire, invece, rapporti di buona convivenza con i suoi numerosi gregari mostratisi di

sponibili a sostenere le aspirazioni elettorali del Frasca nelle zo ne di rispettiva competenza (gli Elia a Cassano; i Tripodoro a

Rossano; i Portoraro a Francavilla) verso la promessa di inter

posizione dei suoi uffici per la risoluzione di problemi di varia

natura, anche di modesta entità, ma sempre con effetti dannosi

per l'ordine pubblico, «leso sia dall'evidenza del contributo, del

sostegno fornito dagli associati e dai loro accoliti; sia dall'im

plicito, sostanziale riconoscimento di ruoli e di prestigio degli appartenenti al sodalizio, che, ad onta delle invettive verbali e delle reiterate dichiarazioni di guerra alla criminalità organiz zata, venivano, poi, tangibilmente favoriti».

2. - Ricorrono per cassazione i due difensori dell'imputato. Il

primo indica un unico motivo di gravame, deducendo la viola zione dell'art. 2, 1° comma, c.p., in relazione all'art. 25, 2°

comma, Cost., e chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata «per avere la stessa condannato l'imputato per fatti che, al momento della loro ritenuta commissione, non erano previsti dalla legge come reato» in quanto anteriori al l'entrata in vigore della novella 306/92.

Questo tema è ripreso da un secondo difensore, che con due distinti atti di ricorso, datati 11 e 30 ottobre 2001, muove, però, alla sentenza anche altre censure, sviluppate ulteriormente con

ponderosi «motivi aggiunti». Con il primo atto il ricorrente impugna, inoltre «le ordinanze

dichiarative la contumacia dell'imputato» emesse consecutiva mente dalla corte d'appello, la prima per vizio di motivazione sulla ritenuta mancanza di prova dell'impedimento a comparire e dell'insufficienza delle allegazioni difensive anche a giustifi care semplicemente possibili verifiche; la seconda, per vizio di

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GIURISPRUDENZA PENALE

motivazione sulla ritenuta tardività della produzione del certifi

cato di ricovero del Frasca in ospedale avvenuto il giorno (4 marzo 2001) precedente quello dell'udienza.

Il ricorrente passa, poi, a illustrare le ragioni dell'asserita

inosservanza da parte del giudice a quo dei principi di legalità del reato e di irretroattività della legge penale in riferimento alla

specifica accusa formulata nei confronti del Frasca sussunta, a

torto o a ragione, dalla stessa Corte di cassazione nella previsio ne dell'ultima parte del 3° comma dell'art. 416 bis c.p., ag

giunta dal d.l. del 1992 a maggiore tutela del regolare svolgi mento delle competizioni elettorali già parzialmente garantito

dagli art. 96 e 97 d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361 e 86 d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570.

Passando, quindi, ad esaminare i presupposti e le condizioni

per la configurabilità del concorso esterno nell'associazione ma

fiosa, il ricorrente, che stigmatizza l'atteggiamento elusivo as

sunto rispetto a questa problematica dalla Suprema corte, prima, e dal giudice del rinvio, poi, sottolinea la necessità che il com

partecipe non inserito organicamente nel sodalizio dia comun

que «un rapporto obiettivamente adeguato e soggettivamente di

retto a irrobustire e a l'afforzare la struttura organizzativa che

caratterizza il fenomeno associativo ...», sicuramente riferibile,

dunque, all'organizzazione stessa, intesa nel suo complesso e

non a questo o a quello tra gli associati. E contesta, coerente

mente, l'attitudine delle iniziative e dei comportamenti specifici attribuiti all'imputato, nessuno dei quali implicante la conclu

sione dell'indefettibile pactum sceleris, a realizzare la condizio

ne richiesta, foss'anche nell'interpretazione datane dai giudici di merito, in realtà severamente criticabile perché lontana dalla

verità processuale e incapace di cogliere il carattere neutro per non dire inconsistente dei fatti in questione, nella massima parte a tal punto insignificanti da apparire inidonei persino a rivestire

una qualche valenza probatoria nel raffronto con gli altri.

Con il secondo, autonomo, atto di ricorso, quello datato 30

ottobre 2001, si ribadisce, anzitutto, l'affermazione «che il pre sente giudizio rappresenta una clamorosa violazione del princi

pio dell'irretroattività della legge penale», risultando proprio dal

testo della sentenza impugnata che tutte le azioni riferite al Fra

sca, comprese quelle «non specificamente dimensionat(e) tem

poralmente nel capo di imputazione» si esauriscono entro l'an

no 1990.

Il difensore sviluppa, quindi, ulteriormente l'argomento della

mancanza e dell'illogicità della motivazione che sorregge la

sentenza gravata, segnatamente riguardo al paragrafo dedicato

alle considerazioni conclusive, le quali nelle intenzioni della

corte di merito avrebbe dovuto rimarcare gli elementi di connes

sione, storica e logica, rilevabili tra i diversi fatti in guisa da

amalgamarli e cementarli in un unitario compendio probatorio, mentre si risolvono effettivamente nel riepilogo delle osserva

zioni svolte in precedenza con l'inserimento di stralci di dichia

razioni di testi, incomprensibilmente tralasciate nell'illustrazio

ne dei singoli episodi e recuperate alla fine.

Rileva, altresì, il ricorrente la completa pretermissione da

parte della corte d'appello di ogni attenzione alle obiezioni di

fensive e alle argomentazioni poste dai primi giudici a base

della pronuncia assolutoria.

Si sofferma, ancora, sull'incongruenza delle valutazioni com

piute dalla corte distrettuale riguardo ai presunti rapporti del

Frasca con i vari personaggi della malavita calabrese, criticando

anche i criteri seguiti dalla corte medesima nell'approccio alle

fonti d'informazione.

Il tema del vizio di motivazione, affrontato anche sotto il pro filo della violazione dell'art. 192 c.p.p., è ulteriormente am

pliato nei «motivi aggiunti», dedicati, in special modo, ai rap

porti del Frasca con gli Elia, il Tripodoro, il Lanzillotta e, poi, di nuovo, con il Cirillo, i fratelli Portoraro e il Mirabile, in un

crescendo dialettico mirante a dimostrare la totale inettitudine

degli stessi a integrare gli estremi dell'ipotesi criminosa conte

stata.

3. - Il ricorso è fondato e nei termini di seguito precisati me

rita, perciò, accoglimento. Non ha pregio il motivo — che precede in ordine logico tutti

gli altri, ma che la difesa all'odierna udienza sembra avere

completamente abbandonato — concernente l'asserita irregolare costituzione del rapporto processuale nel giudizio d'appello.

La corte territoriale ha, invero, dato ampio conto del proprio convincimento circa l'inesistenza di un impedimento assoluto

dell'imputato a comparire, analizzando sia la natura della pato

logia allegata, sia la vicenda del ricovero del Frasca in ospedale con valutazioni giuridicamente corrette e non manifestamente

Il Foro Italiano — 2003.

illogiche, che sfuggono, come tali, al sindacato di questa corte.

Priva di vistose smagliature logiche, solida e coerente è, d'altro canto, anche la ricostruzione operata dalla sentenza im

pugnata dei fatti ritenuti dall'accusa emblematici dei collega menti stabiliti dall'imputato con gli esponenti dei diversi gruppi mafiosi succedutisi nel tempo nella zona d'influenza dell'uomo

politico. Come già emerge molto chiaramente dall'ampia esposizione

degli accadimenti di cui in narrativa, la corte distrettuale ha

sondato con lo specillo i singoli episodi, illustrandone le moda

lità di svolgimento, rievocando le fonti d'informazione e traen

done, infine, conclusioni in diritto perfettamente coerenti con le

premesse di fatto.

Ha spiegato, in particolare, le ragioni per le quali ha attribuito

alle varie iniziative assunte dall'imputato per assicurarsi il so

stegno elettorale di cui aveva bisogno in cambio di futuri favori

il significato e la sostanza di veri e propri accordi conclusi con i

gruppi criminali giudicati idonei ad influenzare con la forza

d'intimidazione derivante dalla loro stessa esistenza e penetra zione nel tessuto sociale, dai metodi usati per perseguire le pro

prie illecite finalità, i cittadini chiamati ad esprimere le loro

scelte politiche. La collaborazione e l'aiuto prestati dall'imputato ai singoli

partecipi delle associazioni considerate si è spesso risolta, in

realtà, in interventi di trascurabile entità e non sempre d'inequi vocabile valenza probatoria, i quali, tutto sommato, rivelano an

che la modesta portata delle capacità gestionali delle risorse e

dei servizi pubblici locali manifestata dalle cosche.

Ma, anche su questo punto, la corte catanzarese ha dato una

risposta che non è contraria alle regole della logica comune, os

servando, in buona sostanza, che, tenuto conto del contesto am

bientale, anche piccoli favori personali (il rinnovo della patente di guida; il posto in ospedale; l'appalto dei servizi di sepoltura al cimitero; il mancato abbattimento della costruzione abusiva e

simili), proprio perché provenienti da un personaggio di spicco del mondo politico nazionale e ben conosciuto nella regione na

tiva, assumevano un carattere tutto particolare, producendo non

solo immediati effetti positivi di ordine pratico, ma, soprattutto, accrescendo nell'opinione pubblica il «prestigio» del gruppo criminale indirettamente beneficiato attraverso uno dei suoi

componenti e, quindi, anche l'influenza negativa sulla comunità

conscia di avere a che fare con gente non solo avvezza alla vio

lenza e alla prevaricazione, ma anche assistita da una sorta

d'impunità derivante, per l'appunto, da una tutela di rango tanto

elevato.

In questa particolare ottica si colloca lo speciale rilievo con

ferito dai giudici di merito al vanto menato da Pasquale Tripo doro di essere stato ospitato a bordo della vettura del Frasca in

occasione di un comizio svoltosi a Paludi nel 1987 e a tutte le

manifestazioni di orgoglioso compiacimento avuto da altri per

sonaggi della stessa risma per i rapporti, sia pure saltuari, in

trattenuti con l'imputato. La motivazione adottata dalla corte d'appello relativamente ai

reiterati contatti dell'uomo politico con il mondo criminale ca

labrese in un lunghissimo arco di tempo non offre, dunque, il

fianco ad alcuna critica fondata su vizi di legittimità, neppure sotto il profilo della violazione dell'art. 192, 1° comma, c.p.p., avendo il giudice di merito dettagliatamente e scrupolosamente illustrato i risultati della sua indagine e i parametri di valutazio

ne delle prove cui si è attenuto.

Siffatta conclusione schiude, però, la porta ad altri due pro blemi di natura più squisitamente giuridica.

Entrambi vanno esaminati sotto un duplice aspetto. Il primo riguarda l'ammissibilità, in generale, del concorso

«esterno» (recte, eventuale) nell'associazione di tipo mafioso e,

con riferimento al caso concreto, la sussumibilità dei compor tamenti attribuiti al Frasca in tale fattispecie criminosa.

Il secondo la portata della modifica introdotta nell'art. 416

bis, 3° comma, c.p., dalla novella 356/92 e i riflessi che la solu

zione di tale quesito proietta sulla vicenda del Frasca.

La prima questione è stata, in verità, già affrontata da questa corte nella precedente sentenza del 16 marzo 2000, cit., la quale, sulla scia di una giurisprudenza sufficientemente consolidata

che risale al 1994 (Cass. 23 agosto 1994, Amato, id., Rep. 1994, voce Concorso di persone nel reato, n. 31) ed è stata convali

data anche dalle sezioni unite penali (5 ottobre 1994, Demitry,

id., 1995, II, 422; 27 settembre 1995, Mannino, id., Rep. 1996, voce Governo, n. 27), ha confermato l'ammissibilità del concor

so «esterno» nel delitto di cui all'art. 416 bis c.p., in particolare, di quello di chi «instauri un proficuo rapporto 'collaborativo'

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Page 5: sezione I penale; sentenza 17 aprile 2002; Pres. Teresi, Est. Rossi, P.M. Mura (concl. diff.); ric. Frasca. Annulla senza rinvio App. Catanzaro 5 marzo 2001

PARTE SECONDA

con la struttura malavitosa», costituendo «per così dire, 'l'inter faccia' politico della societas sceleris», che pur rimanendo

estraneo all'organizzazione sia, però, «disponibile al soddisfa

cimento delle esigenze della stessa, alla quale per parte sua

chiede, ogni volta che sia necessario, sostegno elettorale».

Con ciò il tema, almeno sotto il profilo teorico, doveva consi

derarsi già esaurito e non più proponibile dal ricorrente. Giova,

peraltro, chiarire un equivoco che sembra annidarsi in molte

pronunce anche della Suprema corte.

L'art. 416 bis, 1° comma, c.p. punisce la partecipazione ad

un'associazione di tipo mafioso, sicché il concorso eventuale

che non sia inquadrabile dal punto di vista soggettivo ed ogget tivo, nello schema legale delineato dalla norma incriminatrice

non è punibile, tanto più che anche «coloro che promuovono,

dirigono o organizzano l'associazione» (art. 416 bis, 2° comma) sono ugualmente, per un tempo più o meno lungo, secondo il

ruolo in concreto rivestito, anzitutto partecipi della stessa.

In pratica, però, il concorso eventuale, così come descritto

dall'elaborazione giurisprudenziale più avveduta, altro non è

che una forma di partecipazione saltuaria, sporadica part-time,

per così dire (cfr., in proposito, Cass., sez. I, 14 aprile 1995,

Mastrantuono, id., Rep. 1995, voce Ordine pubblico (reati), n.

11), la quale esige, tuttavia, pur sempre la consapevolezza del

l'esistenza del sodalizio con le connotazioni indicate dalla legge e la volontà di dare il proprio contributo al conseguimento dei

suoi scopi in un determinato momento della sua evoluzione.

Il che comporta, come corollario, che fuori di questo mo

mento e, eventualmente, di altri esattamente individuati, il con

corrente eventuale, a differenza di coloro i quali agiscono «nella

'fisiologia', nella vita corrente quotidiana dell'associazione»

(sez. un. 5 ottobre 1994, Demitry, cit.), con i suoi alti e bassi, con le sue pause nell'esercizio dell'attività per cui venne costi

tuita, di coloro, cioè, che possono in qualche modo considerarsi

sempre «in servizio», esaurisce la propria condotta criminosa

con il compimento dell'operazione concordata, la quale, come

s'è visto, può consistere anche nella semplice promessa di favo

ri connessi alla carica o all'ufficio rivestiti dal concorrente me

desimo e alla contiguità, percepibile all'esterno, con l'associa

zione mafiosa.

Ciò assume una decisiva rilevanza anche ai fini della deter

minazione del tempo di consumazione del reato e della sua

eventuale continuazione conseguente alla pluralità dei fatti di

partecipazione «provvisoria». S'è già visto come e perché la corte d'appello abbia con mo

tivazione ineccepibile sul piano della legittimità ravvisato nei

comportamenti dell'imputato un fattivo contributo allo sviluppo e al rafforzamento dei gruppi delinquenziali operanti nelle terre

interessate dall'azione politica del predetto. Ma poiché tali

comportamenti, secondo la ricostruzione degli accadimenti ac

colta dai giudici di merito, risalgono tutti ad epoca anteriore al

1992, è necessario stabilire se la modifica dell'art. 416 bis, 3°

comma, c.p., consista nel precisare una delle modalità che può, in concreto, assumere l'azione del sodalizio mafioso, di per sé

già perseguibile in base al testo originario della disposizione —

secondo la tesi del procuratore generale — ovvero abbia intro

dotto nell'ordinamento penale una fattispecie criminosa nuova — come sostiene, invece, la difesa, con conseguente esclusione della punibilità del Frasca.

Va premesso che questa corte con la pronuncia del 16 marzo

2000 ha già qualificato i fatti addebitati all'imputato come commessi in violazione dell'art. 416 bis, 3° comma, c.p., nella

nuova formulazione risultante dalla modifica apportata dal d.l. 8

giugno 1992 n. 306, convertito nella 1. 7 agosto 1992 n. 356.

Dello spirito della riforma, fortemente sollecitata dalla co

scienza sociale, preoccupata di impedire che le competizioni elettorali risultassero in qualche modo «inquinate» dall'azione

di organizzazioni criminali, si era già fatta interprete, del resto, la Suprema corte con una sentenza (8 giugno 1992, Battaglini, id., 1993, II, 133) di poco posteriore alla data del primo provve dimento legislativo, riconoscendo che la promessa di benefici di

qualsivoglia natura per ottenere il voto, utilizzato questo, perciò, come oggetto di scambio, poteva integrare gli estremi della

partecipazione all'associazione criminosa anche con riferimento

al soggetto esterno, vale a dire al candidato non inserito nell'or

ganigramma della struttura mafiosa e non soltanto ai comparte cipi «ufficiali» della stessa.

In questo ambito va circoscritto il senso dell'adesione mani

festata dalla quinta sezione penale di questa corte alla sentenza

Battaglini, mentre, per il resto, appare necessario fare alcune brevi osservazioni sulla struttura del reato in esame.

Il Foro Italiano — 2003.

Va, in particolare, rilevato che laddove la condotta di parteci

pazione all'associazione criminosa in genere e a quella mafiosa

in specie non trova nella normativa vigpnte una precisa conno

tazione, tanto da apparire persino atipica e conseguire la neces

saria definizione soltanto mediante l'accertamento della rile

vanza causale della condotta del singolo ai fini della nascita,

della permanenza in vita o 'dell'operatività del gruppo, gli obiettivi che questo deve perseguire e cercare di raggiungere, servendosi del metodo mafioso, sono invece chiaramente defi

niti dal legislatore, la cui elencazione, proprio perché ispirata, evidentemente, al rispetto del principio di legalità, in una mate

ria già di per sé piuttosto nebulosa e controversa, non può com

siderarsi semplicemente esemplificativa, presentando, per con

tro, il carattere della tassatività.

E indiscutibile, comunque, che l'ipotesi aggiunta all'art. 416

bis dalla legge del 1992, pur rispondendo allo scopo perseguito dal legislatore di punire più ampiamente e severamente condotte

atte a turbare il libero svolgimento delle competizioni elettorali,

già previste da preesistenti norme incriminatrìci, tuttora in vigo re, nulla ha a che vedere con gli altri casi contemplati dalla di

sposizione dettata dall'art. 1 1. 13 settembre 1982 n. 646 e rap

presenta una fattispecie completamente nuova, che qualifica in

modo diverso rispetto alle altre la finalità cui tende il sodalizio

mafioso in combutta con chi va a caccia di voti e che non esita,

pur di raggiungere l'agognato successo elettorale, a stipulare

patti scellerati con la criminalità.

Ma se ciò è vero, e non si vede come possa sostenersi il con

trario, e si conviene che la nuova normativa ha introdotto nel si

stema penale una figura inedita di reato, appare di solare evi

denza che, in virtù del perentorio e intangibile disposto degli art. 25, 2° comma, Cost, e 2, 1° comma, c.p., «i comportamenti concludenti» addebitati al Frasca con l'unico intento di ottenere

il sostegno elettorale delle cosche mafiose della sua terra non

sono punibili, perché consistenti in fatti che al tempo in cui fu

rono commessi non erano previsti dalla legge come reati.

La sentenza impugnata, la quale, adeguandosi alle direttive di

questa corte, ha compiuto — come più volte sottolineato —

un'attenta e approfondita disamina dei molteplici episodi men

zionati nel capo d'accusa, determinando anche i tempi in cui

vanno collocati, non ha tenuto conto di questo dato fondamen

tale legato all'innovazione legislativa e alla conseguente estra

neità dei fatti alla sfera di operatività dell'attuale normativa e

deve essere, pertanto, annullata senza rinvio ai sensi dell'art.

620, lett. a), c.p.p.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 27 febbraio 2002; Pres. Vessia, Est. Canzio, P.M. Iadecola

(conci, diff.); ric. Martola. Annulla Trib. sorv. Milano, ord. 26

gennaio 2001.

Ordinamento penitenziario — Affidamento in prova al ser

vizio sociale — Esito — Comportamenti successivi al pe riodo di prova — Valutabilità — Condizioni (L. 26 luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e sull'ese cuzione delle misure privative e limitative della libertà, art.

47). Ordinamento penitenziario — Affidamento in prova al ser

vizio sociale — Esito negativo — Pena residua — Deter minazione (L. 26 luglio 1975 n. 354, art. 47).

Nel valutare se l'esito dell'affidamento in prova al servizio so

ciale sia stato positivo, ai fini della declaratoria di estinzione della pena, il giudice può fare oggetto dì apprezzamento an

che i comportamenti successivi al periodo di esecuzione della

misura, che devono però essere rigorosamente vagliati e posti in relazione con la condotta complessivamente tenuta e con

l'esperienza maturata dall'affidato nel corso della prova. (1)

(1) Sulla questione della valutabilità, al fine della declaratoria di estinzione della pena per esito positivo dell'affidamento al servizio so ciale a norma dell'art. 47, 12° comma, 1. 26 luglio 1975 n. 354, di com

portamenti tenuti dopo la conclusione del periodo di prova, la giuris prudenza di legittimità si era inizialmente pronunciata in senso contra rio: cfr. Cass. 14 novembre 1996, Motta, Foro it.. Rep. 1997, voce Or

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