Sezione I penale; sentenza 20 dicembre 1983; Pres. Fernandes, Est. Piccininni, P. M. Ciani(concl. conf.); ric. Raimondi. Annulla App. Brescia 19 agosto 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 2 (FEBBRAIO 1984), pp. 65/66-67/68Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175623 .
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65 GIURISPRUDENZA PENALE 66
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 20 di
cembre 1983; Pres. Fernandes, Est. Piccininni, P.M. Ciani
(conci, conf.); ric. Raimondi. Annulla App. Brescia 19 ago sto 1983.
CORTE DI CASSAZIONE;
Circostanze di reato — Terrorismo — Attenuante della disso
ciazione o collaborazione — Applicazione — Aggravante della
finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico —
Esclusione — Conseguenze (DJ. 15 dicembre 1979 n. 625,
misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della
sicurezza pubblica, art. 1, 8; 1. 6 febbraio 1980 n. 15, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 15 dicembre
1979 n. 625, art. unico; 1. 29 maggio 1982 n. 304, misure per la
difesa dall'ordinamento costituzionale, art. 3). Circostanze di reato — Aggravante della finalità di terrorismo o
di eversione dell'ordine democratico — Elemento costitutivo del
reato — Configurabilità dell'aggravante — Esclusione — Fatti
specie (Cod. pen., art. 270 bis; d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, art. 1, 8; 1. 6 febbraio 1980 n. 15, art. unico).
Il riconoscimento della circostanza attenuante della dissociazione
o della collaborazione prevista dall'art. 3 l. n. 304/82 fa venir
meno l'aggravante della finalità di terrorismo o di eversione
dell'ordine democratico, con la conseguenza che al fine di
stabilire l'obbligatorietà o meno del mandato di cattura non
trova applicazione l'art. 8 d.l. n. 625/79, convertito, con mo
dificazioni, nella l. n. 15/80. (1) Non è configurabile l'aggravante della finalità di terrorismo o di
eversione dell'ordine democratico nei confronti di quei reati
che contemplano tale finalità tra gli elementi costitutivi (nel
la specie, è stato escluso che per il reato di partecipazione ad associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di
eversione dell'ordine democratico sia obbligatorio il mandato di
cattura). (2)
La requisitoria del p.g. della repubblica presso questa corte è
del seguente testuale tenore:
« Con ordinanza 19 aprile 1983 la sezione istruttoria presso la
Corte d'appello di Brescia ha rigettato l'istanza di scarcerazione
per decorrenza dei termini proposta nell'interesse di Diego Rai
mondi, detenuto dal 24 maggio 1980, appellante contro la senten
za 5 agosto 1982 della Corte d'assise di Bergamo che lo condan
nava alle pene di legge quale colpevole, tra l'altro, di rapina
aggravata, detenzione e porto illegali di armi, fabbricazione,
detenzione, porto e lancio di ordigni esplosivi, tentato omicidio
aggravato (cosi modificata, già in sede di rinvio a giudizio,
l'originaria imputazione di strage di cui al capo A2) e partecipa
zione ad associazione con finalità di terrorismo e di eversione
dell'ordine democratico (art. 270 bis c.p.); con applicazione del
l'art. 3 1. 29 maggio 1982 n. 304 a tutti i reati ritenuti in
sentenza (salvo quelli di cui al capo B2, non rilevanti agli effetti
che interessano in questa sede).
(1-2) Non risultano precedenti specifici sulla prima massima.
Sui rapporti tra l'attenuante introdotta con l'art. 3 1. n. 304/82 e la
finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico (quest'ulti ma espressione corrisponde, per ogni effetto giuridico, a quella di
eversione dell'ordinamento costituzionale: art. 11 legge cit.), v. Casel
li-Perduca, in Legislazione pen., 1982, 557.
Sui benefici previsti dalla 1. 304/82, v., da ultimo, Cass. 16 no
vembre 1982, Peci, e Assise Genova 27 ottobre 1982, Foro it., 1983, II,
405 e 408, con nota di iRapisarda. Sostanzialmente nello stesso senso, sul principio enunciato nella
seconda massima, Cass. 30 marzo 1983, Ferretti, inedita; 29 aprile
1982, Signori, Foro it., 1983, II, 407 (in motivazione), con nota di
Rapisarda, cui acide, in dottrina, Moscarini, In tema di reati
commessi per finalità di terrorismo o di eversione, in Giur. it., 1982,
ili, 471. iPer l'affermazione che il divieto di libertà provvisoria (e, quindi, la
obbligatorietà del mandato di cattura) sancito dall'art. 8 d.l. n. 625/79 non può non valere anche per quei delitti in cui la finalità di
terrorismo o eversione dell'ordine democratico è elemento costitutivo, v. Cass. 19 novembre 1981, Ciapponi, Foro it., 1982, II, 177,
espressamente criticata dalla richiamata Cass. 29 aprile 1982; App. To
rino 30 dicembre 1981, id., Rep. 1982, voce Libertà personale dell'im
putato, n. 155. Nel senso che l'aggravante della finalità di terrorismo o di eversione
dell'ordine democratico non è applicabile al delitto di banda armata, v. Trib. Torino, ord. 29 marzo 1983, in questo fascicolo, II, 80, con
nota di richiami. È pacifico, in giurisprudenza, che la Cassazione, ancorché accerti
che i termini massimi della custodia preventiva sono già decorsi, non
può provvedere direttamente alla scarcerazione dell'imputato perché l'eventuale adozione delle misure di cui all'art. 282 c.p.p., in relazione
all'art. 272, 7° comma, implica poteri cognitivi e di merito: v. Cass. 7
agosto 1981, Abu Anzeh, id., 1982, II, 239 (in motivazione); 30
giugno 1981, Rogai, id., 1981, II, 421 (in motivazione); 11 febbraio
1981, Nardozza, ibid., 201 (in motivazione), con nota di Ciani.
Il Foro Italiano — 1984 — Parte II-5.
« La sezione istruttoria ha osservato in motivazione che, nono
stante l'applicazione dell'art. 1. <n. 304/82, il mandato di cattura
resta obbligatorio (e, conseguentemente, la durata massima della
custodia preventiva corrisponde, nella fase attuale, a 4 anni,
compreso il prolungamento di un terzo di cui all'art. 10 d.l. 15
dicembre 1979 n. 625, convertito con modificazioni in 1. 6
febbraio 1980 n. 15) per taluni reati ritenuti in sentenza, e
precisamente: a) per quelli aggravati, secondo la contestazione
originaria, ai sensi dell'art. 1 d.l. cit. (capi A24, A26, A28), in
quanto l'applicazione dell'art. 3 1. n. 304 del 1982 incide sulla
pena edittale ma non elimina la rilevanza dell'aggravante agli effetti dell'art. 8, 1° comma, dello stesso d.l.; b) per il reato
di cui all'art. 270 bis c.p. (capo A 33), in quanto il richiamo
fatto dall'art. 8, 1° comma, all'art. 1 d.l. n. 675/79 {che concerne « i reati commessi per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico ») induce a ritenere che tutti i delitti
commessi per tale finalità siano soggetti a mandato di cattura
obbligatorio, sia che la finalità stessa costituisca circostanza
aggravante, sia — a maggior ragione — che essa inerisca alla
fattispecie come elemento costitutivo.
« Il Raimondi ha proposto ricorso e, attraverso il difensore, ha dedotto: 1) inosservanza dell'art. 3, ult. comma, 1. 29 maggio 1982 n. 304 ed erronea applicazione dell'art. 8 d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, convertito con modificazioni in 1. 6 febbraio 1980 n.
15, in relazione ai reati originariamente aggravati ex art.l dello stesso d.l.; 2) erronea applicazione dell'art. 8, 7° comma, d.l. cit. in relazione al reato di cui all'art. 270 bis c.p.
« Ambedue le censure, a giudizio di quest'ufficio, sono fonda te. È principio pacifico che con l'espressione
' reato ritenuto in
sentenza '
l'art. 275 cjp.p. ha inteso riferirsi, ai fini della deter minazione del termine massimo di custodia preventiva, sia all'ipo tesi di mutamento di rubrica, sia alla concessione di attenuanti, sia al risultato dell'eventuale giudizio di comparazione con le
aggravanti contestate e ritenute (v. da ultimo sez. un 28 novem bre 1981, Gregorio, Foro it., 1982, II, 121).
« Ora il rapporto tra l'attenuante prevista dall'art. 3 1. n.
304/82 e l'aggravante prevista dall'art. 1 d.l. n. 615/79 è un
rapporto di incompatibilità, tale, cioè, da escludere in radice la stessa possibilità della comparazione, indipendentemente da quan to disposto dall'ultima parte del citato art. 1 circa l'impossibilità che le circostanze attenuanti concorrenti con l'aggravante siano ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa. La concessione dell'attenuante di cui all'art. 3 elimina l'altro termine della
comparazione, con effetto ben più radicale del giudizio di preva lenza o equivalenza, poiché, come è espressamente disposto dal 3° comma della norma citata, quando ricorrono le circostanze di cui ai precedenti comma non si applicano gli art. 1 e 4 d.l. n.
625/79. Non è esclusa, ed anzi è necessariamente presupposta dalla stessa applicazione dell'art. 3 1. n. 304/82 la finalità di
terrorismo e di eversione dell'ordine democratico: ma essa non
integra più l'aggravante prevista dall'art. 1 d.l. n. 625/79 e, al
contrario, costituisce l'indispensabile substrato dell'attenuante. Perciò l'aggravante non conserva più alcuna rilevanza, neppure ai fini dell'obbligatorietà del mandato di cattura ex art. 8, 1° comma, d.l. cit. Codesta corte, già prima dell'entrata in vigore della 1. 29
maggio 1982 n. 304, ha affermato che « l'art. 8, 1° comma, d.l.
prevede l'obbligatorietà del mandato di cattura e il divieto di
libertà provvisoria con specifico riguardo all'aggravante configura ta dal precedente art. 1, aggravante che, oltre a non essere
applicabile ai reati commessi prima dell'entrata in vigore dello stesso d.l., è incompatibile — per espressa riserva inserita nel testo della disposizione — con i reati nella cui struttura la
finalità di terrorismo e di eversione è assunta come elemento
costitutivo». Trattandosi di disposizione restrittiva della libertà
personale, non ne è ammessa l'estensione analogica a casi non
espressamente previsti (ed anzi potrebbe dirsi espressamente e
sclusi), anche se caratterizzati dalla eadem ratio (sez. I 29 aprile 1982, Signori, id., 1983, II, 407; v. anche sez. VI 25 febbraio
1981, Verdecchia, id., 1981, II, 423). Il collegamento inscindibile
tra l'obbligatorietà del mandato di cattura e l'aggravante di cui al
l'art. 1 d.l. permane anche dopo l'entrata in vigore della 1. n. 304/ 82 che ha previsto, in aggiunta a quelli già individuati dalla giu
risprudenza, altri due casi (dissociazione e collaborazione) in cui la finalità di terrorismo o di eversione, benché oggettivamente
presente, non dà luogo all'aggravante in parola, nel senso che
questa, anche se legittimamente contestata, non può più essere
ritenuta in sentenza (art. 2, 2° comma e 3, 3° comma, 1. n. 304/82). « Quanto al secondo motivo di ricorso, non sussistendo alcuna
valida ragione per discostarsi dalla giurisprudenza sopra citata, deve escludersi che il reato di cui all'art. 270 bis c.p. sia
soggetto, in tema di obbligatorietà del mandato di cattura, allo
stesso regime dei delitti aggravati ex art. 1 d.l. n. 625/79. 'Poiché
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PARTE SECONDA
nel reato in questione la finalità terroristica o eversiva è elemento
costitutivo e non circostanza aggravante, l'art. 8, 1° comma, d.l. è
fuori causa e l'obbligatorietà del mandato di cattura può essere
collegata solo alla misura della pena edittale: misura che, essendo
stata ritenuta la semplice partecipazione all'associazione, ed es
sendo stato comunque applicato l'art. 3 1. n. 304/82, rimane
(per questo come per tutti gli altri reati ritenuti in sentenza) inferiore ai limiti di cui all'art. 253 c.p.p.
« Né in contrario vale argomentare (come fa l'ordinanza im
pugnata) dalla norma processuale di cui all'art. 10 d.l. citato, che
non fa alcun riferimento alla cicostanza aggravante ma presup
pone soltanto l'oggettiva esistenza della finalità di terrorismo o di
eversione dell'ordine democratico (sez. I 13 marzo 1980, Musone,
id., 1980, II, 217; v. anche le sentenze Signori e Verdecchia,
cit.). « Ne consegue che il mandato di cattura non è obbligatorio per
alcuno dei reati ritenuti in sentenza e che, pertanto, nell'attuale
fase il termine massimo di custodia preventiva, tenuto conto del
prolungamento stabilito dall'art. 10 d.l., corrisponde a due anni.
« L'ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio degli atti allo stesso giudice perché disponga la scarcerazione dell'impu
tato, previa verifica dell'inesistenza di eventuali cause di sospen sione del termine di custodia preventiva, e salva iti ogni caso
l'applicazione di eventuali misure cautelari a norma dell'art. 282
c.p.p. ».
Questa corte condivide in ogni parte tali argomentazioni e
decide, pertanto, in conformità.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 9 giu
gno 1983; Pres. Barba, Est. Catamo, P.M. (conci, diff.); imp.
Amati. Conflitto di competenza.
Competenza e giurisdizione penale — Conflitti — Decorso del
termine per l'istruzione sommaria — Rifiuto del p. m. di far
proseguire l'istruttoria con rito formale — Conflitto di com
petenza denunciato dal g.i. — Insussistenza (Cod. proc. pen.,
art. 392 bis; 1. 12 agosto 1982 n. 532, disposizioni in materia
di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale
e dei provvedimenti di sequestro. Misure alternative alla carce
razione preventiva, art. 24).
Dev'essere dichiarato insussistente il conflitto di competenza de
nunciato dal giudice istruttore a seguito del rifiuto opposto
dal pubblico ministero alla richiesta di trasmissione degli atti
per la prosecuzione dell'istruttoria con rito formale, dopo il
decorso del termine di un anno fissato per l'espletamento del
l'istruzione sommaria. (1)
(1) Non risultano precedenti in termini. L'Ufficio del massimario
della Corte di cassazione ha estratto dalla sentenza in epigrafe altre due massime del seguente tenore: 1) « Gli atti compiuti dal pubblico ministero dopo il decorso del termine previsto dall'art. 392 bis c.p.p. sono colpiti da nullità insanabile ex art. 185, 2° comma, dello stesso
codice, violando i criteri oggettivi fissati per l'esercizio dell'azione pe nale ». 2) « Nel caso di violazione del termine annuale previsto dal
l'art. 392 bis c.p.p., l'imputato può formulare istanza di formalizza
zione a norma dell'art. 389, 4° comma, c.p.p., proponendo, ove l'an
zidetta istanza sia disattesa dal pubblico ministero, ricorso al giudice istruttore ». Trattasi evidentemente di obiter dicta, siccome afferma
zioni di principio tutt'altro che necessarie ai fini della ratio decidendi, incentrata sul rilievo che, in difetto di richiesta di formalizzazione del
l'istruttoria, da parte del pubblico ministero, il giudice istruttore non
poteva rivendicare la propria competenza ed elevare conflitto rispetto ad un procedimento sul quale non aveva potere di cognizione. Occor
re, tuttavia, rilevare che Yobiter dictum relativo alla nullità assoluta
ed insanabile degli atti di istruzione sommaria compiuti dal pubblico ministero dopo la scadenza del termine annuale previsto dall'art. 392
bis c.p.p., ha contribuito a produrre effetti sconvolgenti sul riparto dei
carichi di lavoro fra procura della repubblica e uffici istruzione. E
ciò senza alcun vantaggio per la celerità dei procedimenti istruttori,
verosimilmente avuta di mira dal legislatore con l'art. 24 1. 12 agosto 1982 n. 532, che ha introdotto l'art. 392 bis c.p.p. A sostegno del l'obiter dictum la sentenza in epigrafe richiama Cass. 9 giugno 1982, Zoroddu (Mass. Cass, pen., 1982, 891, e Riv. pen., 1983, 431), redatta
dallo stesso estensore, secondo la quale la violazione dei criteri og gettivi fissati dalla legge per la individuazione del rito con cui iniziare
l'azione penale (nella specie, esclusione dell'istruzione sommaria per i
reati punibili con l'ergastolo) dà luogo a nullità insanabile e rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento ai sensi del
l'art. 185, 1° comma, n. 2, c.p.p. Nello stesso senso Cass. 24 ottobre
1972, Ferrari, Foro it., Rep. 1973, voce Istruzione penale, n. 333, se
Svolgimento del processo. — Il 31 gennaio 1983 il g.i. del
Tribunale di Rimini, avuta notizia della pendenza presso l'ufficio della procura della repubblica del luogo di un procedimento iscritto al n. 199/80-A del registro generale affari penali sotto la
rubrica « Atti relativi a verifiche fiscali nei confronti di Amati P. Paolo ed altri », chiese l'invio del processo al suo ufficio, ai
sensi dell'art. 392 bis c.p.p., introdotto dall'art. 24 1. 12 agosto 1982 n. 532, non essendo più, a suo avviso, « il p.m. competente a compiere alcun atto, dato che era scaduto da oltre un anno
il termine per il compimento dell'istruzione sommaria ».
Non avendo il p.m. aderito alla richiesta del g.i., questi, con
ordinanza del 29 marzo 1983, ha sollevato conflitto di competenza. Motivi della decisione. — Ne procedat iudex ex officio, anzi,
più esplicitamente, nemo iudex sine actore. E actor del processo
penale è il p.m. '(art. 1 e 74 c.p.p.). Actor, ma non dominus
dell'azione, non essendo essa rimessa, come invece in civile, al
potere dispositivo del titolare, essendo anzi rigidamente regolata non solo riguardo all 'an ma anche al quomodo del suo esercizio
(« il p.m. inizia ed esercita con le forme stabilite dalla legge l'azione penale»: art. 74 menzionato).
Il giudice quindi è condizionato nell'esercizio del suo potere di
cognizione dall'iniziativa del p.m., se non dal suo contenuto; mentre il p.m. è vincolato nell'esercizio di questa sua attività dalle
forme per essa previste dalla legge. In mancanza delle opportune iniziative del p.m., salvo la sua
responsabilità in sede disciplinare ed eventualmente anche penale, il giudice pertanto non può esercitare il suo potere giurisdizionale in relazione ad un'eventuale notitia criminis, anche se gli risulti
ufficialmente.
Nella fattispecie, in conseguenza, il p.m. doveva, in ossequio al disposto dell'art. 392 bis c.p.p., introdotto dall'art. 24 1. 12
agosto 1982 n. 532, essendo largamente decorso l'anno dalla data
di iscrizione del processo nel registro generale degli affari penali senza che fosse stato richiesto il decreto di citazione o il pro
scioglimento degli imputati oppure l'archiviazione del procedi mento, richiedere la prosecuzione dell'istruttoria con rito for
male. Ma, avendo omesso di avanzare tale richiesta, il g.i. non
poteva rivendicare la sua competenza in ordine al procedimento ed elevare conflitto, perché egli non aveva potere di cognizione su di esso, ma una semplice aspettativa; per cui il conflitto, che
per potersi configurare deve essere attuale, non sussisteva.
Ma, allora, l'irregolare esercizio dell'azione penale da parte del
p.m. è privo di qualsiasi rimedio giuridico? La risposta non può che essere negativa. A parte le responsabilità soggettive di cui
si è parlato, infatti, malgrado il silenzio serbato a riguardo dal
l'art. 392 bis c.p.p., deve ritenersi applicabile anche all'ipotesi da
esso disciplinata il rimedio previsto dall'art. 389, 4° comma, c.p.p.,
condo cui la violazione di una norma tassativa sulla competenza funzionale da parte del pubblico ministero che proceda con istruzione sommaria al di fuori dei casi oggettivamente previsti, dà luogo a nul lità assoluta rilevabile anche d'ufficio in qualsiasi stato e grado del procedimento. Tale orientamento giurisprudenziale si ricollega a Corte cost. 28 novembre 1968, n. 117, id., 1968, I, 2913, con osservazioni di Pizzorusso, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art.
389, 3° comma, c.p.p. nella parte in cui rimette al giudizio insindaca bile del pubblico ministero la scelta del rito istruttorio. In senso con trario al predetto orientamento: Cass. 30 maggio 1S80, Milan, id., Rep. 1982, voce cit., n. 54, secondo la quale la violazione da parte del
pubblico ministero dei criteri enunciati dall'art. 389 c.p.p. per la scelta del rito istruttorio legittima il sindacato giurisdizionale sulla de cisione attraverso la richiesta di formalizzazione e l'eventuale successivo ricorso al giudice istruttore, ma non determina la nullità degli atti com
piuti prima del ricorso e in pendenza dell'esito di questo; Cass. 1° marzo
1974, Truniger, id., Rep. 1975, voce cit., n. 41, per la quale quando l'imputato contro cui il pubblico ministero procede con istruzione som maria non chiede che si prosegua col rito formale o non ricorre con tro il decreto di rigetto dell'istanza, la nullità derivante dalla erroneità della scelta del rito rimane sanata; Cass. 8 novembre 1977, Perrini, id., Rep. 1978, voce cit., n. 101, che ha dichiarato la manifesta infon datezza della questione di costituzionalità dell'art. 394 c.p.p. nella parte in cui non prevede la nullità dell'istruzione sommaria svolta fuori dei casi stabiliti dall'art. 389 c.p.p., per asserito contrasto col principio del giudice naturale; Cass. 9 novembre 1975, Febbraio, id., Rep. 1977, voce cit., n. 90; 27 novembre 1973, Gardazzo, id., Rep. 1974, voce cit., n. 49; 18 dicembre 1972, Peripoli, id., Rep. 1973, voce cit., n. 331, per le quali l'adozione del rito sommario anziché di quello formale non comporta nullità assoluta ai sensi dell'art. 185, mi. 2 e 3, c.p.p., dato che attualmente le due istruttorie si svolgono con le stesse forme e con le medesime garanzie difensive.
In dottrina, sulla trasformazione dell'istruttoria sommaria in formale, Carli, in Riv. dir. proc., 1970, 228; De Lalla, La scelta del rito istrut torio, 1971; Ferraro, in Cass. pen., 1981, 2064; Folino, in Giust. pen., 1980, III, 577; Illuminati, id., 1976, III, 45; M. Leone, in Giur. merito, 1970, II, 107; Manera, in Giust. pen., 1974, III, 195; Molari, in Indice pen., 1973, 181; Tonini La scelta del rito istruttorio nel processo penale, 1974.
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