Sezione I penale; sentenza 21 dicembre 1982; Pres. Remaschi, Est. Lubrano Di Ricco, P. M., Ciani(concl. conf.); ric. Lombardi. Annulla Trib. Verona, ord. 27 settembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 6 (GIUGNO 1983), pp. 269/270-271/272Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177126 .
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269 GIURISPRUDENZA PENALE 270
CORTE DI CASSAZIONE CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 21 di
cembre 1982; Pres. Remaschi, Est. Lubrano Di Ricco, P. M., Ciani (conci, conf.); ric. Lombardi. Annulla Trib. Verona, ord. 27 settembre 1982.
Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Ri
chiesta di riesame — Termine — Decorrenza — Consegna del
provvedimento — Necessità (Cod. proc. pen., art. 263 bis; d. p. r.
25 ottobre 1955 n. 932, norme di attuazione e di coordina
mento della 1. 18 giugno 1955 n. 517, concernente modificazioni al
codice di procedura penale, art. 10; 1. 12 agosto 1982 n. 532,
disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi
della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro. Mi
sure alternative alla carcerazione preventiva, art. 7). Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Ri
chiesta di riesame — Declaratoria di inammissibilità — Legitti mità — Effetti (Cod. proc. pen., art. 263 ter; 1. 12 agosto 1982
n. 532, art. 8). Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Ri
chiesta di riesame — Declaratoria di inammissibilità — Ille
gittimità — Ricorso per cassazione — Annullamento con rinvio
(Cod. proc. pen., art. 263 ter, 263 quater, 543; 1. 12 agosto 1982 n. 532, art. 8, 9).
Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Ri
chiesta di riesame — Trasmissione degli atti al tribunale — Ter
mine — Natura — Inosservanza — Effetti (Cod. proc. pen., art. 263 ter; 1. 12 agosto 1982 n. 532, art. 8).
Fuori dell'ipotesi di latitanza, il termine per proporre la richiesta
di riesame di un mandato di cattura non inizia a decorrere se
non è stata consegnata all'imputato copia integrale del provve dimento. (1)
Il tribunale della libertà investito del riesame di mandato di cat
tura può, oltre che confermare o revocare il provvedimento, dichiarare inammissibile la richiesta, il che è sufficiente per
impedire il verificarsi dell'effetto risolutivo derivante dall'inutile
decorso del termine per la pronuncia. (2) L'ordinanza del tribunale della libertà che dichiari illegittima
mente inammissibile la richiesta di riesame di un mandato di
cattura deve essere annullata con rinvio dalla Corte di cassa
zione. (3) Il termine di ventiquattro ore per la trasmissione degli atti al
tribunale della libertà, stabilito dall'art. 263 ter c. p. c., è sprov visto di qualsivoglia sanzione processuale e la sua eventuale
inosservanza non esplica alcun effetto su quello, perentorio, pre visto per la pronuncia sulla richiesta di riesame. (4)
Lette le conclusioni del p. m. che si riportano integralmente come appresso: « Con ordinanza 27 settembre 1982 il Tribunale di
Verona ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame del man
dato di cattura 8 settembre 1982, emesso dal giudice istruttore di
quella città nei confronti di Benedetto Lombardi per il delitto di
cui all'art. 75 1. 22 dicembre 1975 n. 685.
Il Lombardi ha proposto ricorso per cassazione deducendo
che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di merito, la
richiesta di riesame è stata presentata tempestivamente. Il ricorso è fondato. Dagli atti qui pervenuti risulta che il Lom
bardi è stato arrestato il 9 settembre 1982 in esecuzione del man
dato di cattura di cui si tratta; che peraltro, al momento dell'ar
resto, non gli è stata consegnata la copia del provvedimento; che
la consegna in questione è avvenuta soltanto il successivo 16 set
tembre; che la richiesta di riesame è stata proposta nelle forme
dell'art. 80 c. p. p. il 18 settembre 1982.
Ora, ad avviso di questo ufficio, anche dopo l'entrata in
vigore della 1. 12 agosto 1982 n. 532 resta valido il principio
(1-4) In termini sulla prima massima, con riferimento al ricorso per
cassazione, v. Cass. 29 ottobre 1957, Barboni, Foro it., Rep. 1958, voce Impugnazioni pen., n. 246. In generale, nel senso che il ter
mine per proporre ricorso per cassazione avverso un mandato o
ordine di cattura decorre dal giorno della consegna o della notifica
zione della copia del mandato o dell'ordine, v. Cass. 2 luglio 1976,
Carbone, id., Rep. 1977, voce Libertà personale dell'imputato, n. 64.
Mancano precedenti sulle altre massime trattandosi di una delle pri me decisioni della Corte di cassazione sulla 1. n. 532/82: per rife
rimenti, v. Cass. 17 gennaio 1983, <P. m. c. Pero e 26 novembre
1982, P.m. c. Kamal, id., 1983, II, 122; 14 gennaio 1983, Meucci,
ibid., 53; 20 dicembre 1982, Trinca, ibid., 1, con note di richiami.
Conformemente alla sentenza che si riporta sulla natura del termine
di cui all'art. 263 ter, 2° comma, c. p. c„ v. Cordero, Procedura penale,
appendice alla 6a ed., Milano, 1982, 12; Di Nanni - Fusco - Vacca, Il
tribunale della libertà, Napoli, 1983, 174. Più in generale sulla 1. n.
532/82, da ultimo, v. Fumarulo, Galantino, Gigantesco, Magrone,
Occhiogrosso, Parisi, Pavese, Rinella, Sei mesi di libertà, Bari,
1983.
Il Foro Italiano — 1983 — Parte II-21.
enunciato dalla giurisprudenza in relazione al testo originario dell'art. 263 bis c. p. p., secondo cui il termine per esperire, avverso il mandato di cattura, il rimedio previsto dalla legge non comincia a decorrere se, all'atto dell'esecuzione, non è stata
consegnata al catturando la copia integrale del provvedimento:
principio, del resto, chiaramente sancito dall'art. 10 d. p. r. 25
ottobre 1955 n. 932, che continua a regolare la decorrenza del
termine nei casi in cui è tuttora ammesso il ricorso immediato
per cassazione contro il provvedimento di cattura o di arresto, e
che, in mancanza di una specifica norma di attuazione, deve ritenersi esteso alla richiesta di riesame prevista dalla nuova
normativa. Per conseguenza, nel caso di specie, il fatto idoneo a
determinare la decorrenza del termine si è verificato soltanto il 16 settembre 1982.
Peraltro, anche se in ipotesi il fatto in questione dovesse farsi
risalire al precedente giorno 9 (come ritenuto dal tribunale), la
richiesta sarebbe da considerare ugualmente tempestiva, poiché il
termine di cinque giorni previsto dall'art. 263 bis, 2° comma, c. p. p. (nel testo sostituito dall'art. 7 1. n. 532 del 1982) ha
indiscutibilmente natura processuale e rimane sospeso dal 1°
agosto al 15 settembre di ciascun anno, salve le ipotesi (non ricorrenti nel caso concreto) di dichiarazione di urgenza o di
rinuncia alla sospensione da parte dell'imputato detenuto o del
suo difensore.
Rimane da stabilire se l'ordinanza che erroneamente ha di
chiarato inammissibile la richiesta di riesame debba essere annul
lata senza rinvio, con conseguente perdita di efficacia del
provvedimento restrittivo e immediata liberazione dell'imputato, ovvero debba essere annullata con rinvio allo stesso tribunale
perché si pronunci sul merito della richiesta.
La questione va esaminata sia in generale sia con riferimento
alla fattispecie concreta.
In generale, l'annullamento senza rinvio sembrerebbe imposto dalla considerazione che, alla stregua dell'art. 263 ter c. p. p.
(indotto dall'art. 8 1. n. 532/82), il provvedimento del quale sia
stato chiesto il riesame deve essere confermato o revocato entro
tre giorni dal ricevimento degli atti (prorogabili di altri tre
giorni con decreto motivato), venendo meno in caso contrario
l'efficacia del provvedimento stesso. Senonché i possibili esiti
della fase incidentale aperta dalla richiesta non si esauriscono
nei tre che sembrerebbero testualmente previsti dal suddetto
articolo (conferma, revoca, caducazione per inutile decorso del
termine), poiché non è dubbio che al tribunale spetti il pote re-dovere di dichiarare inammissibile la richiesta di riesame che
sia stata proposta da un soggetto non legittimato o carente di
interesse, o contro un provvedimento per il quale non è previsto tale rimedio, o dopo la scadenza del termine di cui all'art. 263
bis, 2° comma, c.p.p. (nuovo testo), o senza il rispetto delle
forme indicate dagli art. 80, 197 e 198 c.p.p. Il rilievo delle
suddette situazioni non può essere negato, anche se gli art. 263
bis e 263 ter non contengono un richiamo agli art. 207 e 209
c. p. p. (in quanto applicabili), né una disposizione che possa in
qualche modo paragonarsi a quella dettata dall'art. 509 c. p. p. in
tema di inammissibilità dell'opposizione contro il decreto penale. Per conseguenza, la gamma delle possibili decisioni non risulta
del tutto coerente con la formulazione dell'art. 263 ter, se non a
patto di interpretare il termine "
conferma "
nel senso ampio di
« diniego di revoca » (cioè di pronuncia che importi comunque il
mantenimento della misura restrittiva), e non nel senso tecnico e
proprio di riconoscimento della giustezza e della legittimità del
provvedimento assoggettato al riesame.
Tale sembra appunto la via per dare corretta soluzione al
quesito generale sopra posto. Piuttosto che far leva su una
lettura puramente esteriore dell'art. 263 ter c. p. p., occorre con
siderare che con le disposizioni sulla richiesta di riesame il
legislatore ha inteso predisporre un meccanismo di controllo
collegiale sui provvedimenti restrittivi emessi dal magistrato sin
golo nel corso della fase istruttoria, meccanismo che, una volta
attivato dalla richiesta dell'imputato o del suo difensore, deve
portare in tempi rapidissimi al raggiungimento della finalità ga
rantistica, ossia a una pronuncia del tribunale in ordine al
mantenimento o alla caducazione del titolo di custodia. Mante
nimento — in ipotesi — e non consolidamento del titolo, poiché
essenziale, nell'ottica della riforma, è il tempestivo intervento del
tribunale nella vicenda relativa alla libertà personale dell'imputa
to (presumendosi nel suddetto organo, a confronto di quello
monocratico, maggiori garanzie di equilibrio, esperienza e capaci tà tecnica) e non il contenuto specifico o la definitività della
pronuncia, che in effetti è ulteriormente assoggettata a ricorso
per cassazione. Oggetto e sostanza della garanzia, come è strut
turata dal legislatore, non è che il titolo si consolidi, ma che il
tribunale si pronunci entro il termine.
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PARTE SECONDA
L'inutile scadenza di questo funge da condizione risolutiva
dell'efficacia del mandato o dell'ordine di cattura o di arresto:
se però il collegio si pronuncia prima di tale scadenza, l'effetto
risolutivo dell'efficacia, in quanto legato al semplice decorso del
tempo, resta definitivamente impedito (condicio deest), quali che
siano le vicende ulteriori della pronuncia in fase di impugnazio ne.
Ovviamente, in tale ipotesi, sul titolo di custodia continua ad
incombere la possibilità di una revoca da parte dello stesso
tribunale, cui gli atti siano rinviati dalla Corte di cassazione, ovvero di annullamento senza rinvio, qualora la suddetta corte,
indpendentemente da nuovi apprezzamenti di fatto, sia in grado di rilevare senz'altro l'illegittimità della custodia: ma la caduca
zione automatica prevista dall'ult. comma dell'art. 263 ter non
può più operare. Del resto, siffatta disciplina del titolo di custodia in rapporto
al decorso del tempo non costituisce una novità assoluta per il nostro ordinamento processuale: nel caso di sentenza di con danna a pena detentiva pronunciata entro venti giorni dall'ese cuzione del mandato o dell'ordine di arresto, ai sensi dell'art.
251, 3° comma, c.p.p., le ulteriori vicende della custodia resta no bensì legate alla sorte dell'imputazione nei successivi gradi di
giudizio ma l'effetto risolutivo del termine ivi stabilito non può rivivere, e il meccanismo di decadenza automatica collegato al l'inutile decorso dei venti giorni è posto definitivamente fuori causa.
Non vi sono dunque plausibili ragioni per escludere, in gene rale, che la richiesta di riesame, previo annullamento dell'erronea declaratoria di inammissibilità emessa nel rispetto dei termini
perentori, sia decisa nel merito dal tribunale competente, al
quale gli atti vanno rinviati ex art. 543, n. 1, c. p. p. Nella specie, l'ordinanza di inammissibilità è stata emessa dal
tribunale entro tre giorni dal ricevimento degli atti, e pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte, essa va annullata con
rinvio, a nulla rilevando, in contrario, che siano trascorse più di
ventiquattro ore tra il momento in cui la richiesta è pervenuta al giudice istruttore e quello in cui gli atti sono stati ricevuti dal tribunale. Infatti l'inefficacia del provvedimento restrittivo
consegue solo all'inosservanza dei termini che riguardano l'attivi tà del tribunale, cioè del termine ordinario di tre giorni e di
quello eventualmente prorogato a sei giorni, decorrenti entrambi dal ricevimento degli atti, mentre nessuna decadenza è prevista per il termine di ventiquattro ore stabilito dall'art. 263 ter, 2° comma (nuovo testo), che è sanzionato solo sul piano discipli nare e al limite (concorrendo le condizioni richiamate dall'art.
328, 2° comma, c. p.) su quello penale, ma non anche sul piano processuale. Ciò risulta — al di là dei dubbi che potrebbero sorgere dalla formulazione dell'art. 263 ter, nel cui ultimo com ma si parla genericamente di
" termini sopra indicati
" — dalla considerazione che fra il termine previsto dal 2° comma e
quelli previsti dai comma successivi non è possibile operare una saldatura analoga a quella che, in materia di convalida dell'ar
resto, è istituita fra i due termini di quarantotto ore ciascuno di cui all'art. 13, 3° comma, Cost. Ciò non soltanto perché lo stesso concetto di saldatura tra un termine a ore e un successivo termine a giorni presenta, di per sé, tali caratteri di singolarità e stranezza da sfiorare il controsenso, essendo inevitabile una solu zione di continuità tra l'uno e l'altro, salvo che la scadenza del
primo si verifichi alle ore 24; ma anche perché, nell'ipotesi considerata, il termine a ore riguarda la sola attività dell'ufficio che ha emesso il provvedimento restrittivo e non comprende (né potrebbe comprendere) il tempo durante il quale gli atti si trovano in itinere tra il detto ufficio e il tribunale del capoluogo dì provincia. Quest'ultimo intervallo cronologico, al pari di quel lo anche considerevole che può riscontrarsi tra la proposizione della richiesta e la sua ricezione da parte dell'autorità che ha emesso il provvedimento, allorché la proposizione avvenga nelle forme consentite dall'art. 80 e dai comma 2° e 3° dell'art. 198 c. p. p., rimane del tutto irrilevante ai fini della regolarità della
procedura. Per conseguenza, l'ordinanza impugnata va annullata con rin
vio allo stesso Tribunale di Verona perché si pronunci sul merito della richiesta».
La Corte suprema di cassazione in accoglimento delle richieste
sopra riportate e adottando queste come motivazione della pre sente sentenza, ritiene di annullare l'ordinanza impugnata con
rinvio al Tribunale di Verona perché si pronunci sul merito della richiesta.
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 4 no
vembre 1982; Pres. Barba, Est. Papadia, P. M. (conci, conf.); ric. Proc. gen. c. Marcato ed altro. Conferma Trib. Padova 10
giugno 1982.
II
TRIBUNALE DI PADOVA; ordinanza 10 giugno 1982; Giud.
istr. Palombarini; imp. Marcato ed altro.
Libertà personale dell'imputato — Libertà provvisoria — Con
cessione — Appello del procuratore generale — Inammissibi
lità — Eccezione (Cod. proc. pen., art. 277, 281).
È inammissibile l'appello del procuratore generale avverso l'ordi
nanza del giudice istruttore in tema di libertà provvisoria, do
vendosi la relativa legittimazione riconoscere esclusivamente al
procuratore della repubblica, eccezion jatta per l'ipotesi in cui
le funzioni di p. m. sono esercitate dallo stesso procuratore ge nerale. (1)
I
Con ordinanza 24 maggio 1982 il g. i. presso il Tribunale di
Padova concedeva la libertà provvisoria a Marcato Lorenzo e
Buzzi Walter.
Il p. g. presso la Corte d'appello di Venezia impugnava la
predetta ordinanza, ma il g. i. predetto dichiarava inammissibile
li gravame ai sensi dell'art. 207 c.p.p. (10 giugno 1982). 11 p. g. proponeva allora ricorso per cassazione sostenendo la
illegittimità del provvedimento sia sotto il profilo della « delica
tezza e non palmare evidenza » della questione e sia in quanto ravvisava legittimo il gravame del p. g. presso la corte d'appello nel cui distretto trovasi l'ufficio del primo p.m.
Rileva la corte che il ricorso non è fondato. Come è noto, è
principio fondamentale che la legge, quando designa il titolare
del diritto di impugnazione col termine generico di pubblico ministero, intende fare riferimento soltanto al rappresentante del
p. m. presso il giudice che ha emesso il provvedimento e non
anche al rappresentante del p. m. presso il giudice superiore. In applicazione di tale principio, allorché l'art. 281, 1" com
ma, c. p. p. stabilisce che le ordinanze del giudice istruttore che
decidono sulla libertà provvisoria possono essere appellate dal
l'imputato o dal p. m., con quest'ultima generica espressione intende riferirsi soltanto al rappresentante del p. m. presso il
giudice che ha emesso il provvedimento.
In tal senso si è ripetutamente pronunciata questa Suprema corte (Cass. 11 maggio 1965, Passalacqua, Foro it., Rep. 1966, voce Impugnazioni pen., nn. 89, 90; 21 febbraio 1975, Tugno
io, id., 1976, 11, 1; sez. un. 14 novembre 1964, Guarnaschelii,
id., 1965, 11, 65) la quale ha sempre ribadito che il p. m. cui
iart. 281 c.p.p. conferisce ia legittimazione ai gravame è quello stesso al quale l'art. 280, 3° comma, c.p.p. nel caso ivi previ sto fa obbligo di rinvestire il p.g. della decisione sulla domanda
di libertà provvisoria. Solo ove il p. g. eserciti l'azione penale ex
art. 234 c. p. p. e conseguentemente richiede al g. i. la decisione
ex art. 280 c.p.p. è ancora lo stesso p.g. a trovarsi investito ex
art. 281 c.p.p. della legittimazione a proporre gravame.
(1) Giurisprudenza costante: v. Cass. 23 novembre 1982, Capellua, inedita; 4 novembre 1982, Gasparetto, inedita (entrambe originate da declaratorie di inammissibilità, da parte del giudice istruttore di Pa
dova, di appelli proposti dal procuratore generale di Venezia avverso
ordinanze, dello stesso giudice, concessive della libertà provvisoria); 24 gennaio 1980, Malandrino, Foro it., Rep. 1981, voce Libertà perso nale dell'imputato, n. 126; 11 maggio 1965, Passalacqua, id., Rep. 1966, voce Impugnazioni pen., n. 89; 19 gennaio 1952, Mattucci, id., 1952, il, 99, con nota di richiami.
In dottrina, v., conformemente all'orientamento giurisprudenziale, Corso, Nuovi profili della custodia preventiva, 2* ed., Milano, 1983, 104, n. 185; Del Pozzo, La libertà personale nel processo penale italiano, Torino, 1962, 527; Vacca, Titolarità del diritto di impugna zione contro le ordinanze del giudice istruttore sulla libertà provvisoria, in Riv. pen., 1952, I, 323.
È ricorrente in giurisprudenza l'enunciazione del principio, ripreso anche dalle decisioni che si riportano, nonché dalle sentenze Capellua, Gasparetto e Malandrino citate, secondo cui quando la legge designa il titolare del diritto di impugnazione con il termine generico pubblico ministero intende riferirsi soltanto al rappresentante del p. m. presso il giudice che ha emesso il provvedimento v. Cass. 26 febbraio 1975, Bertagna, Foro it., Rep. 1975, voce cit., n. 34; 21 febbraio 1975, Tu gnolo, id., 1976, II, 1, con nota di richiami.
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