+ All Categories
Home > Documents > sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv....

sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: lamtram
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
10

Click here to load reader

Transcript
Page 1: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera(Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,Albanese, Crisci, Sanino), Soc. Totalfina Italia (Avv. Cavasola, Pappalardo), Soc. Kuwaitpetroleum Italia (Avv. Danusso, A. Pace), Soc. Shell (Avv. D'Alberti, A. e L.F. Pace), Soc. Ergpetroli (Avv. Acquarone, Gallo, A. Marconi, Lambo, Candido ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 3 (MARZO 2001), pp. 143/144-159/160Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196508 .

Accessed: 28/06/2014 15:21

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

PARTE TERZA

Nelle more dell'approvazione regionale, entrata in vigore la 1.

reg. 20 gennaio 1998 n. 3, la quale all'art. 4 prevede che, in re

lazione ad opere che beneficiano di finanziamenti comunitari e

ricadono in aree non destinate a pubblici servizi negli strumenti

urbanistici vigenti, l'approvazione di progetto in variante degli strumenti stessi sia sottratta all'autorizzazione regionale, il con

siglio comunale di Veglie, ai sensi e per gli effetti della citata disposizione regionale, ha riapprovato, con delibera 12 novem

bre 1998, n. 74, il menzionato progetto, dichiarandone la pub blica utilità e fissando i termini per l'inizio e la fine dell'espro priazione e dei lavori.

Successivamente, la giunta comunale, con la delibera 30 di

cembre 1998, n. 479, ha disposto l'occupazione di urgenza degli immobili e, a seguito della delibera di giunta provinciale 4 mar

zo 1999, n. 256, la stessa giunta comunale di Veglie, con la de

libera 31 marzo 1999, n. 104, ha prorogato il termine per l'ini

zio dell'espropriazione e dei lavori, fermi restando i termini fi

nali già fissati in precedenza. Dalla descrizione degli atti comunali e provinciali adottati,

emerge che il procedimento amministrativo è stato posto in es

sere in piena conformità della normativa statale e regionale e

senza creare confusione o perplessità. Non si vede, infatti, perché, in mancanza della necessaria ap

provazione regionale, il comune non dovesse fare uso della

nuova normativa regionale, che consentiva di prescindere dal

l'atto regionale, e, poiché l'unico atto ancora mancante era

quello conclusivo, del tutto correttamente l'amministrazione

comunale, con la deliberazione n. 74 del 1998, si è limitata ad

approvare la precedente n. 46 del 1997, non essendo necessario,

contrariamente a quanto sostiene l'appellante, una rinnovazione

integrale della procedura, a partire dall'iniziale approvazione del progetto, con conseguente rinnovazione della procedura

partecipativa di deposito, pubblicazione, osservazioni e opposi zioni degli interessati, per poi pervenire all'atto finale di appro vazione.

Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha respinto la relativa censura.

Infondate sono, altresì, le doglianze in ordine alle modalità di

copertura della spesa, tenuto conto che si tratta di opera a totale

carico della provincia di Lecce, il cui finanziamento è avvenuto

tramite p.o.p. Altrettanto infondate sono le considerazioni svolte in ordine

ai tempi in cui sono intervenute le deliberazioni del comune e

della provincia di Lecce, le quali, oltre a riguardare aspetti di

versi e di pertinenza rispettiva, sono state adottate in presenza dei presupposti sanciti dalla normativa statale e regionale.

In conclusione l'appello deve essere respinto.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO; sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres.

Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca,

Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana

(Avv. Carabba, Albanese, Crisci, Sanino), Soc. Totalfina

Italia (Avv. Cavasola, Pappalardo), Soc. Kuwait petroleum Italia (Avv. Danusso, A. Pace), Soc. Shell (Avv. D'Alberti, A. e L.F. Pace), Soc. Erg petroli (Avv. Acquarone, Gallo, A. Marconi, Lambo, Candido Di Gioia), Soc. Agip petroli (Avv. Acquarone, Siragusa, De Simone, A. Marconi, De

Sanctis), Soc. Tamoil petroli (Avv. Villata, Degli Esposi

ti), Soc. Esso italiana (Avv. Cerulli Irelli, Zanchini, Osti) c. Autorità garante della concorrenza e del mercato (Avv. dello Stato Braguglia, Sclafani), Codacons (Avv. Rienzi,

Triggiani, Saporito, Amato, Orlando, M. Marconi, Viti,

Masullo, Sanitate), Figisc-Confcommercio.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO; sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres.

Il Foro Italiano — 2001.

Concorrenza (disciplina della) — Distribuzione di carburan ti per autotrazione — Intesa orizzontale — Restrizione

della concorrenza (L. 10 ottobre 1990 n. 287, norme per la

tutela della concorrenza e del mercato, art. 2).

Il coordinamento delle politiche commerciali, perseguito dalle

società petrolifere in seno ad un 'associazione di categoria ed

attuato nei confronti dei rispettivi gestori tramite meccanismi

contrattuali intesi a disincentivarne le autonome politiche di

prezzo mediante l'elargizione di sconti decrescenti all'au

mentare dei volumi commercializzati, rappresenta una pratica concordata in violazione dell'art. 2 l. 287/90. (1)

(1) Con la sentenza in epigrafe il Tar Lazio ha confermato il provve dimento n. 8353 dell' 8 giugno scorso (in Bollettino, 2000, fase. 22) con il quale l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), a seguito di un'istruttoria aperta il 7 ottobre 1999, aveva condannato

otto aziende petrolifere al pagamento di una multa complessiva di 473

miliardi. Per quanto concerne il pagamento della multa, il Consiglio di

Stato ha successivamente respinto, con una serie di ordinanze, separate ma uguali (per tutte, v. l'ordinanza 6543/00), le istanze di sospensione dell'Esecuzione della sentenza in rassegna. È solo il caso di precisare che la multa comminata ammontava originariamente a 640 miliardi: la

successiva decurtazione è il frutto dei ricalcoli che l'autorità (v. provv. n. 8459 del 6 luglio 2000, id., 2000, fase. 27) ha dovuto effettuare sui

fatturati di alcune delle imprese coinvolte, le quali non avevano comu

nicato i dati utilizzando il formulario standard, con la conseguenza che

in talune cifre fornite non si distingueva se il valore delle vendite ri

portalo fosse al lordo o al netto dell'Iva e delle accise.

L'accusa a carico delle società petrolifere consiste nell'aver posto in

essere una pratica concordata, in seno alla propria associazione di cate

goria (l'Unione petrolifera), al fine di coordinare i rapporti commerciali

con i gestori per mantenere il controllo sul prezzo di vendita del carbu

rante in vista della sua liberalizzazione e del potere riconosciuto al ge store di fissare il prezzo finale: tale coordinamento si è sviluppato tra

mite gli accordi interprofessionali del 1994, del 1997 e del 1998, per sfociare negli «accordi colore» sottoscritti dalle singole società con le

associazioni dei gestori di ciascuna rete distributiva (c.d. comitati na

zionali di colore) a partire dal giugno 1995. Proprio su questo profilo si

appuntavano le doglianze degli odierni ricorrenti: la giurisprudenza comunitaria ha infatti ritenuto sottratti alla normativa antitrust gli ac

cordi conclusi nell'ambito delle trattative collettive per conseguire obiettivi di politica sociale: Corte giust. 21 settembre 1999, causa C

67/96. Albany International, in Foro it., 1999, IV, 489). Il mercato rilevante è quello relativo alla distribuzione ed alla ven

dita di carburanti per autotrazione sulla rete nazionale, stradale ed auto

stradale: esso si presenta come un mercato oligopolistico fortemente concentrato (la media dell'indice Herfindahl-Hirschman è superiore a

2.700 punti), nonché asimmetrico (a causa della presenza di un duopo lio, costituito da Agip petroli ed Esso, la cui quota congiunta di mercato

rappresenta quasi l'ottanta per cento della quota delle prime quattro imprese), contraddistinto da una crescita moderata dei consumi, dal

l'omogeneità dei prodotti, da una limitata elasticità della domanda

complessiva al prezzo, dalla sostanziale assenza di nuovi entranti a

causa del perdurare (almeno fino al giugno 2000) di consistenti barriere

amministrative, dai forti legami strutturali e commerciali tra le società

petrolifere, le quali si presentano verticalmente integrate nelle varie fasi in cui è organizzata la filiera petrolifera e con una elevata stabilità delle

rispettive quote di mercato. Ai fini della corretta interpretazione del provvedimento dell'Agcm

prima, e del Tar poi, è opportuno ricostruire brevemente la storia del

regime normativo che ha regolato i prezzi dei carburanti per autotrazio ne. Sino al 1991, essi erano fissati dall'intervento amministrativo del comitato interministeriale prezzi (Cip). A seguito della delibera datata 30 luglio 1991 del comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), il prezzo dei carburanti ha conosciuto una prima sta

gione di liberalizzazione sotto forma di prezzo consigliato: si ricono

sceva, cioè, alle imprese la libertà di stabilire il prezzo, ma quest'ulti mo era assoggettato al controllo da parte di un comitato tecnico, che fa ceva capo al ministero dell'industria e che era deputato a verificarne l'effettiva concorrenzialità. Tra la fine del 1993 (v. delibera Cipe 30 settembre 1993, G.U. 8 ottobre 1993, n. 237, con la quale cessano le attribuzioni del Cip in materia petrolifera) e i primi mesi del 1994 (v. delibera Cipe 13 aprile 1994, G.U. 22 aprile 1994, n. 93), questa fase si è chiusa. Infatti, col d.m. 7 maggio 1994 del ministero dell'industria

(G.U. 16 maggio 1994, n. 112) si è approdati alla completa liberalizza

zione, da un lato riconoscendo agli operatori il potere di stabilire libe ramente i prezzi, dall'altro imponendo l'adozione della c.d. «doppia cartellonistica», in base alla quale i gestori indicavano nei propri punti vendita sia i prezzi consigliati dalla società petrolifera, sia gli eventuali

prezzi diversi da essi praticati (tale obbligo è stato eliminato a seguito del d.m. del ministero dell'industria 30 settembre 1999, G.U. 7 ottobre

1999, n. 326, con il quale si è stabilito che il gestore deve esporre nel

proprio punto vendita un unico prezzo per il carburante).

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Fatto. — Con deliberazione 8 giugno 2000 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (in seguito autorità), a conclu

sione di una istruttoria aperta il 7 ottobre 1999 per possibili violazioni dell'art. 2 1. n. 287 del 1990, ha deciso:

a) che le società aderenti all'Unione petrolifera: Agip petroli

s.p.a., Erg petroli s.p.a., Esso italiana s.r.l., Kuwait petroleum Italia s.p.a., Shell Italia s.p.a., Tamoil petroli s.p.a., Totalfina

Italia s.p.a. hanno posto in essere, in violazione dell'art. 2, 2°

comma, 1. 287/90, una complessa intesa orizzontale, costituita

La sentenza in epigrafe accoglie la ricostruzione fornita dall'Agcm, confermando che la condotta posta in essere dalle aziende petrolifere configura un coordinamento orizzontale teso a conservare il controllo sul prezzo finale, riducendo l'incertezza circa il rispetto, da parte del

gestore, dei prezzi consigliati: lo scopo sarebbe quello di vanificare gli effetti della liberalizzazione dei prezzi dei carburanti attraverso l'elabo razione di un meccanismo per la determinazione del c.d. margine, ossia del ricavo assicurato al gestore (la cui parte essenziale è rappresentata dallo sconto tra il prezzo consigliato di vendita al pubblico e lo sconto sul prezzo di acquisto del carburante dall'impresa), che disincentivi

politiche di prezzo autonome. Attraverso gli accordi interprofessionali e le successive applicazioni in sede di «accordi colore», i gestori sono stati divisi in due gruppi, principalmente sulla base di criteri dimensio nali: per i punti vendita di dimensioni maggiori il prezzo di acquisto dei carburanti viene calcolato come differenza tra il prezzo consigliato dal

l'impresa petrolifera ed uno sconto definito sulla base dei risultati eco nomici del gestore (negoziazione diretta); gli altri punti vendita vengo no divisi in fasce di erogato, a cui corrispondono sconti decrescenti al crescere dei volumi di vendita (negoziazione articolata). In particolare, per quanto concerne la negoziazione diretta, il margine di ricavo del

gestore (c.d. sconto pro-litro) verrebbe calcolato avendo come divisore

gli obiettivi di volume di carburante fissati di anno in anno, con la con

seguenza che un'eventuale politica di riduzione dei prezzi alla pompa (c.d. underpricing), in quanto tale idonea a determinare un aumento delle vendite rispetto al target, si tradurrebbe l'anno successivo nel

l'apposizione di obiettivi di vendita più alti e, pertanto, in una riduzio ne dello sconto pro-litro. Per quanto riguarda, invece, la negoziazione articolata, mentre l'accordo interprofessionale del 1994 prevedeva che il margine del gestore fosse regolato annualmente attraverso un mecca nismo di price cup, ossia influenzato dalla produttività della singola azienda di distribuzione e legato agli eventuali incrementi di efficienza del gestore, gli «accordi colore» del 1995 avrebbero riproposto un si stema di sconti basato sulle fasce di sconti decrescenti all'aumentare dei volumi di prodotto erogato: in tal modo, il ricavo totale del gestore, qualora attui una politica di underpricing, potrà aumentare solo se le

quantità vendute cresceranno in misura così elevata da più che compen sare l'effetto di riduzione dello sconto pro-litro, al netto della riduzione del prezzo di vendita alla pompa. Il medesimo scopo di controllo dei

prezzi risulterebbe, altresì, perseguito attraverso un sistema di monito

raggio ex post sul rispetto, da parte dei gestori, dei prezzi consigliati: un monitoraggio a campione, realizzato tramite campagne promozionali e azioni di sostegno alle riduzioni di prezzo decise dai gestori (c.d. pri ce support) al fine di scongiurare eventuali fenomeni di incremento dei

prezzi finali (c.d. overpricing). Entrambe le metodologie, che si sono sommariamente ricostruite, avrebbero natura oggettivamente disincen tivante nei riguardi di chi volesse adottare un prezzo di vendita minore

di quello consigliato dalle società petrolifere. Questa connotazione og

gettiva consente all'Agcm (nel solco di un orientamento consolidato:

cfr., ex multis, provv. 2 luglio 1993, n. 1266, Foro it., Rep. 1995, voce

Concorrenza (disciplina), n. 191, e Giur. dir. ind., 1993, 856), ed ai

giudici amministrativi (che, nel presupposto dell'alternatività ogget to/effetto — cfr. Tar Lazio, sez. I, 21 luglio 1993, n. 1157, Foro it., 1994, III, 147 —, non esitano ad ammettere la sanzionabilità di intese restrittive prive di effetti, o con effetti limitati, sui mercati, in presenza di un oggetto ontologicamente antiticompetitivo: cfr. sez. I 7 marzo

1997, n. 425, id., Rep. 1997, voce cit., n. 147; in dottrina, v. R. Pardo

lesi, in Diritto antitrust italiano a cura di A. Frignani, R. Pardolesi, A. Patroni Griffi, L.C. Ubertazzi, Bologna, 1993, I, 145; V. Mangini-G.

Olivieri, Diritto antitrust, Torino, 2000, 20), di ritenere integrati gli estremi della violazione dell'art. 2.

L'unico punto in cui la pronuncia del Tar Lazio diverge dalle con

clusioni elaborate dall'Agcm riguarda le responsabilità addebitabili ad

una delle aziende petrolifere, l'Api. Quest'ultima, infatti, secondo il

Tar, se può essere considerata partecipe della concertazione mirata al

mantenimento del controllo sul prezzo finale di vendita dei carburanti, non può, invece, essere ritenuta responsabile per quanto attiene all'ado

zione dei meccanismi per la determinazione dei margini di ricavo del

gestore, non avendo sottoscritto alcun «accordo colore»; manca, dun

que, la prova della sua partecipazione alla fase più concretamente at

tuativa (cfr. Trib. I grado 6 aprile 1995, causa T-141/89, Tréfileurope, in Foro it., Rep. 1996, voce Unione europea, n. 1024, con nota di Bol

ze, in Rev. trim, droit commercial, 1996, 156). [G. Colangelo]

Il Foro Italiano — 2001 — Parte III-5.

da una pratica concordata tra imprese concorrenti che, per il

tramite degli accordi interprofessionali del 29 aprile 1994, del

29 luglio 1997 e del 23 luglio 1998, ha trovato successiva attua

zione negli «accordi colore» sottoscritti dalle società con i pro

pri Cnc a partire dal giugno 1995;

b) che la società Anonima petroli italiana s.p.a. ha parteci

pato fin dal febbraio 1994 all'attività di concertazione orizzon

tale in seno ad Unione petrolifera, pur non risultando agli atti

che essa abbia successivamente sottoscritto «accordi colore»

con i propri Cnc;

c) che alle società Agip petroli, Anonima petroli italiana s.p.a., Erg petroli s.p.a., Esso italiana s.r.l., Kuwait petroleum Italia s.p.a., Shell Italia s.p.a., Tamoil petroli s.p.a., Totalfina Italia s.p.a. per le infrazioni da loro commesse, venga applicata la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di seguito indicata (lire):

Agip petroli s.p.a 216.006.770.000 Anonima petroli italiana s.p.a 21.168.580.000 Erg petroli s.p.a 56.018.195.963 Esso italiana s.r.l 147.019.119.971 Kuwait petroleum Italia s.p.a 77.101.045.000 Shell Italia s.p.a 35.662.587.754 Tamoil petroli s.p.a 42.602.014.896 Totalfina Italia s.p.a 45.379.320.000

d) che l'associazione Unione petrolifera e le società ad essa

aderenti: Agip petroli s.p.a., Anonima petroli italiana s.p.a., Erg

petroli s.p.a., Esso italiana s.r.l., Kuwait petroleum Italia s.p.a., Shell Italia s.p.a., Tamoil petroli s.p.a. e Totalfina Italia s.p.a. cessino dall'attuazione e dalla continuazione delle infrazioni

accertate.

Avverso il provvedimento sono stati proposti i ricorsi in epi

grafe, con i quali sono stati dedotti motivi di impugnazione in

gran parte coincidenti, che, pertanto, verranno qui indicati in

forma unitaria e sintetica, salva la più compiuta esposizione nella parte in diritto.

1. - Solo alcune delle società ricorrenti (Shell e Kuwait)

propongono una censura di violazione dell'art. 1 1. n. 287 del

1990 e dell'art. 54 1. n. 52 del 1996, sostenendo che l'infrazione

contestata rientrava nella previsione dell'art. 81 e/o 82 del trat

tato Ce, e pertanto illegittimamente l'autorità avrebbe applicato la 1. n. 287 del 1990.

2. - Per la generalità delle ricorrenti, l'autorità, innanzi tutto, sarebbe incorsa nella decadenza dal potere di avviare l'istrutto

ria per aver lasciato trascorrere inutilmente il termine di cui al

l'art. 13 1. n. 287, posto che le ricorrenti avevano comunicato gli accordi interprofessionali del 1994 e del 1997.

Risulterebbe anche violato l'art. 13 del regolamento di proce dura di cui al d.p.r. n. 461 del 1991, allora vigente, nonché l'art.

14 1. n. 689 del 1981, per non aver contestato l'infrazione né

«tempestivamente» né «immediatamente», in relazione alla

completa conoscenza delle presunte infrazioni, acquisita con

l'indagine conoscitiva avviata nel 1994.

Si deduce inoltre la violazione dell'art. 28 1. n. 689 del 1981 che dispone la prescrizione quinquennale del diritto di riscuote re le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa.

3. - Con riferimento più specifico al merito della valutazione

di illiceità dei comportamenti aventi ad oggetto la conclusione

di accordi interprofessionali e «colore» per la determinazione

del «margine» da riconoscere ai gestori degli impianti di distri

buzione, le ricorrenti, deducendo la violazione dell'art. 2 1. n.

287 del 1990, osservano: a) la conclusione di tali accordi dove

va considerarsi lecita perché provvista di copertura normativa,

sia in relazione alla sopravvivenza del punto 18 della delibera

Cip 31 luglio 1991, n. 20, sia alle norme del d.leg. n. 32 del 1998; b) le negoziazioni giudicate illecite si sono sempre svolte sotto l'egida della mediazione governativa e per corrispondere a

costanti pressioni del ministero dell'industria, commercio e

agricoltura, per cui le società potevano nutrire un legittimo affi

damento circa la legalità dei loro comportamenti; c) la giuris

prudenza comunitaria (sentenza Albany, in Foro it., 1999, IV,

489) ha ritenuto sottratti alla normativa antitrust gli accordi

conclusi nell'ambito di trattative collettive per conseguire obiettivi di politica sociale.

4. - Si propongono poi censure di violazione dell'art. 2 1. n.

287 del 1990 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, di

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

PARTE TERZA

fetto di presupposti e di istruttoria, contraddittorietà, con riguar do all'individuazione da parte dell'autorità di una intesa anti

concorrenziale nella forma della pratica concordata tra imprese nello stesso mercato che, per il tramite degli accordi interpro fessionali del 1994, del 1997 e del 1998, ha trovato successiva

attuazione negli «accordi colore» sottoscritti dalle società con i

rispettivi comitati nazionali dei gestori (Cnc). Si afferma, in particolare: a) che nessuna prova dell'intesa

potrebbe ricavarsi dalla documentazione raccolta dall'autorità

nel corso delle ispezioni eseguite presso le ricorrenti, per l'ini

doneità oggettiva degli atti, consistenti in appunti informali e

spesso non firmati; b) che, in ogni caso, il coordinamento oriz

zontale aveva uno scopo lecito, essendo finalizzato alla ricerca

di una posizione comune in vista della trattativa con le rappre sentanze dei gestori; c) che l'individuazione di meccanismi per la determinazione del margine da riconoscere ai gestori degli

impianti di distribuzione non aveva lo scopo di conservare il

controllo del prezzo finale del prodotto, ma rispondeva, invece,

all'esigenza di garantire condizioni di redditività uniformi per i

gestori; d) che, comunque, non è stato provato che i sistemi di

attribuzione dei margini, sia nella contrattazione diretta che

nella contrattazione articolata, potessero realmente avere un ef

fetto disincentivante delle scelte di riduzione del prezzo da parte del gestore, essendo mancata una adeguata indagine circa: 1) gli effetti della riduzione dello sconto sul prezzo dell'acquisto del

carburante, anziché sui costi, sui redditi del gestore; 2) i conte

nuti reali della contrattazione di terzo livello, ossia società

gestore, onde verificare che le società hanno posto in atto ac

cordi particolari capaci di correggere gli effetti negativi del conto economico e del «salto di fascia», così accertando che il

meccanismo di determinazione del margine è una semplice indi

cazione di metodo, all'interno del quale il gestore poteva con

servare la propria libertà di fissare il prezzi di vendita del pro dotto.

5. - Il provvedimento sarebbe anche affetto da eccesso di

potere per disparità di trattamento e ingiustizia manifesta, per aver considerato esenti da responsabilità circa l'illecito conte

stato le organizzazioni dei gestori, ossia le controparti degli ac

cordi sia interprofessionali che di colore, sebbene i sistemi di determinazione del margine siano stati stabiliti con il concorso

della loro attiva partecipazione alla trattativa ed alle pressioni esercitate anche mediante minacce di scioperi.

6. - Un ultimo gruppo si censure si appunta alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie.

Il provvedimento sarebbe illegittimo: a) per non aver indicato

il termine entro il quale le imprese avrebbero dovuto porre ter

mine al comportamento sanzionato; b) per difetto dell'elemento

psicologico richiesto dalla 1. n. 689 del 1981; c) perché l'infra

zione non avrebbe presentato il carattere della gravità richiesto

dall'art. 15 1. n. 287 del 1990; d) per mancata valutazione del

l'attenuante rappresentata dalla disponibilità delle imprese a

modificare le pratiche commerciali in atto; e) per errore nel

computo della sanzione, essendo stato incluso nel fatturato an

che l'importo dell'Iva.

Si sono costituiti in giudizio l'Autorità garante della concor

renza e del mercato, il Codacons, e la Figisc-Confcommercio; ha spiegato intervento ad opponendum l'Adusbef e ad adiuvan

dum la Fegica e l'Anisea.

Alla camera di consiglio del 13 luglio 2000 la sezione, con

ordinanza n. 713/C, preso atto dell'accordo delle parti per un

rinvio al merito delle istanze cautelari, ha riunito i ricorsi ed ha

fissato l'udienza di discussione al 7 novembre 2000. Ha inoltre

disposto alcuni incombenti istruttori, ulteriormente specificati con ordinanza presidenziale del 1° agosto 2000.

Con nota del 14 giugno 2000, l'Autorità garante della concor

renza e del mercato ha inviato alle società ricorrenti la copia corretta dei par. 147, 2, 345 del provvedimento, al fine di elimi nare alcuni materiali riscontrati nel testo notificato.

Avverso tale provvedimento hanno presentato un atto inte

grativo dell'originario ricorso, nonché motivi aggiunti, le ricor renti Shell, Kuwait e Agip petroli.

Nei detti atti si lamenta che l'autorità: a) non abbia fissato

termini per l'adempimento dell'ingiunzione a cessare dai com

portamenti sanzionati; b) non abbia proceduto alla ridetermina

zione della sanzione pecuniaria in relazione alle correzioni ap

portate con la nota impugnata; e) non abbia adottato un apposito nuovo provvedimento.

Il Foro Italiano — 2001.

Tutte le parti, in vista della trattazione orale delle cause, han

no depositato ampie memorie.

Alla pubblica udienza del 7 novembre 2000, al termine di

ampia discussione, le cause venivano trattenute dal collegio per la decisione.

Diritto. — 1. - La riunione dei ricorsi ai fini di un'unica deci

sione, disposta con ordinanza del 13 luglio 2000, va estesa agli atti integrativi successivamente depositati.

2. - Solo alcune delle società ricorrenti (Shell, Kuwait e To

talfina) propongono una censura di violazione dell'art. 1 1. n.

287 del 1990 e dell'art. 54 1. n. 52 del 1996, sostenendo che

l'infrazione contestata rientrava nella previsione dell'art. 81 e/o

82 del trattato Ce, e pertanto illegittimamente l'autorità avrebbe

applicato la 1. n. 287 del 1990. La censura viene ampiamente trattata nella memoria deposi

tata da Shell e Kuwait il 31 ottobre 2000, per sottolineare che:

a) la presunta infrazione alle regole della concorrenza addebi

tata alle ricorrenti è certamente qualificabile come fattispecie di

rilevanza comunitaria, producendo effetti sul commercio tra gli Stati membri; b) la medesima infrazione, pertanto, in forza del

l'art. 1, 1° comma, 1. n. 287 del 1990, ricadeva nell'ambito di

applicazione degli art. 85 e/o 86 del trattato Ce e non della 1. n.

287 cit.; c) risulterebbe fuorviante la tesi, sostenuta dall'autorità

sulla scorta della giurisprudenza della sezione (sent. n. 96 del

1998, id., 1998, III, 74), secondo cui la medesima autorità po trebbe esercitare la sua competenza anche nei confronti delle in

frazioni di rilevanza comunitaria fino a quando la commissione

Ce non abbia iniziato alcuna procedura per la stessa infrazione,

posto che l'assunto delle ricorrenti aveva riguardo alla diversa

questione dell'applicabilità alla fattispecie della normativa del

trattato e non della normativa nazionale.

A quest'ultimo riguardo si ricorda che l'art. 54, 5° comma, 1.

6 febbraio 1996 n. 52, impone all'autorità di applicare gli art. 85 e 86 del trattato, utilizzando i poteri ed agendo secondo le pro cedure di cui alla 1. n. 287 del 1990, sicché la medesima autorità

non potrebbe operare alla stregua della normativa nazionale ove

intenda reprimere infrazioni di rilevanza comunitaria.

In conclusione il provvedimento impugnato sarebbe radical

mente illegittimo in quanto assunto in applicazione dell'art. 2 1.

n. 287 del 1990 e non dell'art. 85 (poi 81) del trattato.

Va preliminarmente accertata l'ammissibilità della censura

alla stregua dell'incidenza effettiva sulla materia del contende

re, e cioè sulla domanda di annullamento del provvedimento

impugnato, e del conseguente interesse alla deduzione del moti

vo in esame.

Al riguardo le ricorrenti si limitano ad accennare incidental

mente, che «applicando gli art. 81 e 82 del trattato Ce, l'Auto

rità garante della concorrenza e del mercato ha la possibilità di

disapplicare le normative nazionali in contrasto con il combi

nato disposto degli art. 10 e 81 del trattato Ce ... in quanto per

segue i fini previsti dall'art. 2 del trattato Ce; al contrario, qua lora applichi la 1. 287/90, l'Autorità garante della concorrenza e

del mercato non può disapplicare le leggi e i provvedimenti amministrativi e, soprattutto, deve perseguire i fini previsti dal

l'art. 41 Cost, (secondo quanto richiamato dall'art. 1, 1° com

ma, 1. 287/90)». L'argomentazione è però priva di qualunque svolgimento in

ordine alle conseguenze concrete che l'applicazione della nor

mativa del trattato Ce avrebbe avuto sulla determinazione im

pugnata, e in particolare, circa le ragioni per le quali le infrazio

ni contestate sarebbero risultate insussistenti se i comportamenti accertati fossero stati esaminati alla luce della normativa comu

nitaria. La censura va quindi dichiarata inammissibile per genericità. Ma è da aggiungere che il motivo risulta anche inammissibile

per difetto di interesse proprio in relazione all'invocato potere di disapplicazione degli atti normativi interni, del quale l'auto rità — come si assume — avrebbe potuto avvalersi intervenen

do in applicazione diretta del trattato.

A sostegno dell'illegittimità del provvedimento, infatti, si af

ferma, con altri motivi di ricorso, che i comportamenti censurati

dall'autorità sarebbero stati assistiti da ineludibile «copertura» normativa, derivante dalla deliberazione Cip n. 20 del 1991, dalla deliberazione Cipe 30 settembre 1993 e dal d.leg. 11 feb

braio 1998 n. 32, e si lamenta, appunto, che l'autorità abbia il

legittimamente violato tale quadro normativo. Ma non si tiene

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

conto che l'applicazione diretta dell'art. 81 del trattato Ce

avrebbe autorizzato l'autorità ad ignorare proprio quelle norme

interne su cui le ricorrenti fondano una parte consistente delle

loro doglianze, con evidente pregiudizio delle loro ragioni. 3.1. - Con altro motivo, ancora di ordine pregiudiziale, si so

stiene che l'autorità sarebbe incorsa nella decadenza dal potere di avviare l'istruttoria per aver lasciato trascorrere inutilmente il

termine di cui all'art. 13 1. n. 287, posto che le ricorrenti aveva

no comunicato gli accordi interprofessionali del 1994 e del

1997. Risulterebbe anche violato l'art. 13 del regolamento di proce

dura di cui al d.p.r. n. 461 del 1991, allora vigente, nonché l'art.

14 1. n. 689 del 1981, per non aver contestato l'infrazione né

«tempestivamente» né «immediatamente», in relazione alla

completa conoscenza delle presunte infrazioni, acquisita con

l'indagine conoscitiva avviata del 1994.

Si deduce inoltre la violazione dell'art. 28 1. n. 689 del 1981

che dispone la prescrizione quinquennale del diritto di riscuote

re le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria. 3.2. - Le censure non sono fondate.

Con riguardo alla pretesa violazione dell'art. 13 1. 287/90 va

richiamato l'orientamento espresso dalla sezione con la sent. 2

luglio 1999, n. 1485, con la quale è stato messo in evidenza che

il detto art. 13, in combinato disposto con l'art. 2 del regola mento sulle procedure istruttorie di cui al d.p.r. 10 settembre

1991 n. 461, configura un vero e proprio procedimento destinato

ad offrire alle imprese, mediante la decadenza posta a carico

dell'autorità che non avvia l'istruttoria nel termine prescritto, il

dato obiettivo e certo della liceità dell'intesa comunicata sotto il

profilo delle regole della libera concorrenza. Si è anche osser

vato, in tale occasione, come, a norma del citato art. 2 del rego

lamento, sia l'autorità sia le imprese interessate siano gravate da

specifici oneri di diligenza, in omaggio al principio di leale co

operazione, l'una per evitare la decadenza dal potere di avviare

l'istruttoria, le altre per conseguire il beneficio della certezza

sulla liceità dell'intesa.

L'autorità, infatti, è tenuta ad attivarsi per informare le im

prese della incompletezza o della non veridicità delle comunica

zioni dalle stesse fornite, oppure per valutare sollecitamente la

rilevanza delle modificazioni apportate alla comunicazione ori

ginaria ai fini della decorrenza di un nuovo termine decaden

ziale (art. 2, 4° comma, d.p.r. n. 461 del 1991, cit.).

Agli obblighi posti a carico dell'autorità non può non corri

spondere per le imprese interessate l'onere di rendere esplicito l'intento di avvalersi della facoltà di cui all'art. 13 in questione avviando il relativo procedimento, che si traduce nella necessità

di una comunicazione spontanea dell'intesa, diretta in modo non

equivoco a provocarne la valutazione di conformità alle norme

sulla libera concorrenza.

L'anzidetta connotazione dell'istituto ex art. 13 in termini di

procedimento ad istanza di parte risulta coerente, del resto, con

l'esigenza di differenziare sul piano sistematico la comunica

zione qualificata, ora in esame, dall'attività di generica infor

mazione compiuta «da chiunque vi abbia interesse», ai sensi

dell'art. 12, 1° comma, 1. 287/90, che consente l'avvio dell'i

struttoria senza previsione di alcun termine decadenziale.

È pacifico che nella specie i detti principi non sono stati os

servati. La bozza di accordo interprofessionale del 29 aprile 1994 fu trasmessa in base ad una richiesta di informazioni avan

zata dall'autorità all'Unione petrolifera nel quadro dell'indagine conoscitiva avviata sul settore della distribuzione dei carburanti

per autotrazione. L'accordo interprofessionale del 1997 fu in

viato «per opportuna conoscenza» senza alcuna richiesta di va

lutazione ai fini dell'art. 13 1. n. 287.

In entrambi i casi si versa, quindi, nell'ipotesi di acquisizione di elementi portati a conoscenza da chiunque vi abbia interesse,

che, a norma dell'art. 12 1. 287/90, come accennato, consente

all'autorità di procedere ad istruttoria nell'esercizio degli ordi

nari poteri repressivi, non soggetto ad alcun termine decaden

ziale. Può dunque concludersi, sul punto, che la tesi della pretesa

decadenza risulta destituita di fondamento.

Tanto premesso, è da aggiungere che la comunicazione degli accordi interprofessionali, anche se ritualmente effettuata ai

sensi dell'art. 13 1. 287/90, non avrebbe fatto decorrere alcun

termine decadenziale rilevante nella specie, posto che, come

Il Foro Italiano — 2001.

emerge dalla deliberazione di avvio dell'istruttoria del 7 ottobre

1999, e come sarà meglio chiarito più oltre, l'infrazione che

l'autorità intendeva accertare si riferiva, non già alla stipula de

gli accordi interprofessionali, bensì all'«intesa orizzontale tra

imprese concorrenti, finalizzata ad eliminare l'incertezza sul ri

spetto dei livelli di 'prezzo consigliato' da parte di tutte le so

cietà petrolifere». 3.3. - Due diversi motivi, come accennato, afferiscono alla

pretesa violazione della 1. 24 novembre 1981 n. 689, applicabile in materia di sanzioni pecuniarie per violazioni di norme sulla

concorrenza in virtù del rinvio operato dall'art. 31 1. n. 287 del

1990. Si deduce in primo luogo la violazione dell'art. 28, a norma

del quale la prescrizione dell'illecito si compie nel termine di

cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione, os

servandosi che se il comportamento sanzionato è stato compiuto nel febbraio 1994 (n. 315 del provvedimento) esso si è pre scritto nel febbraio 1999. Esclusa la possibilità di configurare l'illecito in questione secondo i principi del reato continuato,

che neppure l'autorità avrebbe tentato, si rileva che si è pro

spettata una infrazione di struttura incerta, frutto di carenza di

istruttoria e perplessità di motivazione.

La tesi va disattesa.

Il provvedimento chiarisce al n. 315 che le condotte sanzio

nate sono consistite in una complessa intesa anticoncorrenziale,

protrattasi dal febbraio 1994 sino all'apertura dell'istruttoria

(ottobre 1999). Si è dunque trattato di un illecito di natura permanente, per il

quale il termine quinquennale di prescrizione, invocato dalle ri

correnti, è cominciato a decorrere dal giorno della cessazione

della condotta (art. 158 c.p.). L'altra censura fa leva sull'art. 14 1. 689/81, lamentando la

mancata osservanza del termine di novanta giorni per la notifi

cazione dell'infrazione.

Si assume che l'autorità era a conoscenza di tutti gli elementi

poi confluiti nella contestazione dell'infrazione fin dal 1995,

per cui risulterebbe largamente superato quel ragionevole lasso

di tempo che, anche secondo la giurisprudenza della Corte di

cassazione, è concesso all'amministrazione per procedere alla

valutazione dell'illecito.

La censura va disattesa, in relazione alla circostanza che il

comportamento illecito era ancora in atto al momento dell'avvio

dell'istruttoria, e quindi non erano ancora disponibili, a tale da

ta, tutti gli elementi di valutazione indispensabili, quale ad es. la

durata, per definire l'entità dell'infrazione ai fini della quantifi cazione della sanzione.

Il procedimento di accertamento disciplinato dalla 1. 287/90

per le violazioni del diritto della concorrenza, d'altra parte, co

me già affermato dalla sezione (sent. 763/00), costituisce nor

mativa speciale, e perciò derogatoria rispetto alla normativa ge

nerale, richiamata in quanto applicabile (art. 31). 4. - Con riferimento più specifico al merito della valutazione

d'illiceità dei comportamenti aventi ad oggetto la conclusione di

accordi interprofessionali e «colore» per la determinazione del

«margine» da riconoscere ai gestori degli impianti di distribu zione, le ricorrenti, deducendo la violazione dell'art. 2 1. n. 287

del 1990, osservano: a) la conclusione di tali accordi doveva

considerarsi lecita perché provvista di copertura normativa, sia

in relazione alla sopravvivenza del punto 18 della delibera Cip 31 luglio 1991, n. 20, sia alle norme del d.leg. n. 32 del 1998; b) le negoziazioni giudicate illecite si sono sempre svolte sotto

l'egida della mediazione governativa e per corrispondere a co

stanti pressioni del ministero dell'industria, commercio e agri

coltura, sicché le società potevano nutrire un legittimo affida

mento circa la legalità dei loro comportamenti; c) la giurispru denza comunitaria (sentenza Albany, cit.) ha ritenuto sottratti

alla normativa antitrust gli accordi conclusi nell'ambito di trat

tative collettive per conseguire obiettivi di politica sociale.

Con riguardo al detto gruppo di motivi va condivisa la posi zione espressa dalla difesa dell'amministrazione secondo cui si

tratta di censure che incidono su un aspetto irrilevante del prov

vedimento, posto che gli accordi interprofessionali, in quanto

tali, non contengono autonomi profili restrittivi della concorren

za e non formano, di per sé, oggetto di sanzione.

Il provvedimento (par. 316) chiarisce che «A fronte di accor

di interprofessionali che si limitavano ad ipotizzare, per la ne

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

PARTE TERZA

goziazione diretta, una serie di relazioni tra grandezze contabili

e, per la negoziazione articolata, il ricorso al metodo del price

cup, le modalità attuative contenute negli 'accordi colore' sono

state congegnate in modo da disincentivare i gestori dal disco

starsi dal prezzo consigliato stabilito dalle società petrolifere». Gli accordi interprofessionali, quindi, sono coinvolti nella

fattispecie anticoncorrenziale accertata, non per il loro conte

nuto, ma per aver rappresentato il «tramite» per realizzare, co

me sarà chiarito più avanti, la pratica concordata, consistente

nel coordinamento orizzontale tra imprese concorrenti che ha

trovato successiva attuazione negli «accordi colore» sottoscritti

dalle singole società petrolifere con le organizzazioni dei gestori dei rispettivi impianti.

La semplice lettura degli accordi interprofessionali, risulta

decisiva per concludere che negli stessi non vi è traccia dell'in

frazione contestata, afferente, come subito si vedrà, al coordi

namento delle politiche commerciali ed alla adozione di un

identico meccanismo contrattuale per determinare l'entità dei

margini da riconoscere ai gestori con modalità disincentivanti

verso qualsiasi scostamento dal prezzo consigliato. Solo in base

agli «accordi colore» ed alla ulteriore documentazione acquisita,

infatti, è stato possibile ricostruire i connotati effettivi dell'in

frazione contestata

5.1. - Le censure di violazione dell'art. 2 1. n. 287 del 1990 e

di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di presup

posti e di istruttoria, contraddittorietà, vengono dunque ripropo ste con riguardo all'individuazione da parte dell'autorità di una

intesa anticoncorrenziale nella forma della pratica concordata

tra imprese nello stesso mercato che, per il tramite degli accordi

interprofessionali del 1994, del 1997 e del 1998, ha trovato suc

cessiva attuazione negli «accordi colore» sottoscritti dalle so

cietà con i rispettivi comitati nazionali dei gestori (Cnc). Si afferma, in particolare: a) che nessuna prova dell'intesa

potrebbe ricavarsi dalla documentazione raccolta dall'autorità

nel corso delle ispezioni eseguite presso le ricorrenti, per l'ini

doneità oggettiva degli atti, consistenti in appunti informali e

spesso non firmati; b) che, in ogni caso, il coordinamento oriz

zontale aveva uno scopo lecito, essendo finalizzato alla ricerca

gì una posizione comune in vista della trattativa con le rappre sentanze dei gestori; c) che l'individuazione di meccanismi per la determinazione del margine da riconoscere ai gestori degli

impianti di distribuzione non aveva lo scopo di conservare il

controllo del prezzo finale del prodotto, ma rispondeva, invece,

all'esigenza di garantire condizioni di redditività uniformi per i

gestori; d) che, comunque, non è stato provato che i sistemi di

attribuzione dei margini, sia nella contrattazione diretta che

nella contrattazione articolata, potessero realmente avere un ef

fetto disincentivante delle scelte di riduzione del prezzo da parte del gestore, essendo mancata un'adeguata indagine circa: 1) gli effetti della riduzione dello sconto sul prezzo dell'acquisto del

carburante, anziché sui costi, sui redditi del gestore; 2) i conte

nuti reali della contrattazione di terzo livello, ossia società

gestore, onde verificare che le società hanno posto in atto ac

cordi particolari capaci di correggere gli effetti negativi del

conto economico e del «salto di fascia», così accertando che il

meccanismo di determinazione del margine è una semplice indi

cazione di metodo, all'interno del quale il gestore poteva con

servare la propria libertà di fissare il prezzo di vendita del pro dotto.

5.2. - Per l'esame delle dette doglianze è necessario pre mettere un rapido richiamo all'evoluzione del quadro normativo

in materia di prezzi dei carburanti per autotrazione, avvenuta

proprio tra il 1991 e il 1994, anno quest'ultimo preso in consi

derazione dall'autorità quale momento iniziale delle condotte

sanzionate.

Come correttamente riferisce anche il provvedimento impu

gnato, con deliberazione del 30 luglio 1991 del comitato inter

ministeriale per la programmazione economica (Cipe), i prezzi in questione, fino ad allora fissati in via amministrativa con de

liberazione del comitato interministeriale prezzi (Cip), furono

assoggettati al regime dei prezzi c.d. sorvegliati. Il provvedi mento realizzava una prima forma di liberalizzazione attribuen

do alle imprese il potere di stabilire il prezzo di vendita dei pro dotti petroliferi, salvo il controllo di un comitato tecnico secon

do la disciplina dettata dal Cip con deliberazione 31 luglio 1991, n. 20.

Il Foro Italiano — 2001.

Cìià con tale deliberazione, al punto 15, si sanciva il principio del rispetto della libera concorrenza tra le imprese produttrici, stabilendosi che il comitato tecnico trasmettesse all'Autorità ga rante della concorrenza e del mercato gli elementi in suo pos

sesso, ai sensi dell'art. 12, 1° comma, 1. 287/90, ove «l'evolu

zione degli scambi, l'andamento dei prezzi, la struttura dei listi

ni o altre circostanze facciano presumere che la concorrenza sia

impedita, ristretta o falsata».

Il regime dei prezzi «sorvegliati» è cessato con la delibera

zione Cipe 30 settembre 1993, con la quale si è stabilito che «i

prezzi di tutti i prodotti petroliferi sono ... determinati libera

mente dagli operatori», salvo l'obbligo delle imprese di deposi tare presso il ministero dell'industria i rispettivi listini prezzi,

peraltro fino al 30 aprile 1994. Il regime effettivo della disposta liberalizzazione viene poi a

chiarirsi a seguito dell'adozione di successivi provvedimenti. Si tratta, in particolare, della deliberazione Cipe 13 aprile

1994 e del connesso decreto del ministro dell'industria 7 mag

gio 1994, dalla stessa previsto. Con la prima si impose che

«ferma restando la libertà di determinazione dei prezzi dei pro dotti petroliferi da parte dei soggetti interessati al ciclo produt tivo e distributivo, gli operatori che forniscono carburanti per autotrazione ai punti vendita della rete di distribuzione contras

segnati dal proprio marchio, indicheranno ai gestori degli stessi

punti vendita i prezzi da loro consigliati per la vendita al pub blico dei diversi prodotti». Con il secondo si stabilì che: — che i prezzi consigliati «dovranno essere esposti in ogni punto ven

dita ... in modo visibile dalla carreggiata stradale» (art. 3, 1°

comma); — che «nel caso in cui i prezzi effettivamente praticati differiscano, anche per le specifiche caratteristiche del servizio, da quelli consigliati esposti ai sensi del 1° comma, dovranno es

sere altresì esposti nel medesimo contesto e con identico rilievo

i prezzi effettivamente praticati e/o gli scostamenti fra prezzo

consigliato ed effettivamente praticato» (art. 3, 2° comma). Dalle disposizioni che precedono emerge dunque: a) che si è

riconosciuto al gestore il diritto di fissare il prezzo di vendita al

pubblico del carburante da lui acquistato dall'impresa produttri ce; b) che tale libertà di prezzo risultava controllabile, sia pure a

dichiarati fini di trasparenza, attraverso la pubblicizzazione del

prezzo consigliato dalle imprese. Il riferito quadro normativo rimane immutato fino al 30 set

tembre 1999, allorché, con decreto del ministro dell'industria,

l'obbligo della doppia cartellonistica è stato abolito, imponen dosi al gestore di pubblicizzare solo il prezzo effettivamente

praticato. Se: dunque la determinazione del prezzo di vendita al pubbli

co dei carburanti per autotrazione è formalmente attribuita al

gestore del singolo impianto, nell'esercizio della propria libertà

imprenditoriale, la scelta del prezzo da praticare risulta però in

fluenzata in concreto dall'entità del «margine» che viene rico

nosciuto al gestore in sede di stipula di appositi accordi tra le

associazioni di categoria dei gestori e le aziende petrolifere e le

loro associazioni, come prescritto dalla delibera Cip n. 20 del

1991, punto 18.

Premesso che, fin dal primo accordo interprofessionale con

cluso in epoca successiva alla liberazione (verbale di intesa 29

aprile 1994), si seguirono due diverse metodologie di determi

nazione del margine, l'una riferita alla negoziazione diretta, ri

servata agli impianti con elevata erogazione (oltre 2.800

Kl/anno), l'altra per la negoziazione articolata, riguardante tutti

gli altri impianti, per «margine», in prima approssimazione, de

ve intendersi, in entrambe le negoziazioni, il ricavo assicurato al

gestore, del quale la parte essenziale è rappresentata dallo

sconto tra il prezzo consigliato di vendita al pubblico e lo sconto

sul prezzo di acquisto del carburante dall'impresa. 5.3. - E agevole osservare che l'ampio ventaglio delle do

glianze riferite sub 5.1 tende, con la deduzione del vizio di ec

cesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, alla contesta

zione del ragionamento svolto nel provvedimento impugnato: le

imprese produttrici hanno posto in essere un'intesa nella forma

della pratica concordata, consistente nel coordinamento oriz

zontale delle loro politiche commerciali, al fine di non perdere il

controllo sul prezzo vendita del prodotto, che si è realizzata in

una regolamentazione fortemente omogenea dei rapporti con i

rispettivi gestori, contrassegnata da sistemi di determinazione

del margine capaci di impedire la pratica di prezzi di vendita al

pubblico diversi da quelli consigliati dalle imprese.

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

L'astratta valenza anticoncorrenziale di comportamenti del

genere indicato non richiede particolare dimostrazione nel qua dro dei principi del diritto comunitario e nazionale comune

mente riconosciuti, che presidiano lo svolgimento di una libera

competizione imprenditoriale nell'interesse del consumatore.

Ne consegue che non potrà pervenirsi all'accoglimento delle ri

ferite contestazioni se nel provvedimento impugnato sia data

una ragionevole dimostrazione dei fatti affermati, dovendo il

giudice amministrativo limitarsi, nel sindacato sull'eccesso di

potere, all'accertamento di palesi vizi di logicità e di coerenza

della motivazione, astenendosi dal decretare la preferenza o il

rifiuto per una diversa ricostruzione del fenomeno oggetto di

esame. In tal caso, infatti, il giudice finirebbe per sostituire le

proprie valutazioni di merito a quelle rimesse alla esclusiva

competenza dell'autorità amministrativa.

5.4. - In conformità ai suddetti principi ritiene il collegio che

le doglianze in esame non siano fondate.

Secondo quanto emerge dal quadro normativo di riferimento,

sopra richiamato, quanto meno a partire dalla deliberazione

Cipe del 30 settembre 1993, nel mercato dei prodotti petroliferi, in particolare in quello dei carburanti per autotrazione, le so

cietà petrolifere avrebbero dovuto seguire le regole della libera

concorrenza, che implicano la determinazione di politiche commerciali frutto di autonome scelte imprenditoriali, al fine di

conseguire la preferenza dei consumatori e la conseguente af

fermazione sul mercato.

L'autorità ha invece sostenuto, sulla base di precise evidenze

documentali, che le imprese produttrici si sono adoperate per

impedire il libero giuoco della concorrenza nel settore, coordi

nando le loro politiche commerciali in seno all'Unione petroli fera.

La valenza probatoria della documentazione addotta non ri

sulta scalfita dalle censure in esame.

Innanzi tutto, i documenti dell'Unione petrolifera del 17 feb

braio 1994 e del 2 marzo 1994 (par. 69 e 70 del provvedimen

to), nel loro riferimento ad una «condizione preliminare» per avviare la trattativa con i gestori, consistente nella pubblicizza zione del prezzo consigliato, onde impedire che il prezzo di

vendita sia «stabilito dagli stessi gestori», denunciano che il co

ordinamento si realizzò e che ebbe un preciso fine anticoncor

renziale.

Va chiarito, al riguardo, come sia da ammettere che, in vista

della conclusione degli accordi interprofessionali previsti dalla

delibera Cip 20/91, le imprese si consultassero ai fini della ela

borazione di una piattaforma comune da sostenere nella trattati

va. Ma poiché l'accordo doveva consistere nella determinazione

di margini da riconoscere ai gestori, le esigenze della trattativa

non offrivano alcuna copertura ad un coordinamento che si

spingesse fino a concertare esplicitamente la conservazione alle

imprese del controllo sul prezzo al pubblico e la sottrazione ai

gestori della determinazione del prezzo. Tanto ciò è vero che l'accordo del 1994 recepisce bensì il

principio della pubblicizzazione del prezzo consigliato, ma ac

campando esigenze di trasparenza, e ben guardandosi dall' e

sternare le finalità effettive della misura.

L'accordo raggiunto dalle imprese petrolifere sulla conserva

zione del controllo sul prezzo al pubblico risulta lesivo della li

bera concorrenza sotto due diversi profili. In via diretta, perché, sebbene la determinazione del prezzo sia riconosciuta al gestore dalle fonti normative e ufficialmente dallo stesso accordo del

1994, l'accordo stesso tende ad espropriare al medesimo le li

bertà di scelta sul prezzo da praticare, ossia lo strumento princi

pale della competizione concorrenziale. In via indiretta perché

presuppone anche l'accordo tra le imprese sul prezzo da «consi

gliare», accordo che costituisce il presupposto logico di ogni strumento di controllo del prezzo alla pompa.

L'autorità ha infatti accertato, a quest'ultimo proposito, con

dati non contestati (par. 61 e 62, tabelle 2 e 3) che i prezzi con

sigliati dalle otto imprese, osservati per circa sei anni, hanno

presentato un elevatissimo coefficiente di omogeneità, anche

superiore al coefficiente rilevabile nel periodo in cui i prezzi in

questione erano soggetti a sorveglianza. Ma i documenti appena considerati non esauriscono le fonti

di prova della concertazione volta a definire una politica com

merciale unitaria da parte delle società ricorrenti.

Viene infatti in considerazione il documento Esso EF4 (par.

Il Foro Italiano — 2001.

290) che riflette l'atteggiamento concordato nella riunione del

25 gennaio 1995 in ordine all'applicazione dell'accordo del

1994 nella contrattazione articolata.

Va premesso che l'accordo suddetto, con riguardo alla con

trattazione da condurre con le rappresentanze dei gestori di im

pianti di non grandi dimensioni (negoziazione articolata), aveva

indicato un metodo di fissazione del margine, in pratica dello

sconto sul prezzo consigliato, c.d. di price cup, ossia influenzato

dalla produttività di ogni azienda di distribuzione. In una cor

retta logica concorrenziale, secondo la previsione contrattuale lo

sconto avrebbe dovuto essere maggiore se più elevato fosse

stato il volume delle vendite. Anche per tale ragione l'accordo

interprofessionale è stato ritenuto, in sé e per sé, esente da cen

sure sul piano del rispetto della libera concorrenza.

Il documento suddetto dà conto del fatto che le società ricor

renti si sono rese conto che, applicando alla lettera l'accordo, si

sarebbero determinate «diversità anche apprezzabili di tratta

mento da azienda ad azienda», come esito naturale di una dina

mica concorrenziale. Esse hanno quindi concordato «la possibi lità di individuare, almeno per questo primo anno, meccanismi

di temperamento della formula».

Gli «accordi colore» del 1995, infatti, riproporranno un si

stema di sconti nella negoziazione articolata basato sulle fasce

di prodotto erogato, che, come si vedrà, prevedeva sconti decre

scenti in caso di incremento del carburante venduto.

Al di là delle obiezioni sollevate dalle ricorrenti circa la por tata anticoncorrenziale della metodologia suddetta, su cui si tor

nerà fra breve, il documento prova ancora una volta il costante

coordinamento realizzato dalle imprese produttrici in merito alle

loro politiche commerciali, coordinamento protrattosi fino al

1999 come il provvedimento dimostra nei par. 291-297, che qui non occorre richiamare in dettaglio.

5.5. - Come emerge chiaramente dal provvedimento (par.

316), l'illecito accertato dall'autorità è consistito in una fatti

specie complessa di intesa manifestatasi come pratica concor

data nella realizzazione degli accordi colore di contenuto uni

forme e anticoncorrenziale. «A fronte di accordi interprofessio nali che si limitavano ad ipotizzare, per la negoziazione diretta, una serie di relazioni tra grandezze contabili e, per la negozia zione articolata, il ricorso al metodo del price cup, le modalità

attuative contenute negli accordi colore sono state congegnate in

modo da disincentivare i gestori dal discostarsi dal prezzo con

sigliato stabilito dalle società petrolifere». Con riguardo ai contenuti degli «accordi colore», le ricorrenti,

come si è visto, negano la loro valenza anticoncorrenziale, ne

gano di averli applicati alla lettera nei rapporti concreti con i ge

stori, affermano di aver apportato dei correttivi idonei a stimola

re l'incremento dei volumi erogati. Osserva il collegio che la contestazione delle ricorrenti non

smentisce quanto emerso dal contenuto degli «accordi colore»

(par. 96-112), ossia che è stato adottato, sia per la contrattazione

diretta che per la contrattazione articolata, un meccanismo di

determinazione del margine facente leva sulla misura dello

sconto rispetto al prezzo consigliato del carburante, e che tale

sconto si riduceva in caso di incremento del volume del pro dotto venduto. E poiché, secondo un principio di economia ele

mentare, l'incremento delle vendite è determinato, allorché il

prodotto non presenti rilevanti differenze qualitative o di impie

go, in misura pressoché esclusiva dalla riduzione del prezzo,

l'operatore è portato a non ridurre il prezzo per evitare che la

conseguente lievitazione delle vendite lo costringa a sostenere

un più alto costo del carburante che deve acquistare dal produt tore.

Tale sistema di attribuzione del margine denuncia il preciso fine di controllare la determinazione del prezzo di vendita ri

scontrando puntualmente gli intenti anticoncorrenziali concer

tati tra le società produttrici, secondo quanto visto più sopra, e

soprattutto si colloca in una prospettiva diametralmente opposta alla comune logica di mercato, nella quale all'aumento delle

quantità acquistate corrisponde una riduzione del prezzo unita

rio.

Risulta quindi immune dalla censura di eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria la determinazione

con la quale l'autorità ha individuato nella condotta in esame

una pratica concordata ostativa della libera concorrenza.

Le obiezioni delle ricorrenti, secondo le quali si sarebbe reso

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 8: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

PARTE TERZA

necessario un accertamento in concreto dell'effetto disincenti

vante dei meccanismi in questione, oppure dell'effetto neutra

lizzante derivante da misure compensative messe in atto dalle

singole imprese, non corroborano la fondatezza delle censure.

Va ribadito al riguardo, in primo luogo, l'orientamento della

sezione (sent. n. 873 del 1999, id., Rep. 1999, voce Concorren

za (disciplina), nn. 139, 142, 144; n. 1541 del 2000), confortato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui ai fini

della sussistenza di una intesa vietata dalla 1. n. 287 del 1990

non è necessario accertare il verificarsi di concreti effetti re

strittivi o ostativi della concorrenza in quel determinato merca

to, essendo sufficiente che la pratica concordata si sia tradotta in

una condotta anche solo potenzialmente idonea ad impedire la

concorrenza.

Vanno inoltre richiamate le risultanze documentali relative

agli sforzi dei gestori per modificare il sistema di determinazio

ne del margine influenzato negativamente dagli incrementi delle

vendite (par. 97-101), quale prova indiretta dell'effettivo pro dursi di effetti restrittivi rispetto ad autonome scelte imprendito riali.

Risulta condivisibile, d'altra parte, il rilievo (par. 313) secon

do cui i comportamenti, cui si appellano le ricorrenti, indicativi

di un loro allontanamento da una rigida applicazione delle me

todologie di calcolo dei margini, lungi dall'escluderne la portata restrittiva della concorrenza, suonano come conferma che, in as

senza di ulteriori interventi della società petrolifera, attraverso

strumenti extracontrattuali od applicazioni difformi della sud

detta metodologia, la medesima è idonea a dissuadere da auto

nome politiche di prezzo volte ad incrementare i volumi erogati. Se, dunque, in base alla documentazione illustrata nel prece

dente paragrafo, è stato possibile individuare il coordinamento

degli intenti a finalità anticoncorrenziali, le specifiche condotte

concretatesi negli «accordi colore» rappresentano il momento

attuativo dell'intesa, assumendo il ruolo di componente essen

ziale dell'infrazione accertata.

6. - Il provvedimento sarebbe anche affetto da eccesso di

potere per disparità di trattamento e ingiustizia manifesta, per aver considerato esenti da responsabilità circa l'illecito conte

stato le organizzazioni dei gestori, ossia le controparti degli ac

cordi sia interprofessionali che di «colore», sebbene i sistemi di

determinazione del margine siano stati stabiliti con il concorso

della loro attiva partecipazione alla trattativa e delle pressioni esercitate anche mediante minacce di scioperi.

La censura è infondata.

Il provvedimento impugnato ha accertato che è stata posta in

essere una violazione dell'art. 2 1. n. 287 del 1990 consistente in

una «fattispecie complessa» di pratica concordata anticoncor

renziale, strutturata sul concorso integrato di due fattori: a) la

concertazione finalizzata a mantenere il controllo del prezzo di

vendita del carburante; b) gli «accordi colore» nella parte relati

va alla determinazione del margine secondo meccanismi disin centivanti autonome politiche di prezzo da parte dei gestori.

Il provvedimento stesso, in merito alla responsabilità delle

associazioni dei gestori nella consumazione dell'illecito, ha af

fermato, che «considerata la natura e l'oggetto dell'intesa, è da

escludere che le associazioni dei gestori vi abbiano avuto un

ruolo attivo nel caratterizzarne i profili anticoncorrenziali» (par. 317).

Tale motivazione, invero assai succinta, intende esprimere un

concetto chiaramente desumibile dall'argomentazione comples siva del provvedimento, e cioè che la comprovata preoccupa zione nutrita dalle società petrolifere di ridurre l'incertezza cir

ca il livello del prezzo finale del prodotto, ossia una delle com

ponenti essenziali dell'infrazione accertata, risultava del tutto

estranea alla categoria dei gestori. Si è già fatto cenno ai tentativi dei gestori di modificare i

metodi di determinazione del margine in modo da acquisire una

maggior libertà nella fissazione del prezzo di vendita (par. 97

ss.). Può aggiungersi come sia emerso dalla documentazione ac

quisita, e precisamente dal resoconto ufficiale della riunione te

nutasi presso l'Unione petrolifera il 25 gennaio 1995 (par. 110), che l'iniziativa di «individuare, almeno per questo primo anno, meccanismi di temperamento della formula» price cup, in modo

da non differenziare il livello dei margini tra gestore e gestore, che poi si è tradotta negli «accordi colore», sia stata assunta

Il Foro Italiano — 2001.

dalle società petrolifere, nell'auspicio che «l'orientamento fosse

condiviso anche dalle associazioni dei gestori». In tale contesto, la sottoscrizione da parte dei vari comitati

nazionali colore dei sanzionati accordi aziendali, in difetto del

necessario collegamento strumentale con la finalità anticoncor

renziale di controllo del prezzo, oggetto della concertazione

dalle società petrolifere, pur integrando un comportamento di

cooperazione al venire in essere di meccanismi oggettivamente illeciti per il diritto della concorrenza, ha indotto l'autorità ad

escludere la responsabilità delle associazioni dei gestori. Ritiene il collegio che tale valutazione non sia affetta da ec

cesso di potere per disparità di trattamento e manifesta ingiusti zia, poiché risulta coerente con la struttura dell'illecito accerta

to, configurato dall'autorità come fattispecie complessa costi

tuita dall'integrazione dei due distinti e concorrenti fattori, en

trambi essenziali alla realizzazione della fattispecie sanzionata.

7. - Per ragioni non dissimili, ma inverse, merita accogli mento il ricorso proposto dalla società Api, che il provvedi mento ha considerato partecipe della pratica concordata sebbene

non abbia sottoscritto alcun accordo aziendale in ordine alla

determinazione del margine. Per tale circostanza l'autorità ha

riconosciuto alla ricorrente soltanto una attenuazione di respon sabilità, manifestatasi nell'irrogazione di una sanzione pecunia ria di minore entità.

Si è già messo in evidenza come l'intesa censurata dal prov vedimento impugnato si componesse di diversi comportamenti illeciti: la concertazione sul controllo del prezzo finale e l'ado

zione di sistemi di calcolo del margine ostativi della libera con

correnza tra le aziende della distribuzione.

Va disattesa la doglianza con la quale Api vorrebbe negare la

propria partecipazione al primo comportamento, in base ad una

ricostruzione della fattispecie polarizzata sugli «accordi colore»

dalla stessa non sottoscritti.

Si è già detto che l'illecito coordinamento sul controllo del

prez2;o finale ha assunto autonoma rilevanza anticoncorrenziale

nella fattispecie, secondo quanto emerso dalla documentazione

raccolta circa la volontà delle imprese di strumentalizzare l'i

stituto del prezzo consigliato e la pubblicizzazione dello stesso

(par. 69 e 70). Il collegio, quindi, non ha motivo di discostarsi, al riguardo,

dall'orientamento espresso dalla giurisprudenza comunitaria

(Trib. I grado 6 aprile 1995, causa T-141/89, Tréfileurope, id., Rep. 1996, voce Unione europea, n. 1054), secondo cui «qualo ra un'impresa partecipi, pur senza svolgervi un ruolo attivo, a

riunioni tra imprese aventi ad oggetto la fissazione dei prezzi dei loro prodotti e non prenda pubblicamente le distanze dal lo

ro oggetto, inducendo così gli altri partecipanti a ritenere che

essa approvi il risultato delle riunioni e che intenda attenervisi,

può considerarsi dimostrata la sua partecipazione all'intesa».

Mentre è pacifica, quindi, la partecipazione di Api alla con

certasene mirata al mantenimento del controllo del prezzo di

vendita dei carburanti, il provvedimento, pur dando ripetuta mente atto della circostanza che la stessa società non aveva

sottoscritto alcun «accordo colore», non ha fornito alcuna prova che, ciò nonostante, poteva essere ritenuta responsabile anche

dell'adozione da parte delle altre compagnie dei noti meccani

smi disincentivanti di determinazione dei margini dalla stessa

non applicati. L'autorità infatti non ha dimostrato che la concertazione sul

controllo del prezzo finale mediante pubblicizzazione del prezzo

consigliato si estendesse anche all'adozione dei suddetti sistemi

di determinazione del margine in sede di «accordi colore», e,

quindi che Api, pur dissociandosi dall'applicazione di tali me todologie, fosse a conoscenza che le stesse rientravano nella

strategia concertata.

Il provvedimento, al contrario, consente di ritenere che la

pratica concordata relativa ai metodi di determinazione del mar

gine sia stata accertata, non in base alla documentazione ine

rente i contenuti delle riunioni in seno all'Unione petrolifera in

vista della conclusione dell'accordo interprofessionale del 1994, bensì a seguito della valutazione dei contenuti degli «accordi

colore».

Al par. 82 si afferma «il calcolo dello sconto unitario (lire li

tro) è possibile solo a seguito della definizione dei singoli 'ac cordi colore' di durata biennale».

Al par. 226 si osserva che gli «elementi di possibile distor

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 9: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

sione della concorrenza derivanti dalla concreta applicazione

degli accordi interprofessionali» non erano «niente affatto de

sumibili dalla semplice valutazione degli stessi accordi del 29

aprile 1994 e del 29 luglio 1997, con particolare riguardo alla

metodologia di calcolo dei margini riconosciuti ai gestori e al

l'ingerenza delle società petrolifere nelle scelte di prezzo dei

gestori stessi». E si aggiunge (par. 228) «l'osservazione nel

tempo della convergente determinazione da parte delle società

petrolifere, attraverso gli 'accordi colore', dell'entità economica

dei parametri oggettivi utilizzati... e l'adozione di identici meccanismi contrattuali, disincentivanti i gestori a deviare dal

prezzo consigliato ..., hanno indotto l'autorità a ritenere possi bile l'esistenza di un'intesa orizzontale volta ad eliminare ogni

apprezzabile differenziazione tra le società petrolifere nella

contrattazione con i propri gestori». Può dunque concludersi che la pratica concordata relativa ai

sistemi di determinazione del margine è stata desunta dal com

portamento concreto delle società che hanno sottoscritto «ac

cordi colore», e pertanto nella stessa condotta infrattiva non

poteva essere coinvolta Api, che tali accordi non ha sottoscritto

e che, a quanto risulta, non ha seguito analoghe metodologie. Ritiene il collegio che, in relazione a tale circostanza, non

potesse pervenirsi ad una valutazione di semplice attenuazione

della responsabilità di Api, bensì, in considerazione della natura

complessa della fattispecie accertata, caratterizzata dall'inscin

dibile collegamento tra la concertazione sul controllo dei prezzi con l'adozione degli strumenti idonei a realizzarla, la responsa bilità di Api dovesse essere esclusa.

Costituisce, infatti, principio più volte ribadito dalla giuris prudenza comunitaria (Trib. I grado 14 maggio 1998, causa T

304/94, Europa Carton AG, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1025) che «affinché la commissione possa imputare a ciascuna delle

imprese interessate da una decisione di applicazione delle regole della concorrenza la responsabilità, per un periodo determinato, di una intesa globale comprensiva di diversi comportamenti an

ticoncorrenziali, essa deve dimostrare che ognuna di esse ha, vuoi acconsentito all'adozione di un piano globale che incorpo rava gli elementi costitutivi dell'intesa, vuoi partecipato diret

tamente, durante quel periodo, a tutti i detti elementi». La detta

giurisprudenza ammette che «un'impresa può altresì essere rite

nuta responsabile di una intesa globale anche qualora venga di

mostrata la sua partecipazione soltanto ad uno o più degli ele

menti costitutivi dell'intesa», ma a tal fine occorre che «le fosse

noto, o dovesse necessariamente esserle noto, il fatto che la

collusione a cui partecipava rientrava in un piano globale e che

questo piano globale riguardava il complesso degli elementi co

stituivi dell'intesa».

Tali principi non risultano nella specie osservati, in relazione

all'estraneità di Api alle censurate metodologie di determina

zione dei margini da riconoscere ai gestori della distribuzione.

8.1. - Un ultimo gruppo si censure si appunta alla irrogazio ne delle sanzioni pecuniarie.

Il provvedimento sarebbe illegittimo: a) per non aver indicato

il termine entro il quale le imprese avrebbero dovuto cessare

dall'attuazione del comportamento sanzionato; b) per difetto

dell'elemento psicologico richiesto dalla 1. n. 689 del 1981; c)

perché l'infrazione non avrebbe presentato il carattere della

gravità richiesto dall'art. 15 1. n. 287 del 1990; d) per mancata

valutazione dell'attenuante rappresentata dalla disponibilità delle imprese a modificare le pratiche commerciali in atto; e)

per errore nel computo della sanzione, essendo stato incluso nel

fatturato anche l'importo dell'Iva.

Ancora con riguardo alla sanzione pecuniaria, con gli atti in

tegrativi depositati da Shell, Kuwait e Agip è stato dedotto che

l'autorità: a) non abbia fissato termini per l'adempimento del

l'ingiunzione a cessare dai comportamenti sanzionati; b) non

abbia proceduto alla rideterminazione della sanzione pecuniaria in relazione alle correzioni apportate con la nota impugnata; c)

non abbia adottato un apposito nuovo provvedimento recante le

proposizioni relative alle correzioni.

A proposito di tutte le censure, va segnalato in primo luogo che l'autorità, con provvedimento del 6 luglio 2000, ne ha retti

ficato l'ammontare delle sanzioni depurando taluni fatturati

delle accise e dell'Iva. In precedenza aveva provveduto, con

nota del 15 giugno 2000, a rettificare gli importi del cash flow indicati in maniera errata.

Il Foro Italiano — 2001.

Ciò premesso, con riguardo alla censura concernente la man

cata indicazione di un termine entro il quale ottemperare alla

diffida di cessazione delle infrazioni contestate, in violazione

dell'art. 15 1. 287/90, osserva il collegio che la norma deve esse

re applicata secondo criteri di congruità e ragionevolezza. Se va confermato, infatti, che l'accertamento di una infrazio

ne non può che comportare l'obbligo di porvi termine imme

diatamente ove la diffida non indichi una data precisa per l'ot

temperanza (v. Tar Lazio, sez. I, 7 marzo 1997, n. 425, id., Rep. 1997, voce Concorrenza (disciplina), n. 147), è però da ammet

tere che l'assenza del termine rifletta la consapevolezza del

l'autorità che la modifica della situazione in atto, per la com

plessità delle procedure necessarie e per coinvolgimento inevi

tabile di soggetti terzi, richieda un lasso di tempo imprecisato che sconsiglia l'imposizione di un termine rigido di osservanza.

In relazione alla fattispecie in esame, dunque, la mancata in

dicazione del termine non costituisce vizio del provvedimento, anche in considerazione del permanente potere dell'autorità di

assumere le iniziative più opportune per contrastare l'eventuale

inerzia delle parti interessate.

8.2. - Con altra censura si lamenta che non sia stata svolta

alcuna indagine sull'elemento psicologico quale elemento de

terminante della responsabilità ai sensi dell'art. 3 1. n. 689 del

1981. La doglianza non ha pregio. Va premesso il richiamo alla giurisprudenza del Tribunale di

primo grado secondo cui «affinché un'infrazione alle regole comunitarie di concorrenza possa considerarsi commessa inten

zionalmente non è necessario che l'impresa si sia resa conto di

contravvenire al divieto di cui all'art. 85, 1° comma, del tratta

to; è sufficiente che essa non potesse ignorare che il comporta mento incriminato aveva ad oggetto o per effetto la restrizione

della concorrenza nel mercato comune» (sent. 14 maggio 1998, causa T-348/94, Enso Espanola SA, id., Rep. 1999, voce Unione

europea, n. 1097). Nell'ambito della vicenda in esame sono emerse prove do

cumentali della consapevolezza nutrita dalle società ricorrenti

della rilevanza anticoncorrenziale delle loro concertazioni (doc.

Agip petroli AN16 e AN22 - par. 155 e 158). 8.3. - Con altre censure, variamente articolate, si contesta

l'entità della sanzione applicata, denunciando che l'autorità: a) non avrebbe adeguatamente motivato la gravità dell'infrazione, con particolare riguardo al danno sofferto dai consumatori; b) non avrebbe tenuto conto delle reali condizioni economiche

delle imprese, specie a seguito della rettifica degli importi del

cashflow, c) non avrebbe valutato i comportamenti delle società

volti ad eliminare o attenuare le conseguenze della violazione;

d) non avrebbe tenuto conto del diverso grado di responsabilità delle diverse società in relazione alla loro dimensione ed al con

seguente diverso impatto delle loro condotte sull'interesse tute

lato dalla normativa antitrust.

Tali motivi vanno disattesi.

Con riguardo alla gravità dell'infrazione, è opportuno pre mettere che la valutazione censurata risulta conforme ai criteri

adottati dalla commissione della Ce con la comunicazione 14

gennaio 1998, dal titolo «orientamenti per il calcolo delle am

mende inflitte in applicazione dell'art. 15, par. 2 del regola mento n. 17 e dell'art. 65, par. 5, del trattato Ceca».

Ai fini dell'apprezzamento circa la gravità delle infrazioni, il

documento le classifica in tre categorie: poco gravi, gravi e

molto gravi. A proposito di queste ultime si dispone: «trattasi

essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prez zi... o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento

del mercato ..

Può dunque osservarsi come, anche alla stregua dell'orienta

mento seguito in sede comunitaria, il coordinamento di politiche commerciali che — come quello qui in esame — sia mirato ad

incidere sul prezzo del prodotto, realizzandone l'omogeneità e il.

controllo, debba essere qualificata di elevata gravità. Tale circostanza, di per sé, avrebbe ben potuto giustificare

l'irrogazione di una sanzione che, nell'ambito delle misure

ammesse dall'art. 15 1. 287/90, fosse stata fissata anche oltre il 5

per cento del fatturato.

La percentuale applicata con il provvedimento (3,5 per cento)

induce a ritenere che l'autorità abbia tenuto conto di fattori di

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 10: sezione I; sentenza 18 gennaio 2001, n. 297; Pres. Schinaia, Est. Branca; Unione petrolifera (Avv. Maresca, Cataudella, Romano), Soc. Api - Anonima petroli italiana (Avv. Carabba,

PARTE TERZA 160

attenuazione della responsabilità (par. 344), in base ai quali, pe raltro, le ricorrenti vorrebbero sostenere la radicale illegittimità

dell'applicazione dell'ammenda.

La gravità dell'infrazione, invece, risulta adeguatamente mo

tivata con la natura dei comportamenti accertati in relazione alla

loro finalità ed al loro effetto di sostanziale eliminazione del

l'incertezza, tipica della competizione in libero mercato, circa le

politiche commerciali delle imprese concorrenti, con conse

guente stabilizzazione delle quote acquisite. Fattori obiettivi di aggravamento dell'infrazione sono stati

rinvenuti, in conformità a principi costantemente riconosciuti

dalla giurisprudenza, oltre che nella strumentalizzazione dei

contatti istituzionali in sede di Unione petrolifera, nella struttura

oligopolistica del mercato e nella chiusura dell'accesso ad esso

di nuove imprese, quale derivava dal regime della concessione, risalente al 1970 (d.l. 26 ottobre n. 745) ed in parte conservato

anche dopo l'entrata in vigore del d.leg. n. 32 del 1998, che ha

sostituito la concessione con l'autorizzazione.

Al riguardo non è condivisibile la tesi di alcune ricorrenti, se

condo cui l'«ingessamento» del mercato petrolifero sarebbe da

imputare integralmente proprio all'eccesso di regolamentazione che lo contraddistingueva. Ne è la prova l'obiettivo del con

trollo del prezzo finale, perseguito dalle imprese mediante il co

ordinamento delle politiche commerciali, secondo quanto è

emerso dall'indagine condotta dall'autorità. Il menzionato re

gime normativo, in altri termini, non è stato ritenuto dalle so

cietà sufficientemente protettivo dello status quo ante liberaliz

zazione, tanto da indurle ad assumere i comportamenti censura

ti; ma si è rivelato un fattore coadiuvante dell'efficacia dell'in

tesa anticoncorrenziale.

In merito al preteso di difetto di concreti effetti ostativi della

concorrenza può ribadirsene, preliminarmente, l'irrilevanza ai fini della configurazione dell'infrazione, alla stregua della giu

risprudenza comunitaria e nazionale. Tale avviso è ancorato ad

un preciso dettato normativo, nel trattato Ce (art. 81) e nella 1.

287/90 (art. 2), laddove si dispone il divieto delle intese che ab

biano per effetto o per oggetto la restrizione della concorrenza.

Ciò premesso, è tuttavia da disattendere la tesi che l'intesa non abbia prodotto effetti ostativi della concorrenza.

Assume rilievo in proposito l'insieme delle acquisizioni do

cumentate dall'autorità in merito alla costanza delle quote di

mercato nel decennio 1990/1999, e la puntuale convergenza dei

prezzi di vendita.

Alcune ricorrenti pretendono di utilizzare tale continuità

quantitativa per desumerne la prova che l'intesa, attuata solo dal

1994, non avrebbe determinato alcun mutamento rispetto al pre cedente andamento. Ma l'autorità ha correttamente messo in ri

lievo che a partire dal 1993 era intervenuta la liberalizzazione

del mercato petrolifero e che, ciò nonostante, grazie alle «con tromisure» adottate dalle imprese, l'assetto del mercato non ha subito modificazioni, sia nella distribuzione delle quote, sia nel l'andamento uniforme dei prezzi. «In un contesto normativo che conferiva finalmente alle società petrolifere la libertà di diffe renziare le proprie strategie di prezzo si è dunque constatato che esse hanno preferito coordinarsi per contrastare l'incertezza sui

rispettivi comportamenti, che il nuovo assetto regolamentativo avrebbe comportato» (par. 328). In altri termini, il mutamento del contesto normativo rende non probante l'argomento dell'as senza di mutamenti nel mercato rispetto al periodo anteriore

(Tar Lazio, sez. I, 31 maggio 2000, n. 4505). 8.4. - Una diversa contestazione investe il criterio di calcolo

della riduzione del c.d. benessere dei consumatori, che l'autorità ha valutato, ai fini della misura dell'ammenda, in circa 1.300 miliardi (al netto delle imposte) ragguagliando il prezzo medio dei carburanti nei paesi dell'Unione europea rispetto al prezzo medio italiano. Secondo alcune ricorrenti l'autorità avrebbe

eseguito una operazione troppo semplicistica non tenendo conto di molteplici fattori variabili che influenzerebbero una valuta zione analitica più accurata.

Va rilevato preliminarmente che la censura non viene corro borata dalla contrapposizione ai dati dell'autorità degli esiti dif formi di altre analisi condotte con le metodologie giudicate più attendibili.

Ciò premesso, è da aggiungere che non ricevono smentita le considerazioni dell'autorità circa la sussistenza nei paesi assunti a raffronto di un aperto giuoco concorrenziale nel mercato pe

II Foro Italiano — 2001.

trolifero, come dimostra l'indice di differenziazione tra i prezzi, che raggiunge percentuali elevatissime mentre in Italia è presso ché inesistente (par. 65). Né va taciuto come l'autorità non ab

bia mancato di verificare la praticabilità del confronto effettua

to, accertando «le comuni tecnologie nei processi di raffinazio

ne, l'omogeneità dei prodotti venduti... e le analoghe tecniche

di distribuzione» (nota 25 al par. 65). Se ne deve dedurre che il computo è stato effettuato secondo

criteri ponderati, nell'esercizio di una competenza tecnicamente

avvertita e professionalmente responsabile, sicché deve essere

ritenuto attendibile fino a prova contraria.

La censura va quindi respinta. 8.5. - In merito alla irrogazione di una sanzione in percen

tuale unica per tutte le ricorrenti, ignorando la differenza tra le

dimensioni economiche delle stesse, alcune ricorrenti denuncia

no la violazione dell'art. 11 1. n. 689 del 1981, perché non se ne

è dedotto un diverso grado di responsabilità. La censura in sostanza assume che la partecipazione ad

un'intesa vietata da parte di un'impresa di ridotte dimensioni

dia luogo ad un evento antigiuridico di gravità minore rispetto a

quello causato dallo stesso comportamento tenuto da una società

di grandi dimensioni. La tesi non può essere condivisa perché il comportamento che

ha formato oggetto della collusione ha avuto carattere unitario

ed ha avuto il fine di pregiudicare l'identico bene pubblico della

libera concorrenza. All'interno della condotta sanzionata pote vano assumere rilevanza, ai fini della graduazione delle respon sabilità, solo diversità di condotta, che nella specie non si sono

verificate, né con riguardo alla concertazione sul controllo del

prezzo né circa la sottoscrizione degli «accordi colore», salvo il

caso Api. La circostanza di ordine quantitativo, per cui l'impresa di ri

dotte dimensioni, in virtù del possesso di una più esigua quota di mercato, ha inciso in misura inferiore sul benessere dei con

sumatori, risulta adeguatamente valorizzata dall'applicazione di

una sanzione pecuniaria, non già di misura fissa, ma calcolata in

percentuale al fatturato, venendosi in tal modo a tenere conto

degli effetti più limitati dell'infrazione. Si è anche lamentato che la rettifica dell'errore materiale, ef

fettuata con nota del 15 giugno 2000, in cui è incorsa l'autorità indicando al par. 345 gli importi del cash flow, con riguardo al

quadriennio 1995-1998, anziché, come dichiarato, al triennio

1996-1998, non abbia indotto ad una riduzione della sanzione, assumendosi che in tal modo non si è tenuto conto delle effetti

ve condizioni economiche delle imprese. La doglianza è frutto di un equivoco, perché le sanzioni ven

nero effettivamente calcolate, fin dall'inizio, sul cash flow del

detto triennio, sicché nella determinazione della sanzione l'au

torità ebbe realmente presente il periodo dichiarato. Risulta,

perciò, del tutto giustificato che non si siano modificate, per quel motivo, le sanzioni applicate.

Per la stessa ragione, è priva di pregio la pretesa all'adozione di nuovo provvedimento per disporre la rettifica, posto che l'er rore non aveva prodotto alcun effetto e la sua correzione non

implicava alcuna nuova determinazione di merito.

9. - In conclusione, va accolto il ricorso della Anonima pe troli italiana s.p.a., e respinti i ricorsi delle altre società ricor renti.

This content downloaded from 185.31.195.48 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended