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Sezione I; sentenza 23 marzo 1983, n. 265; Pres. Tozzi, Est. La Medica; Di Donato (Avv....

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Sezione I; sentenza 23 marzo 1983, n. 265; Pres. Tozzi, Est. La Medica; Di Donato (Avv. Schwarzenberg) c. Pres. cons. ministri e altri (Avv. dello Stato Caramazza) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 219/220-221/222 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175736 . Accessed: 28/06/2014 10:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.149 on Sat, 28 Jun 2014 10:08:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I; sentenza 23 marzo 1983, n. 265; Pres. Tozzi, Est. La Medica; Di Donato (Avv.Schwarzenberg) c. Pres. cons. ministri e altri (Avv. dello Stato Caramazza)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 219/220-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175736 .

Accessed: 28/06/2014 10:08

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PARTE TERZA

come pure non può sospendere la circolazione per motivi di

pubblico interesse (art. 4 cit.).

Peraltro, il sindaco di Brescia non ha, con le impugnate ordinanze, imposto un divieto assoluto ed indiscriminato di circo lazione motorizzata, avendola permessa ai mezzi pubblici e di

privati abitanti nella zona o che vi svolgono attività professionale o commerciale, a tutti i veicoli adibiti a carico e scarico delle merci o diretti agli alberghi, ecc.

Il motivo è perciò infondato. 6. - Con l'ultimo motivo si denuncia un vizio di eccesso di

potere, per non avere dette ordinanze considerato eventuali misu re alternative che si sarebbero potute addottare, in modo da

alleggerire l'incidenza negativa che la voluta pedonalizzazione avrebbe prodotto sui commercianti delle zone coinvolte.

Anche tale motivo è infondato. Invero, a parte il fatto che anche con la censura in esame si tende a mettere in discussione il merito degli atti e delle scelte operate dall'amministrazione

comunale, nessun obbligo sussisteva in capo al comune di Brescia di adottare i suggerimenti proposti dai ricorrenti, tenuto conto che i due provvedimenti impugnati costituiscono solo la parte finale emergente di un lungo e ponderoso studio condot to durante tre anni dall'amministrazione comunale a partire dal

piano A.c.i. che costituì la base di elaborazione, per arrivare alla

complessa relazione stesa da due docenti universitari, che fu illustrata e discussa con gli interessati nelle varie sedi istituziona

li, in particolare nelle diverse riunioni della commissione consilia re urbanistica e viabilità, con la presenza di tutte le componenti sociali.

Tutto il procedimento si è quindi svolto con serietà e pondera tezza, atraverso varie fasi all'interno dell'amministrazione, ma

sempre con la partecipazione attiva delle varie associazioni ed

organizzazioni. Il ricorso è perciò infondato e va respinto. (Omissis)

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione i; sentenza 23 marzo 1983, n. 265; Pres. Tozzi, Est. La Medica; Di Donato (Avv. Schwarzenberg) c. Pres. cons, ministri e altri (Avv. dello Stato Caramazza).

Giustizia amministrativa — Servizi di informazione — Restitu zione di addetto all'amministrazione di appartenenza — Atto

politico — Esclusione (L. 24 ottobre 1977 n. 801, istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e

disciplina del segreto di Stato, art. 7). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici — Servizi di

informazione e di sicurezza — Restituzione di addetto all'am ministrazione di provenienza insindacabilità — Legittimità —

Fattispecie (L. 24 ottobre 1977 n. 801, art. 7).

Poiché non costituisce atto politico, è ammissibile il ricorso propo sto contro il provvedimento col quale un ufficiale dei carabinieri

in servizio presso il S.i.s.m.i. è stato restituito all'amministrazio ne di appartenenza. i(l)

È insindacabile in sede di legittimità il provvedimento col quale un ufficiale dei carabinieri in servizio presso il S.i.s.m.i., il cui nome è comparso negli elenchi degli aderenti alla loggia P2, è stato restituito all'amministrazione di appartenenza, per soprav venuta incompatibilità col regolare e profìcuo svolgimento dei

compiti istituzionali del S.i.s.m.i. stesso. (2)

(1) In termini non constano precedenti. Per una breve rassegna, non è stato ritenuto atto politico la nomina dell'avvocato generale dello Stato (T.A.R. Lazio, sez. I, 9 luglio 1980, n. 793, Foro it., 1980, I, 466, confermata sul punto da Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 340, id., 1981, III, 415, annotata da Piga, Attività di alta amministra zione e controllo giurisdizionale, in Foro amm., 1981, I, 849), il provvedimento con il quale il ministro per il commercio con l'estero esercita il potere di disciplinare la materia delle impugnazioni e quella valutaria (T.A.R. Lazio, sez. III, 2 febbraio 1976, n. 60, Foro it., 1977, III, 99), il provvedimento con il quale la p.a. designa i rappresentanti sindacali in un organo collegiale consultivo costituito per fornire elementi al governo nell'emanazione di provvedimenti legislativi delega ti (Cons. Stato, sez. VI, 5 novembre 1974, n. 348, id., Rep. 1974, voce Atto amministrativo, n. 22). Atto politico è definito quello che, posto in essere dal potere esecutivo, è connesso con i supremi interessi dello Stato, per la sua vita e la sua sicurezza, ossia l'atto che istituzional mente ha per contenuto la costituzione, la salvaguardia e il funziona mento di pubblici poteri (T.A.R. Abruzzo 28 gennaio 1976, n. 15, id., Rep. 1976, voce cit., n. 92; Cons. Stato, sez. VI, 5 novembre 1974, n. 348, cit.).

(2) In termini non risultano precedenti. In genere, sulla rilevanza dell'adesione alla loggia P2 per dipendenti ed amministratori pubblici, T.A.R. Lazio, sez. III, 5 luglio 1982, n. 686, Foro it., 1983, III, 223, a

È legittimo il provvedimento col quale un ufficiale dei carabinieri

in servizio presso il S.i.s.m.i., il cui nome è comparso negli elenchi degli aderenti alla loggia P2, è stato restituito all'am

ministrazione di appartenenza per sopravvenuta incompatibilità col regolare e proficuo svolgimento dei compiti istituzionali del

S.i.s.m.i. stesso, anche se non sia stato adottato con l'osservanza

delle norme che regolano il procedimento disciplinare. (3) È legittimo il provvedimento col quale un ufficiale dei carabinieri

in servizio presso il S.i.s.m.i. è stato restituito all'amministra

zione di appartenenza, anche se non sia stato sentito il con

siglio per il personale. (4)

Diritto. — 1. - Il col. Di Donato — appartenente all'arma dei

carabinieri ed in servizio presso il S.i.s.m.i. (Servizio per le infor

mazioni e la sicurezza militare) in base all'art. 7 1. 24 ottobre 1977

n. 801 — impugna il provvedimento, non esibito in giudizio stante

la qualifica di segretezza eccepita dalle competenti autorità, con il

quale è stato restituito all'amministrazione di originaria appar tenenza.

In proposito rileva subito il tribunale che — contrariamente a

quanto sostengono le amministrazioni resistenti in ordine all'am

missibilità del ricorso — il suddetto provvedimento non può considerarsi come « atto politico ».

Infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale che risa

le alle decisioni della IV sezione del Consiglio di Stato 9

novembre 1890 (Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia ammi

nistrativa, n. 20) e 24 novembre 1981 (id., Rep. 1981, vo

ce cit., n. 37), nel suddetto ambito concettuale vanno com

presi gli atti che trovano la loro causa nella conservazione

interna dello Stato o nella sicurezza esterna del medesimo; il

principio è stato successivamente spiegato facendo riferimento alle

superiori considerazioni dei supremi interessi dello Stato, nella

sua unità, riguardanti il funzionamento organico dei pubblici

poteri, sia la tutela della esistenza, sicurezza ed integrità dello

Stato stesso e le sue azioni contro forze interne o nei rapporti esterni (Cons. Stato, IV sez., 11 aprile 1945, n. 71, id., Rep. 1943-45, voce Atto amministrativo, n. 20, e 28 giugno 1947, n. 213, id., Rep. 1948, voce Giustizia amministrativa, n. 36).

L'atto politico si può, perciò, individuare solo con riferimento

alla sua natura e alla sua causa oggettiva, con esclusione di ogni rilevanza del movente che determini l'atto ovvero delle circo

stanze e del momento in cui l'atto sia stato adottato; altrimenti, si

verificherebbe una eccessiva dilatazione del menzionato concetto, con l'ulteriore effetto di sottrarre atti squisitamente amministrativi

al normale sindacato di legittimità che costituisce una esigenza in

sopprimibile di uno Stato di diritto e garanzia contro ogni

possibile arbitrio (T.AjR. Lazio, sez. I, 9 luglio 1980, n. 792, id.,

1980, III, 466). Poiché i moventi che possano aver indotto l'amministrazione

ad emanare l'atto e le circostanze nelle quali questa agisce,

quando l'ordinamento lascia alla medesima un largo margine di

apprezzamento delle condizioni per l'adozione dell'atto stesso, si

appalesano ininfluenti ai fini della qualificazione del provvedimen to adottato, devesi affermare che il carattere del provvedimento di cui si tratta non muta per effetto della considerazione dei

sopra indicati elementi, ma rimane comunque amministrativo, ne

discende, per quanto concerne l'atto in esame riguardante la

restituzione di un pubblico dipendente all'amministrazione di

proposito della revoca di un commissario di una grande impresa in crisi.

(3-4) In termini non risultano precedenti. In genere, si ritiene che il trasferimento per incompatibilità (pur dovendo essere giustificato quan to meno dall'attribuibilità del nocumento al prestigio ed alla funziona lità della p.a. al comportamento del dipendente, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 1980, n. 1123, Foro it., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 519; sez. VI 28 luglio 1982, n. 393, id., Rep. 1982, voce cit., n. 529) può essere disposto dall'amministratore discrezionalmente, e senza l'osservanza delle regole proprie del procedimento disciplinare: Cons. Stato, sez. VI, 21 ottobre 1980, n. 890, id., Rep. 1981, voce cit., n. 520; 25 ottobre 1974, n. 315, id., Rep. 1974, voce cit., n. 399; 23 novembre 1973, n. 524, id., Rep. 1973, voce cit., n. 371; 14 dicembre 1971, n. 1110, id., Rep. 1971, voce cit., n. 487. Per riferimento sull'obbligo di motivazione del provvedimento di trasferimento, T.A.R.

Lazio, sez. Ili, 6 luglio 1977, n. 321, id., 1978, III, 558, con nota di richiami (per l'applicabilità dell'orientamento all'ipotesi di trasferimento di un dirigente generale ad altra direzione generale, T.A.R. Lazio, sez. I, 31 gennaio 1979, n. 109, id., 1980, III, 361).

Sul tema del segreto, e dei servizi segreti, cfr. Arena, Il segreto amministrativo, 1983; Paolozzi, La tutela processuale del segreto di Stato, 1983; Cocco, I servizi di informazione e di sicurezza nell'ordi namento italiano, 1980; Labriola, Informazioni per la sicurezza e segreto di Stato (spunti critici sulla nuova disciplina e la sua attuazione), in Dir. e società, 1981, 833 (quest'ultimo analizza anche i decreti attuativi emanati dal presidente del consiglio dei ministri).

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

provenienza, che non può parlarsi di atto politico, bensì di un

mero atto amministrativo. 2. - Ciò posto e scendendo all'esame del merito, ritiene il

tribunale di esaminare, per ragioni di ordine logico, dapprima le

censure di cui ai motivi nn. 3 e 4 con le quali il Di Donato

lamenta una carenza di motivazione, sia perché non riuscirebbe

possibile conoscere la ratio del provvedimento adottato, sia per ché il riferimento contenuto nel relativo foglio di comunica

zione, all'art. 6, lett. c), del d.p.c.m. n. 7 del 1980 (« so

pravvenute incompatibilità con il regolare e proficuo svolgi mento dei compiti istituzionali del comitato e dei servizi »), non si concilierebbe con le mansioni esclusivamente ammi

nistrative dal medesimo ricorrente espletate. I motivi, peraltro, si appalesano infondati. Non è dato, invero,

di ravvisare la denunciata carenza di motivazione, anche perché l'asserito rilievo non ha impedito al Di Donato di esporre le sue

doglianze, con diffuse e circostanziate argomentazioni, come e

merge dalla formulazione dei motivi dedotti.

Per quanto, poi, si riferisce alla asserita incongruità del prov vedimento rispetto alla posizione ricoperta dal ricorrente nel

S.i.s.m.i., devesi rilevare che la censura impinge nel merito della

valutazione amministrativa che non può formare oggetto di sin

dacato, in sede di legittimità; d'altra parte, non può porsi in

dubbio che è riservato all'amministrazione ogni apprezzamento sulla migliore utilizzazione dei propri dipendenti per un più efficiente conseguimento dei suoi fini istituzionali.

È il caso di aggiungere che la discrezionale valutazione del

l'amministrazione della sussistenza delle cause di incompatibilità — emerse, nella specie, a seguito della pubblicazione sulla stampa del nominativo del ricorrente tra quelli degli aderenti alla loggia P2 — ai fini del trasferimento del proprio dipendente, lungi dal

costituire un atto di carattere disciplinare, deve considerarsi

adottato nell'interesse dell'amministrazione che mira ad utilizzare

i propri dipendenti in relazione alle necessità dei singoli uffici, tenendo conto dei requisiti personali e della capacità professiona le di ciascun elemento da impiegare.

3. - Le considerazioni sopra svolte consentono anche di ritenere

infondato il secondo motivo con il quale il ricorrente deduce la

mancata osservanza delle norme che regolano il procedimento

disciplinare; il provvedimento di restituzione all'amministrazione

di originaria appartenenza trova, infatti, giustificazione nelle indi

cate esigenze di servizio e si appalesa, quindi, emanato, nell'eser

cizio di una potestà autonoma e diversa da quella disciplinare,

per cui non possono essere richiamate le norme e i principi che

presiedono il concreto manifestarsi di quest'ultima potestà. 4. - Per quanto, infine, si riferisce alle censure formulate con il

primo motivo e cioè alla mancata audizione del consiglio per il

personale, ai sensi dell'art. 57 d.p.c.m. n. 8 del 1980, devesi

osservare che anche per questo decreto sussiste la qualifica di

segretezza. Peraltro, la 1. 24 ottobre 1977 n. 801 — concernente « istituzio

ne e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e

disciplina del segreto di Stato » — prevede al 2° comma dell'art.

7 che « i casi e le modalità relativi al rientro dei dipendenti

pubblici nelle amministrazioni di appartenenza ... sono stabiliti, anche in deroga ad ogni disposizione vigente »; non vi è, però, alcun riferimento all'audizione del predetto organo, mentre l'e

spressa previsione di inosservanza delle disposizioni vigenti si

rivela idonea a consentire all'amministrazione di adottare i relati

vi provvedimenti in materia, senza andare incontro ad alcuna

preclusione di ordine procedimentale. Né, comunque, può ravvisarsi alcuna illegittimità nel rilievo —

dedotto con il medesimo primo mezzo — che il provvedimento

impugnato ha avuto efficacia dalla data della sua emanazione e

non già da quella della sua registrazione alla Corte dei conti. Va, in proposito, rilevato che la registrazione non fa assumere giuri dica esistenza all'atto sottoposto a controllo, perché incide uni

camente sulla sua operatività; però, una volta intervenuta, l'anzi

detta registrazione esplica i suoi effetti ex tunc sull'atto positiva mente esaminato, determinando naturalmente la piena efficacia di

questo dallo stesso momento della sua adozione.

5. - In base a tutte le pregresse considerazioni il ricorso deve

essere rigettato. (Omissis)

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; Sezioni unite; de

cisione 27 gennaio 1984, n. 797; Pres. Potenza, Est. Leone;

Ufficio del registro di Bergamo c. Banca nazionale del lavoro.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE

Registro (imposta) — Fideiussione cumulativa — Imposizione

plurima — Sussistenza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, disciplina

dell'imposta di registro, art. 41; ali. A, tariffa, parte prima, atti soggetti a registrazione in termine fisso, art. 6).

In materia di imposta di registro se più persone hanno prestato cumulativamente fideiussione per un medesimo debito, il

relativo atto è soggetto ad imposizione tante volte quanto sono

le fideiussioni prestate dai diversi garanti. (1)

Fatto. — Risulta dagli attti che l'ufficio del registro di Bergamo nel liquidare l'imposta per la registrazione del decreto ingiuntivo 4 dicembre 1975 emesso dal tribunale di detta città su ricorso

della Banca nazionale del lavoro nei confronti della debitrice

s.p.a. cartiera Vallagarina e dei fideiussori Anselmo Guff an ti Pe

senti e Franco Pesenti (reg.ne 12 dicembre 1975 n. 3392),

applicava due volte l'imposta di registro (dello 0,25 %) sulla

fideiussione di lire 62.380.415, per essere la garanzia prestata da

due soggetti diversi.

La banca, ritenendo dovuta una sola imposta per essere le

fideiussioni relative ad un unico debito, ha chiesto il rimborso

parziale dell'imposta pagata e, non avendo avuto risposta, ha

proposto domanda alla commissione tributaria di primo grado di

Bergamo. L'ufficio ha dedotto che quando la fideiussione è

prestata da più persone, tanto in un unico atto quanto in atti

diversi, sia contestualmente al negozio cui si riferisce la garanzia, sia separatamente, sono dovute tante imposte quanto sono i

garanti sul valore della garanzia da ciascuno prestata: ciò si

ricava dalla formulazione dell'art. 6 della tariffa ali. A della legge di registro vigente, che non riproduce il termine « cumulativa

(1) La decisione riguarda il trattamento, ai fini dell'imposta di

registro, della fideiussione cumulativa (o confideiussione) prestata, in un unico atto, da più persone per un medesimo debitore ed a garanzia di un medesimo debito.

Tale decisione, in contrasto con l'unica precedente pronuncia che, per quanto consta, è stata emessa da una sezione semplice dello stesso

collegio (dee. 9 luglio 1982, n. 3077, Comm. trib. centrale, 1982, I, 781) ha stabilito che, ai sensi dell'art. 6 della tariffa, ali. A, parte prima, del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, l'atto è soggetto a tante

imposte di registro quante sono le fideiussioni prestate dai diversi

garanti. Le sezioni unite fondano il loro orientamento sulla diversa dizione

del citato art. 6 della vigente tariffa della legge del registro nel quale manca rispetto all'art. 53 della vecchia legge del registro (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269) un espresso richiamo alla fideiussione prestata da più persone. Proprio a tale riguardo la decisione opera un'assimila zione tra un'unica fideiussione cumulativa ed' una pluralità di fideius sioni (prestate con atti separati da persone diverse, ma sempre per un medesimo debitore ed a garanzia di un medesimo debito) per le quali sono normalmente dovute tante imposte di registro quanti sono i

singoli contratti di fideiussione. Sulla base di tale assimilazione le sezioni unite hanno ritenuto che

lo stesso regime fiscale della pluralità di fideiussioni è applicabile alla fideiussione cumulativa la quale realizza, tra l'altro, un effetto maggio re costituito dalla solidarietà tra i confideiussori, vincolo che non sussiste tra più fideiussori di uno stesso debito, divenuti tali con

contratti distinti. Un contrario orientamento era stato sostenuto con la citata prece

dente pronuncia della Commissione tributaria centrale la quale aveva affermato che, anche in presenza di una fideiussione cumulativa, il caso trovava un'espressa previsione nell'art. 41 della vigente disci

plina dell'imposta di registro laddove è stabilito che la base imponibi le, per gli atti per i quali viene prestata garanzia reale o personale, è costituita dalla somma garantita. Pertanto nessuna rilevanza veniva riconosciuta al numero dei possibili garanti in quanto l'obbligazione solidale da costoro sottoscritta non fa moltiplicare l'importo garantito per il numero delle sottoscrizioni. Da ciò derivava che, in casi di

specie, l'elemento che doveva essere preso in considerazione per la determinazione dell'imposta di registro dovuta era esclusivamente la somma garantita con l'atto in registrazione.

Sulla differenza tra fideiussione cumulativa e pluralità di fideiussioni cfr. Cass. 30 marzo 1979, n. 1843, Foro it., 1979, I, 1910.

È da rilevare che, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sulle sentenze di condanna di coobbligati solidali, Cass. 14 giugno 1977, n. 2468 (id., 1978, I, 2612) ha affermato il principio dell'unità del titolo di imposizione con conseguente applicazione di un'unica imposta sottoli neando che, in casi di specie, rileva la somma che il creditore può realizzare per effetto della sentenza e non già la pluralità di vincoli degli

obbligati solidali.

In senso conforme, Comm. trib. I grado Firenze 28 dicembre 1981, Bollettino trib., 1983, 363.

Contra, Comm. trib. II grado Modena 2 aprile 1981, n. 8, Foro it.,

Rep. 1981, voce Registro, n. 194; Comm. trib. I grado Bergamo 13 marzo 1980, n. 160, Bollettino trib., 1982, 903; Comm. Trib. I grado Modena 28 aprile 1979, n. 384, Foro it., Rep. 1979, voce

cit., n. 126. In dottrina, cfr. Fantozzi, Fideiussioni cumulative e imposta di

registro, in Fisco, 1978, n. 23, 11; Napolitano, Confideiussione e

imposta di registro, in Bollettino trib., 1984, 483.

Tardella

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