sezione I; sentenza 6 marzo 1995, n. 389; Pres. Juso, Est. Landi; Soc. Boehringer farmaceuticaitaliana e altri (Avv. Vaiano, Biasotti, Magliozza, Barsotti, Di Paolo) c. Min. sanità (Avv. delloStato Polizzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 12 (DICEMBRE 1995), pp. 619/620-629/630Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190728 .
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PARTE TERZA
Diritto. — Oggetto del ricorso è il d.p.c.m. 18 dicembre 1992
che, in applicazione dell'art. 11 d.l. 2 marzo 1989 n. 69, con
vertito nella 1. 27 aprile 1989 n. 154, ha determinato la misura
del contributo diretto lavorativo per il periodo di imposta rela
tivo al 1992. Il collegio deve darsi preliminarmente carico di verificare, an
che in relazione a specifica eccezione sollevata dall'avvocatura
dello Stato, se sussista la giurisdizione di questo tribunale in
ordine alla proposta impugnativa. Come innanzi accennato il decreto presidenziale del 18 di
cembre 1992 è attuativo dell'art. 11 1. 154/89 e successive modi
ficazioni ed integrazioni, che prevede l'elaborazione da parte dell'amministrazione finanziaria, per i diversi settori economici, di coefficienti presuntivi di compensi e ricavi, con specifico ri
ferimento al «contributo diretto lavorativo» dei soggetti che eser
citano attività di impresa, arti e professioni. Detti coefficienti
sono stabiliti con d.p.c.m. secondo il procedimento disciplinato
dagli art. 11, 5° comma, 1. 154/89 e 11, 1° comma, 1. 438/92. Il richiamato art. 11 1. 438/92 detta criteri per la quantifica
zione del contributo diretto lavorativo riferiti al tipo di attività
esercitata, al relativo ambito economico, agli aspetti organizza tivi dell'attività di impresa o della professione, al tempo in cui
risale l'inizio dell'attività ed all'entità dell'apporto del soggetto interessato anche in relazione all'età.
L'art. 11 bis 1. 438/92, nei casi in cui il reddito dichiarato risulti inferiore al contributo diretto lavorativo determinato per le diverse categorie di attività, prevede la liquidazione e riscos
sione delle maggiori imposte sulla base del parametro di reddito
determinato in via generale ed induttiva. All'interessato è con
sentito di dimostrare l'insussistenza nel caso specifico dei dati
presi a riferimento per la riscossione dell'imposta sulla base del
contributo diretto lavorativo.
Il 3° comma della disposizione in esame consente, inoltre,
agli imprenditori individuali ed agli esercenti di arti e professio ni, in possesso di requisiti all'uopo individuati, di presentare domanda ad un'apposita commissione provinciale per ottenere l'esonero dall'ambito di applicazione della disciplina di liquida zione e riscossione delle imposte sulla base del contributo diret
to lavorativo.
Dal su riferito quadro normativo emerge che, per le categorie di contribuenti prese in considerazione, l'accertamento di com
pensi e ricavi rilevanti ai fini degli obblighi tributari avviene, secondo il sistema recepito dall'art. 11, 1° comma, 1. 154/89, sulla base di elementi indiziari sia di carattere soggettivo che
oggettivo, indicati in dettaglio dall'art. 11 1. 438/92, e con rife
rimento alle diverse tipologie di attività espletata. Il d.p.c.m. 18 dicembre 1992, che per il periodo di imposta
relativo al 1992 determina nell'annessa tabella A) per le catego rie di imprese e di esercenti attività professionali ivi contemplati il quantum del contributo diretto lavorativo — con i correttivi
previsti nel corpo delle disposizioni del decreto medesimo —
costituisce un atto che qualifica in via immediata il presupposto delle conseguenti obbligazioni tributarie, con diretta incisione
nella sfera giuridica dei soggetti interessati. Tale evenienza è
non appartengono alla giurisdizione del giudice amministrtivo — ma a quella del giudice ordinario — le controversie in tema di imposta sugli spettacoli che attengano alla legittima investitura degli organi ac
certatoti; Tar Lazio, sez. II, 6 maggio 1992, n. 1184, id., 1992, III, 273, con nota di richiami, spec, punto II, che afferma la propria giuris dizione in materia di illegittima determinazione delle tariffe d'estimo catastale.
II. - Vastissima la dottrina sul contributo diretto lavorativo e sulla c.d. minimum tax. Tralasciando le opere a carattere pratico e/o mera mente illustrative della normativa, si segnalano: S. Capolupo, Mini mum tax dall'Irpef all'Irpeg, in Fisco, 1994, 9787; F. Batistoni Ferra
ra, La minimim tax, in Riv. dir. trib, 1993, I, 925; F. Lupi, Il contri buto diretto lavorativo: dalla persuasività di un ragionamento agli inconvenienti di un automatismo, in Bollettino trib., 1993, 5; Id., Coef ficienti, minimum tax e obblighi formali: coesistenza possibile o «schi
zofrenia del legislatore»?, ibid., 469; E. De Mita, Minimim tax: l'ac certamento dei «minori» rimane un punto debole della riforma tributa
ria, in Corriere giur., 1993, 1377; G. Falcone, Le presunzioni della minimum tax, in Fisco, 1993, 834; G. Ferraù, Problemi di legittimità della minumum tax, in Corriere trib., 1992, 3447.
Le norme e le circolari ministeriali relative alla c.d. minimum tax si trovano, tra l'altro, raccolte in Codice della minimum tax, all. al
Fisco, 1993, fase. 2.
Il Foro Italiano — 1995.
avvalorata dalla disciplina dettata dall'art. 11 bis 1. 438/92 che,
ai commi 1° e 3°, rispettivamente prevede la liquidazione e ri
scossione da parte degli uffici finanziari delle maggiori imposte in caso di reddito dichiarato in misura inferiore all'ammontare
del contributo diretto lavorativo e, per i contribuenti apparte nenti alle categorie contemplate dal d.c.p.m. 18 dicembre 1992, la possibilità di attivare un apposito procedimento in via ammi
nistrativa diretto ad ottenere, in concorso di determinati requi
siti, l'esonero dall'accertamento del reddito in via presuntiva. La proposta impugnativa non ha quindi ad oggetto l'esercizio
di un potere discrezionale dell'amministrazione rivolto alla cura
di interessi di rilievo pubblico, suscettibile di sindacato da parte del giudice amministrativo nei profili della legittimità formale e sostanziale, ma investe il potere di accertamento ai fini tribu
tari dei presupposti per l'imposizione che nel caso di specie, come innanzi accennato, è effettuato per categorie omogenee di contribuenti, sulla base di apposite indagini ed apprezzamen ti tecnici diretti a stabilire il quantum della base imponibile.
Ogni questione sull'attendibilità dei dati ed elementi posti a fondamento della quantificazione del contributo diretto lavora
tivo e sulla regolarità del procedimento di determinazione inve
ste direttamente il rapporto di imposta e, segnatamente, la qua lificazione della sussistenza e dell'entità dell'obbligo tributario
secondo i criteri stabiliti dall'art. 11, 1° comma, 1. 154/89. Da
ciò consegue che le situazioni di diritto soggettivo ritenute lese
dalle statuizioni contenute nel d.p.c.m. 18 dicembre 1992, at
tuativo della disposizione da ultimo menzionata, sono tutelabi
li, in sede di applicazione dei singoli tributi, avanti le commis sioni tributarie, la cui giurisdizione, come è noto, ha natura
esclusiva ratione materiae e si estende a tutti gli atti che hanno la comune finalità di accertamento della sussistenza e dell'entità
del debito tributario, ivi compresi quelli di carattere preparato rio (cfr. Cass., sez. un., 24 febbraio 1987, n. 1948, Foro it.,
1987, I, 1426; Corte cost. 6 dicembre 1985, n. 313, id., 1986,
I, 87). Per le considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato
inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Tar.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER EL LA ZIO; sezione I; sentenza 6 marzo 1995, n. 389; Pres. Juso, Est. Landi; Soc. Boehringer farmaceutica italiana e altri (Avv.
Vaiano, Biasotti, Magliozza, Barsotti, Di Paolo) c. Min.
sanità (Avv. dello Stato Polizzi).
Sanità pubblica — Medicinali — Inclusione nella fascia C —
Ricorso — Intervento «ad opponendum» — Inammissibilità — Fattispecie (L. 24 dicembre 1993 n. 537, interventi corret
tivi di finanza pubblica, art. 8). Sanità pubblica — Medicinali — Inclusione nella fascia C —
Difetto di motivazione — Illegittimità — Fattispecie (L. 7 agosto 1990 n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammini
strativi, art. 3; 1. 24 dicembre 1993 n. 537, art. 8). Atto amministrativo — Sanità pubblica — Medicinali — Deli
berazioni della commissione unica del farmaco — Difetto di
verbalizzazione — Illegittimità — Fattispecie (L. 24 dicembre
1993 n. 537, art. 8). Atto amministrativo — Sanità pubblica — Commissione unica
del farmaco — Assenza di componenti — Deliberazioni —
Illegittimità (D.leg. 30 giugno 1993 n. 266, riordinamento del ministero della sanità, a norma dell'art. 1, 1° comma, lett.
h, 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 7; 1. 24 dicembre 1993 n.
537, art. 8).
È inammissibile l'intervento di un'associazione di tutela dei con
sumatori (Codacons), in opposizione al ricorso di società far maceutiche contro l'inclusione di numerosi farmaci nell'e
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
/eneo dei medicinali a totale carico dell'acquirente (c.d. fascia
C), invece che a carico totale o parziale del servizio sanitario
nazionale. (1) È illegittima la deliberazione con la quale la commissione unica
del farmaco ha stabilito definitivamente l'inclusione di nume rosi farmaci nell'elenco dei medicinali a totale carico dell'ac
quirente (c.d. fascia C), dopo aver esaminato le osservazioni
proposte dalle imprese produttrici interessate nei confronti della
precedente deliberazione provvisoria, se tali imprese non ab
biano potuto disporre tempestivamente della motivazione di
questa, e, quindi, non abbiano potuto formulare nei suoi ri
guardi solo deduzioni «alla cieca». (2) È illegittima la deliberazione con la quale la commissione unica
del farmaco ha stabilito l'inclusione dei farmaci nelle varie fasce, se la motivazione delle sue determinazioni non risulta
dal verbale scritto, ma da registrazioni magnetiche delle sedu
te, per di più non riascoltate dalla commissione stessa. (3)
È illegittima la deliberazione del comitato unico del farmaco alla quale non abbiano partecipato tutti i suoi componenti. (4)
Diritto. — 1. - I ricorsi in epigrafe presentano evidenti ele
(1) Su tutte e quattro le massime, vi è un precedente specifico della
medesima sezione: sent. 27 dicembre 1994, n. 2023, Trib. amm. reg., 1995, I, 29.
Per la comprensione delle ragioni della dichiarazione di inammissibi
lità dell'intervento ad opponendum del Codacons, è necessario inqua drare la questione della disciplina del procedimento di classificazione
dei farmaci richiamato nelle note alle massime successive.
Comunque, sulla legittimazione a ricorrere (e a intervenire) delle as
sociazioni rappresentative di interessi, v. la accurata e esauriente nota di E. Reggiani a Tar Lazio, sez. I, 20 gennaio 1995, n. 62 (che, tra
l'altro, ha escluso la legittimazione del Codacons a ricorrere a tutela
di interessi ambientalistici), Foro it., 1995, III, 460, anche per quel che
riguarda il rapporto tra interesse dell'associazione medesima con quel
lo, o quelli, dei suoi soci che dovrebbero trovare cosi soddisfazione.
Alle pronunce ivi richiamate, adde, per la giurisprudenza successiva, Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 1995, n. 1314, Settimana giur., 1995, I, 418, che ha affermato la legittimazione di una associazione di catego ria (Unione industriale pratese) ad agire a tutela degli interessi di una
ditta associata; sez. IV 14 luglio 1995, n. 562, Cons. Stato, 1995, I,
1034, che ha ammesso la legittimazione di una associazione di dirigenti statali o impugnare la nomina a dirigenti generali di funzionari non
appartenenti alla carriera dirigenziale, anziché funzionari appartenenti ad essa, considerando che, per fondare tale legittimazione non è rile vante il grado di reale rappresentatività della categoria da parte della
associazione, tanto meno con l'applicazione degli indici comunemente
utilizzati per selezionare le associazioni «maggiormente rappresentati ve», perché è sufficiente che la ricorrente operi effettivamente a tutela
della categoria medesima, e l'interesse azionato in giudizio sia proprio di tutta questa, e non di singoli associati. Pure pertinente è Cons. Sta
to, sez. IV, 17 gennaio 1995, n. 16, ibid., 13, che ha dichiarato inam missibile il ricorso proposto da una associazione di categoria a tutela
dell'interesse di un associato e contro quello di un altro.
(2-4) I. - La 1. 24 dicembre 1993 n. 537, interventi correttivi di finan
za pubblica, all'art. 8, col 9° comma ha abolito il vecchio prontuario farmaceutico di cui all'art. 30 1. 23 dicembre 1978 n. 833, e col 10°
comma ha disposto che la commissione unica del farmaco di cui all'art.
7 d.leg. 30 giugno 1993 n. 266 proceda alla riclassificazione delle spe cialità medicinali e dei preparati galenici, collocandoli in tre fasce: la
a), nella quale vanno inseriti i farmaci essenziali e quelli per malattie
croniche, a totale carico del servizio sanitario nazionale (14° comma); la b) farmaci diversi, ma pur sempre di rilevante interesse terapeutico, a carico parziale anche dell'assistito; la c), tutti gli altri farmaci, a cari
co totale dell'assistito (per questo, la sentenza ha ritenuto che il Coda
cons, difendendo la scelta deU'amministrazione di inserire numerosi far maci nella fascia di quelli a totale carico dell'assistito, abbia agito con
tro gli interessi dei consumatori che statutariamente deve tutelare, almeno
nel breve periodo). Non rileva per la comprensione della vicenda sulla quale è intervenu
ta la sentenza riportata, la descrizione dei suoi successivi sviluppi legis lativi. È importante notare, però, che tutta l'operazione affidata alla
commissione unica del farmaco, come del resto ampiamente e dettaglia tamente descritta in motivazione, doveva snodarsi attraverso la formu
lazione di una prima riclassificazione entro il 31 dicembre 1993, in ordi
ne alla quale, pur essendo essa immediatamente efficace, le aziende pro duttrici potevano proporre osservazioni entro trenta giorni; e la
commissione, tenutone conto, doveva formulare la classificazione defi
nitiva entro gli ulteriori quindici giorni. E che tutta questa operazione era finalizzata al raggiungimento di un preciso obiettivo di taglio della
spesa pubblica per la sanità: perché la commissione doveva collocare
le specialità medicinali nelle varie fasce, in modo tale che il costo della
assistenza farmaceutica per il 1994 a carico del servizio sanitario nazio
II Foro Italiano — 1995 — Parte 7/7-17.
menti di connessione oggettiva. Può pertanto disporsene la riu
nione ai fini di un'unica decisione. 2. - Deve poi dichiararsi l'inammissibilità dell'intervento ad
opponendum esplicato dal Codacons, nei ricorsi nei quali non
è stato notificato a nessuna delle parti in causa, in violazione
del disposto di cui all'art. 22, 2° comma, 1. 6 dicembre 1971
n. 1034.
Anche nei casi in cui l'intervento è stato notificato alle con
troparti, va osservato che l'intervento della predetta associazio
ne, che, a termini di statuto, si propone di tutelare gli interessi
dei consumatori e degli utenti nei confronti dei soggetti pubblici e privati produttori e/o erogatori di beni e servizi, risulta inam
missibile sul piano del diritto processuale sostanziale.
Il Codacons intende partecipare al giudizio in veste, e non
potrebbe essere altrimenti, di tutore dell'interesse dei consuma
tori di farmaci e degli utenti del servizio sanitario nazionale,
ma, a tal fine, esplica intervento a sostegno della legittimità del provvedimento e quindi della reiezione dei ricorsi.
Ma l'assunzione di tale posizione processuale non è legittima ta dalla titolarità di un interesse sostanziale alla conservazione
dei provvedimenti impugnati.
naie, non superasse i diecimila miliardi, prendendo come dato di riferi
mento la media dei consumi del periodo 1° settembre 1992-31 agosto 1993 (11° comma).
Sia per la ristrettezza dei tempi entro i quali la commissione doveva
svolgere il suo compito, che per il vincolo economico al quale era astretta, la sentenza ha rilevato nella deliberazione definitiva della commissione
l'illegittimità sintetizzata nella seconda massima: le aziende produttrici non avevano potuto disporre tempestivamente le motivazioni della pri ma formulazione della nuova collocazione, in ordine alla quale poteva no dedurre osservazioni entro il termine relativamente breve che si è
detto, cosi che non è stato loro possibile articolarle puntualmente. Di
qui il dispositivo di annullamento, che avrebbe potuto produrre effetti
demolitori sull'applicazione del complesso normativo richiamato, se la
sua esecuzione non fosse stata sospesa dal giudice di appello (sez. IV, ord. 18 luglio 1995).
II. - Sugli elementi che deve contenere la verbalizzazione delle sedute dei collegi amministrativi, Tar Marche 24 novembre 1988, n. 523, Foro
it., 1990, III, 47, con nota di richiami, cui adde, Cons. Stato, sez.
VI, 4 settembre 1991, n. 538, id.. Rep. 1991, voce Atto amministrativo, n. 130: non può considerarsi un parere il (mancato) esito della riunione
di un organo collegiale dal cui verbale non risulti la posizione che esso
abbia assunto in ordine alla questione deferitagli. Per quel che riguarda la rilevanza giuridica della mancata o insuffi
ciente o irrituale verbalizzazione della deliberazione collegiale (comun
que necessaria: Tar Molise 8 febbraio 1993, n. 11, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 131), la giurisprudenza successiva oscilla tra la tesi che essa
sia addirittura condizione di esistenza della deliberazione medesima: Cons.
Stato, sez. VI, 18 dicembre 1992, n. 1113 (che però si contraddice os
servando la sua insostituibilità con altri mezzi di prova, e quindi uscen
do evidentemente dalla prospettiva della sua nullità), ibid., n. 128; 29
maggio 1993, n. 388 (che parla della verbalizzazione come costitutiva
del contenuto giuridico della deliberazione), ibid., n. 130 (annotata da
Chieppa, in Foro amm., 1993, 1018); e la tesi della condizione di legit timità: Tar Abruzzo 12 novembre 1990, n. 560, Foro it., Rep. 1991,
voce cit., n. 91. È coerente con l'orientamento volto a negare alla verbalizzazione la
rilevanza di elemento costitutivo della deliberazione, Cons, giust. amm.
sic. 28 dicembre 1990, n. 440, id., Rep. 1992, voce cit., n. 174, che
conferma la legittimità della prassi della verbalizzazione postuma, so
stenuta anche dall'argomento che essa è approvata dal collegio nella
seduta successiva; tanto più che Tar Lazio, sez. I, 31 dicembre 1990, n. 1339, id., Rep. 1991, voce cit., n. 92, precisa che la deliberazione
dell'organo collegiale si perfeziona nella seduta nella quale è stata adot
tata, e non in quella successiva nella quale viene approvato il relativo verbale.
Per altri riferimenti, cfr. Tar Sardegna 8 giugno 1988, n. 708, id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 60: pur essendo sufficiente per la verbalizzazio
ne delle deliberazioni di un organo collegiale, di regola, la sottoscrizio
ne solo da parte del presidente e del segretario, è necessaria viceversa
la sottoscrizione da parte di tutti i componenti, quando cosi abbia sta
bilito il collegio fin dalla prima sua seduta. III. - Per quel che riguarda l'individuazione dei collegi c.d. reali,
o perfetti, per la legittimità delle cui deliberazioni è necessario l'inter
vento di tutti i loro componenti, la giurisprudenza è consolidata nel
senso di ritenere tali quelli che svolgano attività di giudizio, di valuta
zione, in particolare secondo le conoscenze scientifiche e tecniche per
le quali tali componenti sono stati selezionati: Corte conti, sez. contr.,
10 dicembre 1991, n. 114, id., 1992, III, 483, con nota di richiami, cui adde la determinazione della stessa sezione, di pari data, n. 115
(richiamata in motivazione della sentenza riportata), id., Rep. 1992,
voce Atto amministrativo, n. 156.
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PARTE TERZA
Va tenuto presente che i provvedimenti impugnati, attraverso
la riclassificazione dei farmaci e a seguito della contestuale abo
lizione del previgente prontuario terapeutico, hanno, per un ver
so, individuato una categoria, relativamente ristretta, di farma
ci il cui consumo è posto a carico totale o paziale del servizio
sanitario nazionale, e, per altro verso, previsto che una larga categoria di farmaci (classe C), in precedenza prescrivibile a spese dello Stato, possa essere commercializzata a totale carico del
l'assistito.
È dunque agevole osservare che l'obiettivo interesse di tutti
gli utenti del servizio sanitario nazionale, dei consumatori, ed
in primo luogo di quelli che fanno uso dei farmaci passati a loro totale carico, interesse alla cui tutela il Codacons è vincola
to per statuto, non possa che consistere nell'annullamento dei
provvedimenti nei termini in cui sono stati impugnati, ossia nel
la parte in cui classificano consistenti gruppi di farmaci nella
fascia C, onde pervenire attraverso la rinnovazione del procedi mento di classificazione, conseguente all'eventuale accoglimen to dei ricorsi, ad un incremento del numero dei farmaci a con
sumo gratuito. Che tale sia il tipo di interesse di cui il Codacons è portatore,
è confermato dalla circostanza che il Codacons, di fronte a prov vedimenti autoritativi comportanti aggravi economici o limitati
vi di altre utilità per i consumatori, lungi dall'intervenire a so stenere i pur plausibili interessi di carattere superindividuale po sti a fondamento di tali provvedimenti, non ha esitato ad adire
il giudice amministrativo per sollecitare l'annullamento (v. Tar
Lazio, sez. Ili, 20 maggio 1991, n. 804 e 10 gennaio 1992, n.
23, Foro it., Rep. 1992, voce Giustizia amministrativa, n. 473, in tema di aumenti di tariffa autostradali; sez. II 11 giugno 1991, n. 1079, id., 1991, III, 411, e 27 gennaio 1992, n. 210, id., Rep. 1992, voce Circolazione stradale, nn. 33-35, in mate
ria di atti limitativi della circolazione urbana; sez. II 2 marzo
1992, n. 480, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 592, in tema di adeguamento delle tariffe telefoniche).
Nelle odierne vertenze, invece, il Codacons interviene a soste
gno della legittimità degli atti impugnati, ma tale posizione è
incompatibile con le finalità della associazione come sono stabi lite dallo statuto e come sono state coerentemente interpretate nel passato, dovendo escludersi che gli organi dell'ente siano liberi di individuare di volta in volta gli interessi da tutelare in nome e per conto dell'ente medesimo anche eventualmente in contrasto con le finalità statutarie. In altri termini, ferma le legittimità di tutte le opinioni in ordine alle riorganizzazioni del servizio farmaceutico, se i candidati intendono sostenere tali
opinioni partecipando ad un giudizio amministrativo mediante una associazione che li rappresenta in quanto consumatori, deb bono assumere una veste processuale che sia coerente con l'in teresse per la cui tutela aderiscono alla associazione stessa.
La conclusione anzidetta trova poi conferma nell'impossibili tà di individuare un qualche diverso interesse, sia pure di mero
fatto, anche confliggente con quello dianzi indicato, che sia pe rò attribuibile ai cittadini in quanto consumatori, e che subireb be un pregiudizio per effetto dell'accoglimento dei ricorsi, sic ché possa considerarsi legittima la scelta dell'associazione di pri vilegiare la tutela dell'uno piuttosto che dell'altro.
A questa stregua, l'unica situazione astrattamente ipotizzabi le sarebbe che l'annullamento delle determinazioni della Cuf,
travolgendo l'intera operazione di riclassificazione, faccia venir meno anche l'elenco dei farmaci di classe A, ossia di quelli di
spensabili a totale carico dello Stato, ed in tal modo danneggi i consumatori.
Ma l'ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame. La stragrande maggioranza delle impugnative sono state pro
poste per ottenere l'annullamento dei provvedimenti Cuf nella
parte in cui classificano i farmaci considerati in fascia C, oppu re stabiliscono limitazioni di prescrizione a patologie determina
te; pertanto, il loro accoglimento non investirebbe comunque le determinazioni riguardanti la classe A.
Nessun ricorso reca la benché minima censura a carico di farmaci inseriti in detta classe, ma la conclusione non muta an che ove si pervenisse all'accoglimento per censure di ordine ge nerale, quali quelle riferentisi alla legittimità del procedimento, di per sé idonee ad invalidare i provvedimenti nella loro interez za. La giurisprudenza amministrativa costantemente afferma, infatti (ad es. Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 1993, n. 1005, id., Rep. 1993, voce cit., n. 813), che la pronuncia giurisdizio
II Foro Italiano — 1995.
naie va intesa tenendo presente la domanda del ricorrente, per cui anche l'accoglimento di una censura suscettibile di travolge re l'intero provvedimento, ne provoca l'annullamento solo nei
limiti dell'interesse concretamente dedotto.
Anche da questa angolazione dunque non è ravvisabile un
qualche interesse pure di mero fatto imputabile ai consumatori
che legittimi il Codacons ad interloquire a sostegno della legitti mità degli atti impugnati.
Ovviamente, non si può escludere che la revisione del mecca
nismo della spesa farmaceutica, voluta dall'art. 8 1. n. 537, pos sa produrre in tempi più o meno lunghi, effetti benefici indiret ti, dei quali si avvantaggeranno i cittadini come consumatori di farmaci, quali la progressiva eliminazione dal mercato di pro dotti scarsamente efficaci, una riduzione dei prezzi su scala ge
neralizzata, in sostanza una complessiva moralizzazione dello
specifico settore pubblico ed una maturazione civile dello stesso
consumatore. Ma si tratta di benefici ipotetici, di lungo periodo ed estranei agli effetti immediati dei provvedimenti impugnati, la cui finalità oggettiva e rilevante per il consumatore è quella di ridurre la spesa pubblica per l'assistenza farmaceutica all'in
terno del tetto massimo di 10 mila miliardi, addossando al cit
tadino oneri cui in precedenza faceva fronte lo Stato. E il pre
giudizio per i consumatori di farmaci è risultato cosi palese che
il governo è stato costretto ad intervenire con uno stanziamento
aggiuntivo, sia pure esiguo (76 miliardi), per finanziare l'acqui
sto, in casi di particolare gravità, di farmaci classificati in fa
scia C (v. art. 3, 3° comma, d.l. 30 giugno 1994 n. 419, poi reiterato con d.l. 29 ottobre 1994 n. 603).
3. - Con la prima articolata censura, e denunciando la viola
zione della complessa normativa dettata dalla direttiva
89/105/Cee, dal d.leg. 27 gennaio 1992 n. 79 che ne ha dispo sto il recepimento, dall'art. 8 1. 24 dicembre 1993 n. 537, dalla
1. n. 241 del 1990, le ricorrenti lamentano l'eccesso di potere in cui sarebbe incorsa la Cuf nell'adottare sia il provvedimento del 30 dicembre 1993 sia quello del 28 febbraio 1994, perché, nell'assumere determinazioni gravemente lesive dei loro interes si economici, non ha consentito di conoscere tempestivamente i criteri in base ai quali sarebbero state operate le scelte, e so
prattutto le ragioni per le quali i farmaci prodotti o commercia
lizzati dalle ricorrenti non sono stati ammessi nella classe A,
comprendente le specialità medicinali dispensabili a totale cari
co del servizio sanitario nazionale. La denunciata illegittimità assumerebbe un duplice rilievo. Sus
sisterebbe una violazione del generale obbligo di motivazione, sancito dalla direttiva Cee e dalla 1. n. 241 del 1990, come ele
mento condizionante l'esercizio del diritto alla tutela giurisdi zionale avverso il provvedimento del 30 dicembre 1993. Ma sa
rebbe altresì ravvisabile la stessa violazione in relazione allo spe cifico diritto di svolgere osservazioni nei confronti del
provvedimento anzidetto, entro il termine di trenta giorni stabi lito dall'art. 8, 13° comma, 1. n. 537 del 1993. Sicché, il secon
do provvedimento, del 28 febbraio 1994, risulterebbe illegittimo
perché adottato in base ad osservazioni proposte senza cogni zione di causa, e perché a sua volta privo di motivazione com
prensibile e resa nota alle ricorrenti.
In ordine al motivo suddetto occorre preliminarmente chiari re che, in applicazione dell'art. 8, 13° comma, 1. n. 537, la
Cuf ha proceduto alla riclassificazione delle specialità medicina
li mediante due distinte e successive determinazioni: un primo
provvedimento, adottato il 30 dicembre 1993, che, pur acqui stando immediatamente efficacia, ha avuto carattere provviso rio, essendo previsto che le aziende produttrici presentassero entro
trenta giorni le loro osservazioni, sulle quali la Cuf si sarebbe
poi pronunciata; e un secondo, assunto il 28 febbraio 1994,
dopo aver esaminato le osservazioni anzidette, che ha avuto ca
rattere definitivo, salva la possibilità di successive eventuali re visioni e modifiche.
La legge, dunque, ha imposto un procedimento nel quale al secondo gruppo di classificazioni dei medicinali, sebbene in molti casi si siano risolte con una determinazione identica alla prece dente, non può essere attribuito carattere meramente conferma
tivo, in senso giuridico processuale, essendo state adottate a
seguito di un riesame del precedente provvedimento. Le deter minazioni del 28 febbraio 1994, quindi, hanno sostituito le pre cedenti, con la conseguenza di ordine processuale che i ricorsi,
specificati in dispositivo, proposti avverso le classificazioni adot
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
tate con il provvedimento del 30 dicembre 1993, debbono essere
dichiarati improcedibili. 4. - Ciò premesso, può procedersi all'esame della censura,
la quale conserva rilevanza nel profilo attinente alla illegittimità della classificazione del 28 febbraio 1994 a causa della mancata
esternazione delle motivazioni riguardanti le classificazioni del 30 dicembre 1993.
La difesa dell'amministrazione sostiene l'infondatezza della
censura affermando che i provvedimenti impugnati spiegano le
ragioni delle scelte effettuate, ma poi precisa che le modalità
di classificazione sarebbero indicate nei verbali delle riunioni
e nelle sintesi delle discussioni. Infine, ammette che tali atti «non
pretendono di esaurire la funzione documentale delle cassette
alle quali occorre quindi attingere per ricercare le modalità di
applicazione dei criteri» seguiti dalla Cuf.
Tali tesi difensive, lungi dal dimostrare la infondatezza della
censura, sembrano suffragarne la consistenza.
Il principio che impone all'amministrazione l'obbligo di mo tivare i propri provvedimenti, specie se latamente discrezionali
e capaci di incidere negativamente su posizioni soggettive tute
late dall'ordinamento, è ormai accolto in forma cosi chiara ed
indiscutibile che sarebbe veramente ultroneo indugiare su una
dimostrazione che vada al di là della semplice citazione della
1. 7 agosto 1990 n. 241. E, d'altra parte, è anche certo che
i provvedimenti impugnati, negando la dispensabilità, a carico
del servizio sanitario nazionale, di numerosi prodotti farmaceu
tici, abbiano arrecato danno agli interessi economici delle ricor
renti. Di qui il loro diritto a conoscere le ragioni del provvedi
mento ossia le modalità delle scelte effettuate e l'iter logico e
il motivo tecnico che ha condotto a determinazioni per loro
sfavorevoli, adottate con il provvedimento del 30 dicembre 1993,
onde poterne adeguatamente verificare l'immunità da vizi de
nunciatoli in sede giurisdizionale. Sotto il profilo dell'obbligo di esternazione della motivazione
il provvedimento del 30 dicembre 1993 è sicuramente carente.
L'allegato 1, recante le linee guida seguite dalla Cuf per la
riclassificazione dei farmaci, elenca i criteri utilizzati riunendoli
in tre gruppi: 1) rapporto benefici-rischi dei farmaci; 2) utilizza
zione dei farmaci da parte degli ammalati; 3) economicità del
ciclo terapeutico, a loro volta specificati in complessivi otto sot
toscritti. Nello stesso contesto si chiarisce, quanto ai farmaci
inseriti nei gruppi A e B, con quali parametri è stata valutata
l'efficacia terapeutica. Le predette linee guida sono state oggetto di specifiche censu
re, come si è riferito nella parte in fatto. In questa sede, peral
tro, interessa rilevare che si tratta evidentemente di una parte
essenziale della determinazione amministrativa demandata alla
Cuf, la quale, come ogni organo pubblico che deve procedere ad una valutazione comparativa, era tenuta a darsi dei criteri
di giudizio. Ma i criteri di giudizio nulla dicono delle ragioni per le quali la loro applicazione ha condotto alla determinazio
ne adottata. Con riguardo alla fattispecie, in buona sostanza
non è possibile desumere dall'allegato 1 al provvedimento del
30 dicembre 1993, le ragioni per le quali si è ritenuto che un
determinato farmaco dovesse essere collocato nella classe C, os
sia le ragioni per le quali, anche ammessa la legittimità dei cri
teri e dei termini della comparazione, essa si sia risolta in modo
sfavorevole per quel determinato farmaco.
Ma neppure l'allegato 2 al medesimo provvedimento reca al
cuna indicazione al riguardo. Se ne ha la prova esaminando i verbali delle riunioni deposi
tati del ministero della sanità 1*8 agosto 1994 in esito all'ordi
nanza istruttoria.
Particolare rilievo assumono le verbalizzazioni delle sedute
del 28 e 29 dicembre. Nel verbale contrassegnato dal n. 15 si
legge infatti: «Le decisioni, adottate dalla commissione nella
riunione del 28 dicembre e in quella odierna, per la riclassifica
zione dei farmaci sono contenute nelle allegate schede da 1 a
240, che formano parte integrante del presente verbale (ali. 2)».
Il detto allegato 2 al verbale (da non confondere con l'allega
to 2 al provvedimento 30 dicembre 1993) si compone di due
elenchi, recanti entrambi tutti i principi attivi, contenuti nei sin
goli medicinali, che sono stati riclassificati, disposti secondo l'or
dine adottato nel sistema di classificazione anatomica terapeuti
ca chimica (a.t.c.). Il primo elenco, che occupa le pagine da
I a 118, reca la sola indicazione della classe attribuita (A, B
o C); il secondo, che occupa le pagine da 119 a 240, reca, prima
II Foro Italiano — 1995.
della classe, un numero (o più) tra parentesi, da 1 a 15, che
indica una (o più) delle 15 ragioni della classificazione elencate
alla pag. 119 dello stesso allegato. Da tale secondo elenco è stato poi ricavato l'elenco che for
ma l'allegato 2 al provvedimento del 30 dicembre 1993, che è
un elenco di medicinali mentre quello allegato al verbale è un
elenco di principi attivi. Il detto allegato 2 (da pag. 9 in poi del suppl. ord. G.U. 31 dicembre 1993, n. 306) reca, sotto la
voce «Classe», posta in cima alla pagina, l'indicazione della
classe attribuita (A, B o C); alla destra di questa, sotto la voce
n.a.i.c., il numero dell'autorizzazione alla immissione in com
mercio del medicinale; alla destra, ancora, i dati con i quali nella classificazione a.t.c. è indicato il principio attivo contenu
to nel medicinale (una sigla di lettere e numeri, e il nome del
principio attivo: ad es. nel caso del Samyr, N06AX Other anti
depressants).
L'allegato non indica quale delle ragioni, da 1 a 15 di pag. 119 dell'elenco annesso al verbale n. 15, ha determinato la clas
sificazione. Il dato di collegamento tra i due elenchi è rappre sentato dalla sigla della classificazione a.t.c.(nell'esempio fatto
N06AX), che va ricercata nell'annesso al verbale n. 15, per poi risalire alla ragione della classificazione ivi riportata.
Si riesce cosi a capire che il Samyr, medicinale a base di ade
metionina, è stato collocato in classe C per la ragione n. (07), ossia perché «Prodotto per cui non esiste adeguata documenta
zione scientifica per giustificare l'attività terapeutica o/e per cui
esistono composti dotati di migliore attività e/o minore tossici
tà o/e minore costo».
In altri casi la classificazione in C è motivata con la causale
n. (04): «Associazione in due o più farmaci per cui non esiste
una adeguata documentazione scientifica per dimostrare la su
periorità dell'associazione rispetto ai singoli farmaci». Frequen
te è anche la motivazione (13) «Prodotto sostituibile da adegua
ta alimentazione». E cosi via.
Risulta dunque accertato che nel provvedimento del 30 di
cembre 1993 non era indicata la motivazione della classificazio
ne, e che questa, attraverso il complesso percorso sopra descrit
to, si è potuta conoscere solo dopo il deposito della documenta
zione, avvenuta l'8 agosto 1994.
La circostanza, invero, potrebbe non assumere un rilievo de
cisivo ai fini della sussistenza del vizio denunciato, posto che,
come la giurisprudenza amministrativa costantemente afferma, la conoscenza dell'atto e del suo contenuto negativo è sufficien
te all'esercizio del diritto di difesa, restando salva la possibilità di proporre motivi aggiunti (Tar Lazio, sez. I, 29 marzo 1994,
n. 456, id., Rep. 1994, voce cit., n. 245; Cons. Stato, sez. VI,
9 giugno 1993, n. 411, id., Rep. 1993, voce Antichità, nn. 64,
65; sez. IV 21 gennaio 1993, n. 73, ibid., voce Giustizia ammi
nistrativa, n. 278).
Senonché, nel caso in esame, l'argomento non è risolutivo,
in quanto il 13° comma dell'art. 8, più volte citato, prevede
che le aziende produttrici potevano proporre osservazioni al prov
vedimento nel termine inderogabile di trenta giorni. È agevole
rilevare che l'esercizio di tale diritto avrebbe richiesto, non la
conoscenza della sola negatività del provvedimento, ma la co
noscenza piena dello stesso, ossia dalla motivazione. Tale moti
vazione non è stata fornita in tempo utile e pertanto le aziende
sono state costrette a presentare osservazioni «alla cieca». In
tal modo, quella forma di contraddittorio o di partecipazione
dei soggetti interessati al procedimento, che la legge intendeva
realizzare, si è ridotta a un vano simulacro.
La mancata esternazione della motivazione, dunque, è causa
di invalidità delle determinazioni negative del 28 febbraio 1994,
in quanto non ha consentito che venissero adottate sulla base
di osservazioni proposte con cognizione di causa.
5. - La fondatezza del profilo di censura dianzi esaminato
produce l'illegittimità delle determinazioni impugnate delle qua
li, pertanto, deve pronunziarsi l'annullamento.
Ritiene tuttavia il collegio che, nonostante il valore assorben
te del predetto accoglimento, debbano essere esaminati altri mezzi
di gravame, onde favorire una corretta reiterazione della deter
minazione provvedimentale.
Sostengono dunque le ricorrenti che le ragioni del provvedi
mento negativo individuabili dai verbali e dai loro allegati sa rebbero comunque illegittime per eccesso di potere in tutte le
figure sintomatiche, come l'inadeguatezza, la contraddittorietà,
il difetto di istruttoria, mentre nessun rilievo potrebbe attribuir
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627 PARTE TERZA 628
si alle notizie eventualmente ricavabili dalle registrazioni ma
gnetiche depositate dall'amministrazione.
Il problema della legittimità dell'impiego delle registrazioni su nastro magnetico ai fini della documentazione del procedi mento di formazione della determinazione provvedimentale, va
risolto in senso negativo. La giurisprudenza amministrativa costantemente e concorde
mente afferma che la verbalizzazione in forma scritta dell'atti
vità dell'organo collegiale è requisito sostanziale per la sua esi
stenza e non è sostituibile con altri mezzi di prova (Cons. Stato, sez. VI, 28 maggio 1993, n. 388, id., Rep. 1993, voce Atto
amministrativo, nn. 130, 143; 18 dicembre 1992, n. 1113, ibid., n. 128; 20 giugno 1985, n. 321, id., Rep. 1985, voce cit., n. 19; sez. IV 22 maggio 1968, n. 323, id., Rep. 1968, voce Delibe
razioni amministrative, n. 3). Per quanto concerne in particolare le registrazioni magneti
che delle sedute della Cuf, va rilevato che neppure la stessa
commissione ha mai inteso considerarle come forma valida di verbalizzazione. In calce ai verbali si legge infatti una clausola
secondo la quale delle registrazioni un incaricato della commis
sione, il dr. Bozzini, avrebbe dovuto redigere una sintesi da
allegare come parte integrante del verbale stesso. Tale sintesi
fu eseguita solo per i verbali da 1 a 9. Per i verbali successivi
lo stesso mandato venne reiterato, ma le sintesi non sono più state effettuate o comunque non sono state depositate.
Pertanto, anche a voler superare le obiezioni di ordine for
male nascenti dall'orientamento giurisprudenziale, dando atto
della maggior precisione dei mezzi offerti dal progresso tecnolo
gico, permane la difficoltà di assumere come atti imputabili alla
Cuf documentazioni sonore che l'organo non ha mai riascolta
to, e nei confronti delle quali non ha potuto svolgere quei con
trolli, emendamenti e correzioni che si potrebbero rendere ne
cessari prima di deliberarne la approvazione, che comunque è
mancata.
Nessun valido ausilio può dunque derivare dalle registrazioni su nastro alla tesi che sostiene l'esistenza di una adeguata moti vazione delle determinazioni impugnate.
6. - La censura di eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche per vizi della motivazione con riguardo alle deter
minazioni di cui al provvedimento del 28 febbraio 1994 va dun
que esaminata alla stregua dello stesso provvedimento e della
documentazione rappresentata dai verbali e dai loro allegati. Il provvedimento del 28 febbraio 1994, a differenza dal pre
cedente, enuncia la motivazione della decisione di conservare
la precedente classificazione. Esso reca infatti nell'allegato 3 l'e
lenco delle «specialità medicinali che mantengono, per le moti
vazioni richiamate nella colonna "parere", la classificazione sta
bilita con il provvedimento Cuf del 30 dicembre 1993, ...»
(pag. 29 del suppl. ord. G.U. del 7 marzo 1994, n. 54). In calce
alla pagina sono elencate le quattro possibili ragioni di confer
ma. Interessano la doglianza in esame la n. 1: «Non vengono portate nuove informazioni idonee a giustificare la collocazione
del prodotto nelle classi A) o B)»; e la n. 3: «Non esiste un
numero adeguato di studi clinici controllati che documentino la reale efficacia del farmaco».
Accanto alla motivazioni di cui all'allegato 3 ve ne è un'altra, che emerge dall'allegato 3/A, recante l'elenco delle «specialità medicinali che restano collocate o vengono trasferite nella clas
se C) in considerazione del fatto che i relativi prezzi, anche con
le diminuzioni proposte dalle aziende, comportano costi di tera
pia non compatibili con le esigenze del servizio sanitario na
zionale».
Le motivazioni 1 e 3 di cui all'ali. 3 vengono addotte con
giuntamente nella stragrande maggioranza dei casi, ma presen tano autonomo contenuto e proprie ragioni di illegittimità.
La prima sembra riferirsi al fatto che le osservazioni prodotte dall'azienda nei confronti della prima classificazione non hanno
apportato nuovi elementi di giudizio che potessero modificarla.
Ma si è già osservato che l'azienda non conosceva il motivo su cui si basava la prima classificazione, e dunque l'eccesso di
potere per illogicità e difetto di legittimi presupposti non richie
de ulteriori spiegazioni. La seconda afferma in sostanza che il farmaco è totalmente
inefficace. Se la motivazione n. 1, infatti, è riferita ad una man cata dimostrazione dell'efficacia adeguata alla classificazione in
A) o B), la motivazione n. 2 è espressa in termini di inutilità assoluta del prodotto, inutilità definitiva ed immodificabile, po li. Foro Italiano — 1995.
sto che, invece, con la motivazione n. 4, si lascia aperta la via
al riesame sulla base di nuova documentazione sulla efficacia
clinica. La motivazione n. 3 non sfugge alla censura di eccesso
di potere per contraddittorietà.
Occorre ricordare che i medicinali prodotti dalle aziende ri
correnti sono muniti di regolare autorizzazione alla immissione
in commercio. È noto che a norma dell'art. 14 d.leg. 29 maggio 1991 n. 178 tale autorizzazione deve essere revocata «se la spe cialità non consente di ottenere l'effetto terapeutico». Nella specie non solo l'autorizzazione non è stata revocata, ma la Cuf, con
determinazione del 30 dicembre 1993 (art. 5) ha dettato disposi zioni per la prosecuzione della vendita dei medicinali della clas
se C). Tale statuizione non risulta abrogata dal provvedimento del 28 febbraio 1994, né avrebbe potuto esserlo, posto che, per definizione legislativa i medicinali della classe C) sono vendibili a carico dell'assistito, salva, evidentemente, la revoca dell'auto
rizzazione al commercio. Può anche ricordarsi che, come già
detto, con d.l. 30 giugno 1994 n. 419, più volte reiterato, sono
stati effettuati stanziamenti per l'acquisto a carico del servizio
sanitario nazionale di farmaci di classe C) dei quali il paziente non possa privarsi.
In conclusione, la motivazione secondo cui viene mantenuta
la classificazione attribuita con il provvedimento del 30 dicem
bre 1993 per inefficacia del farmaco è illegittima perché con traddetta da provvedimenti contestuali e successivi di segno
opposto. La terza motivazione, riguardante i medicinali elencati nel
l'allegato 3/A, giustifica la conservazione in classe C con ragio ni di prezzo, e quindi afferma implicitamente che i prodotti,
quanto ad efficacia terapeutica meriterebbero la classe A o quan to meno la classe B, ma tale classificazione non è consentita
perché il ciclo terapeutico presenta un costo troppo elevato per le disponibilità del servizio sanitario nazionale. In altri termini
sembra di capire che la scelta è caducata su altri prodotti della
stessa categoria terapeutica, capaci di offrire gli stessi risultati
ad un prezzo inferiore. La ragione tuttavia potrebbe anche esse re che i farmaci preferiti abbiano un costo eguale ma presentino una maggiore efficacia.
D'altra parte, si può verificare che nell'allegato 3/A sono stati
inclusi i farmaci che, secondo la motivazione allegata al verbale
15, di cui si è trattato più sopra, sono stati classificati nella
C a causa di un insoddisfacente rapporto costo-beneficio. Secondo le ricorrenti questa motivazione è inadeguata perché
non consente di stabilire in base a quali parametri la valutazio
ne comparativa effettuata si è risolta in modo sfavorevole per il loro prodotto.
La tesi va condivisa. La circostanza che la Cuf dovesse com
piere ed abbia compiuto un giudizio di merito tecnico non si
gnifica che essa fosse autorizzata a formulare una valutazione
svincolata da criteri obiettivi verificabili, nella cui osservanza
si estrinseca e si concretizza il dovere di trasparenza che deve
connotare l'attività amministrativa. Nella specie, se il prezzo del prodotto è un dato oggettivo, non altrettanto può dirsi delle
caratteristiche di efficacia terapeutica, della tossicità, della ac cettazione da parte del malato, della gravità delle patologie e
insomma di tutti i parametri indicati nelle linee guida che la
stessa Cuf ha delineato, parametri che debbono essere stati ap
prezzati con riguardo a ciascun farmaco. È quindi immaginabi le che la Cuf abbia fatto riferimento a dati statistici, a relazioni
scientifiche, a ricerche cliniche e di laboratorio, e a quanto al tro poteva concorrere a corroborare il suo convincimento. La
verificabilità dell'/ter formativo di una valutazione anche di ca
rattere tecnico impone, appunto, che siano rese note le fonti
cui si è ritenuto, insindacabilmente, di attribuire maggior credi to affinché risulti chiaro che un'istruttoria è stata doverosamen
te compiuta e da essa ha tratto origine la scelta fatta. Su tali aspetti la motivazione in esame non fornisce alcun
elemento, né maggiori chiarimenti dai verbali. In quello che re
ca il n. 21 (sedute 11, 12, 13, 14 febbraio 1994) ad es., si dice che le determinazioni adottate sulla base delle osservazioni sono
esposte in un elenco «riepilogativo del contenuto delle schede, dei singoli prodotti che del presente verbale fanno parte inte
grante». Orbene, l'elenco è stato allegato e versato in giudizio, ma non le schede testé menzionate, mentre, con ogni probabili tà, è proprio dalla scheda del singolo prodotto che si sarebbero
potuto trarre quegli elementi cui si accennava più sopra.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
La censura è dunque fondata, perché una motivazione non
conoscibile equivale ad una motivazione inesistente.
7. - Deve anche riconoscersi la fondatezza della censura ri
guardante la violazione del principio di collegialità, in relazione
alla circostanza, non contestata, che in non poche sedute la Cuf
ha adottato le sue determinazioni in assenza di alcuni membri. L'amministrazione sostiene che non esiste alcuna disposizio
ne dalla quale possa ricavarsi che la Cuf sia un collegio perfet
to, né sarebbe rinvenibile alcuna ragione sostanziale per cui l'or
gano avrebbe dovuto deliberare nella completezza della sua com
posizione. La regola del collegio perfetto, provocando il rischio
di paralizzare l'esercizio della funzione, dovrebbe ritenersi sus
sistente solo quando sia espressamente stabilita, o quando il
rischio anzidetto sia escluso dalla previsione di supplenti, che
nella specie manca.
La tesi dell'amministrazione va disattesa.
È noto come non esista una norma di diritto positivo che
consenta di affermare con certezza che l'ordinamento vigente
accoglie in via generale il principio del collegio perfetto. Può
solo riconoscersi che, secondo un canone di ordine logico siste
matico, la previsione di un organo formato di più persone ri
sponda all'esigenza ed alla volontà di far scaturire l'atto dagli
apporti di più soggetti, e precisamente dalla partecipazione di
tutti i soggetti previsti come membri dell'organo. Pertanto, ove
non sia espressamente disposto in senso diverso, la regola do
vrebbe essere quella del quorum integrale. Va considerato, tuttavia, che numerose e rilevanti sono le ec
cezioni al principio anzidetto, riscontrandosi la previsione del
quorum parziale in organi di vertice, come i collegi legislativi
(art. 46 reg. camera dei deputati) o la Corte costituzionale (art. 16 1. 11 marzo 1953 n. 87), o in organi amministrativi di diver
so rango, come il consiglio superiore della pubblica amministra
zione, oggi soppresso (art. 145 d.p.r. n. 3 del 1957) o del cosi
glio di amministrazione dei ministeri (art. 147 d.p.r. n. 3 del
1957) o le commissioni superiori di avanzamento degli ufficiali
(art. 10 1. 12 novembre 1955 n. 1137). Si spiega quindi che la giurisprudenza possa aver individuato
un margine di valutazione rimesso all'interprete, quando la nor
mativa taccia sul punto, e sia cosi pervenuta in alcune ipotesi,
citate dalla difesa dell'amministrazione, alla conclusione che non
è incompatibile in linea di principio con la collegialità dell'orga no un quorum strutturale inferiore al plenum.
In altri casi, peraltro, la giurisprudenza pacificamente am
mette che l'assenza di specifica normativa non autorizza il ri
corso al quorum parziale, e pertanto riconosce la natura di col
legio perfetto, non solo ad organi nella cui composizione sia
ravvisabile una rappresentanza di interessi diversi e contrappo
sti (Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 1992, n. 754, id., Rep.
1992, voce Sardegna, n. 11), ma anche ad organi tecnici con
prevalente funzione di giudizio.
Tale è il caso, oltre che delle commissioni giudicatrici nei con corsi per l'accesso al pubblico impiego, per principio ormai in
discusso (Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 1969, n. 86, id., 1969,
III, 96), delle commissioni giudicatrici degli appalti concorsi
(Cons. Stato, sez. IV, 20 febbraio 1989, n. 108, id., Rep. 1989, voce Contratti della p.a., n. 103), delle commissioni giudicatrici
di concorsi di progettazione, la commissione di valutazione del
le offerte più convenienti (Tar Lazio, sez. II, 1° marzo 1990,
n. 522, id., Rep. 1990, voce Opere pubbliche, n. 179), la com
missione di cui alla 1. 29 luglio 1949 modificata dalla 1. 3 marzo
1960 n. 237 concernente l'arte negli edifici pubblici (Corte con
ti, sez. contr. Stato, 10 dicembre 1991, n. 115, id., Rep. 1992,
voce Atto amministrativo, n. 156), le commissioni di collaudo
(1° giugno 1989, n. 2133, id., Rep. 1990, voce Opere pubbliche, n. 481), il comitato tecnico regionale per l'attuazione del d.p.r.
n. 925 del 1992 in materia di smaltimento di rifiuti, previsto dalla 1. reg. Piemonte 2 maggio 1986 n. 18 (Cons. Stato, sez.
V, 19 aprile 1994, n. 291, id., Rep. 1994, voce Atto ammini
strativo, n. 139). Il motivo unificante di tale cospicuo orientamento va indivi
duato nella circostanza che nei collegi con compiti di giudizio
tecnico, il voto di ciascun componente è espressione della pro
pria e singolare professionalità, competenza e capacità, in ra
gione della quale ognuno è chiamato a far parte del collegio,
e pertanto l'apporto specifico ipotizzato al momento della no
mina assume caratteri di essenzialità e di imprescindibilità, per ché si vuole che il guidizio finale sia il risultato ponderato, dia
li. Foro Italiano — 1995.
lettico e comparativo delle valutazioni concorrenti di tutti i
membri.
Una identica esigenza si riscontra nella composizione e nelle
funzioni svolte dalla Cuf ai sensi dell'art. 8 1. n. 537 del 1993.
Secondo l'art. 7 d.leg. 30 giugno 1993 n. 266 la Cuf è com
posta da «dodici esperti di documentata competenza scientifica
nel campo delle scienze mediche, biologiche e farmacologiche» oltre i due membri di diritto, il capo del dipartimento ministe
riale farmaceutico e il direttore dell'istituto superiore di sanità.
Sulla natura tecnica, poi, delle operazioni di riclassificazione
dei farmaci non pare necessario indugiare. È significativa al riguardo la citazione di un brano del discor
so inaugurale dei lavori della Cuf, pronunciato dal ministro della
sanità il 14 settembre 1993, riportato nel verbale n. 1. Dopo
aver ricordato che nella scelta dei componenti della commissio
ne si è avuto cura di assicurare la presenza di più diversi settori
scientifici coinvolti dal compito da svolgere, da cui si trae la
conferma della infungibilità della competenza di ciascuno, il mi
nistro aggiunse: «Questa commissione è relativamente poco nu
merosa; potrà quindi lavorare con agilità conservando quella
responsabilità collegiale reale che è difficile ottenere da parte
di organismi pletorici». La stessa Cuf, per bocca del suo presidente, dunque, riteneva
che il suo lavoro dovesse compiersi secondo le regole della col
legialità reale, in armonia con la natura tecnica dei giudizi da
emettere ed in conformità all'indirizzo giurisprudenziale sopra
ricordato.
Ma tale collegialità non è stata poi osservata, sia per l'assen
za di componenti in fasi valutative essenziali (v., ad es., sedute
del 4, del 5 e del 6 febbraio), sia per le modalità di lavoro in sottogruppi, che confligge con l'esigenza della collegialità.
7. - L'accoglimento delle predette censure esonera il collegio
dall'esame delle ulteriori doglianze che rimangono assorbite.
L'intervenuto annullamento del provvedimento del 28 febbraio
1994 comporta, per illegittimità derivata, l'annullamento anche
dei successivi provvedimenti del 31 marzo e del 18 aprile 1994
per la parte relativa ai singoli farmaci a cui si riferiscono alcuni
ricorsi indicati in epigrafe.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; sezione III; sentenza 14 settembre 1994, n. 1632; Pres.
Miceli, Est. Fera; Giannotti (Avv. Antonuccio) c. Univer
sità «La Sapienza» di Roma.
Istruzione pubblica — Università — Immatricolazioni — Nu
mero programmato — Decreto del rettore — Illegittimità
(Cost., art. 33, 34; r.d. 4 giugno 1938 n. 1269, regolamento
sugli studenti, titoli accademici, esami di Stato e l'assistenza
scolastica nelle università e negli istituti superiori, art. 2).
È illegittimo, per violazione della riserva di legge stabilita dagli
art. 33 e 34 Cost, in materia di accesso agli studi e quindi
di iscrizione agli istituti e scuole di ogni ordine e grado, il decreto 28 luglio 1992 con cui il rettore dell'università «La
Sapienza» di Roma, a seguito di delibera del consiglio di fa coltà di architettura e del senato accademico che hanno intro
dotto in via sperimentale il numero programmato delle im
matricolazioni, ha limitato l'iscrizione al primo anno dei cor
si di laurea in architettura per l'anno accademico
1992/1993. (1)
(1) Per l'affermazione secondo cui l'autonomia organizzativa ricono
sciuta alle università si riferisce soltanto agli aspetti strettamente orga
nizzativi e gestionali, ma non attribuisce alle medesime università alcun
potere di disporre autonomamente limitazioni all'accesso alle singole
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