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SEZIONE I: STUDI 13 · 2017-09-20 · psicotico, attraverso il quale Goethe scrive di se stesso per...

Date post: 09-Jul-2020
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INCONSCIO E SOCIETÀ SEZIONE I: STUDI
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INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE I: STUDI

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Direttore

Luciana L SPsicoanalista, psicologa, economista e filosofaPresidente OPIFeR (Organizzazione di Psicoanalisti Italiani, Federazione e Registro)Membro OPL (Ordine degli Psicologi della Lombardia)Milano

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INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE I: STUDI

Questa collana intende raccogliere i frutti dell’applicazione della psi-coanalisi alla vita contemporanea. Le parole chiave dei lavori chefanno parte della collana sono formazione e ricerca clinica: l’impo-stazione iniziale si proponeva di applicare la psicoanalisi freudiana,nell’orientamento datole da Jacques Lacan, al discorso universitario.Tuttavia l’esigenza di scientificità, di cui l’Università non può non te-ner conto, non ha altro strumento che la formazione dell’analista. Lopsicoanalista ha il compito di curare, ma allo stesso tempo è portatoredella causa di promuovere il reale della soggettività, come avveniva inun’altra epoca attraverso quelle pratiche dette “arti liberali”. Il lavoroche l’analista fa su di sé diventa quindi il nocciolo di una soggettivitàdella scienza, possibile e non preclusa, il prototipo di un “saperci fare”per tutte quelle professioni che Freud definì Mestieri Impossibili perchéhanno come loro oggetto il soggetto stesso.

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Mauro Ponzi

La natura della malattia

Genesi dei motivi del Werther

Prefazione diLuciana La Stella

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre

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«Chaque femme avec laquelle on se

couche est un roman qu’on ne écrive pas».

(Honoré de Balzac)

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Indice

11 Prefazione

17 Introduzione 29 Capitolo I Il linguaggio delle passioni

1.1. “Self control affectivities”, 25 — 1.2. Il cambio di paradigma, 35 51 Capitolo II La mancata gratificazione

2.1. Cornelia, 47 — 2.2. Pene d’amore come materiale letterario, 66 — 2.3. La depressione narcisistica, 77

101 Capitolo III Sotto mentite spoglie

3.1. La “malattia dell’anima”, 99 — 3.2. Il travestimento, 107 — 3.3. Complesso di castrazione, 126 — 3.4. Contaminazione, 139 — 3.5. Diritto di ospitalià, 153 — 3.6. Il doppio, 166

185 Capitolo IV La natura della malattia

4.1. Passione e malinconia, 185 — 4.2. Mélaina Kolé, 187— 4.3. Frattura interiore, 206— 4.4. Il linguaggio della Empfindsamkiet, 212 — 4.5. La chiave di lettura, 223 —4.6. La natura della malat-tia, 231

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Indice 6

237 Bibliogra a 247 Sigle

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Indice 6

237 Bibliogra a 247 Sigle

Prefazione

Sapere / sapere nulla. Così il sapere si presenta come indicazio- ne d’una perfetta consapevolezza che si tralascia nel campo

d’una estetica non-data. Nella zona d’un vibrar della mente che dolcemente, tragicamente manca al nostro antico richiamo.

Paolo FERRARI 1.

La Parola tra la Psicoanalisi e le Neuroscienze, tra la fi-losofia e la letteratura, tra il genio e l'arte, è capace di tra-sformare alcune tracce inscritte nel corpo: la configurazio-ne di questi elementi caratterizza anche il linguaggio della malattia dell'anima, nell’allegoria della vita.

L’allegoresi sembra essere proprio l’esercizio dell’uomo melanconico, poiché la malinconia trasforma con il suo sguardo l’oggetto da mera cosa in elemento allegorico: la teoria del temperamento malinconico funge da fondamento antropo-logico-filosofico2. L’oggetto allegorico, infatti, non essendo mai in grado di chiudere un circolo, a causa del suo carattere frammentario, attrae su di sé lo sguardo in cerca di pienezza, ma al contempo genera quello spro-

1 P. Ferrari, Homo- Abstractus, ObarraO, Milano, 2012, n. 56, pag.

19. 2 Cfr. A. Pinotti Lo studio degli estremi, in A. Pinotti a.c. Giochi per

melanconici, op. cit., p. 201.

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Prefazione 8

fondamento contemplativo proprio del melanconico3. La fissità della malinconia è tale che il soggetto in essa vi si annega, estraniandosi dal suo stesso corpo, meditando e trascinandosi nel vuoto in quello che non solo è uno stato d’animo, ma lo stato delle cose4.

In questo volume, tratto da un testo più vasto, pubblica-to in lingua tedesca, Mauro Ponzi cerca di definire la ge-nesi dei motivi poetici del giovane Goethe soprattutto in relazione al suo romanzo I dolori del giovane Werther.

Questi capitoli propongono il vivo della causa psicoa-nalitica: l’amore verso il soggetto. Prendere in cura vuol dire proprio di questo. L’unicità del soggetto che pone nell’Altro un supposto sapere per poterne sapere più di lui, per potersi orientare verso il suo desiderio, un tema che ri-chiama il rapporto tra l’inconscio e il linguaggio, già pre-sente in una formula cara a Jacques Lacan: «L’inconscio è strutturato come un linguaggio».5 La scrittura di un ro-manzo pone l’Autore in un vissuto particolare, ma nella poetica di Goethe le righe sono vissute dal profondo del suo essere ,che vive la poetica come una trasfigurazione del suo vissuto. Un romanzo molto importante dal punto di vista della sua formazione, una sorta di autoanalisi incon-sapevole. In esso l’autore libera la sua passione, la sua cu-riosità, la sua malinconia, il suo genio ribelle, in una sorta di auto-guarigione. La scrittura, come sublimazione e ver-so la realizzazione di un progetto culturale di ampio spet-tro, mediato solo dall’invenzione di un linguaggio poetico. Dalla razionalità e dalla intellegibilità della parola si passa

3 Cfr. A. Barale, La malinconia fra Hegel e Benjamin, in« Fenome-nologia e Società», n° 3/2004 anno XXVII, p. 97.

4 W. Benjamin, Il Dramma Barocco Tedesco, trad. it. F. CUNIBER-TO, Einaudi, Torino, 1999, p. 117.

5 J. Lacan, Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2003, p. 21.

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Prefazione 8

fondamento contemplativo proprio del melanconico3. La fissità della malinconia è tale che il soggetto in essa vi si annega, estraniandosi dal suo stesso corpo, meditando e trascinandosi nel vuoto in quello che non solo è uno stato d’animo, ma lo stato delle cose4.

In questo volume, tratto da un testo più vasto, pubblica-to in lingua tedesca, Mauro Ponzi cerca di definire la ge-nesi dei motivi poetici del giovane Goethe soprattutto in relazione al suo romanzo I dolori del giovane Werther.

Questi capitoli propongono il vivo della causa psicoa-nalitica: l’amore verso il soggetto. Prendere in cura vuol dire proprio di questo. L’unicità del soggetto che pone nell’Altro un supposto sapere per poterne sapere più di lui, per potersi orientare verso il suo desiderio, un tema che ri-chiama il rapporto tra l’inconscio e il linguaggio, già pre-sente in una formula cara a Jacques Lacan: «L’inconscio è strutturato come un linguaggio».5 La scrittura di un ro-manzo pone l’Autore in un vissuto particolare, ma nella poetica di Goethe le righe sono vissute dal profondo del suo essere ,che vive la poetica come una trasfigurazione del suo vissuto. Un romanzo molto importante dal punto di vista della sua formazione, una sorta di autoanalisi incon-sapevole. In esso l’autore libera la sua passione, la sua cu-riosità, la sua malinconia, il suo genio ribelle, in una sorta di auto-guarigione. La scrittura, come sublimazione e ver-so la realizzazione di un progetto culturale di ampio spet-tro, mediato solo dall’invenzione di un linguaggio poetico. Dalla razionalità e dalla intellegibilità della parola si passa

3 Cfr. A. Barale, La malinconia fra Hegel e Benjamin, in« Fenome-nologia e Società», n° 3/2004 anno XXVII, p. 97.

4 W. Benjamin, Il Dramma Barocco Tedesco, trad. it. F. CUNIBER-TO, Einaudi, Torino, 1999, p. 117.

5 J. Lacan, Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2003, p. 21.

Prefazione 9

all’inconscio, che si trasforma in parole eteree di un lin-guaggio psicoanalitico, che sembrano non sorreggersi alla realtà. L’inconscio può essere concepito allora come una traccia di linguaggio registrata nel corpo attraverso parole dette o lette, ma che è in movimento dal passato al futuro, in quanto l’essere vive ed elabora continuamente la sua esperienza. Così il giovane Goethe in Werther sedimenta un linguaggio che è rimasto scritto nel fluire delle parole e nelle letture che lo hanno attraversato con passione. Il ro-manzo autobiografico appare come un trattato sul soggetto psicotico, attraverso il quale Goethe scrive di se stesso per superare la depressione: la malattia dell’anima.

Lo stato d’animo della malinconia, da oltre due millen-ni, cattura, affascina e impegna il pensiero occidentale, dalla filosofia alla medicina, dalla religione all’astrologia, dalla letteratura all’arte.

Oltre agli altri miei numerosi giri di cono-scenze, ho ancora un intimo confidente: la mia melanconia. Nel mezzo della mia gioia, nel mezzo del mio lavoro essa mi fa cenno, mi prende con sé, benché fisicamente io rimanga inerte. La mia me-lanconia è l’amante più fedele che abbia conosciuto. E che c’è da meravigliarsi se a mia volta l’amo!6

S. KIERKEGAARD

La melancholia è stata ben introdotta nella Problemata XXX da Aristotele, che nella sua descrizione mette in luce quell’aspetto ancipite, connotato sia dalla presenza nel soggetto melanconico della bile nera, che dalla conseguen-te predisposizione in virtù della stessa a compiere grandi

6 S. Kierkegaard, Aut-Aut, trad. it. A. Cortese, Adelphi, Milano, 1976, p. 75.

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Prefazione 10

imprese e opere sublimi e a risultare individui non comu-ni7. Egli contribuisce a diffondere una visione positiva del-la malinconia:

Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica o politica, artistica o letteraria, hanno un temperamento “melan-conico” — ovvero atrabiliare — alcuni a tal punto da essere persino affetti dagli stati patologici che ne derivano?8 Aristotele poneva dunque la premessa per una distin-

zione fra la malinconia naturale e patologica, muovendo dalla dimostrazione che la bile nera sia un umore presente in ciascun individuo e che, in assenza di temporanee alte-razioni dell’umore melanconico, non originava di per sé alcuna peculiarità di carattere, ma che, al pari della pietra e del ferro, poteva dunque essere influenzata dal caldo e dal freddo, esercitando in tal senso una reazione sul carattere. Ne derivava altresì che coloro che già sono melanconici per natura, avendo la bile nera come ruolo predominante, fossero costituzionalmente e costantemente diversi dalle persone comuni.

L’Autore in questo testo chiarisce come Goethe nel suo romanzo ripercorra le sue vicende giovanili, le sue espe-rienze, ma anche le sue nevrosi e ben focalizza come le stesse siano state trasfigurate in linguaggio letterario e in narrazioni basate sui suoi studi di medicina e di teosofia, che dimostrano come il Goethe “scienziato” avesse intuito lo stretto rapporto che sussiste tra la consistenza fisica e

7 Aristotele, La Malinconia dell’uomo di genio, a.c. C. Angelino, Il

Melangolo, Genova 1981, p. 23 e ss. 8 Ivi, p. 11.

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Prefazione 10

imprese e opere sublimi e a risultare individui non comu-ni7. Egli contribuisce a diffondere una visione positiva del-la malinconia:

Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica o politica, artistica o letteraria, hanno un temperamento “melan-conico” — ovvero atrabiliare — alcuni a tal punto da essere persino affetti dagli stati patologici che ne derivano?8 Aristotele poneva dunque la premessa per una distin-

zione fra la malinconia naturale e patologica, muovendo dalla dimostrazione che la bile nera sia un umore presente in ciascun individuo e che, in assenza di temporanee alte-razioni dell’umore melanconico, non originava di per sé alcuna peculiarità di carattere, ma che, al pari della pietra e del ferro, poteva dunque essere influenzata dal caldo e dal freddo, esercitando in tal senso una reazione sul carattere. Ne derivava altresì che coloro che già sono melanconici per natura, avendo la bile nera come ruolo predominante, fossero costituzionalmente e costantemente diversi dalle persone comuni.

L’Autore in questo testo chiarisce come Goethe nel suo romanzo ripercorra le sue vicende giovanili, le sue espe-rienze, ma anche le sue nevrosi e ben focalizza come le stesse siano state trasfigurate in linguaggio letterario e in narrazioni basate sui suoi studi di medicina e di teosofia, che dimostrano come il Goethe “scienziato” avesse intuito lo stretto rapporto che sussiste tra la consistenza fisica e

7 Aristotele, La Malinconia dell’uomo di genio, a.c. C. Angelino, Il

Melangolo, Genova 1981, p. 23 e ss. 8 Ivi, p. 11.

Prefazione 11

corporea dell’uomo e le sue passioni, che determinano una “fisica delle emozioni”.

Nel giovane Werther ritroviamo quell’indicibile caro tanto a Goethe quanto a Benjamin, riportato in un’immagine dialettica in cui sembra ricomporsi l’infranto: da una decostruzione ad una ricostruzione pur se dolorosa e a volta muta. Allo stesso modo nelle neuro-scienze viene reso tangibile come la constatazione dell’esistenza ha un punto di crocevia tra le parole e il non-detto, quale esperienza emotiva dell’indicibile.

L’accumularsi di nuove conoscenze rivenienti proprio dal sistema neurologico impone una revisione della tradi-zionale visione gerarchica del rapporto tra verbale e non-verbale.

Si è appreso dall’Infant Research un profilo nuovo del detto e non-detto, a partire da un nuovo dire che attraversa la parola in sé: la talking cure è oggetto di interrogativi e ripensamenti che riguardano non solo il rapporto psicoana-litico ma anche l’analisi gruppale e le arti-terapie.

Mauro Ponzi, nel proporci interessanti capitoli sulla malattia del giovane Werther, ci invita alla comprensione del rapporto tra verbale e non-verbale, ponendo un accento su come, pur indipendentemente dalle tecniche e dai codi-ci di comunicazione che spaziano nel testo dal non inten-zionale all’inconsapevole, sino all’elaborazione di un’idea che rispecchia l’immagine dialettica. Quest’ultima in un istante realizza quell’unità di natura e storia nella quale la riflessione ritrova se stessa: l’idea, secondo alcuni, si compie nella figura fenomenica e nel frammento9. Goethe dava enfasi al simbolo, definendo l’unica poesia autentica quella che usi il simbolismo del linguaggio, poiché solo

9 Cfr. M. Ophälders, Costruire l’esperienza. Saggio su W. Benjamin, CLUEB, Bologna, 2001, p. 44.

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Prefazione 12

questo trasmette un valore di verità nell’opera, trasfor-mando il fenomeno in idea e l’idea in immagine in modo che essa — nell’immagine — rimanga al tempo stesso ef-ficace e inaccessibile10. L’allegoria, al contrario, trasforma il fenomeno in un concetto e quest’ultimo in un’immagine, ma in modo che il concetto sia sempre circoscritto nell’immagine e si possa esprimere solo attraverso essa11. A parere di Goethe, dunque, l’allegoria non sembra in grado di uscire dall’ambito concettuale e di spingersi sino all’idea; inoltre, proprio la sua temporalità mondana, line-are e storica, utile per precisare l’adeguamento del concet-to all’immagine, esclude che essa condivida la stessa tem-poralità del simbolo che è, invece, metamorfosi e circolari-tà intermittente nella quale l’origine appare sempre come fenomeno12. A queste disquisizioni ben ci pone magi-stralmente Ponzi con la sua opera che porta al cuore della Parola nel contesto di Psicoanalisi e Neuroscienze.

Luciana LA STELLA

10 J.W. Goethe, Massime e Riflessioni, ed. it. a.c. P. Chiarini, Theo-

ria, Roma, 1996, massima 1113. 11 Ivi, massima 1112. 12 Cfr. S. Zecchi, La Bellezza, Bollati Boringhieri, Torino, 1990, p.

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