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sezione II civile; sentenza 1° aprile 1992, n. 3950; Pres. Pafundi, Est. Vella, P.M. Lo Cascio...

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sezione II civile; sentenza 1° aprile 1992, n. 3950; Pres. Pafundi, Est. Vella, P.M. Lo Cascio (concl. parz. diff.); Cucciniello (Avv. Porcacchia, Giorgianni) c. Cucciniello ed altri (Avv. D'Amato). Conferma App. Perugia 2 dicembre 1989 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 1 (GENNAIO 1993), pp. 193/194-197/198 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186245 . Accessed: 28/06/2014 19:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.97 on Sat, 28 Jun 2014 19:18:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 1° aprile 1992, n. 3950; Pres. Pafundi, Est. Vella, P.M. Lo Cascio(concl. parz. diff.); Cucciniello (Avv. Porcacchia, Giorgianni) c. Cucciniello ed altri (Avv.D'Amato). Conferma App. Perugia 2 dicembre 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 1 (GENNAIO 1993), pp. 193/194-197/198Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186245 .

Accessed: 28/06/2014 19:18

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

della vocatio in ius di un soggetto estinto, posto che questo vizio si realizza con il solo fatto della convocazione in giudizio di un siffatto convenuto, e prescinde totalmente dalla ritualità

della notifica, che è atto processuale autonomo ed indipendente della citazione, pur se ad essa accessorio e complementare.

Ne deriva che il profilo del primo motivo che denuncia tale

errore è fondato e deve essere accolto.

Non per questo, tuttavia, sempre per le ragioni esposte, rima

neva precluso l'appello nei confronti della sentenza del Tribu

nale di Aosta, per cui correttamente, la corte territoriale ha ri

conosciuto l'ammissibilità, sotto questa prospettiva, dell'impu

gnazione proposta dalla Commerciale Gema e la legittimazione della medesima società all'impugnazione.

Perciò, il ricorso incidentale risulta infondato e da respingere. 6. - Inoltre, allorquando una società si sia estinta a seguito

di incorporazione in altra società e l'atto di fusione sia stato

iscritto nel registro delle imprese a mente dell'art. 2504 c.c., è nulla la notifica alla società incorporata effettuata, dopo l'i

scrizione, nel luogo dove aveva sede prima dell'incorporazione.

Innanzitutto, per l'inesistenza del destinatario della notifica

(v., per il principio, Cass. 4 maggio 1978, n. 2097, id., Rep.

1978, voce Notificazione civile, n. 48, che ha escluso che una

siffatta notificazione potesse considerarsi tamquam non esset,

sol perché nel caso ivi esaminato mancava la prova dell'avvenu

ta iscirzione dell'atto di fusione nel registro delle imprese del

luogo ove la società incorporata aveva sede).

Indi, perché in tal modo viene meno anche la sede della so

cietà incorporata, per cui non può più trovare applicazione il

disposto dell'art. 145 c.p.c. che subordina la validità della noti

fica alle persone giuridiche alla consegna dell'atto nella loro sede.

Perciò, come riconosce la stessa amministrazione fallimenta

re resistente anche se come premessa d'una costruzione giuridi ca inaccettabile, la notifica dell'atto di citazione alla s.p.a. Mir

va, era nullo in quanto aveva come destinatario un soggetto estinto ed è stata effettuata in un luogo dove non era più la

sua sede.

Di conseguenza, deve essere accolto anche il profilo del pri mo motivo che denuncia l'errore della corte d'appello per aver

escluso la validità della notifica.

7. - Ne deriva, ferma restando la nullità della citazione e del

la sua notifica, ed essendo incontroverso che i successori della

Mirva non avevano avuto conoscenza del processo prima della

lettera del legale del fallimento Nicolet del 29 dicembre 1986:

che sussistevano i presupposti per la rimessione in termini della

società Commerciale Gema ai fini della proposizione dell'appel lo avverso la sentenza del Tribunale di Aosta pubblicata il 19

giugno 1986; che per la stessa società il termine lungo per l'ap

pello decorreva dal 29 dicembre 1986; infine, che l'appello pro

posto con citazione notificata il 28 dicembre 1987, era tempesti

vo e, dunque, ammissibile, sicché la corte del merito, andando

in contrario avviso, è incorsa nell'errore in procedendo denun

ciato nel secondo motivo.

Diventa cosi irrilevante la questione relativa all'applicabilità

del termine lungo in ordine alle impugnazioni avverso le senten

ze inesistenti, alla quale parte della dottrina ha dato risposta

negativa. 8. - In sintesi, allora, mentre deve essere accolto nei limiti

enunciati il ricorso principale, deve essere rigettato quello inci

dentale.

Nel contempo, l'accertamento della nullità della citazione in

primo grado quale momento necessario dell'annullamento della

statuizione della sentenza impugnata sull'ammissibilità dell'ap

pello, comporta la cassazione della stessa sentenza senza rinvio.

Infatti, una siffatta nullità realizza un'ipotesi di «processo che

non poteva essere proseguito», sicché il suo accertamento in

sede di legittimità determina l'applicazione dell'art. 382, 3° com

ma, ultima parte, c.p.c. (cfr., sia pure con riferimento alla nul

lità della citazione per difetto del termine a comparire, Cass.

24 marzo 1982, n. 1861, id., Rep. 1982, voce Appello civile,

n. 116; 9 marzo 1982, n. 1485, ibid., n. 131; 13 dicembre 1977,

n. 5414, id., 1978, I, 356; 8 marzo 1976, n. 784, id., 1976, I, 2692).

Il Foro Italiano — 1993 — Parte 7-4.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1° aprile

1992, n. 3950; Pres. Pafundi, Est. Vella, P.M. Lo Cascio

(conci, parz. diff.); Cucciniello (Aw. Porcacchia, Giorgian

ni) c. Cucciniello ed altri (Avv. D'Amato). Conferma App.

Perugia 2 dicembre 1989.

Successione ereditaria — Testamento olografo nullo — Codicil lo successivo (Cod. civ., art. 602, 2909).

Successione ereditaria — Azione di riduzione — Presupposti — Legittimario leso — Accettazione con beneficio d'inventa

rio (Cod. civ., art. 467 , 556, 588, 639, 674, 688).

L'invalidità del testamento olografo non si trasmette automati

camente al codicillo aggiunto alla scheda testamentaria. (1) Per esperire l'azione di riduzione, è necessaria l'accettazione con

beneficio d'inventario quando il legittimario, pur pretermesso

(1) In giurisprudenza, in senso conforme, v. Cass. 20 ottobre 1981, n. 5480, Foro it., Rep. 1981, voce Successione ereditaria, n. 62, che intervenne per la prima volta sulla vicenda odierna. Dello stesso avviso anche Cass. 10 giugno 1966, n. 1517, id., 1966, I, 1726, e, nella motiva

zione, Cass. 28 settembre 1954, n. 3152, id., 1955, I, 1187; 7 maggio 1968, n. 1405, id., 1968, I, 1431.

Sulla natura del codicillo, la giurisprudenza ha lasciato intendere che le modificazioni e le aggiunte ad un testamento olografo godono di

una loro autonomia (Cass. 7 maggio 1974, n. 1290, id., Rep. 1974, voce cit., n. 54). In altra circostanza («un caso di data impossibile del

testamento implicitamente corretta da un codicillo confermativo dell'at

to», cosi Branca, Dei testamenti ordinari, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1986, 87, n. 1), il codicillo è stato configurato alla stregua di testamento per relationem e, come tale, ritenuto valido

(Trib. Vicenza 10 aprile 1972, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 68), ma deve, trattarsi di relatio formale, ossia mero «rinvio ad una fonte esterna per la determinazione dell'oggetto e del soggetto» dell'atto (Apoz

zi, Successione e donazione, Milano, 1983, I, 414). In letteratura v.

Amore, Codicillo (diritto civile), voce del Novissimo digesto, Torino,

1967, III, 407; Vismara, Codicillo, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1960, VII, 290.

Da tempo la dottrina (Messineo, Manuale, Milano, 1951, III, 2, 77), e poi la giurisprudenza (Cass. 23 aprile 1958, n. 1346, Foro it., Rep. 1958, voce Testamento, nn. 8, 9) hanno fatto rilevare l'inutilità della

distinzione, tramandataci dal diritto romano, tra testamento e codicillo; il codicillo — o clausola codicillare —, che poteva contenere solo legati e fedecommessi (cosi Ganci, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1952, 1, 25), oggi si identificherebbe, riguardo alla finalità, con le «disposizioni testamentarie di carattere accessorio», ossia modificative o integrative di quelle testamentarie. Sostanzialmen

te, del codicillo è rimasto soltanto il nomen iuris; se contiene tutti i

requisiti di forma previsti dalla legge per il testamento (olografo), può considerarsi autonomo rispetto alle disposizioni testamentarie cui fa ri

ferimento. Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Commenta

rio diretto da De Martino, Novara, 1973, 124, afferma che le aggiunte

integrano una nuova volontà testamentaria, che in ogni caso ha «una

validità distinta da quella anteriormente manifestata». Altra dottrina (Branca, cit., Ili), con riguardo alle aggiunte al te

stamento, distingue quelle autonome da quelle che non lo sono «perché

collegate all'olografo»: caso in cui, si sostiene, non si è di fronte ad

un nuovo testamento. Il pregio della dottrina ora citata consiste nell'a

ver contribuito a porre un criterio di discernimento obiettivo. Perché si possa parlare di codicillo (ma la rilevanza di tale terminologia è dav

vero relativa), occorre che sussistano due condizioni: a) che si tratti di aggiunte o modifiche ad un testamento (olografo); b) che esse siano

dotate di autonomia (ovvero che non siano collegate con il resto del

testamento). In materia di indegnità a succedere per la falsificazione di un codicil

lo, Cass. 3152/54 ha dichiarato applicabile l'art. 463, n. 6, c.c. La sen

tenza si fonda sulla considerazione che il codicillo non necessariamente

regola l'intera successione, ma è costituito da «un documento formal mente autonomo contenente disposizioni di ultima volontà, intese cioè

a regolare anche in parte la sorte dei beni del testatore» (v. Cardani

Contorsi Lisi, Le successioni. Disposizioni generali, in Giurisprudenza sistematica civile e commerciale fondata da Bigiavi, Torino, 1981, 229-30).

Circa la forma del codicillo (Galgano, Il negozio giuridico, in Trat

tato dir. civ. comm., Milano, 1988, III, 1, 521; Marinaro, Art. 601-648, in Cod. civ. annotato, a cura di Perlingieri, 2, Napoli, 1991, 274), si ritiene necessaria quella prevista dalla legge per il tipo di testamento

cui si rimanda. Ci si potrebbe chiedere se il codicillo sia ammissibile per tutti i tipi

di testamento. La risposta negativa richiede una precisazione per quello

pubblico; considerato il rigoroso formalismo che governa gli atti mortis

causa e, in particolare i testamenti per atto di notaio, una nuova mani

festazione di volontà, trasfusa in un testamento pubblico, costituisce

un nuovo negozio a causa di morte, anche se contiene soltanto aggiunte o modifiche.

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PARTE PRIMA

in parte, risulti essere ex lege in comunione ereditaria per i

restanti beni. (2)

Svolgimento del processo. — Angela Cucciniello, con testa

mento olografo del 13 marzo 1961, lasciò, tra l'altro, al figlio Domenico Cucciniello la proprietà di un appartamento, e, con un codicillo del 1° luglio 1965, dispose che, se alla di lei morte

il beneficiato non avesse avuto figli, l'immobile sarebbe dovuto

passare alle nipoti Emilia e Mariangela Cucciniello (figlie del

l'altro suo figlio Ermanno), a condizione che ai loro figli ma

schi si fosse aggiunto il proprio cognome a quello del padre. Poiché alla morte della testatrice il figlio Domenico era ancora celibe e non aveva figli, il fratello Ermanno Cucciniello, in rap

presentanza delle figlie minori Emilia e Mariangela, lo conven

ne, davanti al Tribunale di Avellino, chiedendone la condanna

al rilascio del menzionato appartamento, sul presupposto che

si fosse verificata la condizione risolutiva apposta alla disposi zione mortis causa.

Costituitosi in giudizio, il convenuto contestò la pretesa de

ducendo che il testamento era stato redatto dalla dante causa

come volontà viziata dalla violenza e dal dolo del marito Do

menico Cucciniello, e, con domanda riconvenzionale, ne chiese

l'annullamento.

Dopo essersi integrato il contraddittorio nei confronti di Er manno Cucciniello, dell'altro germano Raffaele e del loro geni tore Domenico Cucciniello, il giudice adito, con sentenza del

20 gennaio 1976, dichiarò la nullità dell'olografo, ai sensi del

l'art. 624 c.c., avendo ritenuto che la Cucciniello era stata de

terminata dal comportamento del coniuge a redigere il negozio mortis causa, mentre dichiarò valido il codicillo per la sua auto nomia rispetto alla scheda testamentaria.

Su impugnazione del convenuto, la Corte d'appello di Napo

li, con sentenza del 29 settembre 1979, annullò anche il codicil

lo, perché lo considerò parte integrante di un unico invalido

testamento.

Su ricorso per cassazione, proposto da Ermanno Cucciniello,

questa corte, con sentenza del 20 ottobre 1981, cassò la decisio

ne impugnata enunciando il seguente principio: «Il codicillo ag

giunto a un testamento olografo, se è anch'esso autografo, da

tato e sottoscritto dal testatore, rientra nell'ampio concetto di

testamento olografo, la cui efficacia non è automaticamente esclu

sa dall'invalidità, ex art. 624, dell'altro testamento cui si riferi

sce, ove per il principio della conservazione del testamento la

precedente disposizione oggetto del riferimento, sebbene infi

ciata dalla non corrispondenza alla volontà effettiva, risulti pre sente alla coscienza del testatore al momento in cui, con volon

tà non viziata, ha redatto il codicillo in calce alla stessa».

La decisione del Tribunale di Avellino fu confermata, con sentenza del 23 marzo 1984, dalla Corte d'appello di Roma, come giudice di rinvio.

Con altro ricorso per cassazione il convenuto Domenico Cuc ciniello dedusse che si era ravvisata l'incompatibilità tra il codi cillo e il testamento, senza avere prima valutati gli argomenti della tesi secondo cui il codicillo costituiva parte integrante del la scheda testamentaria, e di esso, pertanto, doveva essere di

chiarata la nullità insieme con questa ultima. In particolare, affermò che non erano state esaminate alcune circostanze deci

sive, estrinseche all'atto, dalla cui considerazione sarebbe certa

mente derivata una statuizione diversa.

Con sentenza del 26 marzo 1986 questa corte cassò, per difet to di motivazione, la pronuncia della Corte d'appello di Roma

per non avere esaminato le circostanze decisive menzionate nel

ricorso.

Con sentenza del 2 dicembre 1989 la Corte d'appello di Peru

gia, designata come nuovo giudice di rinvio, ha confermato la

decisione del Tribunale di Avellino del 20 gennaio 1976. Ricorre per cassazione Domenico Cucciniello deducendo otto

motivi. Resiste con controricorso Ermanno Cucciniello, in no

me proprio e come procuratore delle figlie Emilia e Mariangela.

(2) 11 principio espresso dalla Cassazione è consolidato nella giuris prudenza (da ultimo, v. sent. 6 agosto 1990, n. 7899, Foro it., Rep. 1990, voce Successione ereditaria, n. 97; 7 aprile 1990, n. 2923, ibid., n. 67). Sull'accettazione con beneficio d'inventario come presupposto per l'esercizio dell'azione di riduzione, v. Cass. 28 marzo 1981, n. 1787, id., 1981, I, 2472, con nota di Di Lalla.

Il Foro Italiano — 1993.

Le parti hanno depositato memorie. Non si sono costituiti gli eredi di Raffaele Cucciniello.

Motivi della decisione. — Con i primi cinque motivi, stretta

mente connessi, si denunzia la violazione degli art. 2909 c.c.

e 345, 384 e 394 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, di quest'ultimo codice e si censura la sentenza impugnata dedu

cendosi che la corte d'appello ha ritenuto valido il codicillo, sull'erroneo rilievo che questo sia un negozio giuridico autono

mo rispetto al testamento dichiarato nullo, mentre avrebbe do

vuto rilevarne l'invalidità, costituendo parte integrante dell'uni

co negozio mortis causa da esso solo modificato, ed essendo

stato, comunque, redatto dalla de cuius non liberamente, ma

perché determinata dal coniuge. In proposito, si sostiene che la corte ha presupposto la validi

tà del testamento, in contrasto con la statuizione, passata in

giudicato, con cui era stato pronunciato il suo annullamento, e ha omesso di esaminare la lettera, in data 18 dicembre 1965, con cui il marito della testatrice, Domenico Cucciniello, aveva informato i figli di avere costretto la moglie a redigere il codi

cillo in esecuzione della di lui volontà. Inoltre, ha affermato

che quest'ultimo era stato scritto al fine di tramandare il nome

di famiglia, sebbene dagli elementi acquisiti al processo, e, in

particolare, dalla menzionata lettera, risulti che l'atto era privo di qualsiasi autonomia. Da essi, infatti, si evince che, mentre, in un primo momento, la testatrice era stata indotta dal marito

ad assegnare l'appartamento al figlio Domenico a titolo di rico

noscenza per le spese che costui aveva sborsato nell'interesse

dell'intera famiglia, in un secondo momento, sempre su indu

zione del coniuge, aveva disposto dello stesso bene a favore

delle nipoti, avendo accertato «l'inganno del figlio circa una

generosità che verso i genitori e i familiari il medesimo non

aveva in realtà mai avuto».

Si aggiunge che la dante causa se avesse effettivamente volu

to tramandare il nome di famiglia mediante il codicillo, come

ritenuto dal giudice di rinvio, non avrebbe omesso di disporre dei suoi residui beni a favore del marito e degli altri figli, che, invece, sono stati tutti dimenticati nell'atto.

Infine, la corte è incorsa nei seguenti ulteriori errori e

omissioni:

1) ha negato valore probatorio alle risposte date da Raffaele

Cucciniello nel corso del suo interrogatorio formale e all'assen

za di reazione del genitore alle accuse rivoltegli dal ricorrente, avendo provveduto a una valutazione isolata di tali elementi

che si sarebbero dovuti considerare insieme con le altre risultan

ze probatorie;

2) ha trascurato la scrittura privata del 31 maggio 1966;

3) ha dichiarato inammissibile l'interrogatorio formale defe

rito alla Grimaldi (erede di Raffaele Cucciniello) e omesso di esaminare il certificato medico prodotto in giudizio.

La complessa censura è infondata. Contrariamente a quel che

sostiene il ricorrente, il quale ha prospettato in questa sede di

legittimità una nuova e, quindi, inammissibile ricostruzione dei

fatti della causa, la Corte d'appello di Perugia ha escluso, con

una motivazione esauriente, logica ed esente da errori di diritto, l'invalidità del codicillo, avendo ritenuto che ad esso non si sia

trasmessa la nullità del testamento del 1961, dichiarata con pro nuncia passata in giudicato e che lo stesso non sia invalido per violenza o dolo.

Infatti, sotto il primo profilo ha osservato che il codicillo

ha una sua autonomia e una diversa finalità rispetto a quella del negozio mortis causa di data anteriore, essendo stato redat

to per evitare l'estinzione del nome di famiglia e non per punire il figlio Domenico, privandolo dell'appartamento assegnatogli,

perché «in tal caso sarebbe stato più semplice modificare in

qualche modo il testamento o rifarlo da capo, senza ricorrere

al macchinoso sistema, indiretto e trasversale di apporre una condizione di difficile avveramento».

Sotto il secondo aspetto ha rilevato l'assenza di elementi pro batori della redazione del codicillo per effetto della violenza

o del dolo del marito della testatrice, della quale non era stata

neanche dimostrata la personalità psichicamente debole e in

fluenzabile.

Inoltre, con riguardo alle circostanze estrinseche, il cui omes

so esame aveva determinato la cassazione della sentenza prece dentemente emessa dalla Corte d'appello di Roma (primo giudi ce di rinvio), ha motivatamente affermato, a conclusione di in

censurabile apprezzamento il fatto, che:

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a) l'ammissione degli avvenimenti formanti oggetto dell'in

terrogatorio formale deferito al contumace Raffaele Cucciniello

(« 1 - vero che la de cuius ha sempre dichiarato di avere testato

d'accordo col proprio marito e seguendo i desiderata dello stes

so; «2 - vero che il marito della de cuius ha dichiarato, dopo la morte della de cuius, che la postilla riguardante le minori

era stata fatta apporre da lui; 3 - vero che i rapporti tra esso

Raffaele Cucciniello ed Ermanno Cucciniello sono ottimi e il

primo ospita l'Ermanno e le sue figlie tutte le volte che questi si fermano in Avellino») era inattendibile, perché il dichiarante

«aveva debiti di gratitudine verso il fratello Domenico che lo

aveva, come avvocato, difeso in varie procedure, e salvato più volte dal fallimento»;

b) dalla lettera del 18 dicembre 1965 era risultato che il mari

to della testatrice si era adoperato per l'attribuzione dell'appar

tamento al figlio Domenico, ma non che l'apposizione della con

dizione al codicillo era riferibile al suo intervento violento o

doloso; del resto «lo stesso biasimo del genitore accomunava

nella lettera Ermanno Cucciniello, e non si vede per quale moti

vo il padre avrebbe dovuto punire il figlio Domenico e premia

re, invece, il figlio Ermanno, padre delle minori Emilia e Ma

riangela, oggetto del medesimo malanimo»;

c) la scrittura privata del 31 maggio 1966 era stata sottoscrit

ta dai coeredi non perché costoro avessero riconosciuto l'invali

dità del codicillo, ma perché avevano voluto con essa regolare

i rapporti successori, e, in particolare, i debiti verso l'attuale

ricorrente Domenico Cucciniello;

d) la mancata contestazione, da parte del genitore, delle af

fermazioni accusatorie contro di lui fatte in giudizio dal figlio

Domenico, era dipesa dalla sua contumacia.

Infine, inammissibile per la sua genericità è la critica diretta

contro la statuizione con cui la corte d'appello ha motivamente

negato, richiamando il divieto di nuove conclusioni sancito dal

l'art. 394 c.c., la proponibilità dei mezzi di prova dedotti da

Domenico Cucciniello, e ha rifiutato l'esame dei documenti dal

medesimo prodotti irritualmente e tardivamente nel giudizio di

rinvio.

Con il sesto, il settimo e l'ottavo motivo, anch'essi stretta

mente connessi, si denunzia la violazione degli art. 467, 556,

588, 639, 674 e 688 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c., e si censura la sentenza impugnata per avere la corte

d'appello dichiarato inammissibile la domanda di riduzione pro

posta da Domenico Cucciniello perché non preceduta dall'ac

cettazione dell'eredità con il beneficio dell'inventario, avendo

erroneamente ritenuto che la proprietà dell'appartamento era

stata attribuita a Emilia e a Mariangela Cucciniello a titolo di

legato, mentre numerosi elementi acquisiti al processo rivelava

no inconfutabilmente che l'assegnazione del bene alle minori

era avvenuta a titolo ereditario (l'appartamento costituiva l'uni

co immobile della quota ereditaria di Domenico Cucciniello e

la sua attribuzione era stata disposta con l'uso delle stesse paro

le adoperate nel testamento di data anteriore; le due assegnazio

ni erano strettamente collegate dalla condizione risolutiva con

templata nel codicillo; ai sensi dell'art. 639 c.c., un erede può

essere sostituito da un altro erede e non da un legatario; Emilia

e Mariangela Cucciniello avendo fatto valere il diritto di accre

scimento e chiesto di subentrare per rappresentazione al genito

re che all'eredità aveva rinunciato, erano indubbiamente eredi

e in questa loro qualità si era confusa l'altra di legatarie).

Si aggiunge che l'azione di riduzione si sarebbe dovuta ritene

re, comunque, ammissibile in base a un consolidato principio

di diritto, in quanto il Cucciniello l'aveva promossa nella sua

veste di legittimario pretermesso, non essendo stato chiamato

all'eredità nel codicillo ed essendo stato dichiarato nullo il te

stamento del 1961 nel quale era stato nominato erede.

Anche questa censura è infondata. Innanzi tutto, la corte d'ap

pello ha esattamente definito legato la disposizione a favore delle

minori Emilia e Mariangela Cucciniello, in base all'ineccepible e decisivo rilievo che essa ha avuto ad oggetto un bene unico

del patrimonio della defunta, che non risulta essere stato asse

gnato come quota ereditaria (art. 588, 2° comma, c.c.), e ha

conseguentemente, dichiarato inammissibile la domanda di ri

duzione proposta da Domenico Cucciniello, perché non prece

duta dall'accettazione dell'eredità con il beneficio dell'inventa

rio, come prescritto dall'art. 564 c.c., il quale non richiede la

preventiva accettazione soltanto se l'azione sia promossa per

la riduzione delle donazioni e dei legati fatti a persone chiamate

Il Foro Italiano — 1993.

come coeredi, non sussistendo in questo caso il pericolo che

il legittimario possa ottenere la riduzione di donazioni e legati nascondendo dolosamente una parte dei beni ereditari.

Effettivamente, poi, questa corte ha ripetutamente enunciato

il principio secondo cui il legittimario, che sia stato pretermesso dall'eredità per avere il de cuius assegnato l'intero suo patrimo nio ad altre persone mediante disposizioni a titolo universale

«o particolare inter vivos» o mortis causa, non deve accettare

l'eredità con il beneficio dell'inventario per proporre la doman

da di riduzione di donazioni e legati, in quanto egli acquista la qualità di erede soltanto in caso di accoglimento della sua

pretesa. Tuttavia, nella specie, tale ipotesi non si è verificata non es

sendovi stata totale pretermissione. E, infatti, Domenico Cucci

niello, in conseguenza della dichiarata nullità del testamento del

1961 e della ritenuta natura di disposizione a titolo particolare contenuta nel codicillo del 1965, è stato chiamato ex lege alla

comunione ereditaria degli altri beni, dei quali la dante causa

non ha disposto, operando la successione legittima in via sup

pletiva, e, perciò, la sua domanda di riduzione per essere pro

ponibile avrebbe dovuto essere preceduta dall'accettazione con

il beneficio dell'inventario.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 23 mar

zo 1992, n. 3594; Pres. Novelli, Est. Vizza, P.M. Tridico

(conci, conf.); Fabrizio (Avv. Agosunucci) c. Comune di La

tina (Avv. Serra). Conferma App. Roma 25 febbraio 1987.

Responsabilità civile — Aula giudiziaria — Pedana dissestata — Insidia — Caduta — Responsabilità per danno da cose

in custodia — Esclusione (Cod. civ., art. 2051).

La presunzione di responsabilità per danni da cosa in custodia

riguarda i danni cagionati dalla cosa medesima per sua intrin

seca natura, ovvero per l'insorgenza in essa di agenti dannosi

e, pertanto, non può trovare applicazione nella diversa ipote

si di danni che non derivino dalla res in sé, ma da un com

portamento, anche omissivo, del detentore della stessa (nella

specie, è stata esclusa la responsabilità di un comune in ordi

ne ai danni subiti da un avvocato a seguito di caduta nell'atto

di discendere da una pedana di un'aula di giustizia). (1)

(1) La pronuncia (non massimata dal competente ufficio), in sede

di risoluzione di una fattispecie di danno da caduta, affronta la vexata

quaestio della precisazione della sfera di operatività del disposto del

l'art. 2051 c.c., in materia di danno da cose in custodia, rispetto a

quello proprio della clausola generale ex art. 2043 c.c.

Al riguardo, la giurisprudenza maggioritaria si è mostrata tradizio

nalmente propensa a rimarcare una profonda differenza strutturale tra

le due norme in menzione, ritenendo l'art. 2043 quale disposizione im

positiva di un obbligo generale di astensione da atti idonei ad arrecare danni a terzi — ossia, di un non agere —, e considerando, per contro, l'art. 2051 alla stregua di norma diretta all'enunciazione, in capo al

custode della res, di un dovere giuridico positivo — e cioè, di un agere

—, concretantesi nel mantenimento di un costante controllo sul bene

e nell'adozione delle misure funzionali alla neutralizzazione della poten ziale offensività dello stesso (in questo senso, ex plurimis, Cass. 15 di

cembre 1975, n. 4124, Foro it., Rep. 1975, voce Responsabilità civile, nn. 138-140; in senso parzialmente difforme, Cass. 22 maggio 1982,

n. 3134, id., Rep. 1982, voce cit., n. Ili, nella motivazione, id., 1982,

I, 2857, secondo cui l'ipotesi prevista dall'art. 2051 differisce da quella di cui all'art. 2043 esclusivamente in ragione della particolare intensità

del dovere di vigilanza e di precauzione imposto a chi sia munito di

un effettivo potere fisico sulla cosa).

Invece, la dottrina, nel quadro di un complessivo spostamento del

l'indagine in tema di responsabilità aquiliana dal profilo sanzionatorio

a quello riparatorio, è pervenuta all'individuazione degli elementi di

differenziazione delle disposizioni in questione non più sul piano strut

turale, bensì' su quello sistematico della scelta legislativa di disancorare

in determinate ipotesi — ivi compresa la fattispecie del danno da cose

in custodia — l'affermazione della responsabilità dall'aggettivazione del

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