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sezione II civile; sentenza 1° settembre 1994, n. 7621; Pres. Di Ciò, Est. Boselli, P.M. De Nunzio(concl. diff.); Bordignon (Avv. Prestaro, Bordignon, Bolla) c. Carnio (Avv. Bottai, Lovadina).Conferma Trib. Treviso 7 agosto 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1535/1536-1537/1538Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189981 .
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1535 PARTE PRIMA 1536
Svolgimento del processo. — Il prefetto della provincia di
Trapani, con decreto in data 23 novembre 1971, autorizzò il
comune di Marsala ad occupare in via provvisoria una zona
di terreno di proprietà di Anna Casano.
Decorso il periodo di occupazione legittima senza l'emissione
del decreto di esproprio, la Casano convenne innanzi il Tribu
nale di Marsala l'ente territoriale e ne chiese la condanna al
risarcimento del danno.
Il tribunale accolse la domanda con sentenza confermata dal
la Corte d'appello di Palermo, la quale, nel ribadire la natura
edificatoria del suolo, ha escluso, per quanto interessa il giudi
zio in questa sede, che potessero assumere rilievo, sia il vincolo
urbanistico, siccome preordinato all'espropriazione, sia quello
archeologico stabilito dal presidente della regione Sicilia, non
comportando, quest'ultimo, una vera e propria inedificabilità,
ma soltanto l'onere della comunicazione alla sovrintendenza nel
caso in cui si intendesse edificare.
Il comune di Marsala ricorre sulla base di due motivi illustra
ti da memoria. Resiste con controricorso Anna Casano.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
denuncia la violazione degli art. 2 e 11 1. 1° giugno 1939 n.
1089, in relazione all'art. 42 Cost., osservando che il vincolo
dal quale risulta assoggettato il suolo di proprietà della resisten
te in forza del decreto del ministero della pubblica istruzione
del 16 dicembre 1942, successivamente convalidato dal decreto
del presidente della regione Sicilia, ha natura conformativa e
non espropriativa sicché di esso occorreva tener conto ai fini
della qualificazione della natura del suolo.
Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione degli
art. 115 e 116 c.p.c., l'ente ricorrente segnala l'errore nel quale è incorso il giudice del merito nella valutazione e nell'apprezza mento delle risultanze peritali.
Il ricorso è fondato. Questa corte ha già rilevato (sentenza
n. 7091 del 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Espropriazione per
p.i., n. 142) che il vincolo previsto dalla 1. 1089/39 non è assi
milabile ai vincoli c.d. espropriativi o di inedificabilità relativi a beni singoli. Esso, al contrario, si iscrive, a differenza di que
19 settembre 1992, n. 674, id., Rep. 1993, voce Antichità, n. 80), il
vincolo non poteva che comportare un divieto assoluto di edificazione, anche alla luce dell'art. 11, 2° comma, 1. 1089/39, che vieta un uso
della cosa non compatibile con il carattere storico-artistico. Qualora, tuttavia, il tipo di costruzione progettata sia tale da non arrecare pre
giudizio al reperto archeologico fisso al suolo o affiorante, la costruzio
ne è virtualmente possibile (ed il correlativo divieto, con autorizzazione
governativa, rimovibile): ciò riguarda, ad esempio, i casi in cui il bene
immobile d'interesse archeologico sia già riportato alla luce e riguardi una porzione circoscritta dell'intera area, restando escluso — in seguito all'effettuazione di prospezioni e saggi di scavo — che nella parte re
stante siano presenti ulteriori testimonianze. In tal caso, l'incidenza del vincolo sul valore di mercato del bene
dovrebbe comunque tener conto della reale e quantitativa incidenza del
la progettata costruzione sui resti archeologici. A tal proposito si è os
servato che la differenza tra vincolo espropriativo e conformativo non
può basarsi sull'ulteriore criterio della maggiore o minore compressione del diritto di proprietà, «sia perché nella specie di tratta del medesimo
tipo di compressione, sia perché valutazioni di mero carattere quantita tivo non offrono affatto sicuri criteri di differenziazione» (Vignale, loc. ult. cit.). La tesi va sottoscritta in ordine alla natura del vincolo,
poiché alla definizione del vincolo archeologico come espropriativo osta
sia la tradizione legislativa, che l'oggettiva finalità del limite imposto. Ciò non esclude, tuttavia, che la maggiore o minor compressione non
possa esser tenuta presente agli effetti dell'incidenza del vincolo sulla
valutazione del terreno, nella determinazione dell'indennità espropriativa. Anche nella fattispecie di cui alla sentenza che si riporta — a quello
che si legge nello svolgimento del processo — il giudice di merito aveva
ritenuto che il vincolo non comportasse una vera e propria inedificabili
tà, ma soltanto l'onere di conseguire l'autorizzazione nel caso in cui si intendesse edificare. Come già osservato in nota a Cass. 23 marzo
1993, n. 3451, cit., le aree dichiarate di particolare interesse archeologi co possono tollerare, mediante opportuni accorgimenti tecnici, partico lari tipi di attività edificatoria (con interventi che spesso danno adito
a polemiche, sia per la inevitabile compromissione dell'integrità dei re
sti archeologici, sia per il discutibile accostamento di moderne costru
zioni con i resti antichi). Una successiva vicenda espropriativa, comun
que, non può esimere dalla verifica circa l'oggettivo impatto del pro
spettato intervento edilizio sulle testimonianze culturali: il principio per cui il vincolo archeologico non comporta necessariamente l'inedificabi
lità assoluta, non può essere privo di conseguenze al momento in cui
è liquidata l'indennità di esproprio. [S. Benini]
Il Foro Italiano — 1995.
sti ultimi, tra le limitazioni legali della proprietà ed ha, quindi, natura conformativa, rientrando nell'area di riserva (relativa) di legge stabilita dall'art. 42, 2° comma, Cost., per garantire, mediante interventi diretti o attributivi di analoghi poteri all'au
torità amministrativa, l'aderenza della proprietà privata alla fun
zione sociale, che concorre alla sua strutturazione e ne fonda
la copertura costituzionale. Pertanto, mentre i vincoli espropria tivi o di inedificabilità non influiscono riduttivamente sulla de terminazione della indennità di espropriazione o del danno per
appropriazione illegittima, le limitazioni legali, concorrendo al
la configurazione giuridica della proprietà e non comportando,
perciò, obbligo di indennizzo, incidono negativamente sul valo
re di mercato dei beni coinvolti e, quindi, sul calcolo della in
dennità o del danno.
Appare perciò evidente, in aderenza a questi principi, la fon
datezza delle doglianze proposte dal comune atteso che la corte
del merito, escludendo qualsiasi rilevanza al vincolo archeologi
co ai fini della qualifica del suolo e, correlativamente, della de
terminazione dell'indennità, ha posto sullo stesso piano il vin
colo in questione e quelli espropriativi o di inedificabilità che,
invece, sono tra loro strutturalmente diversi, secondo quanto
si è esposto. Si impone, quindi, per quanto si è esposto, l'accoglimento
del ricorso per quanto di ragione e la conseguente cassazione
della sentenza impugnata ad altro giudice, che si designa in al
tra sezione della Corte d'appello di Palermo, il quale si unifor
merà ai principi innanzi esposti circa la natura giuridica del vin
colo archeologico.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1° set
tembre 1994, n. 7621; Pres. Di Ciò, Est. Boselli, P.M. De
Nunzio (conci, diff.); Bordignon (Aw. Prestaro, Bordignon,
Bolla) c. Carnio (Avv. Bottai, Lovadina). Conferma Trib.
Treviso 7 agosto 1991.
Possesso e azioni possessorie — Immobile locato — Esecuzione
di lavori di riparazione — Detenzione del conduttore — Per
manenza — Tutelabilità (Cod. civ., art. 1168, 1583, 1584).
Durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire ripara zioni nell'immobile locato, il conduttore, ancorché privato del
godimento del bene, non ne perde la detenzione, fino a quan do non sia pronunziata la risoluzione del contratto di locazio
ne, e può quindi tutelare la sua posizione di detentore auto
nomo — anche da sé direttamente, se la sua reazione ha ca
rattere di immediatezza — nei confronti del proprietario che,
terminati i lavori, rifiuti di restituirgli l'immobile. (1)
(1) Nel caso di specie il conduttore, che (secondo quanto accertato
dal giudice del merito) durante i lavori di restauro, pur essendosi allon
tanato dall'immobile locato, vi aveva lasciato alcuni arredi di sua pro
prietà, aveva tenuto una copia delle chiavi dei serramenti e continuato
a pagare l'utenza elettrica, a lavori ultimati si era fatto consegnare dal
l'operaio le chiavi dei nuovi serramenti, ai quali aveva poi apposto ser
rature di sicurezza. La pronunzia che si riporta fa applicazione congiunta di due principi
costantemente affermati, nel corso del tempo, dalla corte di legittimità:
a) il primo: che la perdita del godimento dell'immobile locato, du
rante il periodo in cui il proprietario debba eseguire riparazioni, non
fa venire meno (fino a quando non venga pronunziata la risoluzione
del contratto di locazione) la detenzione del bene da parte del condutto
re, con conseguente legittimazione di quest'ultimo a proporre azione
di spoglio ex art. 1168 c.c. nei confronti del proprietario che, a lavori
ultimati, rifiuti la restituzione dell'immobile: in tal senso v. Cass. 8
maggio 1980, n. 3041, Foro it., Rep. 1980, voce Possesso, n. 14; 9
marzo 1978, n. 1200, id., Rep. 1978, voce cit., n. 39; 30 aprile 1956, n. 1349, id., Rep. 1956, voce cit., n. 157 (tutte richiamate nella motiva
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con ricorso in data 7 maggio 1985 Bordignon Maria Pia, premesso di essere proprietaria di
immobile adibiti a pubblico esercizio e in precedenza locato a
Carnio Emilio, chiedeva al Pretore di Montebelluna di essere
reintegrata nel possesso del bene medesimo assumendo esserne
stata spogliata dal Carnio.
Fissata la udienza di comparizione, il Carnio eccepiva la de
tenzione autonoma, quale conduttore dell'immobile, protrattasi anche durante i lavori di restauro disposti dalla proprietaria lo
catrice.
Il pretore pronunciava provvedimento immediato di reintegra della istante nel possesso del bene, che veniva poi confermato
con sentenza 7 maggio/10 maggio 1986.
L'appello, interposto da Carnio Emilio, veniva accolto dal
Tribunale di Treviso con sentenza 20 giugno/7 agosto 1991.
Per l'essenziale il tribunale riteneva che il Carnio avesse con
servato la detenzione dell'immobile, quale conduttore, anche du
rante i lavori di ristrutturazione disposti dalla proprietaria e che
egli avesse agito, applicando serrature di sicurezza, nell'eserci
zio di autotutela.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione la
Bordignon deducendo due motivi. Il Carnio ha resistito con con
troricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo si deduce vio
lazione e falsa applicazione dell'art. 1168 c.c.
Sostiene la ricorrente che il tribunale ha errato nel ritenere
che la detenzione dell'immobile da parte del Carnio si sia pro tratta durante la esecuzione dei lavori di restauro quando per contro doveva ritenersi che lo stesso avesse abbandonato i loca
li (nel luglio 1983) a seguito della scadenza (nel giugno 1982) del contratto di affitto di azienda; che l'avere lasciato al Carnio
una copia delle chiavi e concesso di mantenere nell'immobile
«alcune suppellettili» era dipeso dalla carenza di urgenza dello
sgombero dei locali, mentre il continuo versamento dei canoni
da parte del Carnio (fino all'aprile 1984) nonché la scelta, ri
messa allo stesso, delle rifiniture (piastrelle, tinteggiatura . . .), del restauro dell'immobile erano da porsi in relazione al pro trarsi delle trattative per la conclusione di un nuovo contratto
di affitto; che la disponibilità delle chiavi, pure dei nuovi seda
zione). Per un'applicazione di tale principio, nel caso di un immobile
reso inagibile dal terremoto del novembre 1980 e del quale era stato
disposto il temporaneo rilascio ai sensi dell'art. 700 c.p.c., al fine di
consentire al locatore l'esecuzione di lavori urgenti di riattivazione, v.
Pret. Sapri 29 gennaio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 78 (annotata da G. Spagnuolo, in Rass. equo canone, 1985, 177; alla stessa vicenda
si riferisce Pret. Sapri 24 aprile 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Loca
zione, n. 876, e Arch, locazioni, 1984, 505, con nota di G. Spagnuolo,
che, concludendo il giudizio di merito susseguente al provvedimento ex art. 700 c.p.c., ha ribadito l'obbligo del conduttore di rilasciare l'im
mobile, per il tempo necessario, qualora il locatore debba eseguire nel
l'immobile danneggiato lavori urgenti di ripristino); ti) il secondo principio cui si rifà l'odierna sentenza è quello secondo
cui al soggetto passivo dello spoglio è consentita la difesa privata del
proprio possesso, anche mediante contrapposizione della forza, purché la reazione segua nell'attualità o con immediatezza rispetto all'azione dello spogliatore (vim vi repellere licet)-, condizioni, queste ultime, la
cui verifica spetta al giudice del merito: in proposito, oltre alle richia
mate Cass. 24 ottobre 1984, n. 5407, id., Rep. 1985, voce Possesso, n. 11; 29 gennaio 1973, n. 277, id., Rep. 1974, voce cit., n. 55, e 27
giugno 1969, n. 2320, id., Rep. 1969, voce cit., n. 62, v. anche Cass.
14 novembre 1972, n. 3385, id., Rep. 1972, voce cit., n. 73.
In dottrina v., per tutti, De Martino, Del possesso, in Commentario
Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1984, 131 ss.; E. Protetti, Le azioni
possessorie, Milano, 1989, 23 ss. e 384; F. Roselli, Il possesso e le
azioni di nunciazione, in Giur. sist. dir. civ. e comm. fondata da Bigia
vi, Torino, 1993 , 466 ss.
Circa l'obbligo del conduttore di rilasciare temporaneamente l'immo
bile locato, qualora il locatore debba eseguire in esso interventi di ripri stino urgenti e incompatibili con la permanenza di persone, v. anche
Pret. Milano, ord. 6 marzo 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Provvedi
menti di urgenza, n. 192 (per esteso in Arch, locazioni, 1991, 818, se
condo cui nel caso considerato può disporsi il rilascio in via cautelare
e urgente ex art. 700 c.p.c., ma solo per il tempo necessario all'esecu
zione delle opere indifferibili e con obbligo per il locatore di reimmette
re il conduttore nel godimento dell'immobile una volta ultimati i lavori, anche quando il locatore abbia già ottenuto un provvedimento di sfrat
to e sia in attesa della sua esecuzione); nonché, per i riflessi penalistici
(art. 677 c.p.), Cass. 24 novembre 1987, Guariglia, id., Rep. 1989, voce
Incolumità pubblica (reati e sanzioni), n. 45.
Il Foro Italiano — 1995.
menti, era imputabile ad arbitraria iniziativa del falegname; che
il pagamento — sempre da parte del Carnio — dell'utenza Enel
anche durante i lavori di restauro nonché la esecuzione — a
proprie spese — dell'impianto di allacciamento e distribuzione
del gas metano erano avvenuti senza renderne edotta essa pro
prietaria ed erano pur sempre conseguenza del protrarsi delle
trattative per la conclusione del nuovo contratto di affitto; che,
pertanto, l'avere ottenuto, nel modo anzidetto, le chiavi dei ser
ramenti sostituiti e l'avervi applicato serrature di sicurezza inte
gravano il denunciato spoglio del possesso di essa ricorrente.
Con il secondo motivo, denunciando «omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della con
troversia», la ricorrente deduce che nel comportamento del Car
nio «sarebbe mancata quella immediatezza nella reazione tale
da giustificare l'autotutela ravvisata dal tribunale».
I motivi, intimamente connessi, vanno congiuntamente esa
minati.
Non sono fondati. Secondo il consolidato orientamento di
questa corte «il conduttore che perda il godimento dell'immobi
le durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle
riparazioni, non perde anche la detenzione dell'immobile stesso
sino a quando non sia stata pronunciata la risoluzione del con
tratto di locazione e può pertanto proporre azione di spoglio contro il proprietario che, a lavori eseguiti, rifiuti la restituzio
ne dell'immobile» (v. Cass. 30 aprile 1956, n. 1349, Foro it.,
Rep. 1956, voce Possesso, n. 157; 9 marzo 1978, n. 1200, id.,
Rep. 1978, voce cit., n. 39; 8 maggio 1980, n. 3041, id., Rep.
1980, voce cit., n. 14). Tali principi sono conseguenti al carattere autonomo della
detenzione del conduttore, all'interesse proprio dello stesso alla
detenzione, diverso da quello del proprietario locatore e tutela
bile con l'azione di spoglio anche contro questi. Proprio a que sti principi si è attenuto il tribunale affermando che il Carnio
non ha perduto la detenzione dell'immobile durante i lavori di
ristrutturazione eseguiti dalla proprietaria — nell'ambito dei quali va ricondotta pure la sostituzione dei serramenti (id est, porte e finestre) — e ha agito nell'esercizio di autotutela e nei limiti
obiettivi di una reintegra facendosi consegnare dal falegname le chiavi dei nuovi serramenti e apponendovi serrature di si
curezza.
II protrarsi effettivo della detenzione dell'immobile, da parte del conduttore, fino agli atti denunciati dalla proprietà locatri
ce, è stato peraltro ritenuto dal tribunale pure con concreta e
specifica indagine di merito che, in quanto fondata su motiva
zione adeguata e esente da vizi logici, si sottrae al sindacato
di legittimità. È stato invero posto in risalto, nella decisione
impugnata, che il Carnio aveva trattenuto una copia delle chia
vi dei serramenti durante i lavori di restauro e che la circostan
za era nota alla proprietaria; che nell'immobile erano rimasti
«alcuni arredi» di proprietà dello stesso; che nel febbraio-marzo
1985 era stato perfino raggiunto «un nuovo accordo verbale
in ordine a un nuovo contratto di locazione»; che il Carnio
aveva pagato l'utenza Enel durante il periodo dei lavori e fatto
eseguire a sue spese l'impianto di allacciamento e distribuzione
del gas metano; che egli si era sovente recato a verificare lo
stato di avanzamento dei lavori.
Ne deriva che anche l'attualità e immediatezza dell'autotutela
del conduttore, rispetto all'azione della proprietaria locatrice,
trova riscontro in tutti gli elementi evidenziati dal tribunale.
Verificare poi se nel fatto concorrano le condizioni per la
difesa privata del proprio possesso, o della propria detenzione
qualificata, rientra nel compito del giudice del merito (v. Cass.
27 giugno 1969, n. 2320, id., Rep. 1969, voce cit., n. 62; 29
gennaio 1973, n. 277, id., Rep. 1974, voce cit., n. 55; 24 otto
bre 1984, n. 5407, id., Rep. 1985, voce cit., n. 11); e dalla
decisione impugnata emerge che tale accertamento è fondato
su motivazione logicamente corretta ed esauriente non solo con
riguardo alla relazione materiale con la cosa, ma anche attra
verso l'esame della posizione soggettiva dell'agente rispetto al
bene oggetto della detenzione.
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