+ All Categories
Home > Documents > sezione II civile; sentenza 10 febbraio 1997, n. 1214; Pres. Favara, Est. Santilli, P.M. Delli...

sezione II civile; sentenza 10 febbraio 1997, n. 1214; Pres. Favara, Est. Santilli, P.M. Delli...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: phamphuc
View: 213 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
3
sezione II civile; sentenza 10 febbraio 1997, n. 1214; Pres. Favara, Est. Santilli, P.M. Delli Priscoli (concl. conf.); Er. Dignoes e Hoeller (Avv. Placidi, Giudiceandrea) c. G., A. e Em. Dignoes (Avv. E. Romanelli, Lorenzi) e altri. Cassa App. Trento 30 gennaio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 743/744-745/746 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191832 . Accessed: 28/06/2014 18:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 18:11:52 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione II civile; sentenza 10 febbraio 1997, n. 1214; Pres. Favara, Est. Santilli, P.M. DelliPriscoli (concl. conf.); Er. Dignoes e Hoeller (Avv. Placidi, Giudiceandrea) c. G., A. e Em.Dignoes (Avv. E. Romanelli, Lorenzi) e altri. Cassa App. Trento 30 gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 3 (MARZO 1997), pp. 743/744-745/746Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191832 .

Accessed: 28/06/2014 18:11

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 18:11:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 10 feb

braio 1997, n. 1214; Pres. Favara, Est. Santilli, P.M. Del

li Priscoli (conci, conf.); Er. Dignoes e Hoeller (Avv. Placi

di, Giudiceandrea) c. G., A. e Em. Dignoes (Avv. E. Ro

manelli, Lorenzi) e altri. Cassa App. Trento 30 gennaio 1993.

Donazione — «Negotium mixtum cum donatione» — Negozio indiretto — Forma — Fattispecie (Cod. civ., art. 769, 782,

809, 1350).

Il negotium mixtum cum donatione, riconducibile alla figura del negozio indiretto, deve rivestire la forma propria dello

schema negoziale effettivamente adottato dalle parti (nella spe

cie, compravendita immobiliare per prezzo irrisorio rispetto al valore del bene, conclusa con scrittura privata auten

ticata). (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 28 giugno 1982 i sig. Giovanna, Antonia ed Emil Dignoes convennero davanti al Tribunale di Bolzano la cognata Magda lena Hoeller in Dignoes, esponendo che la loro madre Emma

Rigott vedova Dignoes, deceduta F8 dicembre 1980, aveva ven

ti) Nella fattispecie vagliata dalla odierna pronuncia il problema del la validità del negotium mixtum cum donatione viene in rilievo sotto il profilo esclusivamente formale, sicché la Suprema corte ha gioco fa cile nell'escludere che possa pronunciarsi la nullità del contratto per il mancato rispetto delle forme solenni imposte dalla disciplina della donazione. Per consolidata affermazione giurisprudenziale, infatti, è suf ficiente l'assolvimento degli oneri formali prescritti per lo schema nego ziale concretamente utilizzato: cfr. Cass. 23 febbraio 1991, n. 1931, Foro it., Rep. 1991, voce Donazione, n. 7; 28 novembre 1988, n. 6416, id., Rep. 1988, voce cit., n. 6; 28 novembre 1988, n. 6411, id., Rep. 1989, voce cit., n. 10, e Giur it., 1989, I, 1, 1897; nonché, con riferi mento ad una fattispecie qualificata come donazione indiretta, Trib. Catania 25 marzo 1993, Foro it., 1995, I, 696.

Il fondamento teorico di tale conclusione risiede nel ripudio dell'ibri da categoria del 'negozio misto' e del connesso criterio della prevalen za, i quali fanno spazio alla figura del negozio indiretto, inteso come strumento negoziale del quale le parti si avvalgono per realizzare o uno

scopo che non corrisponde alla sua propria causa, ma a quella di altro

contratto, ovvero uno scopo non realizzabile con alcuno strumento tipi co (v., da ultimo, M. Di Paolo, Negozio indiretto, voce del Digesto civ., Torino, 1995, XII, 124 ss.). Il criterio della prevalenza riemerge, peraltro, in Cass. 13 luglio 1995, n. 7666, Foro it., Rep, 1995, voce

cit., n. 9, al fine di tracciare la distinzione tra donazione remunerato

ria, che esige la forma solenne ed è configurabile quando prevale Vani mus donandi, e negozio a titolo oneroso, che non abbisogna di forme

particolari e si ha ogniqualvolta l'attribuzione patrimoniale viene effet tuata per finalità assorbenti rispetto all'animus donandi.

Ulteriore supporto all'esclusione della necessità della forma pubblica è il dato normativo offerto dall'art. 809 c.c., che non contempla l'art. 782 c.c. tra le disposizioni estensibili alle liberalità realizzate con atti diversi da quello tipico; nel senso che l'art. 809 c.c. va interpretato restrittivamente, allorché indica le norme applicabili alle liberalità che risultino da atti diversi dal contratto di donazione descritto dall'art. 769 c.c., v. Cass. 12 novembre 1992, n. 12181, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 11. Per la riconducibilità del negotium mixtum cum donatione nell'ambi

to della donazione indiretta, v. E.A. Emiliozzi, La donazione indiretta, in Giust. civ., 1994, II, 425 ss.

Sul piano sostanziale, invece, rimane aperta la questione della giusti ficazione causale della pattuizione con cui si addiviene al trasferimento di un bene a fronte di un corrispettivo di gran lunga inferiore al suo valore di mercato. Alla concezione secondo la quale, nei contratti di

scambio, il trasferimento di ricchezza richiede un minimo di proporzio nalità tra i rispettivi sacrifici e vantaggi, che sembrava destinata a sov vertire definitivamente la tradizionale ricostruzione fondata sul duali smo 'prezzo vile-prezzo irrisorio' (il cui momento culminante è rappre sentato da Cass. 20 novembre 1992, n. 12401, Foro it., 1993, I, 1506, con nota — critica, non sull'art del controllo causale dell'operazione negoziale, ma sul quomodo — di F. Caringella, Alla ricerca della causa nei contratti gratuiti atipici, e Corriere giur., 1993, 174, con nota, sostanzialmente adesiva, di V. Mariconda, Trasferimenti atìpici e nul lità per mancanza di causa), si contrappone quella che continua a non ravvisare il difetto dell'elemento causale nelle ipotesi in cui il prezzo non sia sprovvisto di una consistenza economica intrinseca (cfr. Cass. 28 agosto 1993, n. 9144, Foro it., 1994, I, 2489, con nota fortemente critica di F. Caringella, Vendita a prezzo irrisorio (o vile) e rilevanza causale della fattispecie traslativa: un (improbabile) ritorno al passato della corte di legittimità; Corriere giur., 1994, 218, con nota di V. Ma

riconda, Funzione della vendita e ammontare del prezzo; Contratti, 1994, 34, con nota di A. Calisse, Prezzo vile e prezzo simbolico nella

compravendita).

Il Foro Italiano — 1997.

duto, quando era in stato di incapacità di intendere e di volere, alla predetta degli immobili siti in Cortaccia al prezzo di lire

160.000 con contratto 2 aprile 1969, redatto per scrittura priva ta con firma autenticata, che dissimulava peraltro una donazio

ne, come risultava dall'esiguità del prezzo, irrisorio rispetto al

valore dei beni che si aggirava sui due milioni e dal fatto che

il corrispettivo non fosse stato comunque pagato; chiese pertan to che venisse dichiarata la nullità del contratto per simulazione

e comunque per mancanza della necessaria specifica forma del

l'atto pubblico in quanto dissimulante una donazione e che ve

nisse accertato l'obbligo della convenuta di restituire i beni ed

i frutti per ricostituire l'asse ereditario o quanto meno la quota di riserva o, nell'ipotesi che ne fosse impossibile la restituzione, di pagarne il controvalore; in subordine che, dichiarato che il

contratto costituiva una donazione indiretta, ne venisse pronun ciata la risoluzione.

Costituitasi, la convenuta resistette alla domanda, assumendo

che la tesi avversaria era smentita sia dal fatto che gli attori,

prospettando lo stato di incapacità di intendere e di volere della

madre, finivano con l'escludere il preteso spirito di liberalità

del contratto, sia dal fatto che la Rigott, mentre era ancora

in vita aveva promosso un'azione diretta ad ottenere la risolu

zione del contratto per mancato pagamento e non la declarato

ria di simulazione, e sulla quale poi lo stesso tribunale aveva

emesso una pronuncia di rigetto. Alla causa venne riunita altra controversia, iniziata con cita

zione notificata nello stesso giorno dai medesimi attori nei con

fronti del fratello Ernst Dignoes, marito della Hoeller, in cui

era stata proposta una domanda di identico contenuto relativa

mente al contratto di vendita di altri beni immobili siti in Cor

taccia, posta in essere dalla defunta madre nei confronti del figlio. Intervennero poi in causa, in rappresentazione di altro figlio

premorto della Rigott, la vedova Klara Terzer e i figli Herbert

e Klaus Dignoes, i quali aderirono alla domanda proposta dai

loro congiunti. L'adito giudice accolse parzialmente la domanda e dichiarò

la nullità dei contratti per difetto della necessaria forma, nel

presupposto che costituivano delle vendite miste a donazioni.

Secondo il giudice di primo grado la defunta Rigott aveva volu

to vendere gli immobili per cui è causa, ma con l'intento di

beneficare i congiunti, stabilendone un prezzo quasi simbolico.

Proposto gravame da parte dei convenuti, la Corte d'appello di Trento con sentenza non definitiva in data 30 gennaio 1993

confermò la decisione di primo grado, sia pure con diversa mo

tivazione, ritenendo che la forma dell'atto pubblico fosse neces

saria non per il solo fatto che si trattava di un negotium mix

tion cum donatione, ma perché, nella specie, il contratto preva lente doveva ritenersi la donazione, onde era da applicare la

disciplina prevista per quest'ultimo contratto. Osservò che la

prevalenza della donazione risultava dai seguenti elementi: a) la grande sproporzione tra il prezzo previsto ed il valore degli immobili; b) dal legame familiare e la convivenza tra i con

traenti; c) dal testamento della Rigott, nel quale, pur confer

mandosi le vendite, si valutavano tali contratti come un benefi

cio per i compratori e cioè una sorta di anticipo dei loro diritti

ereditari, tanto da imporre ai beneficiati l'onere di provvedere alle sue spese funerarie.

Avverso la sentenza Ernst Dignoes e Magdalena Hoeller han

no proposto ricorso con atto notificato il 5 aprile 1993, dedu

cendo tre motivi; resistono con controricorso solo Giovanna, Antonia ed Emil Dignoes.

Motivi della decisione. — Con un primo motivo si denuncia

la violazione e falsa applicazione degli art. 769, 770, 782, 809

e 1350 c.c. per avere il giudice di appello ritenuto che si appli casse al negotium mixtum cum donatione, quanto alla forma, la disciplina del negozio prevalente e non quella del negozio con il quale si era realizzata indirettamente la liberalità.

Il motivo è fondato. Si deve al riguardo rilevare che l'errore

del giudice di appello pare essere stato facilitato da una impro

pria qualificazione della fattispecie costituita dal negotium mix

tum cum donatione, che deve ricondursi non tanto alla figura del contratto misto (nel senso in cui esso è inteso dalla dottrina

e cioè come un contratto innominato ottenuto combinando due

schemi negoziali tipici e ad a cui si applica la disciplina norma

tiva del negozio prevalente), quanto invece al c.d. negozio indi

retto, connotato dalla utilizzazione di un negozio tipico in vista

della realizzazione di uno scopo ulteriore o diverso rispetto a

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 18:11:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quello del negozio posto in essere. Orbene nel negotium mix

tion cum donatione, che è il contratto con il quale le parti volu

tamente stabiliscono un corrispettivo di gran lunga inferiore a

quello che sarebbe dovuto, con l'intento l'una di arricchire l'al

tra, si è in presenza di una situazione giuridica peculiare, carat

terizzata dal fatto che le parti si servono di un contratto onero

so con l'intento ulteriore di far conseguire ad una di esse un

arricchimento a titolo gratuito, in modo cioè da piegare la cau

sa tipica del contratto adottato alla realizzazione di una finalità

di liberalità. Poiché il negozio indiretto costituisce una delle espressioni

dell'autonomia privata, la forma negoziale, in linea di princi

pio, non può che essere quella del negozio adottato e non quel la del negozio che in modo tipico è previsto dall'ordinamento

per la realizzazione della causa al cui perseguimento è stata pie

gata la funzione del negozio posto concretamente in essere. Il

principio vale anche per le donazioni indirette, tanto più che

esso, lungi dal trovare ostacolo nel dato normativo, ne riceve

invece conferma, come si può desumere dall'art. 809 c.c., che, stabilendo quali siano le norme sulle donazioni che si applicano

agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quello

tipico di cui all'art. 769 c.c., non richiama tra di esse quella che prescrive la specifica forma dell'atto pubblico (art. 782 c.c.) richiesta per la donazione. E d'altro canto non si è mancato

di osservare che, facendo la norma sulla forma della donazione

parte di quelle disposizioni volte a realizzare (per evitare che

lo spirito di liberalità possa trasformarsi in un pregiudizio del

donante) la tutela del medesimo (di regola con strumenti che

operano in modo preventivo) essa, a differenza delle norme che

assicurano la tutela dei terzi, non può essere estesa a quei nego zi che perseguono l'intento di liberalità con schemi negoziali

previsti per il raggiungimento di finalità di altro genere: troppo radicale sarebbe infatti in tal caso il sacrificio dell'autonomia

privata alla quale si deve ricondurre il potere delle parti di av

valersi delle figure negoziali per perseguire finalità lecite e, co

me tali, atte a trovare nell'ordinamento il loro riconoscimento.

Pertanto, poiché il negotium mixtum cum donatione non deve

rivestire la forma del contratto di donazione, ma invece quella

propria dello schema negoziale effettivamente adottato (v. Cass.

23 febbraio 1991, n. 1931, Foro it., Rep. 1991, voce Donazio

ne, n. 7; 28 novembre 1988, n. 6411, id., Rep. 1988, voce cit., n. 7; 27 febbraio 1986, n. 12266, id., Rep. 1986, voce cit., n.

3), la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad al

tra sezione della Corte d'appello di Brescia, la quale deciderà

la causa attenendosi all'enunciato principio di diritto.

Rimangono assorbiti gli altri motivi con i quali era stato de

dotto il vizio di motivazione in ordine all'accertamento del fine

di liberalità nei contratti per cui è causa e della prevalenza della

donazione sulla vendita.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 8 feb

braio 1997, n. 1199; Pres. Sammartino, Est. Fantacchiotti, P.M. Sepe (conci, conf.); Girardello (Avv. Moscarini, La

vazza) c. Giacobbi (Avv. Barbato, Semini). Conferma App.

Venezia 22 ottobre 1993.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Preliminare di

vendita — Appartamento abusivo — Concessione in sanato

ria — Inesistenza — Esecuzione in forma specifica — Inam

missibilità (Cod. civ., art. 2932; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,

sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 40).

Non si può dar luogo a trasferimento coattivo mercé sentenza

sostitutiva del definitivo dovuto dalle parti di un contratto

preliminare relativo alla vendita di un appartamento di edifi cio in costruzione, qualora dagli atti processuali non risulti

che il promittente venditore abbia dichiarato gli estremi della

Il Foro Italiano — 1997.

licenza edilizia o della concessione in sanatoria con la men

zione del versamento delle prime due rate della relativa

oblazione. (1)

Svolgimento del processo. — Rino Girardello, promittente ac

quirente dell'appartamento a pianoterra di un edificio in co

struzione posto in Dommegge di Cadore, ha chiamato in giudi zio la promittente venditrice, Carla Giacobbi Vocaturo, che, pur avendo ricevuto l'intero prezzo concordato (lire 18.000.000) ha

rifiutato di stipulare il contratto definitivo, chiedendo che sia

pronunciata, nei suoi confronti, sentenza che tenga luogo del

contratto non concluso, ai sensi dell'art. 2932 c.c.

(1) Il decisum della Cassazione non rappresenta una novità nel pano rama della giurisprudenza in tema di rapporti tra esercizio in forma

specifica dell'obbligo di concludere un contratto e regime della incom merciabilità dei manufatti abusivi, introdotto con 1. n. 47 del 28 feb braio 1985, notoriamente conosciuta come legge sul condono edilizio. Per giurisprudenza unanime la sanzione di nullità, comminata dall'art. 40 1. 47/85 per l'atto di vendita di costruzione edilizia stipulato in difet to dei requisiti di contenuto imposti dal medesimo articolo, si traduce in preclusione all'esecuzione in forma specifica del preliminare avente ad oggetto il trasferimento dell'unità edilizia (cfr. Cass. 13 agosto 1996, n. 7552, Foro it., Mass., 684; clarius, Cass. 9 dicembre 1992, n. 13024, id., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 326; Trib. Catania 3 marzo

1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 317). Perché le parti possano fare richiesta al giudice di emettere sentenza costitutiva del diritto di pro prietà dell'immobile abusivo, occorre allegare la documentazione com

provante l'avvenuta presentazione della domanda in sanatoria di cui alla legge sul condono edilizio (v. Trib. Verona 16 gennaio 1987, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 838).

La problematica in discorso e la soluzione giurisprudenziale ad essa relativa sono logicamente riferibili anche ai contratti preliminari che vincolano le parti (ovvero una di esse) alla stipula di un contratto defi nitivo destinato a dar luogo ad una delle vicende contemplate dall'art.

17, 1° comma, 1. 47/85, vale a dire al «trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro

parti, la cui costituzione è iniziata dopo l'entrata in vigore della presen te legge», e dall'art. 18, 2° comma, 1. cit., precisamente al «trasferi mento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali re lativi a terreni» (con riferimento alla fattispecie prevista da quest'ulti ma disposizione, cfr. Cass. 2 aprile 1996, n. 3028, specialmente in

motivazione, id., 1996, I, 2036; 9 luglio 1994, n. 6493, id., Rep. 1994, voce cit., 494).

Per altro verso, la posizione in argomento della sentenza riportata collima nettamente col pacifico orientamento giurisprudenziale che su bordina l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto al requisito della possibilità giuridica e di fatto di stipulare l'atto traslativo, ossia, in negativo, all'assenza di circostanze di fatto o di diritto che impediscono alla sentenza di realizzare il risultato del contratto definitivo (v. Cass. 16 dicembre 1992, n. 13282, id., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n. 382; 8 maggio 1991, n. 5119, id., 1991, I, 3373, con nota di richiami di F. Caso; App. Palermo 23 gen naio 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 328; Cass. 8 novembre 1983, n. 6587, id., 1984, I, 465; e, a proposito di preliminari di vendita relati vi a lottizzazioni abusive, v. Trib. Napoli 28 ottobre 1983, id., Rep. 1985, voce cit., n. 224; Trib. Agrigento 29 giugno 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 150).

La dottrina è sostanzialmente conforme all'orientamento giurispru denziale. Cfr. Areniello, Validità del preliminare di vendita di fabbri cati abusivi, in Corriere giur., 1994, 88; Checchini, Nullità formale e nullità sostanziale nell'alienazione dì immobili irregolari, in Riv. giur. urbanistica, 1986, 411. Sull'ambito di operatività degli art. 17, 18 e 40 1. 47/85, oltre agli autori citati, v. Vignali, Inapplicabilità ai con tratto preliminare dell'art. 40 l. 47/85, in Corriere giur., 1993, 633; Santarcanoelo, Condono edilizio. Formalità e nullità degli atti tra

vivi, Milano, 1991, passim; Mariconda, Nullità urbanistiche e discipli na generale del contratto nullo: le nullità relative ai terreni, in Corriere

giur., 1987, 751; Monaco, La «circolazione» degli edifici nel quadro della disciplina urbanistica, in Riv. giur. urbanistica, 1987, 543; Donisi, Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Napoli, 1986, 59; Alpa, Que stioni relative alla nozione di nullità nella legge di condono edilizio, in Riv. giur. edilizia, 1986, I, 100.

Nondimeno, dalla parte motiva della sentenza in rassegna emerge un dato da non trascurare: segnatamente, la preoccupazione per il promit tente acquirente circa l'impossibilità «di procurarsi la copia della do manda di concessione in sanatoria e la conseguente situazione di van

taggio in cui si troverebbe il promittente venditore che, omettendo di

produrre la domanda [in giudizio: n.d.r.], potrebbe a suo piacimento impedire il trasferimento coattivo». Sul punto, la soluzione prospettata dai giudici di legittimità si fonda essenzialmente su due strumenti nor mativi: il potere attribuito al giudice del merito, ai sensi dell'art. 213

c.p.c., di richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informa zioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa,

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 18:11:52 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended