sezione II civile; sentenza 11 agosto 1997, n. 7470; Pres. Girone, Est. Cristarella Orestano, P.M.Carnevali (concl. conf.); Ferrari (Avv. Morelli, Bastreri) c. Ramazzotti (Avv. De Majo,Monteverde) e altra. Conferma App. Genova 17 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 12 (DICEMBRE 1997), pp. 3575/3576-3581/3582Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191777 .
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3575 PARTE PRIMA 3576
menti di fatto e l'applicazione di nozioni tecniche, è rimesso
al giudice del merito e il relativo giudizio è incensurabile in sede
di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione congrua
ed esente da vizi logici ed errori di diritto.
5.3. - Nel caso specifico, a tali principi i giudici di merito si sono attenuti allorché — lungi dall'affermare, come si adom
bra in ricorso, la responsabilità del professionista sulla base del
l'erronea scelta difensiva da cui era derivato per il cliente l'esito
negativo del giudizio — da un lato, hanno fondato la loro pro
nuncia sull'accertamento della colpa in cui il medesimo profes
sionista era incorso per non aver adottato quella cautela che
il caso concreto richiedeva, vale a dire l'invio di altra disdetta
essendo discutibile se quella precedente per recesso fosse effica
ce, venendo così meno al dovere di diligenza; e, dall'altro, han
no ritenuto che la prestazione che il professionista era chiamato
ad eseguire non involgeva la soluzione di problemi di particola
re difficoltà. L'apprezzamento e l'accertamento anzidetti, oltre ad essere
del tutto conformi ai principi di diritto avanti richiamati in te
ma di responsabilità professionale, sono sorretti da motivazione
adeguata e corretta, per cui si sottraggono alle censure ad essi
mosse dal ricorrente.
Per dimostrare l'esattezza dell'accertamento e valutazione della
colpa professionale, con esclusione quindi dei denunciati vizi
motivazionali, è sufficiente rilevare che l'impugnata sentenza
ha posto l'attenzione su quello che avrebbe dovuto essere il com
portamento del legale, sottolineando come la fattispecie concre
ta richiedeva l'adozione di specifica cautela, dal professionista non adottata, e cioè l'invio della dichiarazione di disdetta per
finita locazione, necessaria per garantire il cliente dalla soluzio
ne negativa di questioni controverse.
E tale giudizio sulla colpa professionale, correttamente ed ade
guatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità, es
sendo stato ancorato ad un accertamento di fatto in merito al
l'eccezione della mancata adozione della richiesta cautela, non
contestata e che avrebbe determinato sicuramente il buon esito
della vicenda.
Né vale ad escludere la responsabilità del professionista l'e
ventuale concorso di colpa del Caroni per non aver impugnato con ricorso per cassazione la decisione sfavorevole del Tribuna
le di Siena, perché è giurisprudenza costante di questo Supremo
collegio che non rientra tra i doveri di correttezza, di cui all'art.
1227 c.c., quello di intraprendere una azione giudiziaria con
accollo dei costi e dei rischi relativi (Cass. 21 aprile 1993, n.
4672, id., Rep. 1993, voce Obbligazioni in genere, n. 39; 26
gennaio 1980, n. 643, id., Rep. 1980, voce Responsabilità civi
le, n. 55). 5.4. - La corte fiorentina ha dato, quindi, adeguata ragione
del suo convincimento con il ritenere la colpa dell'avv. Becchi
in conseguenza dei fatti predetti nei quali ha ravvisato la sussi
stenza della mancanza di diligenza professionale. La motivazione dei giudici di merito è, altresì, ineccepibile
sotto il profilo della coerenza logica e in perfetta armonia con
i principi di carattere generale sopra esposti. I punti sui quali il ricorrente si duole si rivelano, in definiti
va, esenti da censura, trattandosi di apprezzamenti di fatto non
sindacabili in questa sede di legittmità, in quanto immuni da
vizi logici e giuridici. In conclusione il ricorso principale va rigettato. 6. - Il ricorso incidentale, essendo stato espressamente propo
sto in forma condizionata all'accoglimento del ricorso principa
le, resta assorbito.
li Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 ago
sto 1997, n. 7470; Pres. Girone, Est. Cristarella Oresta
no, P.M. Carnevali (conci, conf.); Ferrari (Avv. Morelli,
Bastreri) c. Ramazzotti (Avv. De Majo, Monteverde) e al
tra. Conferma App. Genova 17 settembre 1994.
Simulazione in materia civile — Simulazione relativa — Terzo
acquirente — Coniuge — Esclusione (Cod. civ., art. 177, 179,
184, 1415, 1416) Simulazione in materia civile — Principio di prova scritta (Cod.
civ., art. 1414, 1417, 2724).
Al coniuge in comunione legale è opponibile la donazione di
un appartamento in favore dell'altro coniuge operata da un
terzo simulando l'acquisto dell'immobile in favore della co
munione, in quanto il coniuge non riveste la qualità di terzo
acquirente in buona fede. (1)
(1) Non risultano precedenti in termini.
Il caso portato all'esame della Suprema corte è abbastanza semplice:
Tizia, volendo donare a Caio, coniugato in regime di comunione legale dei beni con Mevia, un appartamento (al fine di pagare un'imposta
più ridotta), simula, d'intesa con Caio, una vendita. Mevia sostiene
l'inopponibilità a sé dell'atto dissimulato, in quanto terza rispetto alle
parti della simulazione, ai sensi dell'art. 1415 c.c., rivendicando l'ac
quisto alla comunione dell'appartamento ex art. 177, lett. c), c.c.
La corte, nel risolvere l'esposta questione, si riporta ad un principio costantemente affermato in tema di fallimento: la simulazione del prez zo di una vendita è opponibile al fallimento, in quanto l'apparenza, nel caso di specie, non attiene alla titolarità del diritto, ma al carattere
oneroso anziché gratuito dell'acquisto. In particolare, nella giurispru denza richiamata dalla corte in motivazione, si osserva da un lato che
il curatore fallimentare, pur essendo soggetto diverso dalla persona del
fallito, quale organo pubblico della procedura fallimentare, non è un
terzo che in buona fede abbia acquistato diritti dal titolare apparente, e dall'altro che gli art. 1415 e 1416 c.c. regolano le sole ipotesi di simu
lazione assoluta e di interposizione fittizia. Nel senso indicato, da ulti
mo, v. Cass. 26 settembre 1996, n. 8500, Foro it., Rep. 1996, voce
Fallimento, n. 398; lo stesso curatore, al contrario, è dalla giurispru denza considerato terzo ove faccia valere la simulazione, al fine di recu
perare un'attività al patrimonio del fallito, v. Cass. 19 novembre 1994, n. 9835, id., Rep. 1995, voce Simulazione civile, n. 18, e Fallimento,
1995, 628. In materia di legittimazione attiva all'azione di simulazione, si è os
servato che il terzo non può impugnare l'atto se il suo diritto non esiste
attualmente; in tal senso v. Cass. 20 gennaio 1994, n. 464, Foro it.,
Rep. 1995, voce cit., n. 11, e Giur. it., 1995, I, 1, 696, con nota di
Masucci. In giurisprudenza il coniuge, conformemente ai principi generali, ai
fini della simulazione, è stato considerato terzo nell'ipotesi in cui fosse
creditore, in quanto separato, di un assegno di mantenimento (Cass. 30 gennaio 1990, n. 644, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 16, e Giur.
it., 1990, I, 1, 1101). Analoga soluzione è stata data all'ipotesi del co
niuge istante per l'assegno di divorzio (Cass. 5 luglio 1982, n. 3993, Foro it., Rep. 1982, voce Matrimonio, n. 148).
Il principio espresso in massima, pur non trovando in giurisprudenza un precedente in termini, è implicito ove si afferma che il coniuge del
l'acquirente di un immobile, estraneo alla stipulazione dell'atto, non è litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal venditore per l'ac certamento della simulazione, perché l'inclusione del bene nella comu nione legale (ex art. 177 c.c.) costituisce un effetto ope legis dell'effica cia e validità del titolo d'acquisto (Cass. 17 ottobre 1992, n. 11428, id., Rep. 1992, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 12). In par ticolare, osserva la corte, «la controversia riguardava la simulazione o meno dell'atto di acquisto, al quale era rimasta estranea la moglie, che, essendo diventata comproprietaria ex lege, era destinata a subire
solo indirettamente gli effetti di una pronuncia sfavorevole nei confron
ti del marito» (la pronuncia si legge per esteso in Caravaglios, La comunione legale, Milano, 1995, I, 325).
Cass. 29 ottobre 1992, n. 11773, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n.
19, e Dir. e giur. agr. e ambiente, 1993, 355, con nota di Jannarelli, ha stabilito che, nel caso di azione di annullamento della compravendi ta di un fondo, il coniuge in comunione legale dei beni, che non è stato parte del contratto, non è litisconsorte necessario nel giudizio di annullamento del medesimo (rispetto al quale è stato ed è estraneo). «I coniugi non si presentano come subacquirenti nei confronti di colui che ha formalmente venduto ad uno solo di essi. (. . .) Principio gene rale del nostro ordinamento è infatti la personalità dell'acquisto mentre le eccezioni sono configurabili in un ambito assai ristretto (mandato con rappresentanza, acquisto da parte di organi di persone giuridiche); ne consegue che parte contrattuale non diventa anche il coniuge che
all'acquisto sia rimasto estraneo; egli beneficerà soltanto ope legis degli effetti di tale acquisto».
Analogamente, la dottrina, analizzando l'oggetto della comunione le
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ai fini della prova della simulazione tra le parti, costituiscono
principio di prova scritta una scrittura privata ed un testa
mento olografo, provenienti da una delle parti del contratto
che si assume simulato, anche nei confronti del coniuge del
l'altro contraente. (2)
Svolgimento del processo. — Nel maggio del 1989 Bruno Ra
mazzotti convenne in giudizio, avanti il Tribunale di Genova, Palmira Perasso e la propria moglie Elba Ferrari, da cui soste
neva di essere separato di fatto sin dal 1968, esponendo: — che con rogiti del 19 dicembre 1983 e del 5 gennaio 1985
la Perasso aveva venduto ad esso Ramazzotti rispettivamente la nuda proprietà di un appartamento sito in Genova, via Nizza
n. 7/1, e un appartamento sito nella via Teodosia n. 1/10 della
stessa città; — che tali atti di vendita erano simulati per fini fiscali e dis
simulavano, in realtà, delle vere e proprie donazioni, come com
provato da una scrittura privata del 20 dicembre 1980, contro
firmata da tal Pietro Molinelli, in cui la Perasso dichiarava di
donare tutti gli immobili di sua proprietà ad esso esponente in cambio delle cure che egli le apprestava, e da un testamento
olografo datato 2 dicembre 1983, consegnato a mani del notaio
Segalla di Genova, col quale la stessa Perasso gli lasciava tutti
i propri beni alla condizione che si curasse di lei in vita.
Chiese, pertanto, dichiararsi la simulazione e l'inefficacia delle
gale e le modalità di acquisto alla stessa, ha osservato: «Non si tratta di una fattispecie acquisitiva autonoma, diversa e ulteriore rispetto al
l'atto, tale ad esempio da far pensare che il coniuge estraneo all'atto
possa essere considerato come avente causa, o subacquirente dell'altro»
(Bessone, Alpa, D'Angelo, Ferrando, Spallarossa, La famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 1995, 165; a sostegno dell'affermazione ripor tata è citata Trib. Verona 16 settembre 1983, Foro it., Rep. 1984, voce
Famiglia (regime patrimoniale), n. 41, in cui è stato escluso che ricorra no i presupposti per l'esercizio del retratto successorio (art. 732 c.c.), nell'ipotesi in cui un coerede abbia venduto la propria quota di eredità ad altro coerede coniugato in regime di comunione legale dei beni). Nella stessa prospettiva si muove Bocchini, Rapporto coniugale e cir
colazione dei beni, Napoli, 1995, 72, che afferma: «Solo il coniuge agente è legittimato ad esercitare le azioni di annullamento e di rescissione ed è legittimato passivo nelle medesime azioni. Viceversa i poteri ine renti alla fase funzionale del contratto (. . .) ed in genere quelli attinen ti alla realizzazione e tutela del diritto acquistato spettano ad entrambi i coniugi (. . .), non si può riconoscere al coniuge non contraente la
qualità di terzo, per fargli godere il trattamento a questo riservato dalla
legge in sede di rescissione e di risoluzione».
Infine, è stato osservato che non rientrano in comunione quegli ac
quisti che non costituiscono il momento conclusivo di una vicenda eco
nomica, bensì si inseriscono, come momento intermedio, in una fatti
specie complessa (Morelli, Il nuovo regime patrimoniale della fami glia, Padova, 1996, 75); e tale può considerarsi quella che ricomprende il contratto simulato, il contratto dissimulato e le controdichiarazioni.
Quanto alla nozione di terzo, in una monografia del 1922, F. Ferra
ra, commentando l'art. 1319 del codice del 1865, osservava «. . . la simulazione dev'essere opposta dai contraenti o loro rappresentanti o loro eredi — dalla quale formula s'induce per esclusione la nozione
negativa di terzi, che sono appunto quelli che non hanno in alcuna
guisa figurato nel contratto simulato, o non vi furono rappresentati, o non ne sono i successori universali . . . Sotto il concetto ampio di terzi perciò vanno compresi gli aventi causa a titolo particolare dalle
parti, acquirenti, subacquirenti, concessionari d'un diritto reale, ecc., ed i creditori chirografari» (Ferrara, Della simulazione dei negozi giu ridici, Roma, 1922, 272).
Questa impostazione, che identifica i terzi ex art. 1415 c.c. con gli aventi causa a titolo particolare dal simulato acquirente, senza soffer
marsi sul criterio distintivo tra la posizione di parte e quella di terzo, è poi stata riproposta in tutta la dottrina che si è occupata del contratto
simulato; così si parla di inopponibilità della simulazione ai «terzi che
abbiano trascritto il proprio titolo prima della trascrizione della do
manda» delle parti (Pellicanò, Il problema della simulazione nei con
tratti, Padova, 1988, 118). Nello stesso senso, v. Pellicano, in Com
menario a cura di Cendon, Torino, 1991, IV, 722; Bianca, Diritto
civile. 3. Il contratto, Milano, 1987, 666; Mirabelli, Dei contratti in
generale, Torino, 1980, 465.
Più recentemente si è osservato che «gli art. 1415 e 1416 . . . sono
concepiti in lingua processuale ... ma dietro al linguaggio processuale, essi chiaramente individuano il fenomeno sostanziale dell'acquisto del
terzo e dell'efficacia dell'atto di esecuzione del creditore. La protezione è limitata agli acquirenti a non domino, qualificati dalla loro situazione
Il Foro Italiano — 1997.
due compravendite e sancirsi la piena validità ed efficacia degli atti di donazione con esse dissimulati.
Le convenute si costituirono e, mentre la Perasso aderì inte
gralmente alle pretese attoree, la Ferrari, premesso che era se
parata solo di fatto dal marito attore e che pertanto sussisteva
ancora la comunione legale dei beni tra loro due, contestò che i due contratti dissimulassero delle donazioni ed eccepì, in ogni caso, l'inopponibilità ad essa Perasso, quale terza, ai sensi del
l'art. 1415 c.c., dei sottostanti atti dissimulati, l'irrilevanza pro batoria della scrittura privata e del testamento, in quanto privi di data certa nei suoi confronti, e l'inammissibilità, ex art. 1417
c.c., della prova testimoniale dedotta ex adverso. Chiese, inol
tre, in via riconvenzionale, riconoscersi che gli immobili di cui
sopra, siccome acquistati dal marito in costanza del matrimo
nio, costituivano oggetto di comunione legale. Con sentenza del 2 luglio 1992 il tribunale, aderendo alla tesi
attorea, dichiarò che le due compravendite immobiliari erano
simulate e dissimulavano due atti di donazione e sancì, altresì, la piena validità ed efficacia di tali donazioni anche nei con
fronti della Ferrari.
Proposto gravame da quest'ultima, la Corte d'appello di Ge
nova, con la sentenza precisata in epigrafe, nella resistenza del
Ramazzotti e della Perasso, ha confermato integralmente la de
cisione di primo grado.
Quanto alla questione dell'opponibilità della simulazione ai
terzi acquirenti di buona fede, la corte ligure, pur condividendo
sostanziale» (Sacco, Simulazione. I. Diritto civile, voce de\VEnciclope dia giuridica Treccani, 1992, 5).
In una posizione particolare si pone Auiucchio, La simulazione nel
negozio giuridico, Napoli, 1957, 131, che, considerando il problema dell'individuazione dei «terzi» previsti dall'art. 1415 c.c., osservava: «esiste tutta una serie di persone estranee alla formazione del contratto il cui interesse alla situazione effettuale si gradua in modo diverso». Esami
nava, quindi, le ipotesi di contratto simulato a favore del terzo: la si mulazione è opponibile al terzo (art. 1413 c.c.), pur non essendo questi parte del contratto, e di cessione del contratto simulato: la simulazione è opponibile al cessionario... «la diversità è tutta nel restare all'interno o nel porsi all'esterno dell'apparente autoregolamento di interessi . . . il criterio generale per la soluzione sarà sempre di vedere se il contratto
apparente si ponga in rapporto di causalità giuridica con il diritto con
testato, oppure al suo esterno, in una posizione analoga a quella di un mero presupposto di fatto. Nel primo caso si dovrà dire che il dirit to non sussiste mai, per la stessa mancanza della fonte; nel secondo, invece, si avrà rilevanza del negozio simulato, poiché non è in questione un suo effetto in senso stretto».
(2) Perché sussista il principio di prova scritta a norma dell'art. 2724
c.c., è necessario che la scrittura di riferimento provenga dalla persona contro cui è fatta valere e che esista un nesso eziologico tra lo scritto ed il fatto controverso (Cass. 24 gennaio 1992, n. 802, Foro it., Rep. 1992, voce Prova documentale, n. 6, e Giur. it., 1992, I, 1, 1908). Il principio di prova scritta non può essere desunto dallo stesso atto
impugnato, mentre è, invece, necessario che lo scritto concerna non direttame.'te il fatto da provare, ma un fatto diverso (Cass. 22 marzo
1990, n. .401, Foro it., 1991, I, 224, con nota di D. Bellantuono; Trib. Moi za 25 maggio 1991, id., Rep. 1992, voce Simulazione civile, n. 26, e loro pad.,, 1992, I, 97, con nota di Latella). Quando per il negozio non è prevista la forma scritta, il documento contenente la dichiarazione non sottoscritta dalle parti, comunque inidoneo a valere come scrittura privata, costituisce principio o elemento di prova scritta
(Cass. 29 marzo 1982, n. 1936, Foro it., Rep. 1982, voce Prova docu
mentale, n. 8). Non costituisce principio di prova scritta una bozza contrattuale priva delle sottoscrizioni delle parti (Cass. 26 gennaio 1987, n. 720, id., Rep. 1987, voce Prova testimoniale, n. 5). Il principio di
prova scritta può essere desunto da lettere o da altri documenti prove nienti dalla controparte (Cass. 29 aprile 1980, n. 2833, id., Rep. 1980, voce Simulazione civile, nn. 12, 27).
Le limitazioni, previste dall'art. 1417 c.c. alla prova testimoniale tra le parti, sono poste a tutela degli interessi privati e possono, quindi, formare oggetto di rinuncia, anche tacita (Cass. 22 maggio 1997, n.
4564, id., Mass., 428; 19 febbraio 1997, n. 1538, ibid., 148). La simulazione assoluta può essere provata anche solo tramite indizi
o presunzioni (Cass. 8 ottobre 1993, n. 9979, id., 1995, I, 1, 317). Nel senso, infine, che la prova della simulazione del prezzo della ven
dita non incontra fra le parti i limiti dettati dall'art. 1417 c.c., v. Cass. 24 aprile 1996, n. 3857, id., Rep. 1996, voce cit., n. 9.
La prova testimoniale è ammessa senza limiti, tra le parti, ove diretta
a far valere l'illiceità del contratto dissimulato (da ultimo, v. Cass. 27 settembre 1994, n. 7878, id., 1995, I, 1227, con nota di D'Aquino).
Tra gli scritti più recenti, v. Conserva, Sulla prova della simulazione
assoluta, in Giur. pugliese, 1995-1996, 382.
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3579 PARTE PRIMA 3580
l'insegnamento di questo Supremo collegio secondo cui non osta
alla realizzazione della fattispecie prevista dall'art. 1415, 1° com
ma, c.c. la mancanza di una convenzione negoziale fra il titola
re del diritto ed il terzo acquirente, con conseguente estensione
della tutela al coerede nel caso previsto dall'art.732 c.c. e all'af
fittuario del fondo nel caso di riscatto agrario, ha ritenuto tut
tavia che la figura del terzo acquirente di buona fede non possa essere dilatata fino al punto di comprendervi anche il coniuge non contraente in regime di comunione legale, poiché l'acquisto di costui per effetto automatico del contratto posto in essere
dall'altro coniuge non solo differisce ictu oculi dalla previsione del 1° comma dell'art. 1415 c.c. — in cui sono evidenti l'esigen za di tutela della buona fede del terzo e la necessità di protezio ne del traffico giuridico e dove la dinamica dell'acquisto è net
tamente diversa da quella del coniuge in regime di comunione
legale — ma non è neppure assimilabile al diritto potestativo che nasce rispettivamente a favore dell'erede nel caso di retratto
successorio e dell'affittuario del fondo nell'ipotesi di riscatto
agrario.
Quanto alla questione della prova della simulazione, il giudi ce d'appello ha osservato che la scrittura privata e il testamento
olografo prodotti in giudizio, atti, come erano, a rendere vero
simili i fatti allegati poiché provenivano dalla persona Contro
cui era diretta la domanda e dimostravano il suo intento di tra
sferire a titolo gratuito al Ramazzotti gli immobili, costituivano
principio di prova scritta, ex art. 2724 c.c., tale da rendere le
gittima l'ammissione, inter partes, della prova a mezzo dei te
stimoni Molinetti e Segalla dalle cui deposizioni, sicuramente
attendibili, si traeva il convincimento della simulazione.
Ricorre per cassazione Elba Ferrari sulla base di due motivi,
poi illustrati con memoria, ai quali il Ramazzotti replica con
controricorso. Nessuna attività difensiva risulta svolta in questa sede dall'intimata Palmira Perasso.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di ricorso —
denunziandosi, ex art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa appli cazione dell'art. 1415 c.c. in relazione agli art. 177 e 184 c.p.c. — si rimprovera ai giudici del merito di non aver saputo coglie re il reale significato delle norme di cui sopra e di avere, quindi, escluso la qualità di terzo acquirente di buona fede nel coniuge in regime di comunione legale che ha fatto tranquillo affida
mento nell'automatico incremento del patrimonio comune per effetto dell'acquisto compiuto dall'altro coniuge.
Viene richiamato, al riguardo, l'insegnamento di questa Su
prema corte secondo cui chiunque sia titolare di un diritto e
10 veda pregiudicato da un negozio simulato è, per ciò solo, un terzo cui il negozio dissimulato non può essere opposto e
l'altro, più specifico, secondo il quale il coniuge in regime di
comunione legale è terzo, nel caso di interposizione reale, in
virtù dell'art. 177 c.c.
Le censure non hanno fondamento. Invero, la ratio delle norme
dettate dagli art. 1415, 1° comma, e 1416 c.c. risiede, come è noto, nell'esigenza di salvaguardare la certezza nella circola zione dei beni oggetto del negozio simulato, impedendo che re stino pregiudicati i diritti acquistati da terzi in buona fede pres so il soggetto che ai loro occhi si presentava come legittimato a cederli ed esponendo i simulatori a subire, da un lato, le con
seguenze della finzione da essi posta in essere nei confronti dei creditori in buona fede di detto soggetto e, d'altro lato, le con
seguenze dell'eventuale scoperta della simulazione attraverso l'e
sperimento della relativa azione concessa agli aventi causa del
finto alienante e ai creditori dello stesso anteriori all'atto si
mulato.
Più in particolare, quanto al 1° comma dell'art. 1415, la ra tio in parola è fatta palese dalla sua formulazione letterale poi ché esso, nel sancire l'impossibilità per le parti contraenti e per
gli aventi causa o creditori del simulato alienante di opporre la simulazione ai terzi, non si riferisce in generale, a differenza
del 2° comma, ai terzi che siano in qualche modo pregiudicati dalla simulazione stessa, ma solo a quelli «che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione», la qual cosa,
postulando la necessità imprescindibile che vi sia un titolare ap parente e uno effettivo del diritto al momento del suo acquisto da parte del terzo, limita chiaramente il campo di applicabilità della norma alle ipotesi di simulazione assoluta e di interposi zione fittizia di persona, con esclusione, quindi, di ogni altro
tipo di simulazione relativa, non comportante apparenza di ti
11 Foro Italiano — 1997.
tolarità del diritto in capo ad un soggetto diverso dal vero titolare.
In tal senso, del resto, si è già ripetutamente espressa questa
Suprema corte, traendone la conseguenza della piena opponibi lità al fallimento della simulazione riguardante l'ammontare del
prezzo di una vendita (v. sent. 29 marzo 1977, n. 1216, Foro
it., 1977, I, 795; 4 marzo 1985, n. 1798, id., Rep. 1985, voce
Fallimento, n. 343; 26 settembre 1996, n. 8500, id., Rep. 1996, voce cit., n. 398) ed il principio non può non valere nel caso
di specie in cui l'apparenza non atteneva alla titolarità del dirit
to di proprietà sull'immobile, bensì al carattere, oneroso anzi
ché gratuito, del negozio di trasferimento intercorso tra la Pe
rasso e il Ramazzotti, con conseguente assenza di un titolare
apparente dal quale la Ferrari avesse potuto a sua volta acqui starlo in buona fede facendo affidamento sulla validità del tito
lo del suo autore.
Si appalesano inconferenti, quindi, le argomentazioni della
ricorrente basata sulla tendenza giurisprudenziale a dilatare il
concetto di terzo acquirente, ai fini e per gli effetti dell'art.
1415, 1° comma, c.c., fino a comprendervi il coerede retraente
nel retratto successore ex art. 732 c.c. e l'affittuario del fondo
nel riscatto agrario ex art. 8 1. 590/65 (v. sent. 14 gennaio 1980, n. 334, id., Rep. 1980, voce Simulazione civile, n. 6; 13 luglio
1983, n. AHI, id., Rep. 1983, voce Divisione, nn. 19, 24; 24
marzo 1984, n. 1961, id., Rep. 1984, voce Agricoltura, n. 181; 29 aprile 1992, n. 5181, id., Rep. 1992, voce Divisione, nn.
16-18). La giurisprudenza in parola, infatti, prescinde, sì, dalla ne
cessità dell'esistenza di una convenzione tra il retraente o riscat
tante e l'apparente titolare del diritto, ma non esclude in alcun
modo, anzi implica, che la sfera di operatività dell'art. 1415, 1° comma, c.c. sia comunque limitata, come già detto, alle sole
ipotesi di simulazione assoluta e di interposizione fittizia di
persona.
Analoghe considerazioni valgono per il richiamo, fatto nella
memoria della Ferrari, alla sentenza n. 2489 del 28 aprile 1979
(id., Rep. 1979, voce Simulazione civile, n. 12) secondo cui, ai fini dell'opponibilità della simulazione al terzo, occorre che
questo sia titolare di una situazione giuridica connessa o dipen dente o che in qualche modo possa essere influenzata dall'ac
cordo simulatorio, poiché essa non esclude affatto la necessità
che si tratti comunque di un terzo il quale in buona fede abbia
acquistato diritti dal «titolare apparente», espressione, questa, del tutto estranea all'ipotesi di semplice simulazione relativa che
non riguardi l'identità del soggetto cui il diritto viene trasferito.
Del pari fuor di luogo è il richiamo alla sentenza 18 giugno 1992, n. 7524 (id., Rep. 1992, voce Famiglia (regime patrimo
nale), n. 52) che, come ammette la stessa ricorrente, non si è
occupata affato della simulazione relativa oggettiva, bensì di
un caso di interposizione reale riguardante un bene in regime di comunione legale tra coniugi, sancendo ineccepibilmente l'i
nopponibilità del relativo patto all'altro coniuge, in quanto ter
zo, e l'impugnabilità, da parte di quest'ultimo, ex art. 184 c.c., del contratto preliminare di vendita che in tale patto si inseriva.
In conclusione, il fatto che le apparenti vendite, siccome av
venute durante il matrimonio, in regime di comunione legale dei beni, tra il Ramazotti e la Ferrari, giovassero a quest'utima in forza dell'art. 177, 1° comma, lett. a), c.c., facendole acqui stare automaticamente, ope legis, la comproprietà degli immo
bili, mentre non le giovavano le donazioni, perché escluse dalla
comunione degli acquisti in base al disposto del successivo art.
179, 1° comma, lett. ti), non significa, certo, che ella possa
pretendere di far prevalere la finzione sulla realtà, essendo, al
contrario, i suoi acquisti indissolubilmente legati al carattere ef
fettivamente oneroso, e non gratuito, degli acquisti del coniuge, con la conseguenza che nell'ipotesi, opposta a quella di specie, di donazioni dissimulanti delle vendite, bene avrebbe potuto la
Ferrari, rimasta estranea ai negozi, far valere (con ogni mezzo
di prova) la simulazione in confronto delle parti dei negozi stes
si, ai sensi del 2° comma dell'art. 1415 c.c. il quale, come si
è già accennato, si riferisce a qualsiasi terzo purché pregiudica to nei suoi diritti dal negozio comunque simulato.
Con il secondo mezzo — denunziandosi violazione e falsa
applicazione degli art. 2724, n. 1, 1414 e 1343 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. — si censura la sentenza impugnata per aver ravvisato un prin
cipio di prova scritta, tale da rendere ammissibile la prova testi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
moniale della simulazione, in un foglio senza data certa e in
un testamento della Perasso revocato qualche giorno prima di
una delle vendite fatte al Ramazzotti.
Si sostiene in proposito: che nel caso di specie i negozi erano
viziati da causa illecita consistente nella finalità, dichiarata dal
lo stesso Ramazzotti, di evadere l'imposta sulle donazioni; che
le donazioni dissimulate erano nulle per difetto di forma, essen
do stati gli atti di compravendita stipulati con atto pubblico ma non alla presenza di testimoni; che il principio di prova scritta di cui all'art. 2724, n. 1, c.c. postula che lo scritto sia
riferibile alla parte contro la quale esso è prodotto, mentre nel
la concreta fattispecie gli scritti provenivano dalla Perasso e non
dalla Ferrari che era la vera controparte sostanziale e formale
del Ramazzotti.
Si lamenta, poi, carenza ed illogicità della motivazione per avere la corte ritenuto verosimile che un commercialista esperto come il Ramazzotti, separato di fatto dalla moglie, avesse potu to stipulare un atto oneroso (che sapeva essere destinato alla
comunione) volendo ricevere una donazione (esclusa dalla ca
duta in comunione) e per aver ritenuto logico che una persona in età avanzata, come la Perasso, avesse potuto revocare un
atto unilaterale gratuito (testamento) per stipularne un altro egual mente gratuito.
Neppure queste censure possono essere condivise.
Al riguardo, occorre rimarcare che esse non investono la rite
nuta astratta applicabilità alla fattispecie dell'art. 2724, n. 1,
c.c., secondo il quale la prova per testimoni è ammessa in ogni caso allorquando vi è un principio di prova per iscritto (appli cabilità contestata, inammissibilmente, soltanto con la memoria
illustrativa), ma si limita a dolersi che tale principo di prova sia stato ravvisato nei documenti prodotti in causa dal Ramaz
zotti, deducendo che questi non provenivano dalla persona con
tro cui la prova era diretta, che essi non erano idonei a rendere
verosimile il fatto allegato, che le parti dei negozi simulati per
seguivano l'illecita finalità di evadere l'imposta e che le dona
zioni dissimulate erano nulle per difetto di forma perché fatte
con atti notarili ma senza la presenza dei prescritti testimoni.
Quanto ai primi due profili, però, va rilevato che sia la scrit
tura privata, sia il testamento olografo presi in considerazione
dai giudici del merito (il secondo indubbiamente di data certa
perché depositato presso un notaio) provenivano dalla Perasso, cioè proprio dalla persona contro cui la domanda di simulazio
ne era principalmente diretta, e che il giudizio in ordine all'atti
tudine degli scritti a rendere verosimile il fatto allegato perché
comprovanti inequivocabilmente l'intento di liberalità a favore
del Ramazzotti che animava detta Perasso, si risolve in un ap
prezzamento di fatto che, sorretto, come è, da motivazione ade
guata ed immune da qualsiasi vizio logico, non è in alcun modo
suscettibile di sindacato in sede di legittimità. Per ciò che riguarda la pretesa causa illecita consistente nella
perseguita finalità di evasione d'imposta, basta ricordare il con
solidato insegnamento di questo Supremo collegio secondo cui
la frode al fisco deve tenersi distinta dalla frode alla legge e, in quanto diretta ad eludere le norme fiscali che colpiscono i
trasferimenti, trova soltanto nel sistema di tali norme la sua
sanzione, che non è di nullità o annullabilità del negozio (v. sent. 9 maggio 1967, n. 935, id., Rep. 1967, voce Frode e simu
lazione, n. 4; 19 febbraio 1971, n. 435, id., Rep. 1971, voce
Contratto in genere, nn. 67, 165; 18 aprile 1975, n. 1459, id.,
Rep. 1975, voce cit., n. 137). D'altra parte, non si comprende in qual modo l'illiceità della
causa, come pure il difetto di forma delle donazioni, potessero interferire sul problema dell'ammissibilità della prova testimo
niale ex art. 2724, n. 1, c.c.
Ove poi si voglia dedurre con ciò la nullità delle donazioni
dissimulate, occorre rilevare che una siffatta questione non è
stata mai prospettata dalla Ferrari in sede di merito, né ella
vi aveva interesse poiché detta nullità, una volta provato che
erano simulati e, quindi, nulli e privi di effetto tra le parti i
contratti di compravendita, non avrebbe potuto in alcun modo
giovarle, comportando soltanto il rientro dei beni nel patrimo nio della donante Perasso, peraltro contro la volontà della stessa.
Neppure varrebbe invocare il principio della rilevabilità d'uf
ficio della nullità per difetto di forma, ex art. 1421 c.c., sia
perché sul punto della validità delle donazioni si è formato il
giudicato interno, in assenza di impugnazione, da parte della
Perasso (unica interessata a proporla), contro la sentenza di primo
Il Foro Italiano — 1997.
grado che tale validità aveva espressamente dichiarata, sia per ché, come questa Suprema corte ha più volte affermato, l'azio ne di nullità non può, almeno di regola, essere proposta sotto la specie di un fine generale di attuazione della legge, né il giu dice può rilevare d'ufficio la nullità ove la pronuncia di questa non sia rilevante per la decisione della lite (v. sent. 11 marzo
1981, n. 1553, id., Rep. 1981, voce cit., n. 256; 9 marzo 1982, n. 1475, id., 1982, I, 654; 12 luglio 1991, n. 7717, id., Rep. 1991, voce cit., n. 341). E nel caso di specie l'irrilevanza è di
palmare evidenza dal momento che, come detto poc'anzi, l'at
tuale ricorrente Ferrari non potrebbe in nessun modo giovarsi della caducazione delle donazioni dissimulate sotto i contratti
compravendita e la decisione della controversia, quindi, sarebbe
comunque a lei sfavorevole.
Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve
essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 luglio
1997, n. 6961; Pres. Cantillo, Est. Bibolini, P.M. Amiran
te (conci, conf.); Banco Ambrosiano Veneto (Avv. Gran
chin, Flauti) c. Cantarutti e altro. Cassa App. Trieste 20
aprile 1994.
Titoli di credito — Assegno bancario — Girata piena — Effetti
(Cod. civ., art. 1829, 1853, 2033; r.d. 21 dicembre 1933 n.
1736, disposizioni sull'assegno bancario, sull'assegno circola
re e su alcuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, del Ban
co di Napoli e del Banco di Sicilia, art. 20, 26).
Il negozio con il quale un correntista, all'atto del versamento,
gira un assegno alla banca deve qualificarsi girata piena se
dal tenore testuale del titolo o dalle convenzioni di conto cor
rente non risulta che debba intendersi all'incasso. (1)
Svolgimento del processo. — Il sig. Franco Cantarutti era
intestatario, in base a convenzione del 30 ottobre 1987, di un
conto corrente bancario presso la filiale di Fagagna (UD) della
Banca Cattolica del Veneto.
Il giorno 24 giugno 1988 il correntista negoziava presso la
predetta filiale (girandolo alla banca) un assegno bancario trat
to dalla s.p.a. Tassani sulla Banca nazionale dell'agricoltura, ottenendone l'immediato accredito sul conto. La Banca Cattoli
ca del Veneto otteneva a sua volta l'accredito dell'importo del
titolo, in compensazione, da parte della banca trattarla.
(1) Non constano precedenti editi nella giurisprudenza di legittimità. In senso conforme, v. Trib. Cagliari 18 maggio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Titoli di credito, n. 47, e Riv. giur. sarda, 1991, 113, con nota di Ornano.
In dottrina, nel senso che, per essere efficace, la limitazione della
girata deve risultare expressis verbis dal titolo, Asquini, Titoli di credi
to, Padova, 1966, 246; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, Tori
no, 1993, 701, ribadisce che le limitazioni alla circolazione devono ri sultare dal titolo. In senso solo parzialmente conforme, Tedeschi, As
segno bancario, assegno circolare e assegni speciali, voce del Digesto comm., Torino, 1987, I, 282, a detta del quale la girata all'incasso
«può essere in bianco o in pieno, purché esprima comunque la volontà di incaricare il giratario della riscossione dell'assegno ai sensi dell'art. 26». Per un caso riguardante gli accordi di limitazione della girata e la loro opponibilità — fattispecie contigua a quella odirena — v. Cass. 28 marzo 1987, n. 3033, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 82.
La Suprema corte, nell'enunciare il principio di diritto espresso nella
massima, ritiene indispensabile un accertamento, per il quale non può che rinviare alla corte di merito, sulla natura della girata fatta dal con venuto alla banca: questione ritenuta pregiudiziale alla soluzione del
quesito circa la legittimazione passiva alla ripetizione del pagamento dell'importo recato dall'assegno, una volta verificata l'alterazione dello
stesso.
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