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sezione II civile; sentenza 11 aprile 2006, n. 8440; Pres. Elefante, Est. Bucciante, P.M. Golia(concl. parz. diff.); Pedrolli (Avv. De Belvis, Schiffo) c. Condominio Montenero; CondominioMontenero (Avv. Manfredini, Orlando-Zon) c. Pedrolli. Cassa App. Brescia 12 luglio 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 9 (SETTEMBRE 2006), pp. 2325/2326-2327/2328Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201623 .
Accessed: 25/06/2014 04:40
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
n. 73); applicando poi tale principio alle seguenti fattispecie, che potrebbero presentare analogie con la presente: Cass. 17 di
cembre 1998, n. 12652, id., Rep. 1998, voce cit., n. 60, che ha ritenuto avvenuto in occasione di lavoro l'infortunio occorso ad
una lavoratrice la quale, durante lo svolgimento dell'attività la
vorativa, era caduta nel bagno dello stabilimento; 4 agosto 2000, n. 10298, id., Rep. 2000, voce cit., n. 78, in fattispecie relativa a lavoratore scivolato sulle scale mentre si recava a
chiudere la porta del magazzino della ditta datore di lavoro;
13447/00, cit., relativa ad una fattispecie di un'impiegata della pubblica amministrazione addetta al video-terminale che, spo standosi da un ufficio all'altro della sede di lavoro recando con
sé un faldone da utilizzare per la sua attività, era scivolata e ca
duta in terra riportando una frattura ossea; 8 marzo 2001, n.
3363, id., 2001, I, 1531, in fattispecie relativa ad un'impiegata che, spostandosi dal monitor del computer ad un armadio per
prelevare un fascicolo, senza alzarsi dalla sedia a rotelle utiliz
zata nella postazione ed utilizzando la possibilità di movimento
offerta dalla stessa, era caduta in terra ferendosi; 13 luglio 2001, n. 9556, id., Rep. 2001, voce cit., n. 91, in fattispecie relativa a lavoratore scivolato sulle scale mentre si recava nella palestra dell'edificio scolastico presso il quale prestava servizio come
bidello per effettuare lavori di pulizia; 11 febbraio 2002, n. 1944, id., Rep. 2002, voce cit., n. 74, che ha cassato la sentenza
di merito che aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio occorso alla dipendente di un'azienda alberghiera, caduta per le
scale del seminterrato dell'albergo dove prestava la sua attività
lavorativa, mentre si recava a timbrare il cartellino delle presen ze; 13 maggio 2002, n. 6894, ibid., n. 89, sempre in fattispecie di caduta per le scale; 22 aprile 2002, n. 5841, ibid., n. 80; e, particolarmente pertinente all'odierna fattispecie, Cass. 21
aprile 2004, n. 7633, id., Rep. 2004, voce cit., n. 86, che ha cas sato la sentenza di merito che aveva ritenuto non indennizzabile
l'infortunio occorso ad un vicedirettore di albergo il quale ave
va urtato violentemente il capo contro la porta semiaperta al
l'interno della stanza della direttrice dalla quale era stato chia
mato mentre si trovava all'interno del proprio ufficio.
Il secondo principio di diritto da tenere presente nella solu
zione della presente controversia è quello invocato dalla senten
za impugnata, ma non applicato correttamente al caso di specie. Costituisce insegnamento tralaticio della giurisprudenza di
legittimità che per istituire l'occasione di lavoro non è suffi ciente il mero nesso topografico e cronologico con il lavoro, ma
occorre un nesso eziologico con il rischio assicurato. Tale for
mula, elaborata molti decenni orsono (Cass. 8 aprile 1965, n.
608, id., Rep. 1965, voce cit., n. 106) in relazione alla nozione originaria e selettiva di rischio specifico proprio, con il quale era onere dell'infortunato provare il nesso eziologico dell'inci
dente avvenuto sul luogo di lavoro, va ora reinterpretata in rela
zione all'attuale nozione di attività protetta. La giurisprudenza di questa corte ha successivamente chiarito
che la separata previsione legislativa nella seconda parte del 1°
comma dell'art. 1 t.u. n. 1124 degli opifici, laboratori ed am
bienti organizzati, nei quali operano le fonti di rischio nominate nella prima parte, fonte già di per sé di obbligo assicurativo, implica un ambito ed un nesso di collegamento con il lavoro più
ampio del precedente rapporto con la fonte di rischio di cui alla
prima parte, ed ha qualificato tale situazione come rischio am
bientale; pervenendo alla conclusione che la seconda parte del
1° comma dell'art. 1 t.u. n. 1124 tutela il lavoro in sé e per sé
considerato, e non soltanto quello reso presso le macchine, es
sendo la pericolosità data dallo spazio delimitato e dal comples so dei lavoratori in esso operanti, oltre che dalle macchine
(Cass., sez. un., 14 aprile 1994, n. 3476, id., Rep. 1994, voce
cit., n. 105). Una volta che l'attività protetta si è estesa fino a comprendere
anche il rischio ambientale, di cui sono espressione gli atti di locomozione interna, costituito dall'ambiente di lavoro in sé, nel quale normalmente il lavoratore dipendente è autorizzato ad
entrare solo per ragioni lavorative, gli infortuni avvenuti in tale
ambito si presumono avvenuti per causa lavorativa, salvo prova
contraria, desumibile dalle circostanze stesse dell'incidente, od
anche dalla qualifica soggettiva del lavoratore, il quale ad es.
abbia la disponibilità dell'ambiente di lavoro o per la sua quali fica o per la natura autonoma del rapporto (Cass. 29 ottobre
1998, n. 10815, id., Rep. 1999, voce cit., n. 68, che ha escluso l'occasione di lavoro nel caso di omicidio all'interno dello sta
li. Foro Italiano — 2006.
bilimento per ragioni personali; 9 agosto 2003, n. 12035, id., Rep. 2003, voce cit., n. 64, che ha escluso l'occasione di lavoro
nel caso di una lavoratrice caduta nell'accedere alla banca sita
all'interno del perimetro aziendale, fuori dell'orario di lavoro, per compiere una operazione bancaria personale).
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di Bari la quale deciderà
la causa attenendosi ai due principi di diritto sopra enunciati, accertando se il Napoletano era presente nel laboratorio dove si
è infortunato per cause lavorative.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 aprile 2006, n. 8440; Pres. Elefante, Est. Bucciante, P.M.
Golia (conci, parz. diff.); Pedrolli (Avv. De Belvis, Schiffo) c. Condominio Montenero; Condominio Montenero (Avv.
Manfredini, Orlando-Zon) c. Pedrolli. Cassa App. Brescia
12 luglio 2002.
Comunione e condominio — Condominio negli edifìci — As semblea dei condomini — Deliberazione — Impugnazione — Forma — Tempestività — Valutazione (Cod. civ., art. 1137).
L'impugnazione della delibera dell'assemblea condominiale
può essere proposta, indifferentemente, con ricorso o con atto
di citazione, ed in quest'ultima ipotesi, ai fini della valutazio ne della tempestività dell'impugnazione, ai sensi dell'art.
1137, 3° comma, c.c., occorre tener conto della data di notifi cazione dell'atto introduttivo del giudizio, anziché della data
del suo successivo deposito in cancelleria al momento dell'i
scrizione a ruolo della causa. (1)
(1) La pronunzia in rassegna, pur aderendo dichiaratamente all'indi rizzo più recente seguito dalla Cassazione con la sentenza 30 luglio 2004, n. 14560, Foro it., 2004, I, 3004, con nota di richiami (riportata anche in Immobili & dir., 2006, fase. 1, 33, con nota di N. Izzo), sem bra compiere, in realtà, un passo ulteriore (che è poi, per certi versi, un ritorno sui propri passi, se si considera Cass. 16 febbraio 1988, n. 1662, Foro it., Rep. 1988, voce Comunione e condominio, n. 149) verso
un'interpretazione «libera» del termine «ricorso» adoperato dall'art. 1137 c.c.: diversamente da Cass. 8440/06 (secondo la quale «l'azione
può essere esercitata, indifferentemente, con ricorso o con citazione»), infatti, la citata Cass. 14560/04, riconosce che «... in linea di principio ... il termine 'ricorso' usato nella citata disposizione non può che esse re inteso in senso tecnico, anche in relazione alla finalità di salvaguar dare l'esigenza di risolvere sollecitamente le questioni concernenti la
gestione del condominio (cfr. Cass. 9 luglio 1997, n. 6205, id., 1998,1, 178), e ..., quindi, l'impugnativa delle delibere assembleari è vincolata al rito previsto per i procedimenti introdotti con ricorso (deposito in cancelleria dell'atto introduttivo e notificazione di esso e del pedisse quo decreto di fissazione dell'udienza di comparizione)», ma ritiene che «... ove le dette esigenze di celerità non risultino compromesse in relazione al mezzo usato, deve farsi applicazione del principio generale di conservazione degli atti in virtù dell'equipollenza e del consegui mento dello scopo», e che non possa trovare adesione, in quanto ecces sivamente formalistico, l'orientamento (seguito da Cass. 27 febbraio
1988, n. 2081, id.. Rep. 1988, voce cit., n. 148; e, da ultimo, tra i giudi ci di merito, da Trib. Bergamo 11 maggio 2004, Arch, locazioni, 2005,
343) secondo cui, «essendo prevista l'introduzione del giudizio con ri
corso, la tempestività dell'azione andrebbe esaminata con riferimento
... al deposito ...» dell'atto introduttivo del giudizio, «che per l'atto
di citazione avviene con l'iscrizione a ruolo». Nel senso che il termine di decadenza di trenta giorni di cui all'art.
1137, 3° comma, c.c., trova applicazione solo nel caso di annullabilità, e non anche nell'ipotesi di nullità, della delibera condominiale impu
gnata, cfr. peraltro, da ultimo, Cass. 24 maggio 2004, n. 9981, Foro it.,
Rep. 2004, voce cit., n. 208; 9 gennaio 2004, n. 143, ibid., n. 202; Trib.
Napoli 6 maggio 2004 e Trib. Napoli-Pozzuoli 28 luglio 2003, Rass.
locazioni, 2005, 123.
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2327 PARTE PRIMA 2328
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 19
dicembre 1996 Annamaria Pedrolli, proprietaria di un'unità immobiliare dell'edificio sito in via Rocca d'Anfo n. 7 a Bre scia, ha impugnato davanti al tribunale di quella città la delibe razione condominiale adottata il precedente 15 novembre —
con la quale si era deciso che le tapparelle delle finestre del
fabbricato dovessero essere verniciate in colore verde scuro, in
luogo del precedente marrone ruggine — chiedendo che fosse
dichiarata nulla o annullata, in quanto l'ordine del giorno sul
punto era generico, non era stata indicata la maggioranza rag
giunta, era mancata la necessaria unanimità dei consensi. Il
convenuto condominio Montenero si è costituito in giudizio, contestando tra l'altro (per quanto rileva in questa sede) l'am
missibilità della domanda, perché proposta con citazione anzi
ché con ricorso.
All'esito dell'istruzione della causa, con sentenza del 27 gen naio 2000, il tribunale ha annullato la deliberazione in questio ne, ritenendo fondata la prima delle ragioni di invalidità fatte
valere dall'attrice.
Impugnata in via principale dal condominio e incidentalmente
da Annamaria Pedrolli, la decisione è stata riformata dalla Corte
d'appello di Brescia, che con sentenza del 12 luglio 2002, in ac coglimento del primo gravame, ha dichiarato inammissibile la
domanda, osservando: che i vizi dedotti, se sussistenti, avrebbe
ro comportato non la nullità, ma l'annullabilità della delibera
zione; che l'azione avrebbe dovuto essere esercitata con ricorso, invece che con citazione; che tuttavia tale inosservanza di forma
era ininfluente; che l'atto introduttivo del giudizio avrebbe do
vuto però essere depositato in cancelleria entro trenta giorni dalla comunicazione della deliberazione; che tale termine, de
corrente dalla comunicazione della deliberazione, avvenuta il 21
novembre 1996, non era stato rispettato. Annamaria Pedrolli ha proposto ricorso per cassazione, in ba
se a tre motivi, poi illustrati anche con memoria. Il condominio
Montenero si è costituito con controricorso, formulando a sua
volta un motivo di impugnazione in via incidentale, cui la ricor
rente principale ha opposto un proprio controricorso.
Motivi della decisione. — In quanto proposte contro la stessa
sentenza, le due impugnazioni debbono essere riunite in un solo
processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c.
Pregiudizialmente il resistente ha contestato la validità della
procura apposta in calce al ricorso principale, rilevando che la
firma di Annamaria Pedrolli è stata autenticata dai due difensori da lei nominati, uno dei quali non è iscritto nell'albo degli av
vocati abilitati al patrocinio davanti alle magistrature superiori, mentre l'altro esercita la professione in un luogo diverso da
quello di residenza della parte, sicché è presumibile che la sot
toscrizione non sia avvenuta in sua presenza. L'eccezione va disattesa, poiché «al fine della prova dell'au
tenticità della procura rilasciata in calce o a margine di uno de
gli atti indicati nel 3° comma dell'art. 83 c.p.c. è sufficiente che il difensore certifichi l'autografia della sottoscrizione della par te, non essendo necessaria l'attestazione dello stesso che la sot toscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece richie sto dall'art. 2703 c.c. per l'autentica della scrittura privata da
parte del pubblico ufficiale» (Cass. 19 gennaio 1985, n. 144, Foro it., Rep. 1985, voce Procedimento civile, n. 63) e «la certi ficazione dell'autografia della parte, effettuata dal procuratore ai sensi dell'art. 83 c.p.c., data la sua natura essenzialmente
pubblicistica, può essere contestata ed impugnata unicamente
attraverso la querela di falso, non potendo essere posta in di
scussione sulla base di semplici affermazioni del procuratore del
resistente» (Cass. 27 gennaio 1999, n. 715, id., Rep. 1999, voce cit., n. 123).
Con il primo motivo del ricorso principale Annamaria Pe
drolli, denunciando «violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c., nullità del procedimento, violazione degli art. 132 c.p.c. e 188 disp. att.
c.p.c. a causa dell'omessa pronuncia e motivazione su un punto decisivo della controversia», lamenta che con la sentenza impu gnata non si è deciso alcunché in ordine alle ragioni di nullità della deliberazione condominiale in questione, le quali erano state fatte valere distintamente da quelle di annullabilità, su cui
unicamente si è provveduto. La doglianza va disattesa, poiché il giudice di secondo grado
ha preso in considerazione i tre vizi che erano stati dedotti dal
l'originaria attrice e ribaditi con il suo appello incidentale — «la
Il Foro Italiano — 2006.
genericità dell'ordine del giorno, la mancata indicazione della
maggioranza che l'ha approvata, l'adozione a maggioranza an
ziché all'unanimità» — e per tutti, ha ritenuto che «si tratta di
vizi formali attinenti il procedimento di informazione dell'as semblea dei condomini, che danno luogo a mera annullabilità
della delibera condominiale, in quanto la nullità delle delibere ricorre soltanto in ipotesi di mancanza degli elementi essenziali, o in presenza di vizi relativi alla regolare costituzione dell'as
semblea o alla formazione della volontà della prescritta maggio ranza, o aventi oggetto impossibile o illecito». Avendo dunque la corte d'appello ritenuto inammissibile in toto la domanda, coerentemente non l'ha esaminata nel merito.
Con il secondo motivo di ricorso Annamaria Pedrolli si duole
di «violazione o falsa applicazione dell'art. 1137 c.c., 3° com
ma, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul
punto», sostenendo: che legittimamente la domanda era stata
proposta con citazione invece che con ricorso, essendo state
prospettate ipotesi non solo di annullabilità, ma anche di nullità
della deliberazione; che comunque il termine di trenta giorni dalla comunicazione della deliberazione era stato rispettato per la notificazione, né doveva essere osservato anche per il depo sito in cancelleria dell'atto introduttivo del giudizio; che peral tro l'iscrizione a ruolo della causa era stata effettuata il 23 di
cembre 1996 e quindi tempestivamente, dato che il 22 dicembre
era festivo e la raccomandata contenente la copia del verbale della seduta assembleare era stata spedita il 21 novembre, né
poteva presumersi che fosse pervenuta alla destinataria quello stesso giorno.
Il primo di questi assunti è inconferente, poiché la corte d'ap
pello ha bensì affermato che l'impugnazione delle deliberazioni
condominiali deve essere proposta con ricorso invece che con
citazione, ma ha altresì ritenuto — né vi è stata impugnazione sul punto, da parte del condominio Montenero — che «la forma
del ricorso, peraltro, rileva non in sé stessa, ma come mezzo per l'instaurazione del giudizio», sicché «non rileva la proposizione dell'azione con atto di citazione anziché con ricorso, in quanto
l'irregolarità formale è suscettibile di sanatoria».
La seconda delle tesi propugnate dalla ricorrente è fondata.
Il giudice a quo ha ritenuto che per la valutazione della tem
pestività dell'impugnazione di deliberazioni condominiali, pur quando è proposta con citazione, «rileva la data di deposito in
cancelleria dell'atto» e non quella «della notificazione alla con
troparte». La giurisprudenza di legittimità, in materia, si è inve
ce recentemente orientata nel senso che non solo l'azione può essere esercitata, indifferentemente, con ricorso o con citazione, ma che inoltre, in quest'ultima ipotesi, ai fini dell'accertamento
del rispetto del termine stabilito dall'art. 1137 c.c., occorre tene
re conto della data della notificazione dell'atto introduttivo del
giudizio, anziché di quella del successivo suo deposito in can
celleria, che avviene al momento dell'iscrizione a ruolo della
causa (Cass. 30 luglio 2004, n. 14560, id., 2004, I, 3004). Da questo indirizzo non vi è ragione di discostarsi, poiché quello contrario appare intrinsecamente contraddittorio: una volta rico
nosciuto che anche la citazione è utilizzabile, si dà luogo a
un'incongrua contaminazione normativa, se la si ritiene con
temporaneamente soggetta pure alla disciplina propria di un di verso tipo di atto, come il ricorso.
Restano assorbiti sia l'ulteriore argomento formulato con il motivo di impugnazione in esame, circa la data di comunicazio ne del verbale assembleare, sia il terzo motivo del ricorso prin
cipale, con cui si sostiene che la deliberazione in questione era affetta da cause di nullità, oltre che di annullabilità, sia il ricorso incidentale, che attiene al regolamento delle spese di giudizio.
Rigettato pertanto il primo motivo del ricorso principale, ac colto per quanto di ragione il secondo, dichiarati assorbiti il ter zo e il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Brescia.
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