sezione II civile; sentenza 11 dicembre 1992, n. 13112; Pres. Sammartino, Est. Paolini, P.M. DiSalvo (concl. conf.); Soc. Asfalto Ansani (Avv. Ascoli, De Stasio) c. Condominio via Tertulliano48, Milano (Avv. Carboni Corner, Pirelli) e Soc. Sogene; Soc. Sogene (Avv. Volpe Putzolu,Donzelli) c. Condominio via Tertulliano 48, Milano. Cassa App. Milano 28 giugno 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3323/3324-3329/3330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188582 .
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3323 PARTE PRIMA 3324
Sandro e Filiberto Berardo invocassero l'accertamento solo del
la parte di credito opposto in compensazione, come si legge chiaramente nel primo inciso del periodo finale dell'atto di cita
zione; in sostanza si ritiene che il richiamo al diritto alla diffe renza dovuta fosse solo in funzione della riserva di avviare suc
cessivamente il recupero. La declaratoria del diritto al maggior credito non venne in
fatti illustrata in conclusionale, né ribadita nel presente giudi
zio, dopo la chiara interpretazione pretorile. È quindi da escludere che essi ne volessero fare oggetto di
specifica autonoma domanda.
L'appellante lamenta anche che il credito non poteva esser
opposto in compensazione in quanto di ammontare non certo,
«né liquido ed esigibile», ma bisognoso «di una definizione sia sull'a/i che sul quantum».
Sostiene inoltre che indipendentemente dal configurarsi di una
domanda riconvenzionale, in forza dell'eccezione di compensa
zione sollevata, «la competenza ex art. 35 c.p.c. si sposta a
favore del giudice competente per valore a giudicare sul credito
di lire 17 milioni». Ne deduce che il pretore adito avrebbe dovuto pronunziare
condanna con riserva a carico degli opponenti, spogliandosi dei
residui profili controversi, facendo applicazione degli insegna
menti che inquadrano l'art. 35 c.p.c. in una delle ipotesi nor
mative di condanna con riserva.
Anche questa censura è infondata, poiché mira ad applicare l'istituto della condanna con riserva a una fattispecie che gli è estranea, e perché gli si oppongono più profili di motivazione.
In proposito viene in primo luogo in considerazione la pre
messa che l'istituto di cui all'art. 35 regola l'eccezione di com
pensazione come una vera e propria eccezione, cui si applica
la disciplina delle più comuni eccezioni di prescrizione o di estin zione del processo, secondo l'insegnamento tradizionale.
La giurisprudenza di legittimità trae spunto da ciò per affer
mare che la pura e semplice eccezione di compensazione, avente
ad oggetto un credito che non è contestato, non può determina
re, quale che sia l'ammontare del credito opposto in compensa
zione, alcuno spostamento della competenza del giudice adito,
non comportando alcuna questione suscettibile di decisione con
effetti di giudicato (Cass. 7 luglio 1978, n. 3404, Foro it., Rep.
1978, voce Competenza civile, n. 126). Nello scritto conclusivo del presente grado di giudizio, l'ap
pellante osserva che il credito oppostogli in compensazione era
stato da lui contestato, in quanto la somma da lui riscossa per conto degli opponenti era stata trattenuta come acconto su un
maggior credito da lui vantato e che formava oggetto della do
manda riconvenzionale per 70 milioni di lire introdotta nel co
stituirsi avanti il Pretore di Legnago. Almeno due ordini di motivi vanificano questa obiezione: ri
corda un recente autore che i commentatori del codice di rito
sin dagli anni '50 rilevarono che la contestazione del credito
opposto in compensazione deve avere ad oggetto la stessa sussi
stenza del controcredito e non il diritto a far valere la compen sazione secondo le norme del codice di rito.
Ora, Primo Berardo, nell'esporre quella che ritiene essere una
contestazione, in realtà riconosceva implicitamente ed inequivo cabilmente che la scrittura contro di lui prodotta documentava
un credito degli opponenti nei suoi confronti, credito che egli non aveva inteso ancora onorare intendendo contrapporre ulte
riore propria pretesa creditoria.
Trattasi, come si vede, di un ampliamento della materia pro cessuale che doveva portare alla rimessione della nuova doman
da riconvenzionale al giudice competente, come fece il pretore, ma non di «contestazione» del controcredito opposto in com
pensazione, che era avvalorato e non negato da una difesa cosi
argomentata, la quale mirava in sostanza a impedire la com
pensazione opposta e non a negare il diritto eccepito dagli odierni
appellati. Quand'anche non si voglia ritenere che il credito degli
opponenti fosse da considerare non contestato da Primo Berar
do, ugualmente l'esito del giudizio pretorile troverebbe valida
motivazione, che impedirebbe l'accoglimento delle istanze del
l'ingiungente. Sovviene in questa ipotesi la lettura integrata dell'art. 35 c.p.c.
con l'art. 1243, 2° comma, c.c. L'appellante ipotizza che il de
bito opposto in compensazione non era liquido, in quanto non
determinato nell'ammontare; ciò non è di ostacolo all'utilizzo
dello strumento della eccezione di compensazione ex art. 35
Il Foro Italiano — 1993.
c.p.c., se si consente in tal caso l'applicazione dell'art. 1243
c.c., a mente del quale il giudice ritenuto il debito di facile
e pronta liquidazione, può dichiarare la compensazione per la
parte del debito che riconosce esistente e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del cre
dito opposto in compensazione. Ora, il credito, opposto da Ales
sandro e Filiberto Berardo era senz'altro di facile e pronta li
quidazione, essendo fondato su scrittura privata riconosciuta
e non essendo negato dall'appellante che parte della somma in
essa indicata spettasse ai fratelli.
Essendo opposto in compensazione solo una parte di questo
credito, cioè quella necessaria a compensare il credito azionato
in via monitoria da Primo Berardo, il giudice di primo grado
ben poteva dichiarare la compensazione per questa parte del
debito, senza nulla decidere sul residuo, su cui, come si è detto
in principio di motivazione, non gli veniva chiesta alcuna pro
nunzia.
Poteva inoltre, come in concreto fece (pur se la motivazione
della sentenza è diversamente articolata), omettere la concessio
ne della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, rinvian
dola all'unitaria decisione con sentenza.
La dottrina interpreta infatti l'ultimo inciso del 1243 c.c. ove
si prevede la sospensione della condanna per il credito liquido non come sospensione ex art. 295 c.p.c., ma come mero ritardo
di fatto della decisione al fine di far coincidere l'accertamento
dell'eccezione (limitata quantitativamente ai soli fini della com
pensazione) con la pronunzia sul credito dell'ingiungente.
Respinto l'appello del Berardo e confermata la sentenza di
primo grado, ci si deve brevemente soffermare sulla domanda
in ordine alla quale le parti sono state rimesse alla cognizione del tribunale.
In proposito la totale carenza di prova del credito di 70 mi
lioni vantato da Primo Berardo non può che indurre al rigetto della domanda.
Unica allegazione a sostegno è quella dell'atto di appello, ove
si sostiene che Alessandro e Filiberto dovrebbero versare tale
somma «a conguaglio per i beni da essi trattenuti in sede di
divisione» e a rimborso dei pagamenti fatti dall'opposto per
condono edilizio (questi peraltro già posti in parte a fondamen
to dell'ingiunzione). Intuitiva è la complessità dell'onere probatorio che gravava
su siffatta complessa domanda. Nulla però è stato provato, non
avendo dignità di prova del credito il «preliminare di divisione» prodotto nel fascicolo di primo grado, da cui si può solo evin
cere che vi furono accordi tra le parti per la divisione dei beni
di proprietà comune tra essi e i fratelli. Non è dato sapere però se a questo accordo fu data esecuzione e da quale aspetto di
esso discenda il presunto credito a conguaglio, posto che di esso
nulla dice il «preliminare» prodotto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 di cembre 1992, n. 13112; Pres. Sammartino, Est. Paolini, P.M.
Di Salvo (conci, conf.); Soc. Asfalto Ansani (Aw. Ascoli, De Stasio) c. Condominio via Tertulliano 48, Milano (Avv. Carboni Corner, Pirelli) e Soc. Sogene; Soc. Sogene (Avv. Volpe Putzolu, Donzelli) c. Condominio via Tertulliano 48, Milano. Cassa App. Milano 28 giugno 1988.
Appalto — Gravi difetti dell'edificio — Responsabilità del co struttore — Fattispecie (Cod. civ., art. 1669).
I gravi difetti dell'edificio o di altro immobile, che possono dar luogo a responsabilità del costruttore nei confronti del com
mittente o dell'acquirente, sono ravvisabili, oltre che nell'ipo tesi di rovina e di evidente pericolo di rovina, anche in pre
senza di fatti che, senza influire sulla stabilità, pregiudicano in modo grave la funzione cui l'immobile è destinato (nella
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
specie, sono stati considerati gravi difetti quelli inerenti alla
realizzazione della copertura di Un fabbricato, che determina
vano non esigue e non contenute infiltrazioni d'acqua e di
umidità negli alloggi sottostanti). (1)
Svolgimento del processo. — Il condominio dell'edificio al n. 48 della via Tertulliano di Milano, Luigi De Sisto ed Ornella D'Attoma, partecipi del condominio medesimo, con atto del
9 aprile 1979, citarono dinanzi al Tribunale di Milano la Sogene - società generale immobiliare s.p.a., costruttrice e venditrice
dei corpi di fabbrica oggetto della proprietà condominiale, per sentirla dichiarare responsabile di gravi difetti manifestatisi nel le terrazze di copertura dei corpi dell'edificio suddetto e, in par
ticolare, in quelle sovrastanti gli alloggi del De Sisto e della
D'Attoma, che «avevano cominciato a perdere», nonché nelle
«pensiline — gronde»: chiesero, quindi, condannarsi la conve
nuta ad eliminare i difetti denunciati e quelli che si fossero evi
denziati in corso di causa, a rimborsare quanto dovuto pagare, eventualmente, da essi istanti per lavori finalizzati a contenere
i danni, a risarcire il pregiudizio patito dal De Sisto e dalla D'Attoma per le infiltrazioni verificatesi nelle loro unità abitative.
(1) La sentenza si inserisce nel consolidato trend giurisprudenziale in base a cui ai fini della responsabilità prevista dall'art. 1669 c.c. costi tuiscono gravi difetti dell'edificio non solo quelli che incidono in misu ra sensibile sulla struttura, conservazione e funzionalità dell'opera, ma anche i vizi costruttivi che menomano apprezzabilmente il normale go dimento della cosa o impediscono che l'opera fornisca la normale utili tà cui è destinata.
In senso conforme, v. Cass. 24 agosto 1991, n. 9082, Foro it., Rep. 1991, voce Appalto, n. 36; 18 febbraio 1991, n. 1686, ibid., n. 34, che ritiene irrilevante la somma di danaro occorrente per l'eliminazione dei vizi nonché la loro incidenza in toto o in parte sull'edificio; 21
aprile 1990, n. 3339, id., Rep. 1990, voce cit., n. 47, secondo cui inte
grano gli estremi del grave difetto costruttivo ex art. 1669 l'inadegua tezza recettiva e l'errata pendenza delle tubazioni della rete fognaria che abbiano determinato la fuoriuscita di liquami poiché pregiudicano notevolmente l'utilizzabilità di un impianto essenziale come è quello che serve allo scarico e allo smaltimento dei rifiuti biologici di un com
plesso abitativo; 8 agosto 1989, n. 3644, id., Rep. 1989, voce cit., n.
40; 27 aprile 1989, n. 1948, ibid., n. 41, ove si afferma l'applicabilità dell'art. 1669 sia in caso di realizzazione dell'opera con materiali inido nei e/o non a regola d'arte sia in quello di carenze riconducibili a erro nee previsioni progettuali o prescrizioni esecutive del committente ac cettate o condivise dall'appaltatore e pertanto tradottesi in vizi costrut
tivi; App. Perugia 25 febbraio 1989, ibid., n. 46, relativamente alla costruzione del fabbricato su un terreno poroso interessato da una fal da freatica senza effettuare adeguate opere di impermeabilizzazione; Cass. 6 dicembre 1988, n. 6619, id., Rep. 1988, voce cit., n. 65; Trib. Asti 3 novembre 1988, ibid., n. 48, secondo cui sono gravi difetti quelli che pur non comportando rovina o pericolo di rovina della costruzione
producono danni risarcibili che per la loro intrinseca natura, per la loro localizzazione ed estensione rispetto all'opera complessivamente con
siderata, per il costo, la natura e la durata delle riparazioni o delle
opere di rifacimento necessarie ad ovviarvi, per la durata del periodo di totale o parziale utilizzabilità o comunque mancato sfruttamento del
l'opera da parte del committente siano equiparabili alla rovina o al
pericolo di rovina; App. Mantova 2 dicembre 1987, ibid., n. 66; Cass. 12 giugno 1987, n. 5147, id., Rep. 1987, voce cit., n. 89, relativamente al collegamento degli scarichi delle acque bianche e delle caditoie plu viali con la condotta fognaria; 27 agosto 1986, n. 5252, id., Rep. 1986, voce cit., n. 54, in relazione ai gravi difetti della canna fumaria; 8
aprile 1986, n. 2431, ibid., n. 53, esattamente conforme alla sentenza in rassegna; 11 novembre 1986, n. 6585, ibid., n. 90, in relazione alla
caduta dell'intonaco e del rivestimento dei muri perimetrali; 7 maggio 1984, n. 2763, id., Rep. 1984, voce cit., n. 35, in riferimento ai gravi difetti costruttivi della canna fumaria dell'impianto centrale di riscalda
mento; 28 febbraio 1984, n. 1427, ibid., n. 36; App. Bari 27 gennaio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 46, in relazione alle infiltrazioni d'ac
qua diffuse in più vani di un appartamento proveniente dal lastrico
solare sovrastante; Cass. 12 novembre 1983, n. 6741, id., Rep. 1983, voce cit., n. 82, analoga alla pronuncia in epigrafe; 24 ottobre 1983, n. 6229, ibid., n. 84; 29 aprile 1983, n. 2954, ibid., n. 85; Trib. Roma
28 febbraio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 37; Cass, 30 luglio 1982, n. 4369, id., Rep. 1983, voce cit., n. 41, nonché Cass. 8 maggio 1981, n. 3002, id., Rep. 1981, voce cit., n. 97, in relazione al distacco del
rivestimento esterno; 27 maggio 1981, n. 8432, ibid., n. 96; 5 febbraio
1982, n. 664, id., Rep. 1982, voce cit., n. 39; 27 aprile 1981, n. 2523,
ibid., n. 98; Trib. Terni 16 settembre 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 86; Cass. 8 luglio 1980, n. 4356, id., 1981, I, 1358, secondo cui
costituiscono gravi difetti dell'edificio i vizi di costruzione di lastrici
solari che comportino infiltrazioni d'acqua negli appartamenti sotto
II Foro It aitano — 1993.
La Sogene - società generale immobiliare s.p.a., costituitasi, in via preliminare, dedusse non avere il condominio titolo per
agire nei suoi confronti, per essere legittimati in relazione alle
azioni proposte unicamente i proprietari degli alloggi sottostan
ti alle terrazze asserite difettose; negò, inoltre, la riscontrabilità
nel fabbricato revocato in discussione di difetti tanto gravi da
determinare l'insorgenza di una responsabilità ai sensi dell'art.
1669 c.c.; eccepì' che le pretese delle controparti, da considerarsi
esperite a termini dell'art. 1667 c.c., andavano ritenute prescrit te e, in ogni caso, caducate per la mancata tempestiva denuncia
dei vizi lamentati, risalendo al 1972 la consegna dell'immobile; sostenne che le infiltrazioni verificatesi negli alloggi del De Si sto e della D'Attoma si correlavano, per un verso, a colpa di
costoro, e, per un altro, ad un movimento tellurico occorso
nel 1976; chiese, conclusivamente, di essere assolta dalle avverse
pretese. La convenuta, da ultimo, chiamò nel processo la Asfalto An
sani s.r.l., che aveva realizzato materialmente l'impermeabiliz zazione delle terrazze in argomento, instando per essere dalla
medesima manlevata in relazione alle domande attoree.
La Asfalto Ansani di Paolo Ripa & C. s.a.s., costituendosi
stanti. Contra, anche se giustificato dall'importo alquanto modesto dei lavori da eseguirsi per rimuovere il difetto, Trib. Torino 24 febbraio
1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 43. Inoltre, tra i difetti de quibus rientrano sia le deficienze costruttive vere e proprie cioè quelle che si risolvono nella realizzazione dell'opera con materiali inidonei e/o non a regola d'arte, sia le carenze riconducibili ad erronee previsioni proget tuali o prescrizioni esecutive del committente, accettate o condivise dal
l'appaltatore e, pertanto, tradottesi in vizi costruttivi (Cass. 27 febbraio
1991, n. 2123, id., Rep. 1991, voce cit., n. 35). Più in generale, la responsabilità del costruttore, ai sensi dell'art.
1669, ricorre in tre distinte ipotesi: 1) avvenuta rovina totale o parziale dell'edificio; 2) attuale pericolo certo ed effettivo che, in un futuro più o meno prossimo, possa verificarsi la rovina totale o parziale; 3) esi stenza di gravi difetti della costruzione che ne pregiudichino la possibi lità di lunga durata che dovrebbe caratterizzarla. Ciascuna di queste tre ipotesi deve essere legata da un nesso di causalità ad un difetto di costruzione o ad un vizio del suolo preesistente alla costruzione stes sa (Cass. 25 maggio 1982, n. 3184, id., Rep. 1983, voce cit., n. 81).
Le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di
appalto, di cui agli art. 1667, 1668 e 1669 c.c., integrano ma non esclu dono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme specia li, nel senso che la comune responsabilità dell'appaltatore ex art. 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegue integralmente l'opera o, se l'ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispet to al termine di esecuzione pattuito. La differente responsabilità del
l'appaltatore inerente alla garanzia per vizi o difformità dell'opera, ri
corre, invece quando il suddetto ha consegnato un'opera completa ma affetta da vizi o non conforme e cosi ha violato le prescrizioni pattuite per l'esecuzione dell'opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, in caso di omesso completamento (anche se questa, per la parte esegui ta, risulti difettosa o difforme) non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore, per inesatto adempimento, far ricor
so alla disciplina della suindicata garanzia, che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera. (Cass. 15 dicembre 1990, n. 11950, id., Rep. 1991, voce cit., n. 9; 3 dicembre 1981, n. 6406, id., 1982,
I, 698, con nota di Di Paola e ivi richiami di dottrina e giurisprudenza). Benché collocata tra le norme disciplinanti il contratto di appalto,
la responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 configura un'ipotesi di
responsabilità extracontrattuale, in quanto tutela l'esigenza di ordine
pubblico della conservazione e funzionalità degli edifici destinati per loro natura a lunga durata (Cass. 9 gennaio 1990, n. 8, id., Rep. 1990, voce cit., n. 51; 23 dicembre 1987, n. 9635, id., Rep. 1987, voce cit., n. 88; 11 novembre 1987, n. 6585, ibid., n. 92; contra, Rubino, L'ap
palto, in Trattato a cura di Vassaixi, Torino, 579; Giannattasio, L'ap
palto, in Trattato fondato da Cicu-Messineo, Milano, 1977, 226; Cian
flone, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1976, 855, secondo i qua li si tratta di un'ipotesi di responsabilità contrattuale perché è la legge stessa che la fa derivare dal contratto. Se veramente se ne fosse voluta
fare una responsabilità extracontrattuale la norma sarebbe stata collo
cata nel titolo «Dei fatti illeciti»). L'art. 1669, che ha carattere di spe cialità rispetto a quella di cui all'art. 2043 c.c., trova applicazione ogni
qualvolta ricorra la fattispecie di immobile che, per vizio del suolo o
per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti.
Peraltro, in tema di responsabilità ex art. 1669 si deve parificare al
l'appaltatore il venditore o qualsiasi altro soggetto, che abbia costruito
l'immobile con mezzi propri e direttamente, assumendosi quindi la re
sponsabilità dell'opera non essendo necessario che si tratti di un co
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3327 PARTE PRIMA 3328
alla sua volta, sollecitò la reiezione della pretesa avanzata nei
suoi confronti, asserendo di non aver mai intrattenuto rapporti con la Sogene - società generale immobiliare s.p.a., lamentando
l'irritualità della propria chiamata nella causa e deducendo di
aver eseguito i lavori in contestazione a regola d'arte.
Il tribunale, pronunciando, con sentenza del 14 gennaio 1982, sulle contrapposte domande e deduzioni come sopra delineate, assolse la Sogene - società generale immobiliare s.p.a. e la Asfalto
Ansani di Paolo Ripa & C. s.a.s. dalle domande nei loro ri
guardi prodotte. La sentenza in questione fu appellata cosi dal condominio
dell'edificio al n. 48 della via Tertulliano di Milano, da Luigi De Sisto e da Ornella D'Attoma, i quali contestarono la sanzio
nata reiezione di tutte le loro pretese, come dalla Sogene - so
cietà generale immobiliare s.p.a., che censurò la statuizione con
cui il primo giudice l'aveva condannata nelle spese in favore
della L'Asfalto Ansani di Paolo Ripa & C. s.a.s., adducendo
dover essere addossato agli originari attori il relativo onere.
La Corte d'appello di Milano, investita della cognizione dei
considerati gravami, con sentenza del 28 giugno 1988, resa nel
contraddittorio di tutte le parti, in riforma della pronuncia del
tribunale, per un verso, dopo aver rigettato il gravame e le do
mande del De Sisto e della D'Attoma, accolse le pretese coltiva
te dal condominio dell'edificio al n. 48 della via Tertulliano
dell'agglomerato urbano del capoluogo lombardo nei confronti
della Sogene - società generale immobiliare s.p.a. e condannò
questa società a pagare all'ente suindicato lire 122.808.000, da
rivalutarsi con riferimento al 19 dicembre 1985, e lire 30.000.000, nonché a rimborsargli le spese processuali, per un altro, con
dannò la L'Asfalto Ansani di Paolo Ripa & C. s.a.s. a rifonde
re alla Sogene - società generale immobiliare s.p.a. un terzo
delle somme e delle spese processuali come sopra poste a suo
carico: per quanto qui ancora può rilevare, motivò l'adottata
decisione, considerando essere stata revocata in discussione nel
la fattispecie una ipotesi di responsabilità ex art. 1669 c.c., che
in relazione alle azioni da detta norma previste non risultavano
inutilmente decorsi i termini di decadenza e di prescrizione, che
le emergenze acquisite attestavano essersi evidenziati nell'immo
bile condominiale difetti costruttivi gravi, concretatisi in ripetu te copiose infiltrazioni d'acqua piovana dalle terrazze di coper
struttore professionale (Cass. 11 novembre 1986, n. 6585, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 94).
Inoltre, la responsabilità de qua non si trasmette agli aventi causa a titolo particolare dell'appaltatore o del venditore-costruttore in pro prio (Cass. 6 novembre 1986, n. 6507, ibid., n. 95).
Sul versante dottrinario, v. Rubino-Iudica, Appalto, in Commenta rio Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1992, 421, secondo i quali non è
necessario, per i gravi difetti, che si producano movimenti nelle struttu re essenziali dell'immobile o fenomeni tali da influire sulla sua durata e solidità compromettendone la stabilità e la conservazione, ma basta
qualsiasi alterazione che ne pregiudichi gravemente l'utilizzazione. Op portunamente, il codice avrebbe introdotto questo caso, innovando in tal modo rispetto all'art. 1639 c.c. del 1865, Giannattasio, cit., orien tato nel senso che la responsabilità dell'appaltatore sarebbe fondata sulla
colpa (non sarebbe una garanzia in senso tecnico, ma un'esplicazione particolare della mera responsabilità per inadempimento attuabile con la riduzione proporzionale del prezzo o con l'eliminazione delle carenze e spese dell'appaltatore); Rescigno, Appalto, voce dell' Enciclopedia giu ridica Treccani, Roma, II, 1988; Cianflone, cit., secondo cui la re
sponsabilità per vizi e difformità dell'essere qualificata come responsa bilità oggettiva; Martinelli, La responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c.: una ipotesi di responsabilità oggettiva, in Giusi, civ., 1983, I, 948; Petrone, Responsabilità dell'appaltatore per gravi difetti dell'o
pera ex art. 1669 c.c.: rapporti con le responsabilità per difformità dal le modalità convenute ex art. 1667 c.c., in Giur. it., 1982, I, 2, 693; Mirabelli, Dei singoli contratti, Torino, 1991, 439, secondo cui la dif ferenza tra difformità e vizi dell'opera o del servizio corrisponde all'in circa a quella tra qualità essenziali e vizi della cosa, sancita in relazione alla compravendita: difformità è, infatti, la non corrispondenza dell'o
pera o del servizio alle prescrizioni contrattuali, mentre vizio è il difetto derivante da deficienza di particolari caratteristiche di esecuzione richie ste dalla valutazione normale o dalle regole dell'arte. Dev'essere, però, sottolineato che nell'appalto, diversamente da quanto predisposto per la compravendita, non solo non vi è alcuna differenza di disciplina tra le due ipotesi, ma soprattutto nella nozione di difformità rientra anche
quella di completa discordanza tra la prestazione e le prescrizioni con trattuali che, secondo la prevalente dottrina, esula dalle norme di man canza di qualità essenziali.
Il Foro Italiano — 1993.
tura agli alloggi sottostanti, da aversi per senz'altro imputabili a fatto concorrente di entrambe le società sopra nominate, che
il condominio appellante era legittimato ad agire per far valere
la responsabilità della Sogene - società generale immobiliare
s.p.a., per essersi i difetti costruttivi in discorso manifestati in
parti comuni — terrazze di copertura — del fabbricato.
Per la cassazione della sentenza di cui trattasi, non notifica
ta, hanno proposto tempestivi ricorsi, rispettivamente, princi
pale, con due motivi, la L'Asfalto Ansani di Paolo Ripa & C.
s.a.s., risultante dalla strasformazione della L'Asfalto Ansani
di Paolo Ripa & C. s.a.s., e, incidentale, con tre motivi, la
Sogene - società generale immobiliare s.p.a. Quest'ultima socie
tà ed il condominio dell'edificio al n. 48 della via Tertulliano di Milano resistono con controricorsi agli avversi gravami. La
ricorrente principale ha depositato memoria, nonché osserva
zioni scritte sulle conclusioni del pubblico ministero.
Motivi della decisione. — 1. - I ricorsi, siccome proposti av
verso la medesima sentenza, devono essere riuniti.
2. - Il condominio dell'edificio al n. 48 della via Tertulliano
di Milano ha introdotto un'azione con la quale, denunciando
che le terrazze di copertura del fabbricato condominiale avreb
bero manifestato gravi difetti correlati alla cattiva esecuzione
delle opere di impermeabilizzazione, e che da tali difetti sareb
bero derivate infiltrazioni di umidità negli alloggi a dette terraz
ze sottostanti, ha chiesto accertarsi sussistente, in relazione al
l'evento in discorso, la responsabilità della Sogene - società ge nerale immobiliare s.p.a., costruttrice dello stabile e venditrice
delle unità abitative in esso comprese ai partecipi del condomi
nio, per il titolo di cui all'art. 1669 c.c.
L'impugnata sentenza della corte d'appello del capoluogo lom
bardo ha dichiarato fondata l'azione nei precisati termini espe rita dall'ente anzidetto, per un verso, rilevando, in fatto, essere
acclarata la sussistenza del denunciato difetto di impermeabiliz zazione delle terrazze di copertura del fabbricato di cui è causa
e delle, conseguenti, infiltrazioni di umidità negli alloggi alle
medesime sottostanti, e doversi tenere per accertata la notevole
gravità del difetto stesso, avuto riguardo alla copiosità ed alla
reiterazione delle cennate infiltrazioni ed alla ingente entità del
la spesa resasi necessaria per assicurare l'eliminazione dell'in
conveniente, per un altro, considerando, in diritto, doversi ri
condurre la fattispecie nell'ambito di operatività della norma
di cui all'art. 1669 c.c. sul presupposto della ravvisata correla
bilità della responsabilità da detta disposizione prevista a qual siasi difetto suscettibile di pregiudicare in modo grave la fun
zione cui lo immobile è destinato.
La Sogene - società generale immobiliare s.p.a., con il primo dei motivi del suo ricorso incidentale, da esaminarsi con prece denza sui mezzi del ricorso principale, perché investe un profilo della vertenza senz'altro pregiudiziale rispetto a quelli cui questi
afferiscono, deduce che la pronuncia nei precisati termini resa
dal giudice del merito sarebbe viziata da violazione e/o falsa
applicazione degli art. 1667 e 1669 c.c., omessa e/o insufficien
te motivazione circa un punto decisivo della controversia, in
quanto la corte territoriale avrebbe ravvisato, ed affermato, la
notevole gravità del difetto evidenziatosi nelle terrazze del fab
bricato oggetto della vertenza desumendola da una asserita, e
però in nessun modo dimostrata, imponenza dei fenomeni infil
trativi ad esso correlati e dalla acclarata rilevante entità della
spesa resasi necessaria per eliminare il lamentato inconveniente, dato questo, peraltro, a suo dire, di per sé non significativo ai fini in discorso perché dipeso, non dalla copiosità delle infil trazioni, ma dalla vastità «dell'estensione della superficie inte
ressata dai lavori» di ripristino dell'impermeabilizzazione; sog
giunge che, se gli esposti elementi fossero stati correttamente
valutati, il giudice di secondo grado non avrebbe potuto esimer
si dal riscontrare nel caso esaminato semplici vizi del fabbricato
in questione, rilevanti a mente dell'art. 1667 c.c., e dal dichia
rare l'azione avversariamente coltivata caducata ed estinta per effetto della decadenza e della prescrizione da tale ultima nor
ma prevista. Il motivo non è fondato. In proposito, giova premerrere che
appare senz'altro corretta, perché conforme ad un orientamen to consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l'affermazio
ne di principio posta dalla corte d'appello a fondamento della
sua contestata pronuncia, e cioè quella secondo la quale i gravi difetti dell'edificio, o di altro immobile, che possono dar luogo a responsabilità del costruttore nei confronti del committente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
o dell'acquirente ai sensi dell'art. 1669 c.c. sono ravvisabili, ol
tre che nell'ipotesi di rovina e di evidente pericolo di rovina, anche in presenza di fatti che, senza influire sulla stabilità, pre
giudicano in modo grave la funzione cui l'immobile è destinato
e non può dubitarsi che fra i gravi difetti, rilevanti sotto il pro filo considerato, debbano essere fatti rientrare anche quelli ine
renti alla realizzazione della copertura di un fabbricato — ter
razza o tetto — che determinino non esigue e non contenute
infiltrazioni d'acqua e di umidità negli alloggi sottostanti (cfr., in proposito, Cass. n. 2431 dell'8 aprile 1986, Foro it., Rep.
1986, voce Appalto, n. 53.
Nella fattispecie — in cui è incontestato che le carenze del
l'impermeabilizzazione delle terrazze dell'edificio oggetto della
vertenza interessarono una superficie delle terrazze medesime
molto vasta: v. il testo del ricorso incidentale —, dovendo rite
nersi che il giudice del merito abbia correttamente desunto la
oggettiva gravità del difetto in contestazione dalla ingente entità
della spesa resasi necessaria per la relativa eliminazione (quasi lire 123.000.000 del 1985), la declaratoria della corte territoriale
circa la riscontrabilità delle condizioni atte a legittimare l'appli cazione dell'art. 1669 c.c., appare, da un lato, corretta in dirit
to, e, dall'altro, ancorata ad una motivazione più che sufficien
te e certamente non contraddittoria. (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 19 otto
bre 1992, n. 11439; Pres. Corda, Est. Bibolini, P.M. Jan
nelli (conci, parz. diff.); Soc. S.g.i. Sogene (Avv. Vassalli) c. Fall. soc. Sogene lavori (Aw. cI'Alessandro) e altri. Con
ferma App. Roma 6 dicembre 1988.
Concordato preventivo — Giudizio di omologazione — Inter
vento necessario del pubblico ministero — Adempimenti ri
chiesti — Difetto — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 71,
158, 161; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento,
art. 162). Fallimento — Consecuzione a concordato preventivo — Debi
tore — Nuova audizione — Necessità — Esclusione — Que stione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
24; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 181). Concordato preventivo — Giudizio di omologazione — Garan
te — Azionista unico della società debitrice — Litisconsorzio
necessario — Esclusione — Intervento per la prima volta in
appello — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 102, 344, 404; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 180).
Ai fini dell'intervento necessario del pubblico ministero nel giu dizio di omologazione del concordato preventivo, è sufficien te la comunicazione della domanda di concordato per il pare re previsto dall'art. 162 l. fall., e, per i successivi gradi di
giudizio, la notifica dei relativi atti di impugnazione. (1)
(1-2) La decisione, sul presupposto che la domanda di concordato
sia «l'unico atto di parte idoneo e sufficiente a dare impulso alla proce dura in tutte le sue fasi fino alla pronuncia sull'omologa», ritiene che
la comunicazione dell'atto iniziale al p.m. soddisfi l'esigenza emergente dal combinato disposto degli art. 71, n. 5, c.p.c., e 162 1. fall., per tutto il procedimento fino alla chiusura in primo grado della fase di
omologazione del concordato. Per supportare la scelta operata, la Suprema corte si richiama, da
un lato, all'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ai fini dell'in
tervento obbligatorio del p.m., è sufficiente che questi sia informato
ufficialmente dell'esistenza del giudizio, indipendentemente dall'effetti
va esplicazione di attività processuale (specificamente, nella materia de
qua, Cass. 7 agosto 1989, n. 3613, Foro it., Rep. 1990, voce Concorda
to preventivo, n. 110. Inoltre, Cass. 4 maggio 1990, n. 3728, ibid., voce Pubblico ministero civile, n. 1; 4 febbraio 1987, n. 993, id., Rep.
1987, voce cit., n. 3; 5 giugno 1984, n. 3407, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 2; 19 febbraio 1982, n. 1023, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1; Trib. Brindisi 4 settembre 1981, id., 1981, I, 2846). Dall'altro lato, alla
tesi secondo cui, essendo il procedimento unitario ancorché articolato
li Foro Italiano — 1993.
La mancata partecipazione del pubblico ministero al primo gra do del giudizio di omologazione del concordato preventivo costituisce causa di nullità della sentenza che le parti possono rilevare esclusivamente attraverso l'appello. (2)
in due fasi, una volta sentito il p.m. nella fase preliminare di ammissio ne alla procedura, non occorre una rinnovazione dell'intervento nella fase di omologazione (in dottrina, criticamente, Scalera, Problemi re lativi alla partecipazione del pubblico ministero al giudizio di omologa zione del concordato preventivo, in Dir. fallim., 1989, I, 708 s.).
Naturalmente, anche la sentenza in epigrafe aderisce alla tesi dell'ob
bligatorietà dell'intervento del p.m., dedotta dalla previsione dell'art. 162 1. fall, (sul problema, v. Pajardi, Codice del fallimento, Milano, 1991, sub art. 162, 653). In dottrina, la necessità della partecipazione è stata giustificata con il cospicuo interesse pubblicistico connesso all'e senzione dal fallimento, accompagnata dagli effetti esdebitatori che ca
ratterizzano il concordato preventivo (Bonsignori, Del concordato pre ventivo, in Commentario Scialoja-Branca, Legge fallimentare, Bologna Roma, 1979, 109).
In giurisprudenza, il carattere necessario dell'intervento del p.m. vie ne affermato comunemente (v. App. Napoli 5 maggio 1977, Foro it., Rep. 1977, voce Concordato preventivo, nn. 10, 11; Trib. Milano 24
febbraio 1977, id., Rep. 1977, voce Fallimento, n. 124), salve pronunce isolate (quali App. Trieste 13 maggio 1986, id., Rep. 1987, voce Con cordato preventivo, n. 58). In particolare, il problema è stato affronta to recentemente con riguardo al giudizio di appello: l'art. 162, 1. fall,
richiede la partecipazione del p.m. alla procedura di omologazione «fin
dall'inizio», e quindi per tutto il corso del procedimento di merito (Cass. 16 aprile 1992, n. 4699, id., Rep. 1992, voce cit., n. 33; 25 maggio 1989, n. 2507, id., Rep. 1989, voce cit., n. 58; 5 febbraio 1988, n.
1267, id., Rep. 1988, voce cit., n. 50). Le sentenze da ultimo richiamate hanno, coerentemente, comminato
la nullità radicale della sentenza resa nel giudizio di omologazione in
grado di appello in assenza della relativa comunicazione .al p.m., nono stante la partecipazione dello stesso in primo grado.
Le stesse pronunce hanno sostenuto la rilevabilità d'ufficio anche da
parte del giudice di legittimità (nel medesimo senso anche Cass. 7 ago sto 1989, n. 3613, cit.).
Nella vicenda processuale che è stata oggetto dell'odierna sentenza, veniva eccepita la mancata partecipazione del p.m. al primo grado del
giudizio di omologazione, non rilevata d'ufficio dal tribunale, né dalle
parti in sede di appello come motivo di gravame. Accertato l'effettivo intervento del p.m., la Suprema corte ha comunque precisato che il
vizio in questione si converte in motivo di gravame della sentenza, in
virtù delle disposizioni di cui agli art. 158 e 161 c.p.c., cosicché ne
resta precluso il rilievo qualora non sia proposta tempestiva impugna zione della sentenza stessa. Ha trovato pertanto conferma quanto soste
nuto dai giudici d'appello, nella sentenza portata al vaglio di legittimità
(App. Roma 6 dicembre 1988, id., Rep. 1989, voce cit., nn. 56, 104 e Giust. civ., 1989, I, 212).
In realtà, esiste un preponderante orientamento giurisprudenziale fa
vorevole alla conversione in motivi di gravame delle nullità di cui al
l'art. 158 c.p.c., tale da estromettere ogni potere di rilievo del giudice al di fuori del grado di giudizio in cui il vizio invalidante si sia manife
stato (v. Oriani, Nullità degli atti processuali (dir. proc. civ.), voce
dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XXI, 13, nonché Gras
so, Pubblico ministero (dir. proc. civ.), ibid., 1991, XXV, 4). In questo senso, meritano di essere segnalate quelle pronunce che
hanno prospettato la conversione in motivo d'impugnazione del manca to intervento del p.m. in procedimenti di diversa natura (sostanzialmen te conforme alla pronuncia in epigrafe risultano cosi Cass. 6 marzo
1992, n. 2699, Foro it., Rep. 1992, voce Pubblico ministero civile, n.
4, in tema di querela di falso; 30 gennaio 1991, n. 910, id., Rep. 1991, voce cit., n. 3, relativa al procedimento di separazione personale dei
coniugi; 26 aprile 1979, n. 2407, id., Rep. 1979, voce Sentenza civile, n. 22, relativa ad una fattispecie di querela di falso. Per un ulteriore
precedente, non specifico, v. Cass. 18 febbraio 1985, n. 1366, id., 1986,
I, 520). In dottrina si sono tuttavia levate voci discordi, propense a qualifica
re la nullità derivante dalla mancanza dell'intervento necessario del p.m. come nullità insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d'ufficio: la tesi secondo cui la rilevabilità d'ufficio sarebbe limi
tata solo al medesimo grado di giudizio in cui il vizio si è verificato
è dunque apparsa «non sufficientemente meditata e sicuramente arbi
traria e contraddittoria» (si vedano le diverse argomentazioni articolate
da Vona, Intervento nel giudizio di omologazione del concordato (nota a App. Roma 6 dicembre 1988, cit.), in Giur. merito, 1989, 1119. Per
un'ampia analisi delle due interpretazioni contrapposte della relatio tra
gli art. 158 e 161, c.p.c., si rinvia al recentissimo contributo di Poli,
Sulle nullità per vizi relativi alla costituzione del giudice e all'intervento
del pubblico ministero, in Riv. dir. proc., 1993, 176, il quale, peraltro,
caldeggia la tesi adottata dalla giurisprudenza). In merito alla posizione processuale assunta dal p.m. nel giudizio
di omologazione del concordato preventivo, si è ritenuto in giurispru
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