Sezione II civile; sentenza 11 giugno 1963, n. 1550; Pres. Civiletti P., Est. Rossi G., P. M.Cutrupia (concl. conf.); Ferrante (Avv. D'Amato, Geremia, Scognamiglio) c. Soc. vetreria mecc.Ricciardi (Avv. Napolitano, Turco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 10 (1963), pp. 2173/2174-2175/2176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152980 .
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2173 GIÜRISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2174
dalla S.e.t., con espresso riferimento alle risultanze degli soliizzi planimetrici esibiti, e non contiene alcun accenno, sia pur vago o fugace, a tali risultanze ; laddove e owio
ehe, quand'anche esse fossero state reputate non esaurienti o
inattendibili, sarebbe stato necessario, in difetto di altri
elementi probatori, disporre i mezzi istruttori reitera
tamente ohiosti dalla stessa S.e.t.
In definitiva, quindi, la Corte di Bari ha del tutto omesso
di indicare, sia pur sommariamente, le fonti di prova del
proprio convincimento, e per di piu non ha neppur ehiarito, sulla base di dati concreti e pertinenti, ed in maniera uni
voca, le ragioni per cui la targa controversa implicherebbe una situazione tale da impedire la collocazione di una in
segna sull'ingresso del bar, si da precludere del tutto alia
Sasso di utilizzare il muro perimetrale in modo consono
alle proprie imprescindibili esigenze. Del resto, di ciõ si mostra consapevole la stessa difesa
del resistente ; la quale, nell'intento di ovviare alle rilevate
lacune e deficienze e di giustificare in qualche modo il
giudizio espresso dalla Corte del merito, ha riohiamato cir
costanze ed elementi, di cui, peraltro, la sentenza impugnata non ha fatto il benche minimo cenno, e che ovviamente
non possono esser prese in considerazione in questa sede,
giacche sarebbe all'uopo necessaria un'indagine di mero
fatto, circa la loro sussistenza e rilevanza, laddove a ciõ
ostano i limiti segnati al giudizio di cassazione.
Pertanto, limitandosi a tener conto delle affermazioni
come sopra enunciate dai Giudici di appello, si deve rico
noscere che esse, per la loro estrema geriericitä ed il loro
carattere approssimativo e manifestamente apodittico, non
soddisfano, nemmeno in minima parte, l'esigenza della mo
tivazione; ed anzi denotano, in definitiva, che la decisione
adottata si profila con il risultato di una indagine oltre
modo superficiale ed affrettata, giacche prescinde quasi del
tutto dall'accertamento specifico e rigoroso dello stato di
fatto, nonche da una diligente, ponderata ed obiettiva
identificazione e valutazione critica degli elementi utili e
rilevanti al fine di stabilire se lemolidalitä con le qualila S.e.t. si e avvalsa del suo diritto di usare dei muri perime trali dell'edificio siano o meno compatibili con il concor
rente diritto della Sasso.
Ed e appena il caso di aggiungere che, a questo fine, oc
correva considerare, tra l'altro, che se e esatto, come la
sentenza ha osservato, che la S.e.t. non puõ utilizzare il muro
comune in modo da impedire la collocazione di una congrua
insegna sull'ingresso del bar, non essendo possibile che tale
insegna sia apposta in un punto distante dall'ingresso stesso, õ pur vero che la Sasso non puõ, a sua volta, pretendere di servirsi della parte del muro perimetrale che delimita i
suoi locali in maniera abnorme o sproporzionata : talchõ
il criterio limite dei due concorrenti diritti doveva essere
individuato in funzione di un ragionevole ed equo contem
peramento dei correlativi interessi; e sotto questo profilo si doveva anche tener conto che la targa della S.e.t., avendo lo scopo di segnalare l'ubicazione di un ufficio che esplica un pubblico servizio, risponde ad una esigenza che ha parti colare rilevanza sotto il profilo sociale, giacchö trascende
l'interesse individuale della stessa S.e.t., e si coordina ad
un interesse di portata generale. In base ai superstiti rilievi, la sentenza impugnata va
senz'altro cassata, diohiarandosi assorbito il secondo mezzo, che concerne un'argomentazione di diritto formulata ad
abundantiam nella sentenza stessa. Ed in conseguenza la causa va rinviata ad altra corte per il riesame integrale del merito.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 11 giugno 1963, n. 1550 ; Pres.
Cxviletti P., Est. Kossi G., P. M. Cuteupia (concl.
conf.) ; Ferrante (Aw. D'Amato, Geeemia, Scogna
miglio) c. Soe. yetreria mecc. Eicciardi (Aw. Napoli
tano, Tueco).
('Oonferma App. Napoli 20 giugno 1960)
Lavoro (rapporto) — Mutamento delle mansion! —
Accordo tacito — Novazione del rapporto (Cod. civ., art. 2103).
Il mutamento di mansioni giustifieato dalla inidoneitä fi sioa del lavoratore alle mansioni in precedenza affida
tegli e 1'aecettazione, protrattasi nel tempo, delle nuove
condizioni di lavoro, integrano una modificazione con
sensuale e definitiva del rapporto di lavoro. (1)
La Corte, ecc. — Con l'unico motivo si denuncia la
violazione dell'art. 2103 cod. civ., e si sostiene ehe, contra
riamente a quanto ha ritenuto la sentenza impugnata, il
principio generale sancito dalla detta norma, secondo cui
il lavoratore ha un diritto, inderogabile, ad essere adibito
alle mansioni per cui fu assunto, ed a percepire in ogni caso
la retribuzione corrispondente a quelle mansioni, e appli cable anche nel caso in cui il cambiamento di mansioni
sia stato disposto in via temporanea, non per determina
(1) App. Napoli 13 ottobre 1959, Foro it., Bep. 1960, voce Lavoro (rapporto), n. 224, affermõ ehe il lavoratore non puõ pre tendere per ragioni di salute 1'assegnazione di nuove mansioni,
potendo egli nel caso rassegnare le dimissioni non qualificabili come volontarie. Nel senso ehe non puõ applicarsi 1'art. 2103 del codice quando il lavoratore non puõ per ragioni di salute
esplicare le mansioni assegnate, emergendo, nell'ipotesi, una si tuazione di impossibility della prestazione ehe implica, salvo
pätti speciali, la risoluzione del rapporto, v. App. Trieste 22
gennaio 1952, id., Bep. 1953, voce eit., nn. 332, 333. Genericamente nel senso ehe il mutamento delle mansioni
implica una novazione contrattuale, v. App. Boma 29 luglio 1955, id., Bep. 1955, voce eit., n. 177. Nel senso ehe la violazione del principio posto nell'art. 2103 legittima le dimissioni per giusta causa, v. Trib. Milano 20 febbraio 1981, id., Bep. 1962, voce eit., n. 648 ; altrettanto si afferma per 1'ipotesi ehe 1'imprenditore non riconosca ai lavoratore la qualifiea corrispondente alle man sioni effettivamente esplicate: App. Milano 8 maggio 1953, id., Bep. 1953, voce eit., n. 554.
La Cassazione ha fatto riferimento, nel caso, ai principio piü volte ritenuto secondo il quale nel rapporto di lavoro, ove il di
pendente presti acquiescenza alle modificazioni del contratto
unilateralmente disposte dalla controparte, si verifica un muta
mento delle condizioni contrattuali per facta concludentia contro
il quale non ö dato poi di poter insorgere. Y. in tal senso, per il caso di acquiescenza alla riduzione della retribuzione, Cass. 4
maggio 1961, n. 1003, id., 1961, I, 1119, con ampia nota di ri
chiami. Genericamente, nel senso ehe 1'imprenditore non puõ prefcendere di modificare i pätti contrattuali all'insaputa del
lavoratore, v. App. Bari 16 maggio 1955, id., Bep. 1955, voce
eit., n. 216. Del principio suesposto in tema di silenzio nel rapporto di
lavoro si 6 fatta specifica applicazione a proposito dei mutamenti
di mansioni: v. Cass. 24 novembre 1962, n. 3195, id., Bep. 1962, voce eit., n. 269 ; App. Messina 12 marzo 1954, id., Bep. 1954, voce eit., nn. 150, 151 ; App. Firenze 13 febbraio 1954, ibid., nn. 155, 156. Contra, nel senso ehe l'acquiescenza del lavoratore
non conta, App. Genova 26 novembre 1952, id., Bep. 1953, voce
eit., nn. 194, 195. Sul mutamento di mansioni, v. anche la rassegna di Tra
versa, in Dir. economia, 1958, 1067.
In dottrina, sulle qualifiche e sulle mansioni del lavoratore, v. Aranguren, La qualifiea nel contratto di lav., 1961 ; Gittgni, Mansioni e qualifiea nel rapp. di lav., 1961. V. inoltre il volume
dell'Istituto di dir. del lav. dell'Univ. di Firenze, La qualifiea del
lavoratore e lo uius variandi», dell'imprenditore, 1961.
Sul valore del silenzio nei rapporti di lavoro, v. infine la re
centissima monografia di Smuraglia, 11 comportamento eonclu
dente nel rapporto di lav.. 1963, in particolare a pag. Ill e segg., nonche la dottrina e la giurisprudenza ivi complessivamente ed
organicamente richiamate,
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2175 PARTE PRIMA 2176
zione unilaterale del datore di lavoro o per esigenze della
impresa, ma au ricliiesta dello stesso lavoratore e per esi
genze oonnesse al suo stato di salute, onde, si aggiunge, in aderenza a questo principio, la Corte del merito avrebbe
dovuto riconoscere che nel caso concrete, una yolta ces
sate le ragioni per le quali il Ferrante era stato addetto
al lavoro di aiutante temperista, la Soc. vetreria Ricciardi
avrebbe dovuto senz'altro reintegrarlo neile mansioni e
nella qualifica di sottofonditore, e riprendere a corrispon
dergli la retribuzione relativa a tali mansioni.
La censura e destituita di fondamento.
In primo luogo va notato clie la sentenza impugnata ha accertato, con apprezzamento di fatto incensurabile
che il Ferrante, giä addetto al lavoro notturno di sotto
fonditore, fu destinato a svolgere, di giorno, le mansioni
meno impegnative e qualificate di aiutante temperista, in
seguito a sua richiesta ed in considerazione delle sue con
dizioni di salute che lo rendevano non piil idoneo ad assol
vere il suo primitivo lavoro ; e, contrariamente a quanto assumeva e tuttora assume il ricorrente, ha altresl sotto
lineato, con ulteriore apprezzamento di fatto, parimenti in
sindacabile, che mancava la prova che l'accordo intercorso
tra le parti in ordine al detto mutamento di mansioni avesse
una portata contingent© e temporanea, e che la Vetreria si
fosse obbligata a reintegrare il Ferrante nelle originarie
mansioni, non appena egli fosse guarito, o addirittura su
semplice istanza dello stesso.
Sulla base di questi dati di fatto, la Corte del merito
ha poi ritenuto che, essendovi stata una modificazione con
sensuale, e definitiva, delle condizioni del rapporto di la
voro, per ciõ che attiene alle mansioni ed alia retribuzione, la successiva pretesa del Ferrante, di essere nuovamente
destinato ad esplicare il lavoro di sottofonditore notturno
e di conseguire comunque la relativa retribuzione, risultava
assolutamente priva di giustificazione, perchö in contrasto
con la portata e gli effetti di quell'accordo.
Ora, questo ragionamento b ineccepibile, oltre che nelle
premesse (che, ripetesi, non sono suscettibili di riesame in
questa sede), anche sotto il profilo giuridico. Invero, come
questo Supremo collegio ha giä avuto occasione di affer
mare, il principio dell'immutabilita delle mansioni per cui
il lavoratore fu assunto, sancito dall'art. 2103, prima parte, e quello della irriducibilitä della retribuzione pattuita (che 6 presupposto della stessa norma, allorche consente in
via di eccezione che il lavoratore sia adibito a diverse man
sioni, purchš ciõ non importi una diminuzione di retribu
zione o una sostanziale menomazione della sua posizione) sono bensl inderogabili, ed implicano senza dubbio che le
mansioni e la retribuzione del lavoratore non possono essere
modificate unilateralmente, e che sono invalidi i patti, in
dividuali o collettivi, che riconoscano in via preventiva tale facoltä al datore di lavoro ; ma ciõ non esclude affatto
che nel corso di svolgimento del rapporto tali modificazioni
possano esser poste in essere in funzione di un accordo
espresso o tacito delle parti (cfr. le sent. n. 422 del 15 feb
braio 1955, Foro it., Rep. 1955, voce Lavoro (rapp.), nn. 204
208, e n. 1003 del 4 maggio 1961, id., 1961, I, 1199). Ora, questo principio b puntualmente applicabile nella
specie, giacchk, come si b giä rilevato, la Corte napoletana ha ritenuto che il mutamento verificatosi nelle mansioni
del Ferrante fu appunto il risultato di un esplicito accordo.
Inoltre, il richiamo del ricorrente a 11'art. 2103 si ri
vela non pertinente anche sotto altro aspetto. Invero, questa norma, nel sottolineare che il cambiamento di mansioni
puõ essere disposto in via temporanea a condizione che non
implichi una diminuzione della retribuzione, contempla esclusivamente i casi in cui il detto cambiamento abbia
luogo per determinazione unilaterale del datore di lavoro
e per esigenze deirimpresa. £ evidente, quindi, che il caso, in cui il mutamento sia stato chiesto dallo stesso lavoratore, e sia comunque giustificato dalla sopravvenuta inidoneitä
fisica del medesimo all'esercizio delle mansioni in prece denza affidategli, non si inquadra affatto tra le previsioni della norma e nella sua sfera di applicazione. Ed in realtä,
nell'ipotesi or ora considerata il datore di lavoro non ha
alcun obbligo di mantenere in servizio il lavoratore e di
destinarlo a mansioni diverse ; e se a ciõ si induce, e l'altra
parte accetti, sia pure de facto, le nuove condizioni di lavoro, si realizza senz'altro un accordo novativo ; il quale, ovvia
mente, sostituendosi a quello originario, 6 destinato a spie
gare i suoi effetti per tutta la ulteriore durata del rapporto. D'altra parte questa Corte ha altresl ritenuto (cfr. le
sent. giä. eitate) ehe nei contratti a tempo indeterminate
la modificazione unilaterale delle condizioni di lavoro ad
iniziativa del datore di lavoro, ancorche disposta in via
definitiva ed in contrasto con il disposto dell'art. 2103,
lungi dal risolversi in un quid giuridicamente indifferente
che lasci integro ed inalterato il rapporto preesistente e
la relativa disciplina, assume rilevanza, esclusivamente, come un fatto che giustifica, ai sensi dell'art. 2119 cod. civ., il recesso dal contratto del lavoratore dissenziente. confe
rendogli il diritto di esigere, come nell'ipotesi di licenzia
mento ad nutum, la corresponsione della indennita di anzia
nitä e, se del caso, dell'indennitä di preavviso. Ma, qualora
egli non si avvalga della facoltä di recesso e continui a
prestare la propria opera, acquetandosi al mutamento delle
mansioni o della retribuzione, questo suo comportamento,
protraendosi nel tempo, assume il significato di una ac
cettazione non equivoca delle nuove condizioni di lavoro; ed in tal caso l'efficacia obbligatoria di queste, fondata pur
sempre su base negoziale, esclude che egli possa in seguito far valere pretese che si coordinano alia originaria disci
plina del rapporto. Ora, alla luce di questo principio risulta assolutamente
inconferente anche la censura di deficienza e contraddit
torieta di motivazione formulata dal ricorrente a proposito
dell'apprezzamento di fatto con cui la Corte del merito
ha escluso che nella specie il cambiamento di mansioni
sia stato concordato solo in via temporanea e che la Vetre
ria Kicciardi abbia assunto l'obbligo di reintegrare il Fer
rante, a guarigione avvenuta, nelle precedent) mansioni
di sottofonditore notturno. Infatti, e ormai chiaro (e la
stessa sentenza impugnata lo ha rilevato, sia pure ad abun
dantiam) che il detto assunto, ancorche rispondente a ve
rity, sarebbe pur sempre irrilevante ai fini di legittimare la pretesa del Ferrante di conseguire la retribuzione rela
tiva alle mansioni di sottofonditore notturno, per il lungo
periodo (1952-1955), successivo al rifiuto della Society di
adibirlo ex novo alle dette mansioni, durante il quale egli,
adeguandosi alla mutata situazione e sostanzialmente accet
tandola, continuõ ad esplicare le mansioni meno impegna tive di aiutante computista.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 7 giugno 1963, n. 1517 ; Pres. Makletta P., Est. Maio, P. M. Cutrupia (concl. diff.); Ferrari (Aw. Castelli, De Feo) c. Impr. agr. Merigo.
(Oassa App. Brescia 12 maggio 1961)
Agricoltura — Imponibile di mano d'opera — C011 tratto collettivo di lavoro — Legittimitä della clausola — Estrcmi (Costituzione della Repubblica, art. 2, 41, 42, 44 ; cod. civ., art. 2065 ; legge 3 aprile 1926 n. 563, disciplina giuridica dei rapporti colletivi del lavoro, art. 10 ; r. d. 1° luglio 1926 n. 1130, norme
per l'attuazione della legge 3 aprile 1926 n. 563, art. 22 ; d. 1. 16 settembre 1947 n. 929, norme circa il massimo
impiego di lavoratori agricoli, art. 1).
j& legittima la clausola di un contratto collettivo di lavoro
postcorporativo che fa obbligo ai datori di lavoro associati di assumere un determinato contingente di lavoratori
(c. d. imponibile di mano d'opera), se Vassociazione sin dacale ha agito nei limiti del mandato conferito dai sod
(nella specie, questi avevano dato pacificamente e per lungo
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