Sezione II civile; sentenza 11 giugno 1963, n. 1557; Pres. La Via P., Est. Modigliani, P. M. Toro(concl. parz. diff.); Rossi ed altri (Avv. Zingales) c. Nicolosi di Bartolo (Avv. Giorgianni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1641/1642-1645/1646Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153337 .
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1641 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1642
denti contributi, sia attraverso il pagamento di questi su salari inferiori alle classi di retribuzioni corrispondenti alle marche.
Sono questi inconvenienti, dipendenti in particolar modo dal fatto ehe le marehe poteyano essere liberamente
acquistate, che la legge n. 218 del 1952 lia inteso impedire,
prescrivendo, all'art. 8, che «l'acquisto delle marche per le assicurazioni sociali obbligatorie deve essere effettuato
«in coincidenza» col versamento del contributo doyuto
al fondo per Fadeguamento delle pensioni, presso «il me
desimo ufficio » che riceve il versamento ».
La Relazione alia legge chiarisce che questa nuova
disciplina, diretta a collegare in un sistema unitario le
due contribuzioni, «mira ad evitare che si appongano sulle
tessere marche di valore piu elevato di quello dei salari
effettivamente corrisposti», e, in altro passo, ancor piu efficacemente afferma che « non vi e dubbio che una sicura
garanzia contro eventuali sfasamenti potra aversi solo
con la realizzazione di un sistema unificato di accertamento
e di riscossione dei contributi».
£ pertanto chiaro che la eitata norma e stata creata
per eliminare le frodi a danno delle gestioni assicurative, e
per questo scopo e stata vietata la libera vendita delle
marche, nel senso che le medesime non possono acquistarsi
se, contestualmente (la legge dice «in coincidenza »), non
vengono versati, alio stesso ufficio venditore delle marche, le quote integrative del contributo a percentuale.
In sostanza la marca continua a conservare la sua
funzione, ma le due contribuzioni, l'assicurativa e la
integrativa, vengono strettamente collegate ed unificate, sebbene il modo di soddisfacimento di esse rimanga diverso, con la conseguenza che il costo della marca non 6 costituito
soltanto dal valore nominale su di essa indicato, ma da
questo e dalla quota integrativa del contributo.
Una conferma di tale principio si trae, peraltro, dal
l'art. 9 del decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, secondo
cui, nel caso di contributi indebitamente versati, l'interes
sato ha il diritto di vedersi rimborsato non soltanto il
valore nominale delle marche indebitamente applicate sulle tessere, ma anche l'ammontare dei contributi inte
grative e ciõ senza necessitä di dare la dimostrazione del
pagamento di questi ultimi, in quanto tale pagamento costituisce una condizione obiettivamente necessaria per
l'acquisto delle marche.
Sulla scorta delle su esposte premesse, diviene agevole la soluzione della questione oggetto della presente con
troversia. Se infatti si considerano i motivi che hanno
indotto il legislatore ad introdurre un sistema unitario
di riscossione dei due contributi, l'art. 8 della legge n. 218
del 1952 non puõ interpretarsi se non secondo il suo si
gnificato concreto, quale risulta, senza alcuna riserva ed
eccezione, dalla lettera della norma. Ne discende che,
indipendentemente dalla esistenza o meno di una colpa, nel caso di smarrimento (o furto) delle marche assicurative
ancor prima che siano applicate sulle tessere, il datore
di lavoro, per acquistare di nuovo le marche disperse o
rubate, deve pagare non solo il costo delle medesime, ma
versare altresi i corrispondenti contributi integrativi. Procedere a distinzione ed eccezioni contrasterebbe
con l'intento del legislatore che, spinto dalla necessitä
di evitare rischi alle gestioni assicurative, non le ha previste, come ben avrebbe potuto, ne l'interprete puõ essere au
torizzato a porre limiti al precetto imperativo della legge.
Questa rigida disciplina, del resto, trova una esau
riente giustificazione nel fatto che le marche disperse o
rubate potrebbero essere utilizzate da altri per creare
o sanare posizioni contributive irregolari e poi che, come
s'ö piü volte ripetuto, il diritto dell'assicurato alla pen sione e commisarato al valore non soltanto nominale
delle marche applicate sulle tessere assicurative, l'Istituto
potrebbe essere esposto al rischio di pagare una pensione senza che siano stati versati i contributi integrativi, che
costituiscono, peraltro, versamenti economicamente molto
piü rilevanti della quota base.
Una indiretta conferma della interpretazione adottata
si riscontra poi nel fatto che la legge prevede una parti
colare disciplina per il rilascio del duplicato di una tes sera assicurativa smarrita, divenuta inseryibile o distrutta
(art. r. decreto n. 1422 del 1924), mentre nessuna dispo sizione del genere esiste relativamente alle marclie.
Puõ obiettarsi che tale interpretazione potrebbe por tare ad un arriceliimento dell'Istituto, il quale verrebbe a riscuotere due volte i contributi per una medesima po sizione assicurativa, ma, a parte il fatto clie eotesto preteso arriccMmento puõ anche non esserci, qualora, ad esempio, le marche smarrite o rubate vengano indebitamente uti lizzate da altri, occorre non dimenticare che il legislatore non si 6 preoccupato di coteste situazioni marginali, avendo
inteso garantire, senza alcuna possibility di sfasamenti, un regolare afflusso dei contributi al fondo da cui l'lsti
tuto trae i mezzi necessari per l'adeguamento delle pensioni. In ordine alle sanzioni civili previste per il caso di omesso
o tardivo pagamento dei contributi (art. 23 legge 4 aprile 1952 n. 218) non ritiene la Corte siano nella specie applicabili.
Accertato in punto di fatto che lo smarrimento e ef
fettivamente avvenuto e che questo e stato la causa della
omessa applicazione delle marche sulle tessere assicurative
degli operai, consegue che le sanzioni civili, che hanno il
carattere di una penalitä, non possono essere poste a carico
del datore di lavoro che, spontaneamente, manifesta l'in
tendimento di sanare la posizione contribiitiva.
La impugnata sentenza merita pertanto di essere cas
sata con rinvio ad altra corte di appello la quale, nel ri
esame della causa, si uniformera al seguente principio :
« II datore di lavoro, il quale, dopo aver acquistato le
marche e versati i contributi integrativi dell'assicuraz one
obbligatoria per 1'invaliditä e vecchiaia, smarrisca le mar
che stesse prima di essere applicate ed annullate sulle
tessere assicurative, deve non solo riacquistare le marche
secondo il loro valore nominale, ma versare altresi i cor
rispondenti contributi integrativi». Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 11 giugno 1963, n. 1557 ; Pres.
La Via P., Est. Modigliani, P. M. Toeo (eoncl. parz.
diff.) ; Rossi ed altri (Aw. Zingales) c. Nicolosi di
Bartolo (Avv. Giokgianni).
(Gassa App. Oatania 20 febbraio 1960)
Enfiteusi — Coeniiteuti -— Diritto di affrancazione
di ciascuno per la totalitä — Elletti — Anticlie
enfiteusi — Applieabilita (Cod. civ., art. 971, 4°
comma). Enfiteusi — Eniiteusi anteriori al 1866 — Aumento
del canone per soppressione del laudemio —
Misura — Detcrminazione (Disp. trans, cod. civ.,
art. 145; legge 11 giugno 1925 n. 998, conversion©
in legge del r. d. 1. 15 luglio 1923 n. 1717, sull'affran
cazione dei canoni, censi ed altre prestazioni pe-pe
tue, art. 11). Enfiteusi — Enfiteusi anteriori al 1866 — Aumento
del canone per soppressione del laudemio —
Determinazione — Riferiiuento al valore del
fondo al 28 ottobre 1941 (Disp. trans, cod. civ.,
art. 145).
Anche alle antiehe enfiteusi costituite anteriormente al eo
diee 1865 si appliea il principio eontenuto nelVart. 971,
4° comma, cod. civ. vig., secondo cui il coenfiteuta che
procede all'affrancazione dell'intero fondo diviene pro
prietary pieno solo per la quota e subentra invece nei
diritti del coneedente verso gli altri coenfiteuti. (1)
(1) In senso sostanzialmente conforme, cfr. Cass. 23 dicem, bre 1960, n. 3318, Foro it., Rep. 1960, voce Enfiteusi, n. 28 ; 3 febbraio 1955, n. 287, id., Rep. 1955, voce eit., n. 5. In dot
tl Foro Italiano — Volume LXXXV1 — Parte /-105,
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1643 PARTE PRIMA 1644
Neile enfiteusi costituite anteriormente al 1° gennaio 1866,
per le quali sia dovuto un laudemio, il concedente pud chiedere die il canone, periodioamente corrisposto, sia
aumentato di una somma pari alia trentesima parte del laudemio, anche quando il laudemio sia stato pattuito solo per il easo di alienazione e sulla base del prezzo di
questa. (2) Nelle enfiteusi eostituite anteriormente al 1° gennaio 1866, per
le quali sia dovuto un laudemio da deterniinarsi in re
lazione al valore dell'utile dominio del fondo, al fine della
determinazione della somma, corrispondente alia trente
sima parte dello stesso laudemio, della quale deve essere
aumentato il canone, in sostituzione del soppresso lau
demio, I'ammontare di questo ultimo deve essere determi
nato in riferimento al valore del fondo al 28 ottobre 1941
(data di abolizione del laudemio) e non in riferimento al detto valore al tempo in cui si ehiede la sostituzione
del laudemio con I'aumento del canone. (3)
La Corte, ecc. — Col primo mezzo di annullamento
la ricorrente denunzia la violazione dell'art. 30 disp. trans,
cod. civ. 1865, dell'art. 142 disp. trans, cod. civ. vig., in
relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civile. In proposito afferma, innanzitutto, che la disposizione del 4° comma
dell'art. 971 cod. civ. vig., a tenore della quale, nel caso
in cui l'affrancazione sia promossa da uno degli enfiteuti
per la totalita, l'affrancante subentra nei diritti del con
cedente verso gli altri enfiteuti, non trova applicazione
per le enfiteusi costituite sotto le leggi anteriori, le quali
rimangono regolate dalle leggi medesime. Indi deduce
che, a norma delle disposizioni del codice civile del 1865,
applicabili, in tema di affrancazione, anche alle enfiteusi
costituite sotto le leggi anteriori, il coenfiteuta poteva redimere il fondo per la sola parte di cui era in possesso e, benchö fosse tenuto a pagare l'intero capitale di affran
cazione, aveva soltanto il diritto di rivalersi verso gli altri coenfiteuti per le rispettive quote. Conseguentemente sostiene che la Corte di appello ha errato nel ritenere che,
per effetto dell'affrancazione operata per la totalitä dal
Nicolosi di Bartolo, questi fosse subentrato nei diritti del concedente verso i coenfiteuti.
La doglianza ö priva di fondamento.
Va, innanzi tutto, rilevato che la soluzione della que stione sollevata col primo mezzo, opposta a quella soste
nuta dalla ricorrente, b espressamente contemplata nel
l'art. 971, 4° comma, del vigente cod. civ., ove h stabilito che il coenfiteuta affrancante subentra al concedente, verso gli altri coenfiteuti, e costoro hanno diritto solo a
una riduzione proporzionale del canone. Vero e che le dispo sizioni transitorie del vigente codice non rendono appli cable espressamente alle enfiteusi anteriormente costituite la eitata norma del 4° comma dell'art. 971, onde, su tale
punto, permane 1'applicabilitä, del codice del 1865. Per altro il principio contenuto nel citato 4° comma dell'art.
971 cod. civ. vig., anche se non espressamente formulato nella abrogata legislazione, era da questa presupposto. Conseguentemente, pure in base al codice civile del 1865
(applicabile, in tema di affrancazione, ai sensi dell'art. 30 delle relative disposizioni transitorie, anche alle enfiteusi anteriormente costituite), il coenfiteuta, che proceda al l'affrancazione dell'intero fondo. nel divenire pieno pro prietario per la sua quota, non rende proprietari pieni
per le altre quote i coenfiteuti, acquistando verso costoro un diritto di credito per il rimborso delle somme di denaro
trina, consulta Trifone, Dell'enfiteusi, in Commentario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1954, 2=> ediz., pag. 103 ; Cariota Ferrara, Enfiteusi, 1950, pag. 323 segg. ; Pescatore-Albano Greco, Froprietä, 1958, IX, pag. 46 segg.
(2) In senso conforme, cfr. Cass. 24 settembre 1954, n. 3100, Foro it., Rep. 1954, voce Enfiteusi, n. 78 e, in extenso, in Giust. civ., 1955, I, 247 : 1° agosto 1951, n. 2327, Foro it., Rep. 1951, voce eit., nn. 130-132.
(3) Non risultano precedenti specifici sulla questione. In dottrina, consulta, in senso conforme, Trifone, op. cit., pag. 38 ; Cariota-Ferrara, op. cit., pag. 355 segg.
versate al direttario per l'affrancazione delle loro quote
(come la ricorrente sostiene), ma, mentre diviene proprietario
pieno per la sua quota, prende il posto del concedente
per le quote dei coenfiteuti, i quali continuano ad avere,
per le dette quote, un diritto reale di enfiteusi sulla eosa.
A conferma della esattezza di tale principio, e da pre mettere die, come e giurisprudenza costante di questo
Supremo collegio (cfr., da ultimo, le sentenze n. 3318 del
1960, Foro it., Rep. 1960, voce Enfiteusi, n. 28, e n. 287
del 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 5), il coenfiteuta
ha i] diritto di affrancare da solo il fondo, purcM per l'in
tero, anche nel caso in cui la contitolaritä del diritto di
enfiteusi siasi costituita sotto l'impero dell'abrogato codice
civile o di leggi anteriori. Or bene, ove si ritenesse che, in
tal caso, l'affrancante renda proprietari pieni, per le loro
quote, i coenfiteuti, acquistando verso ciascuno di essi
un diritto di credito, si verrebbe ad addossare ai coenfiteuti
l'affrancazione e a renderli, anche contro la loro volontä, debitori del prezzo di affrancazione, mentre l'affranca
zione e una facoltä, non un obbligo dell'enfiteuta (art. 1564 cod. civ. 1865; art. 971 cod. civ. vigente).
Emerge da quanto si h esposto che il primo mezzo di
annullamento deve essere rigettato. (Omissis) Col terzo e col quarto mezzo di annullamento, che con
viene esaminare congiuntamente, in quanto sono collegati, la ricorrente denunzia la falsa applicazione dell'art. 145
disp. trans, cod. civ. e dell'art. 11, 2° comma, della legge 11 giugno 1925 n. 998, in relazione all'art. 360, n. 5, cod.
proc. civ. In proposito deduce che la norma del citato
art. 145 disp. trans., la quale attribuisce al concedente
la facoltä di chiedere, in sostituzione del soppresso lau
demio, l'aumento del canone, per una somma pari alia
trentesima parte del laudemio, 6 applicabile nella sola
ipotesi in cui si verifichi la condizione, per la quale lo
stesso laudemio sia dovuto. Indi, dopo aver ricordato che nell'atto costitutivo della enfiteusi in discussione (atto del 3 agosto 1840 per notar Manduca), il laudemio era
stato pattuito per la sola ipotesi di alienazione del fondo
obnoxio (laudemio di passaggio), sostiene che, non aveudo avuto luogo, dalla data di abolizione del laudemio (28 ottobre 1941) a quella dell'atto introduttivo del giudizio (29 agosto 1952), alcuna alienazione dell'appartamento in controversia, non poteva essere richiesto dal Nico losi l'aumento del canone.
La doglianza e priva di fondamento.
Infatti, contrariamente a quanto la ricorrente sostiene, nelle enfiteusi costituite anteriormente al 1° gennaio 1866, per le quali sia dovuto un laudemio, il concedente puõ chiedere che il canone, periodicamente corrisposto, sia aumentato di una somma pari alia trentesima parte del
laudemio, ai sensi dell'art. 145 disp. trans, cod. civ., anche
quando il laudemio sia stato pattuito solo per il caso di
alienazione, e non anche per il caso di affrancazione del
fondo, e non si sia verificata alcuna alienazione succes sivamente alia abolizione del laudemio (cfr., in tal senso, la sentenza di questa Suprema corte n. 3100 del 1954, Foro it., Rep. 1954, voce Enfiteusi, n. 78). A conferma e da notare che il legislatore, con l'abolire i laudemi e con l'attribuire al concedente la facoltä di chiedere che il canone sia aumentato di una somma pari alia trentesima
parte del laudemio, ha operato una conversione del di ritto alia somma dovuta in caso di alienazione, nel diritto a una somma annua corrispondente alia frazione di un trentesimo dell'anzidetta somma. In altri termini il legis latore, nel togliere al concedente 1'entitä patrimoniale consistente nel diritto al laudemio in caso di alienazione, gli ha attribuito, in sostituzione, il diritto a ottenere an nualmente una frazione di quella entitä patrimoniale, a prescindere dalla circostanza che, successivamente alia abolizione del laudemio, siano state, o non, poste in essere alienazioni e dal loro eventuale numero.
A presidio della sua tesi, la ricorrente obietta che, ai sensi del 3° comma del citato art. 145 disp. trans, per la determinazione del laudemio (in relazione al quale viene stabilita la misura delPaumento del canone), si applica 1'art. 11 della legge 11 giugno 1925 n. 998, che riguarda
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1645 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1646
solo il caso in cui l'ammontare del laudemio debba essere
determinate in relazione al valore dell'utile dominio. Con
seguentemente sostiene ehe la eitata disposizione e la
norma coneernente il diritto di chiederc l'aumento del
oanone non possono ricevere applioazione, allorquando, come nel caso, il laudemio debba essere commisurato, non gia sul valore dell'utile dominio, bensi sul prezzo del
l'alienazione.
Senonche la Suprema corte non ritiene die tale obie
zione vulnori l'esattezza dei dianzi enunciati prineipi eirca la conversione del diritto al laudemio.
Infatti il 2° comma dell'art. 11 della legge n. 998 del
1925, emanata antecedentemente alia abolizione dei lau
demi e ricMamata dall'art. 145 disp. trans., precisa le
modalitä, con le quali si stabilisce il valore dell'utile do
minio del fondo, eon riferimento alia sola ipotesi in cui
il laudemio debba determinarsi in relazione a tale valore, essendo chiaro che, nella diversa ipotesi in cui l'ammon
tare del laudemio sia predeterminato, non puõ sorgere alcuna questione circa l'ammontare dell'aumento del ca
none. Orbene, qualora, come nel caso in esame, nel contratto
costitutivo della enfiteusi, sia stabilito che il laudemio
debba essere commisurato al prezzo della vendita del
l'utile dominio, l'abolizione del laudemio pattuito per il
caso di alienazione rende inoperaute e inapplicabile la
clausola concernente il criterio da seguire per la deter
minazione del laudemio e, non essendo questo predeter
minato, si rende applicabile, per la sua valutazione ai
fini dell'aumento del canone, la eitata norma contenuta
nel 2° comma dell'art. 11 della legge n. 998 del 1925.
Ond'õ che (a parte la sostanziale equivalenza del valore
dell'utile dominio del fondo col prezzo della alienazione
dello stesso utile dominio) l'applicazione del dianzi enun
ciate principio, per il quale si fa luogo alia conversione
del diritto alia somma dovuta in caso di alienazione nel
diritto a una somma annua, corrispondente alia frazione
di un trentesimo dell'anzidetta somma, non puõ ricevere
alcuna deroga per il fatto che fosse stato pattuito di de
terminare il laudemio in base al prezzo dell'alienazione.
Consegue da quanto si e esposto ehe anche il terzo e
il quarto mezzo di annullamento devono essere rigettati. Col quinto mezzo la ricorrente, nel denunziare la falsa
applicazione dell'art. 145 disp. trans., in relazione all'art.
360 cod. proc. civ., lamenta che la Corte di appello abbia
determinato il valore del laudemio, con riferimento al
momento in cui, dal Nicolosi di Bartolo, era stata chiesta
la sostituzione dello stesso laudemio con la maggiorazione del canone, anziche con riferimento alia data del 28 ot
tobre 1941.
La doglianza e fondata.
Infatti, a norma del 1° comma dell'art. 145 disp. trans., alia data del 28 ottobre 1941 õ, come s'e visto, cessato
di esistere il laudemio ed e sorto, in sua vece, il diritto
a ottenere l'aumento del canone per una somma pari alia
trentesima parte dello stesso laudemio ; pertanto, come
e stato giustamente osservato da una autorevole dottrina, il contenuto del diritto all'aumento del canone resta de
terminato in dipendenza del valore del laudemio, nel mo
mento ultimo in cui questo e esistito. La contraria opi
nione, espressa dalla denunziata sentenza, si fonda sulla
considerazione che la mutazione giuridica, prodotta dal
l'esercizio del diritto potestativo del concedente di chiedere
l'aumento del eanone in sostituzione del soppresso laudemio, si verifica al momento dell'esercizio di tale diritto po
testativo, per cui, secondo la denunziata sentenza, e a
questo momento che deve aversi riguardo per la determi
nazione di tutti gli elementi costitutivi della mutazione
stessa, tra i quali rientra, per l'appunto, il valore del di
ritto al laudemio. Senonche, a dimostrare la infondatezza
di tale opinione, va rilevato che, dopo il 28 ottobre 1941,
non puõ verificarsi alcun mutamento nel valore del lau
demio, avendo questo cessato di esistere e che, conseguente
mente, il rapporto tra i due elementi (laudemio e somma
sostitutiva di esso) deve essere operato con riferimento
al momento in cui uno di essi ha cessato di esistere.
Dalle svolte considerazioni discende che i primi quattro
mezzi di annullameiito devono essere rigettati e ehe il
quinto mezzo deve essere, invece, accolto.
In relazione alia doglianza accolta, la denunziata sen
tenza deve essere cassata.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 4 giuguo 1963, n. 1491 ; Pres.
Vela P., Est. Maio, P. M. Gedda (concl. parz. diff.) ; Ditta Cesaritti (Avv. Caravita) c. Macoarone e altri.
(Oonjerma App. Roma 19 maggio 1961)
Titoli di crcdit© — Accertamento della natura del
robbligazione cambiaria — Elementi di indivi
duazione (R. d. 14 dioembre 1933 n. 1669, norme
sulla cambiale, art. 36). Lavoro (rapporto) — Retribuzione in parte iissa e
in parte costituita da parteeipazione ai prodotti — Attivitä di gestione del dipciidente — Ammis
sibiiitä (Cod. civ., art. 2094, 2099). Lavoro (rapporto)
— Lavoro straordinario — In
dicazione delle lavorazioni a earattere diseon
tinuo o di attesa -— Tassativitä (R. d. 15 marzo
1923 n. 692, limitazione dell'orario di lavoro, art. 1, 3 ; r. d. 6 dicembre 1923 n. 2657, tabella indicante le
occupazioni con lavoro discontinuo o di semplice
attesa).
Al fine di stabilire se una obbligazione cambiaria sia stata
assunta per coemittenza o per avallo pud farsi ricorso, in
mancanza di altri elementi, sia alla formula üsata per Vassunzione delVobbligazione sia alla posizione delle
firme. (1) Non contrasta eon la configurazione di un rapporto di lavoro
subordinato la eorresponsione di retribuzione costituita
da una parte fissa e da una percentuale sugli incassi, nh lo
svolgimento di attivitä di gestione. (2) La tabella ehe prevede le lavorazioni di earattere discontinuo
o di semplice attesa e custodia ha earattere tassativo. (3)
(1) In senso eonforme Cass. 17 giugno 1955, n. 1865, Foro
it., Bep. 1955, voce Titoli di credito, nn. 79-82 ; 28 febbraio
1954, n. 216, id., Bep. 1954, voce eit., n. 136 ; 28 maggio 1942, n. 1450, id., Bep. 1942, voce Effetto cambiaria, n. 45 ; App. Torino 10 ottobre 1935, id., Bep. 1935, voce eit., n. 170.
Per la questione relativa alla natura semplicemente fideius soria della obbligazione di garanzia assunta senza la specifica indicazione « per avallo » o altra equivalente, vedi App. Brescia 16 dicembre 1959, id., 1960, I, 840.
(2) Sulla compatibilitä dello svolgimento di una attivitä
particolarmente complessa, quale quella di gestione, con il
rapporto di lavoro subordinato, confronta in particolare San toro Passarelijt, Nozioni di diritto del lavoro, 1963, pag. 70 ; sulla questione della parteeipazione agli utili come forma di
retribuzione, vedi Cass. 6 dicembre 1962, n. 3283, Foro it., Bep. 1962, voce Lavoro (rapporto), n. 31 ; 2 agosto 1962, n. 2314, ibid., n. 29 ; 26 settembre 1962, ibid., n. 30 e 13 novembre 1961, n. 2648, id., 1962, I, 540, eon nota di richiami, nonchž App. Firenze 20 aprile 1963, infra, 1834, nella motivazione.
(3) Giurisprudenza concorde sulla tassativitä della tabella di cui ai r. decreto 6 dicembre 1923 ; cfr. Cass. 9 maggio 1960, n. 1062, Foro it., Bep. 1960, voce Lavoro (rapporto), n. 457 ;
App. Napoli 22 marzo 1956, id., Bep. 1956, voce eit., n. 542 ; Cass. 29 ottobre 1955, n. 3559, id., Bep. 1955, voce eit., n. 402 ;
App. Milano 20 marzo 1954, id., Rep. 1954, voce eit., n. 339 ; Cass. 9 febbraio 1950, n. 279, id., Bep. 1950, voce eit., n. 177.
Ha ritenuto applicabile la tabella anche ai settore agricolo Cass. 28 luglio 1959, n. 2414, id., Bep. 1959, voce eit., n. 395.
La recente dottrina 6 concorde eon la giurisprudenza ; vedi eosi Riva Sansevekino, Il lavoro nell'imprcsa, 1960, pag. 498 ; D'Etjfemia, L'orario di lavoro e i riposi, in Trattalo di
diritto ael lavoro, a cura di Boksi e Perooi.esi, 1959, III, pag. 222 ;
Mazzoni, Mannale di diritto del lavoro, 1958, pag. 357 ; Barassi, Il diritto del lavoro, 1957, II, pag. 434 ; De Lttai.a, Il contratto
di lavoro, 1956, pag. 359 ; CassI, La durata della prestazione
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