Sezione II civile; sentenza 11 ottobre 1961, n. 2074; Pres. Varallo P., Est. Serra, P. M. Gentile(concl. conf.); Rancilio (Avv. Barbero, Russo) c. Da Re (Avv. Da Re)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 727/728-731/732Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150435 .
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727 PARTE PRIMA 728
I La Corte, ecc. — Premesso clie, come osserva il P. m.,
la censura mossa dal ricorrente alia sentenza impugnata,
per aver deciso circa la legittimazione attiva dell'istante
prima ehe sulla competenza, non rileva ai fini della deci
sione sulla competenza, va affermato, in contrasto col
ricorrente stesso, che non doveva il Pretore in sede di
regolamento esaminare ed eventualmente dichiarare im
proponibile la domanda giudiziale a vanti a lui proposta
per essere applicabile, a dire del ricorrente, la clausola
del contratto normativo tra le Associazioni dei noleggiatori di films e degli esercenti sale cinematografiche, che pre vede la competenza dei comitati arbitrali.
Giova precisare clie i comitati arbitrali, previsti dal
contratto collettivo di noleggio stipulato tra l'Associazione
nazionale industrie cinematografiche e l'Associazione ge nerate dello spettacolo, comitati al cui esame vanno de
ferite, secondo tale contratto, le controversie circa l'inter
pretazione e l'esecuzione delle commissioni di noleggio e
in genere le controversie tra singoli esercenti e noleggiatori relative al noleggio e alia proiezione dei films, decidono
senza formality di procedura e inappellabilmente, e le loro
decisioni, cosi testualmente il contratto collettivo, «do
vranno essere immediatamente eseguite dalle parti le quali
rimangono obbligate ad accettarle come espressione della
loro stessa volontä, contrattuale ».
Ciõ posto, 6 evidente che gli arbitrate previsti nel con
tratto collettivo in discorso sono liberi o irrituali e che
l'atto, che essi pongono in essere, non puõ essere riguardato come una vera e propria sentenza, non essendo gli arbitri
investiti di una funzione giurisdizionale, ma solo quale atto vincolante per le parti, come una transazione.
Questa situazione porta a richiamare e a ritenere appli cable il principio, altra volta enunciato, secondo cui il
compromesso concernente un arbitrato irrituale non in
volge una questione di competenza, non dovendo l'ar
bitro irrituale emettere una decisione in sostituzione del
1'autoritä giudiziaria, ma solo escludere la proponibilitä della domanda giudiziale, questione, peraltro, questa, da
sottoporsi e risolversi dal giudice competente e quindi non in sede di regolamento di competenza.
£ in questo senso che sopra si e affermato che non
doveva il Pretore esaminare, in sede di giudizio di regola mento di competenza, l'eccezione d'improponibilita della
domanda sollevata dal D'Antonio, e decidere sulla stessa,
come secondo il ricorrente avrebbe dovuto fare, la eventuale
decisione in proposito spettando al giudice di merito com
petente. (Omissis) Per questi motivi, dichiara competente a pronunciare
sulla domanda proposta dalla Soc. Libertas Film in liqui dazione il Pretore di Roma, ecc.
tori ed esercenti sale cinematografiche, £ limitata alia risoluzione delle controversie, di carattere tecnico, relative all'interpreta zione e alia esecuzione delle commissioni di noleggio e non in veste pure la definizione delle questioni concernenti il pagamento del corrispettivo del noleggio medesimo.
Sulla natura del contratto di noleggio dei films, cons. Trib. Milano 28 marzo 1960, id., 1961, I, 372, con ampia nota di richiami.
Al principio, ribadito in motivazione, secondo il quale, nel
caso di arbitrato libero o irrituale, non dovendo l'arbitro emet tere una decisione in sostituzione del giudice, viene meno ogni
questione di competenza (Cass. 14 gennaio 1959, n. 80, id., Rep. 1959, voce Arbitrato, n. 34 ; 21 novembre 1955, n. 3767, id.,
Rep. 1955, voce cit., n. 15), si ricollega Cass. 21 aprile 1958, n. 1308, id., Rep. 1958, voce Competenza civ., n. 454, che subordina l'ammissibilita del regolamento di competenza nel procedimento 'arbitrate al fatto che si tratti di arbitrato rituale e non di arbi
trato libero ; contra, nel senso che il regolamento di competenza ha riguardo a tutti i criteri di competenza previsti dal codice di
procedura civile, cosi assoluti come relativi e si estende anche alia competenza o meno del giudice arbitrate, si tratti di arbi
trato regolare o irregolare, App. Roma 27 marzo 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 339.
V., da ultimo, a proposito d^irirritualitä. dell'arbitrato pre visto dal regolamento della F.i.g.c., Cass. 21 marzo 1962, n.
578, retro, 631, con nota di richiami.
CORTE SÜPHEMA Dl CASSAZIüNE.
Sezione II civile ; sentenza 11 ottobre 1961, n. 2074 ; Pres.
Vakali.o P., Est. Sebra, P. M. Gentile (concl. conf.) ; Raneilio (Avv. Barbero, Rtjsso) c. Da Re (Aw. Da Re).
(Gonjerma A pp. Milano 13 ottobre 1959)
Prescrizione in materia civile — Azioiie di anmilla—
meiito di contratto — Atti interruttivi (Cod. civ., art. 1219, 1441, 2943).
Arbitrato — Arbitrato irrituale — Azione di impu—
«jnazione — Prescrizione quinquennale — Fatti—
specie (Cod. civ., art. 1442).
La prescrizione estintiva delVazione di annullamento di con
tratto I interrotta dalla sola domanda giudiziale e non anche
da altri atti idonei a costituire il debitore in mora. (1)
L'impugnazione della delerminazione delVarbitro irrituale
e soggetta alia prescrizione quinquennale prevista dal
I'art. 1442 cod. civ. (nella specie trattavasi di impugnazione, per eccesso di mandato ed errore di fatto delVarbitro, della
decisione resa mediante riempimento di fogli in bianco
preventivamente sottoscritti dalle parti). (2)
La Corte, eoc. — Svolgimento del processo.
— II 30 aprile 1947 l'ing. Rancilio e l'avv. Andrea Da Re stipulavano un
contratto con cui il Rancilio si impegnava a costruire su
un terreno di proprieta del Da Re, sito in Via F. Filzi, n. 41
a Milano, previa demolizione dell'edificio ivi esistente,
danneggiato da eventi bellici, un nuovo edificio di sette
piani, dei quali il sesto e il settimo arretrati con due appar tamenti su ciascuno dei primi cinque piani e con quattro
botteghe, oltre i sottostanti magazzini e cantine. Lo stesso
Rancilio si obbligava a consegnare al Da Re l'intero primo e secondo piano, un appartamento di nove locali al secondo
e terzo piano, due bottegbe, una con retro e l'altra senza,
quattro cantine. Al Da Re sarebbe, inoltre, spettato il 20% dei locali che fossero eventualmente costruiti in piü ri
spetto a quelli previsti nella convenzione, e gli venivano
anche riconosciuti il 10% del prezzo che l'lmpresa Rancilio
avesse realizzato in piu rispetto al prezzo di lire 1.200.000
previsto per ciascun locale, il diritto di prelazione per lo
acquisto di un appartamento all'ultimo piano, al prezzo di lire 1.100.000 per locale, alcune servitu di passaggio a
favore di una sua proprieta. II Da Re, da parte sua, si
impegnava a sottoscrivere, a richiesta del Rancilio, tutti
gli atti di trapasso inerenti al terreno edificando, a devol
vergli i contributi e premi di ricostruzione e a firmare quindi le domande relative.
Iniziatasi la costruzione di cui sopra e completati i la
vori relativi al rustico, sorgevano contestazioni tra le parti in ordine ai locali spettanti al Da Re sulla costruzione ec
cedente quella prevista in contratto. II Rancilio pretendeva, infatti, la riduzione della misura originariamente stabilita
nella percentuale del 20% per il rincaro del materiale e
della mano d'opera frattanto verificatesi, e si doleva dei
danni conseguenti al rifiuto opposto dal Da Re ad effet
tuare il trapasso di propriety delle quote parti del terreno.
II Da Re, dal canto suo, rilevava che l'edificio era venuto
a realizzare, per effetto della maggiore altezza (a seguito di variazioni al progetto originario), circa 60 locali e 10
negozi in piü: che il medesimo era stato liberato della
servitu di passaggio e l'intera costruzione era aumentata
di valore per l'apertura di una nuova strada attuata dal
Comune, congiungendo la Via Filzi con la Via Copernico. Sosteneva che, in ogni caso, la percentuale del 20% era stata
pattuita per i locali che sarebbero stati costruiti in piü
(1) Conf. Cass. 3 novembre 1959, n. 3249, Foro it., 1959, I, 795, con nota di richiami.
(2) Non risultano precedent! giurisprudenziali editi. Sulla natura contrattuale dell'arbitrato irrituale, v. da
ultimo, Cass. 23 marzo 1961, n. 652, e 10 novembre 1961, n . 2623, retro, 244, con nota di richiami; nonchü 14 ottobre 1961, n. 2141, che precede.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rispetto al numero previsto nel contratto indipendentemente da un eventuale rialzo dei prezzi e da un eventuale aumento
di spese. Per risolvare tali divergenze le parti, con lettera 14
dioembre 1948 e in applioazione dell'art. 43 del contratto
suddetto, eonferivano airing. Carlo Chierichetti, quale arbitro amichevole, l'incarico di definire tutte le contesta
zioni tra loro insorte ; contemporaneamente gli consegna vano venti fogli di carta bollata da essi firmati in bianco
e gli chiedevano che sotto forma di convenzione diretta
tra l'ing. Rancilio e l'avv. Da Re redigesse la sua decisione
arbitrate in ordine ai quesiti all'uopo formulati.
Successivamente, il 4 aprile 1949, le parti stipulavano un atto con cui restavano assegnati al Rancilio i negozi contraddistinti nella planimetria con le lettere E e G, i
sottostanti magazzini e retrobotteghe, tre autorimesse e
tutti gli appartamenti posti ai piani terzo, quarto, quinto,
sesto, settimo, ottavo, nono, undecimo e dodicesimo ; all'avv. Da Re venivano assegnati il negozio D, un'autori
messa, l'intero primo piano, due appartamenti del secondo
piano, sette vani nello scantinato. Rimanevano in conte
stazione i negozi A, B, Bl, G, F, due appartamenti del se
condo piano, il decimo piano. Tali unitä venivano fiducia
riamente assegnate pro quota, in attesa della decisione
Chierichetti, ad alcune socielä appositamente costituite
delle quali veniva nominato amministratore unico il prof.
Ambrogio Martinazzi.
Questi ed un altro fiduciario, il dr. Gaotano Barbieri, si impegnavano ad effettuare il trapasso di dette quote al
Da Re o al Rancilio, o parte all'uno o parte all'altro, giusta
quanto avrebbe stabilito il Chierichetti, il quale successi
vamente emetteva la propria decisione assegnando al Da
Re, sulle quote in contestazione, gli appartamenti 3 e 4 del
secondo piano e relativi scantinati, i negozi contraddistinti
con le lettere A e F e relativi magazzini, e al Rancilio i
negozi di cui alle lettere B e Bl ; emetteva, inoltre, le sue
determinazioni sugli altri quesiti propostigli dalle parti. Con atto 14 giugno 1955 il Rancilio conveniva in giu
dizio, davanti al Tribunale di Milano, il Da Re chiedendo
fosse dichiarata nulla l'assegnazione fatta a favore del Da
Re dall'ing. Chierichetti, nonche determinata, in base ai
quesiti sottoposti all'arbitro, la giusta percentuale spet tante al Da Re ; chiedeva, inoltre, che questo ultimo venisse
condannato alia retrocessione della parte assegnata oltre
il dovuto e al rimborso dei canoni di locazione correlativa
mente percepiti dal 1° ottobre 1949.
II convenuto eccepiva preliminarmente la prescrizione e la decadenza dell'azione ponendo in rilievo che a seguito della determinazione arbitrale le parti si erano immesse nelle
quote ad esse assegnate ; deduceva, poi, nel merito, che la
convenzione 15 novembre 1949, in quanto stesa dall'ing. Chierichetti su fogli dalle parti sottoscritti in bianco, do
veva considerarsi conclusa direttamente dalle parti stesse e
quindi non suscettibile di impugnazione ? e non per le cause
che consentono rannullamento dei contratti, cioe per errore,
violenza e dolo, ipotesi che nella specie non ricorrevano.
Il Tribunale adito, con sentenza 29 aprile 1957, disattese
le eccezioni preliminari del convenuto, rigettava, nel me
rito, la domanda attrice.
Tale sentenza veniva impugnata dal Rancilio, ma la,
Corte d'appello di Milano, respingeva il gravame.
Ricorre, ora, per cassazione lo stesso Rancilio con cinque mezzi di annullamento, cui resiste con controricorso l'av
vocato Da Re.
Entrambe le parti hanno presentato memoria illustra
tiva.
Motivi della decisione. — Con il primo mezzo, il ricorrente
denunciala violazione degli art. 2934 e 1442 cod. civ. e so
stiene che la Corte di merito ha errato nel ritenere che, in
tema di azione di annullamento, non vi sia altra possibility
per interrompere il termine di prescrizione, che quello di pro
porre domanda giudiziale, quando invece basta a costi
tuire il fatt-o interruttivo della prescrizione, la manifesta
zione della volontä, da parte del creditore, di ottenere il
soddisfacimento del diritto di realizzare la propria pretesa,
portata a conoscenza mediante atto scritto.
La censura non ha fondamento. Com'e noto, la legge
(art. 2943 cod. civ.) oontempla, quali atti interruttivi della
prescrizione, posti in essere dal titolare del diritto, anzi
tutto, la domanda giudiziale anche se proposta davanti
a giudice incompetente, e poi la costituzione in mora.
Si tratta di indicazione tassativa e pertanto non possono
all'uopo giovare atti diversi da quelli ipotizzati. Codesta
rigorosa disciplina si spiega considerando che l'ordina
mento giuridico, in tanto appresta detti mezzi a tutela
del titolare del diritto in confronto del prescrivente, in
quanto ritenuti come i soli che valgano a manifestare in
modo certo la volontä di conservare il diritto. In altri
termini, il legislatore, nel conflitto fra stato di fatto, pur meritevole di tutela siccome vale, col decorso di determinato
tempo, a conferire certezza ai rapporti giuridici (donde la ragione giustificativa della prescrizione) e stato di diritto, da modo al titolare del diritto stesso, che ha omesso di eser
citarlo, di mantenere in vita il diritto medesimo, ma non
con qualsiasi manifestazione di volontä, sibbene con quella
espressa attraverso atti tipici, oggettivamente rivelatori
della seria determinazione di renderlo tuttora operante,
quali appunto quelli sopra indicati. Dunque, fra prescri vente e titolare del diritto, prevale questo ultimo solo ed
ed in quanto si adegui alia particolare disciplina legale alio
uopo stabilita. Tuttavia e da notare che, mentre la domanda
giudiziale e atto che vale a spiegare efficacia interruttiva
rispetto a qualsiasi diritto soggetto a prescrizione, la costi
tuzione in mora una tale efficacia puõ avere limitatamente
ai diritti di obbligazione, come ha bene osservato la Corte
di merito con richiamo all'art. 1219 cod. civ., il quale,
infatti, prevede e regola << la messa in mora » in riguardo al debitore, ossia di colui che e tenuto ad una determinata
prestazione. Ora, nella specie, non poteva venire in considerazione
questa causa interruttiva, riflettendo l'azione in oggetto, non l'adempimento di un'obbligazione in dipendenza della
nota determinazione arbitrale, previamente assunta dalle
parti come espressione della loro volontä contrattuale, ma
rannullamento di questa convenzione, cioe il diritto po testativo di uno dei contraenti (nel caso dell'attuale ricor
rente) a tale annullamento (attraverso la sentenza costi
tutiva del giudice), rispetto al quale diritto, l'altro contraente
(il Da Be), come egualmente bene ha osservato la stessa
Corte di merito, non aveva attivamente l'obbligo di alcuna
prestazione, ma era soltaDto soggetto all'iniziativa del
primo, cui quindi incombava l'onere, per interrompere la prescrizione in corso di detta azione, di promuovere tem
pestivamente l'azione stessa in conformitä della cennata
regola, e non limitarsi, come fece, a minacciare tale azione
con le predette lettere.
Obiettõ, perõ, il ricorrente che, pur essendo prescritta
l'azione, era a lui dato il potere di eccepire il diritto al
l'annullamento di fronte alla persistente volontä del con
venuto Da Re di tener ferma la suddetta convenzione
e richiama all'uomo la massima quae temporalia ad agendum,
perpetua sunt ad excipendum, accolta dall'art. 1442, ult.
comma, cod. civ. e secondo il quale 1'annullabilitä puö essere apposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del
contratto, anche se e prescritta l'azione per farlo valere.
L'obiezione non regge. Detta norma (come quella corrispondente dell'art. 1302
cod. civ. abrogato) presuppone che il contratto non sia
stato eseguito, mentre, nel caso, come si rileva dalla sen
tenza impugnata, esso ha avuto piena esecuzione in quanto le parti si ebbero assegnate le quote, ancora in controversia
secondo la determinazione aibitrale. E poiche il Da Ee
convenuto nulla, nell'attuale giudizio, ha chiesto in ese
cuzione del contratto de quo (ne aveva ragione di chiedere
alcunche avendo appunto giä conseguito la quota dovuta) non si puõ nemmeno dire che il ricorrente, fattosi attore
per l'annullamento dello stesso contratto, possa anche
assumere la veste di convenuto legittimato ad opporre tale
annullamento in via di eccezione.
Con il secondo mezzo del ricorso, si deduce la violazione
dell'art. 2946 cod. civ., nonche omesso esame della tesi
difensiva ulteriore con la quale si impugnava l'atto con
Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte 1-4:1.
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PARTE PRIMA
trattuale in oggetto anche per eccesso di mandato e per errore dell'arbitro, rispetto ai quali casi la prescrizione non
puõ essere ehe quella ordinaria di dieci anni.
A tale censura si collega l'altra, svolta con il quinto ed ultimo mezzo, ove si deduce la violazione dell'art. 112
cod. proc. civ., in quanto la Corte di merito non avrebbe
oonsiderato detta tesi difensiva sotto l'aspetto del vizio
di consenso dei mandanti, dell'eccesso di mandato, e del
l'errore di fatto dell'arbitro.
Neppure tali censure sono fondate.
La Corte di merito invero, pur non parlando espressa mente di codesti particolari aspetti della controversia, ha
mostrato di averli tenuti presenti con la considerazione
assorbente sulla natura dell'arbitrato irrituale, quale era
da ritenere nella specie la determinazione Chierichetti,
in quanto appunto esso e espressione di volontä promanante dalle parti (auto composizione della lite) donde la sua im
pugnabilit;\ per i vizi che ne inficiano il consenso nel termine
di cinque anni previsti dall'art. 1442 cod. civ. citato e,
in conseguenza, la fondatezza dell'eccezione di prescrizione sollevata all'uopo dal convenuto Da Be per essere stata
1'azione promossa dopo detto termine.
Infatti gli asseriti errori dell'arbitro, come l'allegato eccesso di mandato, si risolvono in errori delle parti (che
assumono la pronunzia dell'arbitro come atto della loro
volontä) e quindi in vizi di consenso delle parti stesse, di
guisache la prescrizione applicabile resta sempre quella
speciale di cinque anni stabilita dalla suddetta norma e non
l'ordinaria decennale di cui all'art. 2946 stesso codice.
Con il terzo mezzo il ricorrente denuncia altro difetto
di motivazione in ordine al punto in cui la Corte di appello affermõ che la tesi dell'attuale ricorrente, anche ancorata
all'art. 1349 cod. civ. (arbitraggio), nonriusciva ad evitare
nemmeno l'opponibilitä dell'eccezione di convalidazione
dell'atto impugnato, pure sollevata dal Da Ee. La censura
non ha perõ concreta rilevanza. una volta accolta l'ecce
zione di prescrizione per i motivi dianzi considerati.
Con il quarto mezzo, il Eancilio lamenta violazione, falsa
interpretazione, errata applicazione della disciplina giu
ridica del cosiddetto arbitrate irrituale, nonche vizio di
omessa motivazione. Sostiene che la Corte milanese ha
errato nel distinguere l'arbitrato irrituale dall'arbitraggio e nel ritenere quindi inapplicabile al primo la norma del
l'art. 1349 cod. civ., poiche, come ha riconosciuto la stessa
Corte, nell'ipotesi di arbitrato irrituale v'e il regolamento
transattivo di una controversia insorta fra le parti e poiche tra i contratti vi e anche la transazione, non puõ negarsi che il rimettere ad un terzo la determinazione dell'oggetto di questo, si inquadri perfettamente con l'ipotesi di deter
minazione dell'oggetto prevista dall'art. 1349 cod. civ.,
le cui disposizioni devono perciõ ritenersi applicabili non
solo in caso di arbitraggio vero e proprio, ma anche in caso
di arbitrato irrituale, quanto meno per analogia sotto il
quale profilo la Corte stessa avrebbe omesso di motivare.
La Corte medesima ha, inoltre, errato (aggiunge il ricor
rente) nel ritenere, con riferimento alia predetta norma
dell'art. 1349, che l'impugnazione per manifesta iniquity
andasse, in ogni caso, esclusa per essersi le parti affidate
al mero arbitrio del terzo, poiche, contrariamente a quanto la Corte stessa ha affermato, il solo fatto del rilascio del
bianco segno (come avvenuto nella specie) non 6, di per
sõ, idoneo a costituire affidamento al mero arbitrio, mentre
dalle lettere d'incarico era dato rilevare che la determina
zione non fu rimessa al mero arbitrio del terzo.
In sintesi, il ricorrente continua a sostenere, come giä
in fase di merito, che la fattispecie andava inquadrata
propriamente, quanto meno per analogia, nella figura
dell'arbitraggio come contemplata dall'art. 1349 cod. civ.
soprattutto per giustificare l'impugnazione della determi
nazione arbitrale in oggetto sotto il profilo « della mani
festa iniquity e dell'erroneita ». Ora la Corte di merito, dopo
aver dissentito dall'equiparazione sostanziale prospettata dall'odierno ricorrente fra arbitrato irrituale ed arbitraggio
e ravvisato ricorrere, nella specie, piuttosto il primo che il
secondo, ha posto tuttavia in rilievo che, anche accedendo
alia tesi dell'applicazione diretta dell'art. 1349 (cioe dell'ar
bitraggio), non poteva il ricorrente stesso «evitare le oppo nibilitä dell© eccezioni preliminary sollevate dalla contro
parte, di prescrizione e di convalidazione, die, anzi, se la
prescrizione quinquennale dell'azione di annullamento e
riconosciuta applicabile all'arbitrato irrituale. . . tanto piu e immediatamente (continua detta Corte) la stessa pre scrizione e da ammettersi nei riguardi dell'arbitraggio, cbe
non solo riguarda il procedimento formativo del contratto
e subisce pertanto le sanzioni di una eventuale invaliditä
parimenti riferibile al rapporto consensuale delle parti, ma
e ancbe testualmente compreso (come l'ipotesi della con
valida) nel titolo delle disposizioni regolanti il contratto
in generale, i suoi requisiti, la interpretazione, gli effetti, la nullita,, l'annullabilita e, in ordine a quest'ultima, lo
art. 1442 cod. civ. citato e relativo appunto alia prescri zione in esame».
Se, pertanto, la denunciata sentenza si e dato carico
altresi della tesi massima sostenuta dal ricorrente, rite
nendo clie, pur in siffatte ipotesi, la eccezione preliminare di prescrizione de qua era insuperabile, e il ricorrente non
muove sul punto specifico censura, c cbiaro cbe lo stesso
ricorrente non utilmente insiste nella suddetta tesi di me
rito, onde anche il mezzo in esame dev'essere disatteso,
restando, cosi, il ricorso in oggetto totalmente respinto con le conseguenze di legge.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 10 ottobre 1961, ri. 2059 ; Pres.
Torrente P., Est. GtIannattasio, P. M. Pepe (concl.
conf.); Saibene (Aw. Bonayentura, Parravicini) c.
Pagani ed altri (Avv. De Feo, Eosa).
(Oonferma App. Milano 13 maggio 1958)
Consorzi per il eoordinaraent© della pruduzione e
de;|li soambi — Consorzi ohltlijjatori — Obbliga ziuni consortili — • llesponsabilitä personale dei con
sorziati—Insussistenza— Fattispecie (L. 16 giugno 1932 n. 834, costituzione di consorzi fra esercenti uno
stesso ramo di attivitä economica, art. 5 ; d. m. 29
ottobre 1942, disciplina dell'approvviggionamento del
bestiame bovino, ecc., art. 8).
A norma delVart. 5 della legge 16 giugno 1932 n. 834, ehe
tuttora regola i consorzi obbligatori, le persone ehe Tianno
asswnto responsabilitä per conto delVente non hanno
rivalsa nei confronti dei singoli consorziati, ma solo sul
fondo comune (nella specie, trattavasi di raggruppamento di allevatori di bestiame bovino promosso dalVufficio
provinciate delVEnte economico della zootecnia). (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Con 1'unico motivo d'an
nullamento il ricorrente principale denuncia violazione e
falsa applicazione dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. e so
stiene ebe, poicbe egli aveva assunto l'obbligazione per conto dei singoli consorziati, acquistando il bestiame,
poteva rivalersi sul fondo consortile ed anebe sui singoli
consorziati, ai sensi deH'ultimo comma dell'art. 2615. La
Corte del merito, soggiunge il ricorrente, ba errato quindi
(1) Nel senso, contrario a quello ora seguito dalle Sezioni
unite, ehe la legge del 1932 non sia mai entrata in vigore, cons,
la sentenza 12 ottobre 1960, n. 2684 (Foro it., 1961, I, 639, con
nota di richiami), pure pronunciata a Sezioni unite ; nel senso,
invece, conforme a quello ora seguito dalla Cassazione, ehe le
disposizioni del eodice civile sui consorzi obbligatori non siano
mai entrate in vigore, Cass. 9 novembre 1960, n. 2986, ibid.
Devesi inoltre rilevare ehe il « consorzio », di cui si diseuteva
nella presente specie, non era stato costituito con il decreto
reale previsto nella legge del 1932, ma ne era stata promossa la costituzione tra aziende produttrici di bestiame bovino per iniziativa dell'ufficio provinciale dell'Ente econcmico della zoo
tecnia (art. 8 decreto min. agr. 29 ottobre 1942 ; art. 8 decreto
intermin. della repubblica sociale italiana 10 maggio 1944 n. 292).
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