sezione II civile; sentenza 11 ottobre 1986, n. 5947; Pres. Lo Coco, Est. Anglani, P. M. Fabi(concl. conf.); Disca (Avv. Aiello) c. Giarrizzo e Disca (Avv. Rossi). Cassa Trib. Caltanissetta 4agosto 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1175/1176-1177/1178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179901 .
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1175 PARTE PRIMA 1176
e solipsistico, ed a cadere quindi in atteggiamenti di fatto autistici. Tutela e protezione ad oltranza possono quindi di fatto — al di là e magari al contrario delle intenzioni soggettive di chi le attua — accentuare il disturbo psichico. Ciò non vuol naturalmente dire che le persone contrat tualmente svantaggiate debbano essere inserite in maniera bruta in una
dinamica sociale fortemente competitiva, come poi sono tutte le dinami che sociali dell'odierna civiltà industriale complessa, e come sono in par ticolare le dinamiche della intrapresa privata. Tralasciando qui volutamente
ogni aspetto economico giuridico, e rimanendo nel solo ambito psicologi co e psico-sociale, la soluzione meno dannosa appare quella di conferire al soggetto svantaggiato una quota extra di contrattualità sul mercato
del lavoro. Ciò può forse corrispondere ad una intelligente, articolata e flessibile politica di incentivi sostanziali per le imprese che rendano con cretamente disponibili posti di lavoro per i soggetti con invalidità psichi ca. Si tratta quindi di far in modo che chi offre un posto di lavoro ad una persona con questi problemi, sobbarcandosi di fatto quote di inter vento promotivo e riabilitativo che spettano alla comunità tutta, e che sono in genere assolte in maniera fortemente carente, ricavi da ciò un sostanziale vantaggio, e non soltanto il mancato svantaggio che deriva dall'aver ottemperato ad una norma di legge.
Alberto Manacorda
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 11 ottobre
1986, n. 5947; Pres. Lo Coco, Est. Anglani, P. M. Fabi (conci,
conf.); Disca (Avv. Aiello) c. Giarrizzo e Disca (Avv. Rossi). Cassa Trib. Caltanissetta 4 agosto 1981.
Successione ereditaria — Atto dispositivo simulato del «de cuius» — Impugnazione proposta dal legittimario — Prova — Qualità di terzo — Ammissibilità — Limiti (Cod. civ., art. 555, 1415, 1417).
Ai fini della domanda diretta a far valere la simulazione di atti
compiuti dal de cuius, il legittimario ha veste di terzo soltanto
quando chieda nel medesimo giudizio la reintegrazione della
quota di riserva; di conseguenza, non potrà valersi delle facili tazioni probatorie concesse ai terzi dalla legge, qualora non
esperisca l'azione di riduzione contestualmente a quella di di
chiarazione della simulazione. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 29 ottobre 1971, Disca Giovanna — premesso che aveva acqui
(1) La sentenza si inserisce in una ormai lunga e copiosa giurisprudenza che considera, in materia di prova della simulazione, il legittimario equi parato al terzo purché l'azione di simulazione sia strumentale all'azione di riduzione, precisando inoltre che tale strumentalità deve evincersi dalla
proposizione delle due azioni nel medesimo giudizio: Cass. 21 febbraio
1986, n. 1049, Foro it., Mass., 197; 12 febbraio 1986, n. 853, ibid., 161; App. Milano 19 ottobre 1984, id., Rep. 1985, voce Simulazione civile, n. 24; Cass. 27 ottobre 1984, n. 5515, id.. Rep. 1984, voce cit., n. 20; 21 luglio 1984, n. 4275, ibid., n. 16; 29 giugno 1984, n. 3861, ibid., n. 21; 12 novembre 1983, n. 6744, ibid., n. 22; 25 maggio 1983, n. 3599, id., Rep. 1983, voce cit., n. 6; Trib. Roma 4 dicembre 1981, ibid., n.
7; Cass. 21 luglio 1981, n. 4704, id., Rep. 1981, voce cit., n. 12, e in Giur. it., 1983, I, 1, 172, con nota di Conserva; 12 febbraio 1981, n.
866, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 14; 18 luglio 1980, n. 4719, id.. Rep. 1980, voce Successione ereditaria, n. 93; 16 luglio 1980, n. 4612, ibid., voce Simulazione civile, n. 16; 8 luglio 1980, n. 4352, ibid., n.
17; 18 aprile 1980, n. 2559, ibid., n. 18; 23 gennaio 1980, n. 567, ibid., n. 19; 5 gennaio 1980, n. 66, id., 1980, I, 2241, con nota di Cuffaro, ove peraltro si afferma che il legittimario è equiparato al terzo non solo con effetti vantaggiosi sulla legittima, ma anche sulla disponibile.
In dottrina si è più volte occupato dell'argomento Azzariti, (Se il le
gittimario erede che agisca in simulazione sia da ritenersi parte o terzo ai fini della prova, in Giust. civ., 1970, IV, 109; Testamento che conten
ga attribuzione di un cespite di proprietà aliena, simulazione, collabora
zione, in Giur. it., 1975, I, 1, 953; Atto simulato, lesione di legittima ed efficacia dell'azione del legittimario, in Riv. dir. civ., 1978, II, 20), a cui dire è da considerarsi terzo solo il legittimario, che, essendo anche
erede, abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario ex art. 564 c.c.
V., inoltre, Figurelli Notarbartalo, Osservazioni in tema di prova te stimoniale nel giudizio di simulazione proposto dal legittimario, in Giur.
merito, 1971, I, 545; Uccella, Ancora sul legittimario come terzo in
simulazione, in Dir. e giur., 1971, 602; nonché, più di recente, Ferri, Legittimari, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1981, 178 ss.
Il Foro Italiano — 1987.
stato da Disca Giovanni, con atto per notar Seca del 6 novembre
1964 la nuda proprietà di un fabbricato sito in Gela, del quale il venditore si era riservato l'usufrutto; che l'usufruttuario era
deceduto il 6 gennaio 1971 e l'immobile era deternuto senza il
titolo da Giarrizzo Gaetana — convenne la Giarrizzo dinanzi al
Pretore di Gela, affinché fosse condannata al rilascio dell'immo
bile. La convenuta costituitasi in giudizio chiese il rigetto della
domanda. Successivamente quest'ultima, unitamente al figlio Di
sca Salvatore, con atto di citazione notificato il 28 aprile 1982
convenne la Disca Giovanna dinanzi allo stesso pretore per sentir
dichiarare «la nullità per simulazione del suindicato atto di com
pravendita». I due procedimenti furono riuniti.
Con atto di citazione notificato il 29 ottobre 1971 Disca Lucia
e Disca Ermelinda — premesso di aver acquistato con atto per notar Seca del 7 novembre 1964 dal nominato Disca Giovanni
la nuda proprietà di un immobile urbano sito in Gela — conven
nero la nominata Giarrizzo dinanzi allo stesso pretore per sentirla
condannare al rilascio dell'immobile detenuto senza titolo dopo la morte dell'usufruttuario.
La Giarrizzo si costituì anche in tale giudizio chiedendo il ri
getto della domanda. Con successivo atto di citazione notificato
il 28 aprile 1972 convenne Disca Lucia ed Ermelinda dinanzi allo
stesso pretore per sentir dichiarare la nullità per simulazione del
l'atto di compravendita. Anche tali due procedimenti furono
riuniti. Con altro atto di citazione notificato il 29 aprile 1972 Disca
Giovanna e Salvatore convennero Disca Maria dinanzi allo stesso
pretore per sentir dichiarare la nullità per simulazione della com
pravendita di un immobile sito in Butera concluso tra il Disca
Giovanni e la convenuta con atto per notar Seca del 25 settembre
1964. La convenuta costituita chiese il rigetto della domanda.
II pretore adito defini i tre procedimenti di cui sopra con sen
tenze del 15 maggio 1978, rigettando le domande della Giarrizzo
e del Disca e condannando la prima al rilascio dei tre immobili
a favore delle attrici.
La Giarrizzo ed il Disca proposero appello avverso ciascuna
delle sentenze, dolendosi per avere il pretore rigettato le domande
di simulazione sull'erroneo rilievo che gli attori — «avendo agito
puramente e semplicemente quali eredi del Disca Giovanni e non
già quali legittimari per la reintegrazione della quota di riserva
ed essendo perciò soggetti alle medesime limitazioni probatorie del de cuius» — non potessero avvalersi delle presunzioni stante
il divieto di cui all'art. 1417 in relazione all'art. 2729, ultimo
comma, c.c.
Costituitisi gli appellati, che resistettero al gravame e disposta la riunione dei tre procedimenti, il Tribunale di Caltanissetta con
sentenza del 4 agosto 1981, ora denunziata, dichiarò, in accogli mento degli appelli che «gli atti di compravendita di cui alle do
mande erano simulati in quanto dissimulavano una donazione».
Osservò, per quanto interessa in questa sede, che gli appellanti «con i tre atti di citazione avevano manifestato, sia nel contesto
che nelle conclusioni, di avere preordinato l'azione di simulazio
ne al fine della riduzione delle asserite donazioni del de cuius
e cioè in funzione strumentale rispetto all'azione di riduzione».
Gli attori «avevano ribadito la finalità dell'azione proposta an
che nel verbale di precisazione delle conclusioni». Invero nell'e
spressione «accoglimento di tutte le richieste» era evidente «il
riferimento a tutto quanto dedotto nel corso del giudizio e, quin di, anche alla loro qualità di legittimari lesi nella quota di riserva».
Posto dunque che «costoro dovevano essere considerati terzi
rispetto ai contratti in questione», era indubbio che la prova del
la simulazione potesse essere fornita con qualunque mezzo, ivi
comprese le presunzioni gravi e concordanti».
Esaminati quindi alcuni elementi presuntivi aventi, a suo pare
re, gli estremi della gravità e concordanza, il tribunale osservò
«essere provate che gli atti di compravendita dissimulavano delle
donazioni» e che «spettava agli appellanti dimostrare che era sta
ta lesa la loro quota di legittima al fine di ottenere la riduzione
delle donazioni stesse». L'accertamento della lesione «doveva pe rò essere fatto in separato giudizio», in quanto «nessuna doman
da in tal senso era stata formulata dagli appellanti nel giudizio in corso».
Avverso questa sentenza Disca Giovanna, Lucia, Ermelinda e
Maria hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due
motivi. Gli intimati resistono con controricorso.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — Con il primo motivo le ricorrenti
denunziano «violazione e falsa applicazione degli art. 1415 e 1417
c.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.» e deducono che il tribu
nale ha ritenuto — sull'erroneo rilievo che gli appellanti (attuali
intimati) dovessero essere considerati terzi ai fini della esclusione
delle limitazioni probatorie previste dall'art. 1417 — che la prova della simulazione relativa potesse essere desunta da presunzioni, senza considerare che gli stessi appellanti «non avevano mai chie
sto espressamente l'apertura della successione, la riduzione delle
asserite donazioni e l'attribuzione delle quote di legittima loro
spettante, ma si erano limitati a un vago accenno decisamente
insufficiente a qualificare la pretesa» né avevano «comunque di
mostrato (o tentato di dimostrare) che gli atti di disposizione com
piuti dal de cuius eccedessero la quota disponibile». Il motivo è fondato. Deve anzitutto precisarsi che gli odierni
resistenti — i quali, come è pacifico, sono eredi legittimari di
Disca Giovanni, contraente venditore nei contratti di vendita, di
cui la sentenza impugnata ha dichiarato «la simulazione relativa
in quanto dissimulano una donazione», — pur avendo dedotto
in vari scritti difensivi, che le asserite donazioni avevano leso la
quota di riserva, e che l'azione proposta era preordinata alla ri
chiesta reintegrazione della quota stessa mediante riduzione delle
donazioni, non hanno in realtà formulato (come espressamente rilevato dal tribunale nella motivazione) alcuna domanda di ridu
zione (il petitum infatti sia nelle conclusioni dell'atto introduttivo
che in quello di udienza è costituito esclusivamente dalla richiesta
di dichiarazione della simulazione). Come prima accennato il tri
bunale ha ritenuto sufficienti le suesposte deduzioni ai fini della
qualifica di terzo con conseguente utilizzabilità delle presunzioni, in base alla cui efficacia probatoria ha poi accolto la domanda.
Ciò posto si osserva che la risoluzione della questione controver
sa — e cioè se l'erede legittimario di una parte contraente, il
quale agisce per far dichiarare la simulazione del contratto, deb
ba o no essere in ogni caso considerato terzo ai sensi dell'art.
1417 c.c. — non può prescindere dalla indagine sulla ratio di
tale norma, desumibile non solo dal chiaro testo della stessa ma
dal suo collegamento con le altre norme sulla simulazione e, con
quelle disciplinanti la prova per testi e, per presunzioni (art.
2721-2729). L'esame del testo «la prova della simulazione è ammissibile
senza limiti se la domanda è proposta da creditori o da terzi e,
qualora sia diretta a far valere la illiceità del contratto anche dal
le parti» consente anzitutto di rilevare che la norma disciplina non già le limitazioni della prova e per testi e per presunzioni in materia di simulazioni (come si è, talvolta, superficialmente
sostenuto) bensì l'esonero delle limitazioni stesse, a favore di ta
luni soggetti in determinate situazioni. In sostanza la norma co
stituisce una lex specialis rispetto a quelle di carattere generale
(2721-2729) riguardante tutti i contratti e deve pertanto (ex art.
14 preleggi) essere applicata esclusivamente nei casi (situazioni
soggettive) in essa previsti. Dalla natura di norma regolante il
regime probatorio deriva che i soggetti che possono fruire delle
agevolazioni probatorie debbono essere identificate in relazione,
non solo alla posizione assunta rispetto al contratto asserito si
mulato, ma anche, e soprattutto, all'azione in concreto esercitata.
In ordine al primo criterio è agevole la individuazione dei cre
ditori, che si identificano, giusta il collegamento con l'ultimo com
ma dell'art. 1416, con i creditori del simulato alienante, «i quali
possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti»
(trattasi, come ritenuto anche da autorevole dottrina, di un'azio
ne autonoma, diversa cioè sia dalla surrogatoria che dalla revo
catoria). Per quanto riguarda invece la nozione di «terzo», rispetto a
quella di «parti», il criterio della estraneità alla stipulazione del
l'atto asserito simulato non è da solo sufficiente a caratterizzare
la contrapposizione tra le due categorie.
Invero, nella nozione di «parti» vanno compresi, come è paci
fico, gli eredi, i quali, in forza del meccanismo giuridico della
successione, subentrano nel patrimonio del de cuius (universum
ius), ivi comprese le azioni che questi era legittimato ad esperire,
sicché (pur essendo stati estranei alla stipulazione dell'atto) ove
intendano esercitare l'azione nella cui titolarità sono succedute,
soggiacciono alle medesime limitazioni probatorie del de cuius
(cioè quelle previste delle norme generali: art. 2721-2729) salvo
che la domanda sia diretta a far valere l'illiceità del contratto.
Il criterio decisivo per l'attribuzione della qualità di terzo si
ricava invece dall'ultimo comma dell'art. 1415 (collegata logica
li Foro Italiano — 1987 — Parte 1-11.
mente con il 1417) il quale dispone che «i terzi possono far valere
la simulazione nei confronti delle parti, quando essa pregiudica
i loro diritti». Ora, posto che l'espressione «loro diritti» va inter
pretata come «diritti propri dei terzi» nel senso che non derivano
dal contratto asserito simulato, ma sono pregiudicati dall'assetto
d'interessi, apparentemente da questo regolato, deve concludersi
che la qualifica di terzo, ai fini dell'applicabilità dell'art. 1417, spetta a colui che esercita un'azione concretamente e direttamen
te volta ad eliminare il pregiudizio derivato ad «un diritto pro
prio» dal contratto asserito simulato.
Esaminata ora, alla stregua dei suesposti rilievi, la posizione
dell'erede legittimario, è agevole ritenere che questi possa essere
considerato terzo, non per l'estraneità all'atto (posizione comune
anche agli eredi non legittimari) ma solo quando, contestualmen
te all'azione di dichiarazione della simulazione, proponga — sul
la premessa che l'uscita apparente del bene dal patrimonio del
de cuius (ipotesi di simulazione assoluta) o l'attribuzione a titolo
gratuito fatta dal de cuius ad altro soggetto (ipotesi di donazione
dissimulata da un atto a titolo oneroso) ha comportato una dimi
nuzione della quota riservatagli dalla legge sul patrimonio del de
cuius — una domanda diretta a far dichiarare che il bene fa parte
dell'asse ereditario o che la quota spettantegli va calcolata tenen
dosi conto del bene stesso con eventuale riduzione della donazio
ne dissimulata.
In sostanza, proprio perché l'agevolazione probatoria nella di
mostrazione della simulazione è concessa al terzo al fine della
eliminazione del pregiudizio al suo diritto il legittimario può esse
re considerato terzo solo quando l'azione di simulazione sia stru
mentale, rispetto all'azione di cui è titolare per la tutela di un
diritto proprio, effettivamente proposta nello stesso giudizio. A
rafforzare l'esattezza della opinione sopra esposta, vale altresì' il
rilievo che l'azione di riduzione spettante al legittimario — anche
nelle ipotesi normali riguardanti donazioni non dissimulate — ha
sempre natura costitutiva (nel senso che fa venir meno l'efficacia
della donazione nella misura occorrente per la reintegrazione) e
non già di accertamento. In sostanza il legittimario non è titolare
di un'azione astratta ma di una azione nascente da una effettiva
lesione (il cui accertamento costituisce un prius logico) della quo
ta di riserva.
Deve perciò concludersi che il giudice può ammettere il legitti
mario a provare senza limiti la dedotta simulazione di un contrat
to solo se il predetto abbia in concreto chiesto la riduzione della
donazione dissimulata o l'inclusione del bene nel patrimonio ere
ditario, al fine del calcolo della quota spettantegli nell'ipotesi di
simulazione. Non può pertanto ritenersi sufficiente, al fine del
l'applicabilità delle agevolazioni probatorie, la mera deduzione
della lesione della quota di riserva e la dichiarazione che l'azione
di simulazione è preordinata a proporre la domanda di riduzione
in un futuro giudizio. Ritenuto quindi che, nella specie, la corte di merito non avreb
be potuto — stante la mancata proposizione dell'azione di ridu
zione — utilizzare le presunzioni ai fini dell'accoglimento
dell'azione di simulazione, va accolto il motivo di ricorso testé
esaminato, e dichiarato l'assorbimento del secondo concernente
la mancanza nelle presunzioni utilizzate degli estremi della gravi
tà e concordanza.
Il giudice di rinvio, che si reputa di designare nel Tribunale
di Siracusa, uniformerà la decisione ai suesposti principi di dirit
to. (Omissis)
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