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Sezione II civile; sentenza 13 gennaio 1960, n. 11; Pres. ed est. Flore, P. M. Colonnese (concl....

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Sezione II civile; sentenza 13 gennaio 1960, n. 11; Pres. ed est. Flore, P. M. Colonnese (concl. conf.); Salina (Avv. Nicolò, Tabet) c. Salina (Avv. Fiore, Pizzi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 51/52-53/54 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152034 . Accessed: 28/06/2014 11:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 11:48:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 13 gennaio 1960, n. 11; Pres. ed est. Flore, P. M. Colonnese (concl.conf.); Salina (Avv. Nicolò, Tabet) c. Salina (Avv. Fiore, Pizzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 51/52-53/54Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152034 .

Accessed: 28/06/2014 11:48

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51 PARTE PRIMA 52

L'accoglimento del primo mezzo importa l'assorbimento

del secondo, proposto in via del tutto subordinata al rigetto del primo.

Cassandosi la denunziata sentenza in relazione al mezzo

accolto, la causa va rinviata, per nuovo esame, ad un giu dice di pari grado, il quale si uniformerà al seguente prin

cipio di diritto : « Nell'apertura di credito bancario, il

recesso per giusta causa della banca accreditante, previsto dall'art. 1845, 2° comma, cod. civ., dato il suo carattere

di negozio unilaterale recettizio, non acquista efficacia

giuridica, nel senso di determinare l'immediata sospensione dell'utilizzazione del credito, che quando sia pervenuto a

conoscenza del cliente accreditato : conoscenza, che deve ritenersi avvenuta, in virtù di una presunzione iuris tan

tum, allorché la dichiarazione di recesso sia giunta allo

indirizzo dell'accreditato. È pertanto illegittimo l'operato della banca, la quale rifiuti di pagare un assegno bancario, emesso dall'accreditato in data posteriore alla spedizione della lettera dell'istituto, dichiarativa del recesso, ma ante riore alla data in cui la lettera stessa sia stata recapitata all'indirizzo del cliente ; onde la banca è tenuta a risarcire il beneficiario del fido dei danni derivatigli dal suo inadem

pimento contrattuale ».

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 13 gennaio 1960, n. 11 ; Pres.

ed est. Flore, P. M. Colonnese (conci, conf.) ; Salina

(Avv. Nicolò, Tabet) c. Salina (Atv. Fiore, Pizzi).

(Cassa App. Roma 16 maggio 1938)

Successione — Codice civile abrogato — Beneficio

d'inventario — Cessione dei beni ai creditori —

Effetto traslativo (Cod. civ., art. 507 ; cod. civ. del

1865, art. 968).

La cessione dei beni ai creditori fatta dall'erede accettante con beneficio d'inventario, aveva, secondo l'abrogato codice

civile, effetto traslativo. (1)

La Corte, ecc. —• (Omissis). Passando all'esame del

ricorso, il primo mezzo di questo consiste nella; denuncia di violazione dell'art. 968 cod. civ. 1865, e di omesso esame di punto decisivo della controversia.

La prima censura si appunta contro l'opinione della Corte del merito, che gli art. 507 e segg. cod. civ. vigente abbiano natura interpretativa dell'art. 968 cod. civ. 1865,

(1) Contra, ma dalle massime non è dato comprendere se siasi applicato il codice vigente o quello del 1865, Trib. Trani 4 dicembre 1945, Foro it., Rep. 1947, voce Successione, n. 58 ; App. Bari 13 novembre 1942, id., Rep. 1943-1945, voce cit., n. 165 ; Cass. 14 maggio 1937, n. 1545, id., Rep. 1937, voce cit., n. 207. Conformi le sentenze rese dalla Cassazione nella contro versia decisa da quella annotata, 14 maggio 1937, n. 1539, ibid., n. 205 e 25 febbraio 1937, n. 550, id., 1937, I, 922, con nota cri tica di Degni, Sulla natura giuridica della cessione dei beni, da parte dell'erede beneficiato, ai creditori ed ai legatari.

In argomento si veda pure Cass. 31 maggio 1945, n. 398, id., Rep. 1943-1945, voce cit., n. 163, annotata da Torrente, In tema di rilascio dell'eredità beneficiata (in Giur. Cass. civ., 1945, I, pag. 246), il quale ritiene che nel codice vigente siasi chiarita la natura giuridica dell'istituto secondo le tendenze della migliore dottrina.

In dottrina, sotto il codice vigente, vedi Cicu, Successioni per causa di morte, nel Trattato di dir. civ. e comm. diretto da Ciou e Messineo, I, Milano, 1954, pag. 289 e segg. ; Vocino, Contributo alla tioria del beneficio d'inventario, Milano, 1942, pag. 709 ; De Simone, Il rilascio dei beni nell'eredità beneficiata, Napoli, 1941, pag. 108 e segg. ; Brunelli e Zappulli, Il libro delle successioni e donazioni', Milano, 1951, pag. 120 ; Azzariti e Martinez, Successioni per causa di morte e donazioni", Padova, 1959, pag. 98 ; Spinelli, Le cessioni liquidative, I, Napoli, 1959, pag. 260.

e inoltre che, comunque la cessione dei beni ai creditori

operata dall'erede accettante con beneficio di inventario, avesse come effetto, secondo l'art. 968 cod. civ. abrog., la delegazione dell'erede ai creditori dei soli poteri di ammi

nistrazione e di liquidazione dell'eredità.

Il ricorrente nega l'uno e l'altro assunto e afferma che

quella cessione avesse effetto traslativo.

Non è da condividere l'assunto della Corte del merito

circa il carattere interpretativo della disciplina data dal

codice vigente al rilascio dei beni dell'eredità da parte dell'erede beneficiato. Soccorre innanzi tutto a negare tale qualificazione un argomento testuale desunto dall'art. 132 disp. trans, al cod. civile. Com'è noto, uno degli ele

menti, dai quali può dedursi la natura interpretativa di una norma, è dato dalla retroattività che il legislatore le

conferisce. Nel caso in materia, di disciplina degli effetti dell'accettazione con beneficio di inventario, le disposi zioni transitorie conferiscono forza retroattiva soltanto alle norme circa la liquidazione promossa ai sensi dell'art. 503 cod. civ., ma tacciono totalmente in ordine agli art. 507 e 508 (che contemplano il rilascio dei beni ai creditori).

Si può obiettare a questo proposito, che un simile argo mento è privo di valore, perchè se la norma fosse interpre tativa sarebbe di per sè applicabile retroattivamente, senza che occorra una disposizione transitoria che tale applica bilità assicuri. Ma l'argomento, in apparenza forte, si

spunta contro la considerazione che ciò avviene o quando il legislatore nella norma stessa dichiari immediatamente o mediatamente (ad esempio, disponendo che la norma si

applichi alle controversie in corso), che essa si applichi retroattivamente, a quando la disciplina attuata dalla nuova norma riguardi un punto limitato della disciplina anteriore, in modo che se ne possa indurre che i rapporti che da questa si originavano sono presupposti dal legisla tore come atteggiamenti nella norma nuova.

Quando, invece, come nel caso presente un istituto è

disciplinato con laconica concisione dal legislatore, e un

complesso di nuove norme sopraggiunge, dando una fisio nomia addirittura ignota all'istituto, mutandone perfino il nome, è arduo sostenere che le nuove norme interpre tino le anteriori. Così, nel caso della cessione dei beni ai creditori da parte dell'erede beneficiato, si ha che il legis latore non parla più di cessione, ma di rilascio, stabilisce un termine perentorio per deliberarlo ; precisa il momento successivo al rilascio perchè ne consegua l'effetto libera torio ; disciplina le sorti dei beni durante la liquidazione ; stabilisce espressamente gli effetti del rilascio, dopo la liqui dazione (art. 508, ult. comma). Se si pensa che di tutto ciò

(tranne l'effetto liberatorio conseguente immediatamente alla cessione) non si trovava parola nel codice 1865, e che l'effetto estintivo della cessione, già verificatosi (immediato come si vedrà, per l'art. 968 cod. civ. 1865), ne resulterebbe manomesso da ura retroattiva applicazione delle nuove

norme, si deve per forza escludere, in mancanza di un

qualsiasi elemento positivo indicante una contraria volontà del legislatore, l'efficacia interpretativa della nuova nor mativa.

Ciò naturalmente, vale a confutare, anche l'argomento, con il quale si afferma che le nuove norme sono state adot tate « risolvendo un'antica controversia ». Tutte le volte infatti che con intento interpretativo o innovativo, il legis latore sostituisce le norme o formula norme diverse da

quelle che disciplinavano lo stesso istituto e che avevano dato luogo a controversie, il legislatore risolve antiche

controversie, ma da ciò non può indursi che abbia inteso

applicare retroattivamente le nuove norme, piuttosto che

evitare, per l'avvenire, gli inconvenienti che quelle anteriori ebbero a causare.

Escluso quindi che l'effetto traslativo della cessione dei beni ex art. 968 cod. civ. 1865 debba essere negato, perchè nel caso sarebbero applicabili le disposizioni degli art. 507 e segg. cod. civ. vig., resta da esaminare la contro versia al lume della legge previgente.

La Corte del merito nella sua acuta e diligente sentenza ha ritenuto di seguire l'opinione di una dottrina quasi incon trastata nel primo ventennio d'applicazione del cod. civ.

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53 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 54

1865, secondo la quale la cessione dei beni, da parte dell'ac cettante con beneficio di inventario, investiva i creditori unicamente del potere di amministrarli e liquidarli, rima

nendo all'erede la titolarità dei beni e spettandogli il resi

duo attivo.

Questa opinione non è condivisa dalla Corte suprema :

l'opinione contraria si basa soprattutto sulla tradizione

del diritto francese anteriore alla codificazione sul codice di

Napoleone e sui codici italiani preunitari, nonché sulla dot

trina formatasi su di essi.

Se si deve riconoscere che la faticosa formazione di

un'opinione prevalente in Francia sul punto se l'erede

beneficiato potesse abbandonare i beni, dapprima con

effetto di rinunzia all'eredità (negato a poco a poco per il

motivo che tra accettazione, con definitiva acquisizione della qualità di erede, e rinunzia v'è inconciliabilità), e poi con effetto di dismissione del possesso e del potere di am

ministrazione e liquidazione, fu il precedente immediato

dell'art. 802 cod. Napoleone, bisogna pur dire che la for

mulazione del testo di questo, e l'ordinamento costituito

dal codice Napoleone consentivano una interpretazione con

traria all'effetto traslativo. Disponeva infatti la norma

« L'effet du bénéfice d'inventaire est de donner à l'héritier

l'avantage ... de pouvoir se décharger du payement des

dettes en abandonnant tous les biens de la succession aux

créanciers et aux légataires ». Ora lasciando da parte l'ar

gomento derivante dall'uso del verbo « abandonner », l'ef

fetto resultante non era già l'estinzione dell'obbligazione verso i creditori, ma la liberazione dal pagamento dei

debiti con riferimento quindi non all'obbligazione in sè, ma all'atto del pagamento. La dizione del codice consentiva

di escludere quindi l'effetto estintivo immediato dell'ob

bligazione. E l'esclusione dell'effetto traslativo poteva derivare anche per analogia dalla cessione giudiziale dei

beni (art. 1269) che non aveva, per espressa disposizione

legislativa, effetto traslativo, mentre poteva averlo se

così le parti avessero voluto, quella volontaria (art. 1267

cod. Napoleone). La situazione era identica in tutti i codici preunitari

modellati sul codice francese. Così quello del Regno d'Italia

(art. 802 ; 1267 ; 1269), le leggi civili del Regno delle due

Sicilie (art. 719 ; 1220 ; 1223), il codice parmense (art. 922 ; 1244 ; 1250), il codice albertino (art. 1023 ; 1357 ;

1360) tutti consideravano la cessione come avente l'effetto

di « liberare dal pagamento dei debiti » ; e tutti contem

plavano, accanto alla forma contrattuale di cessione dei

beni (gli effetti della quale erano rimessi esclusivamente

all'autonomia delle parti), la forma giudiziale, escludente

il trasferimento della proprietà dei beni.

Il cod. civ. 1865, invece, non solo concisamente fece

discendere dalla cessione, non più la liberazione dal paga mento del debito, ma puramente e semplicemente la libe

razione, ma ignorò anche gli istituti e della cessione volon

taria e di quella giudiziale dei beni. Sicché il laconismo

della norma ne venne accresciuto, e venne a mancare anche l'indice prezioso per una interpretazione più restrittiva

degli effetti della cessione, dato dalle norme che esclude

vano l'effetto traslativo della « cessione giudiziale dei beni ».

L'art. 968 nella sua letterale espressione denunciava l'ef

fetto estintivo delle obbligazioni, contemporaneo alla « ces

sione » dei beni, effetto che non può conseguire se non inter

pretando la cessione come datio in snluium, arbitri poi i

creditori del de cuius di procedere o meno alla liquidazione. Né si può accettare quel tentativo della dottrina che,

pur di sostenere che la cessione non avesse effetto traslativo, non ebbe ritegno di far forza alla legge differendone l'ef

fetto estintivo delle obbligazioni alla fine della liquidazione. A chi volesse obiettare che l'effetto liberatorio consegue

anche dall'art. 507, ult. comma, cod. civ., nonostante che

la nuova disciplina neghi l'effetto traslativo della cessione, è da replicare, innanzi tutto, che le norme attuali collegano non alla dichiarazione di rilascio l'effetto estintivo (mentre nel codice previgente era la cessione a conseguire l'effetto), bensì alla consegna dei beni ; e, in secondo luogo, che la

norma dell'art. 508, attribuente il residuo delle attività

all'erede, che definisce la portata dell'istituto, mancava

totalmente nel codice previgente. Furono queste le principali ragioni addotte da una

dottrina formatasi più di recente vigendo il codice anteriore,

per negare pregio a quella già dominante, incontrastata

alla quale la Corte del merito (come del resto il Tribunale) si è richiamata.

Nè queste ragioni sembrano scosse dalla obiezione che

sia inconcepibile un effetto traslativo della proprietà per atto unilaterale, come la cessione. A parte che il codice

previgente, come quello attuale, prevede almeno un caso

di trasferimento di proprietà per atto unilaterale, che non

trova giustificazione neanche nel potere espansivo di un

pari diritto dell'acquirente (abbandono del fondo servente

al proprietario del fondo dominante), l'obiezione perde peso, se si consideri che l'addossare ai creditori, oltre il rischio

di non potersi soddisfare integralmente dei loro crediti, il peso di provvedere all'amministrazione e alla liquidazione dell'eredità anticipando le spese relative, a tutto vantaggio

dell'erede, è altrettanto abnorme (se non più) quanto il

trasferire loro in proprietà i beni dell'eredità ; se poi si

obietta che il mezzo era proporzionato al fine al quale tende

il beneficio di inventario, si risponde che l'art. 968 conside

rava inerente alla cessione un elemento di alea, che ne giu stificava l'effetto traslativo.

È in forza a questo lavoro di revisione della dottrina

che il progetto Scialoja di riforma della disciplina della

trascrizione (art. 1, n. 1) proponeva nello stesso numero che

si dovessero trascrivere gli atti traslativi, implicitamente

comprendendo in questi la cessione dei beni ai creditori

di cui all'art. 968 cod. civ., e segg., perchè la nominava

accanto a quelli, e fu, seguendo questa dottrina, che la Corte

suprema in due sentenze (n. 550 e 1539 del 1937), emesse

sul ricorso della dante causa di Edoardo Salina, enunciò

incidentalmente il principio che la cessione dei beni ai

creditori, da parte dell'erede con beneficio di inventario,

aveva effetto traslativo.

L'accoglimento del primo mezzo importa l'assorbimento

degli altri che ne presupporrebbero, invece, il rigetto. Il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di

diritto : « La cessione dei beni ai creditori fatta dall'erede accet

tante con beneficio di inventario, aveva, secondo l'art.

968 cod. civ. 1865, effetto traslativo».

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 14 dicembre 1959, n. 3544 ;

Pres. Lorizio P., Est. Fresa, P. M. Pedace (conci,

diff.) ; G. (Avv. Nicolò) c. Soc. I. (Avv. Fornario) e S. (Avv. Coppa).

(Cassa App. Boma 19 aprile 1958)

Sentenza — Diletto di motivazione — Patto di 11011

concorrenza — Estensione — Argomenti lessicali

— Insufficienza — Fattispecie. Diritti d'autore — Massime giurisprudenziali — Tute

labilità (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto

d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, art.

5, 70). Diritti d'autore — Rivista di giurisprudenza — Diritti

dei collaboratori sulle massime tormulate — Eser

cizio da parte dell'editore — Ammissibilità.

Diritti d'autore — Massimario di giurisprudenza —

Riproduzione delle massime in un repertorio —

Illiceità Citazione della lonte — Irrilevanza.

Incorre nel vizio di difetto di motivazione la sentenza che,

nel contrasto circa i soggetti verso i quali erasi assunto

un patto di non concorrenza, contenuto in una lettera diretta

ad una persona ed inviata per conoscenza ad altre, ponga

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