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Sezione II civile; sentenza 13 luglio 1983, n. 4778; Pres. Marziano, Est. Sammartino, P. M. Morozbo...

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Sezione II civile; sentenza 13 luglio 1983, n. 4778; Pres. Marziano, Est. Sammartino, P. M. Morozbo della Rocca; Ireneo e Righetti (Avv. Bellini, Merla) c. Abate e Segna (Avv. Cugini). Conferma Trib. Brescia 11 luglio 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3053/3054-3055/3056 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176929 . Accessed: 24/06/2014 22:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.60 on Tue, 24 Jun 2014 22:28:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 13 luglio 1983, n. 4778; Pres. Marziano, Est. Sammartino, P. M.Morozbo della Rocca; Ireneo e Righetti (Avv. Bellini, Merla) c. Abate e Segna (Avv. Cugini).Conferma Trib. Brescia 11 luglio 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3053/3054-3055/3056Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176929 .

Accessed: 24/06/2014 22:28

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

computo del termine dalla data in cui è storicamente avvenuto il

fatto cui il termine fa capo al primo giorno successivo alla fine

del periodo feriale (16 settembre), quasi che ciascuno dei giorni

compresi tra il 1° agosto ed il 15 settembre non fosse un dies

kabilis per il verificarsi di quel fatto e non potesse contare

quindi come dies a quo. In tal modo per tutti i termini per il cui

decorso il fatto determinante si verifichi nel periodo feriale, anche il 16 settembre sarebbe giorno da non computare, cosi come non si computano i giorni dal 1° agosto al 15 settembre, con l'aggiunta pertanto di un giorno rispetto a quello che, in tutti

gli altri casi, è il periodo di sospensione. Queste sezioni unite ritengono che l'interpretazione ora ricorda

ta non sia consentita né dalla lettera né dallo spirito della

disposizione di legge. Sotto il primo aspetto sembra potersi osservare — come ha già

fatto la I sez. nella sent. 3943 del 1982 — che l'inizio differito

dalla legge alla fine del periodo feriale non è l'inizio del termine, bensì l'inizio del decorso, dal quale rimane escluso, per il

principio sopra ricordato, il dies a quo, posto fuori dalla conside

razione della norma e fissato in quello storicamente corrisponden te all'avviamento cui il termine fa capo. Né si può, come fa la

sent. 2971 del 1974, far coincidere — nel caso di termini

decorrenti dalla notificazione — l'inizio del decorso con il giorno della notificazione, talché si possa dire che sia proprio questo

l'oggetto del differimento alla fine del periodo feriale; infatti l'art.

326, secondo il quale il termine in questione decorre dalla

notificazione della sentenza, non autorizza affatto a trarne l'illa

zione — data invece per scontata dalla sent. 2971 — che l'inizio

del decorso coincida con il giorno della notifica; anzi, dal

combinato disposto degli art. 326 e 155 c.p.c. si desume che il

decorso del termine ha inizio — cioè il termine comincia a

decorrere — il giorno successivo a quello della notificazione della

sentenza. Invero l'affermazione che il decorso del termine ha

inizio il giorno della notificazione è logicamente incompatibile con il principio per il quale dies a quo non computatur; e poiché

quest'ultimo non è posto in discussione (art. 155, 1° comma), è

quella affermazione che si deve riconoscere erronea. Con ciò resta

altresì' chiarito che la distinzione tra decorso e computo del

termine non regge, perché — anche questa è osservazione della

sent. 3943 — nel decorso entra soltanto ciò che si computa, non

ciò che non si computa. Sotto il secondo profilo, e in relazione allo scopo perseguito dal

legislatore, che consiste nell'assicurare agli avvocati un congruo

periodo di riposo annuale, svincolando l'attività processuale dalle

esigenze proprie della scadenza dei termini durante il periodo scelto per tale riposo, non potrebbe trovare congrua spiegazione il diverso trattamento dei termini il cui decorso ha inizio prima e

resta sospeso durante il periodo feriale, rispetto ai termini il cui

inizio ricade nel periodo feriale, per i quali ultimi sarebbero

giorni non utili per il decorso non solo i quarantasei giorni

compresi tra il 1° agosto e il 15 settembre, ma anche il 16

settembre, cioè un 'giorno in più. Né può considerarsi un incon

veniente il fatto che, pur essendo diversi e distanziati nel tempo i

giorni in cui si verificano i fatti cui fanno capo i termini di

uguale durata, quando essi hanno luogo nell'arco di tempo

compreso tra il 1° agosto e il 15 settembre, la scadenza di detti

termini sarebbe coincidente, perché ciò è proprio del sistema

scelto e corrisponde appunto alle esigenze che il legislatore ha

voluto soddisfare.

Parimenti deve essere condivisa l'affermazione che il principio dies a quo non computatur in termine attiene alla esigenza di

computare, quando il termine è a giorni, giorni interi, trascuran

do le frazioni; sarebbe pertanto manifestamente contrario a tale

ratio il lasciar fuori dal computo un giorno intero, cioè il 16

settembre, che in tal caso si aggiungerebbe arbitrariamente ai

giorni interi del termine, allungandolo di un (intero) giorno senza

alcuna giustificazione. Adottandosi questa interpretazione, siccome quella ritenuta più

aderente alla lettera e allo spirito della legge in applicazione, deve affermarsi che il ricorso dei due La Valle è stato proposto tardivamente e pertanto è, per le ragioni sopra esposte, inammis

sibile. L'inammissibilità di questo ricorso comporta di per sé, senza

bisogno di altre ragioni, l'inammissibilità del ricorso incidentale, anche esso tardivo, dell'impresa, notificato insieme al controricor

so relativo al ricorso La Valle (art. 334, 2° comma, c.p.c.). Si deve dunque esaminare il ricorso proposto dalla impresa,

sulla cui ammissibilità non sonvi questioni. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 13 luglio 1983, n. 4778; Pres. Marziano, Est. Sammartino, P.M. Moroz bo della Rocca; Ireneo e Righetti (Avv. Bellini, Merla) c. Abate e Segna (Avv. Cugini). Conferma Trib. Brescia 11 lu

glio 1979.

Servitù — Titolo costitutivo — Contratto a favore del terzo

(Cod. civ., art. 1058, 1411).

È valida la costituzione convenzionale di servitù con contratto a

favore del terzo. (1)

Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo motivo, artico lato in due censure, ci si duole, quanto alla prima, ohe il tribunale ritenesse che nell'atto di compravendita Bonato/Ire neo-Righetti fosse contenuta la costituzione della servitù de qua, mentre una corretta interpretazione del negozio avrebbe potuto farvi rinvenire solo l'assunzione d'una obbligazione, degli acquiren ti nei confronti della venditrice, obbligazione a cui gli attori-ap pellanti erano rimasti estranei, ovvero una semplice ricognizione della servitù, avente valore dichiarativo e non costitutivo; quan to alla seconda censura, si sostiene che il tribunale non poteva ritenere configurabile la costituzione della servitù mediante con tratto a favore di terzi, sia perché è necessario che il fondo dominante e il fondo servente appartengono ad un unico proprie tario nel momento in cui la servitù viene convenzionalmente costituita (e ciò non era nella specie, Bonato avendo venduto ai

coniugi Abate prima di vendere ai coniugi Ireneo) sia perchè la parte stipulante (Bonato) non aveva interesse alla costituzione, sia, infine, perché nel contratto de quo non era individuato né era individuabile il fondo dominante.

Anche questo motivo è infondato, sotto entrambi gli aspetti. Poiché la legge permette la costituzione di un diritto di servitù

per contratto (art. 1058 c.c.) non si vede come si possa negare la

possibilità che ciò avvenga anche attraverso quella particolare specie di contratto che è il contratto a favore di terzi (art. 1411 c.c.) la cui natura non osta, di per sé (salvo diverso accordo dei contraenti) alla costituzione (di un diritto reale, e quindi anche) di una servitù prediale, sempre ohe ricorrano anche i requisiti necessari perché una servitù (o quella particolare servitù) possa sussistere.

A tal fine è necessario: a) che la stipulazione avvenga per iscritto; b) che il vincolo reale sia costituito a carico del fondo del promittente ed a favore del fondo del terzo; c) che la costituzione del vincolo e il conseguente vantaggio per il terzo

(1) Con la decisione in epigrafe la Cassazione ribadisce un principio ormai consolidato, in aderenza con una prassi largamente utilizzata in sede di vendita di aree lottizzate. V., a tal proposito, Cass. 14 dicembre 1982, n. 6871, Foro it., Rep. 1982, voce Servitù, n. 15; 25 febbraio 1980, n. 1317, id., Rep. 1980, voce Contratto in genere, n. 235, per esteso in Giur. it., 1981, I, 1, 1346, con annotazione di Guarnieri; 5 febbraio 1979, n. 769, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 34; 8 marzo 1978, n. 1162, id., Rep. 1978, voce cit., n. 28; 2 agosto 1977, n. 3377, id., Rep. 1977, voce cit., n. 44; 26 febbraio 1977, n. 829, ibid., n. 45; 10 dicembre 1976, n. 4508, id., Rep. 1976, voce cit., n. 41; Trib. Napoli 26 novembre 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 29.

Ciò a giudizio della corte, in quanto la natura di tale contratto non osta, di per sé, alla produzione di effetti reali e, quindi, alla costituzione di una servitù (in dottrina permangono, però, perplessità: v. Sacco-De Nova, Obbligazioni e contratti, in Trattato di diritto privato, a cura di Rescigno, 10/2, Torino, 1983, 418; per un ampio panorama delle posizioni dottrinali sul tema del contratto a favore del terzo ad effetti reali v. Guarnieri, cit.).

Col secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti si dolevano, tra l'altro, che il tribunale avesse ritenuto valida la costituzione della servitù, nonostante la non specifica determinazione del fondo dominan te. La sentenza, anche per questo profilo si è uniformata all'orienta mento costantemente seguito dalla Cassazione secondo il quale non è indispensabile, ai fini della valida costituzione della servitù, l'esplicita indicazione dei predii: in particolare, per quanto riguarda il fondo dominante, è stato osservato che è sufficiente che questo sia comunque determinabile (Cass. 9 dicembre 1982, n. 6274, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 13; 4 dicembre 1982, n. 6203, ibid., n. 14; 8 novembre 1979, n. 5765, id., Rep. 1979, voce cit., n. 27; 3 luglio 1979, n. 3756, ibid., n. 31; 2 febbraio 1979, n. 721, ibid., n. 25; 19 luglio 1977, n. 3220, id., Rep. 1977, voce cit., n. 41; 13 novembre 1976, n. 4196, id., Rep. 1976, voce cit., n. 35; 7 gennaio 1974, n. 29, id., Rep. 1974, voce cit., n. 77; 22 ottobre 1973, n. 2678, ibid., n. 80; in dottrina, in senso conforme: Grosso-Dejana, Le servitù prediali, Torino, 1963, 443 ss.; Tamburrino, Le servitù, Torino, 1977, 254 ss.; Biondi, Le servitù, Milano, 1967, 247 ss.; Branca, Servitù prediali, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1967, 266 ss.).

Nel senso che l'interpretazione del titolo costitutivo della servitù si risolve in una indagine di fatto che, devoluta al giudice di merito, è insindacabile in Cassazione, se congniamente e correttamente motivata, v., da ultimo, Cass. 24 gennaio 1979, n. 533, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 17.

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3055 PARTE PRIMA 3056

siano previsti e voluti dai contraenti; d) che sia determinato, o

determinabile con certezza, il fondo dominante, e, quindi, il

proprietario (e con ciò viene soddisfatta sia l'esigenza del rappor to tra fondi — art. 1027 c.c. — sia l'esigenza dello schema

dell'art. 1411, dove il vantaggio è previsto a favore di un soggetto estraneo alla stipulazione: individuato il fondo è individuabile

il soggetto); e) che lo stipulante abbia un interesse, anche non

patrimoniale (l'art. 1174 c.c. distingue tra oggetto dell'obbligazio

ne, suscettibile di valutazione economica, e interesse del creditore, che può non essere patrimoniale).

Ora i ricorrenti contestano la sussistenza degli elementi sub c),

d) ed e) ma è noto che l'accertamento della volontà dei contraenti

attraverso l'interpretazione delle varie clausole contrattuali, è

compito riservato al giudice di merito, la cui statuizione è

insindacabile in sede di legittimità se congniamente e corret

tamente motivata. E nella specie i ricorrenti non hanno potuto addurre vizi logici e giuridici sul punto, limitandosi a interpretare le stesse espressioni considerate dal tribunale in senso diametral

mente opposto all'interpretazione data dai giudici di appello. In

particolare quanto all'individuazione del fondo dominante, essi

avrebbero dovuto essere appieno soddisfatti dal rilievo dei giudici

per cui, nel contratto de quo, si leggeva a chiare lettere che la

strada che si andava ad aprire sulla striscia del terreno compra venduto, sulla quale si intendeva costituire la servitù, sarebbe

sata al servizio di tutte le aree di terreno che vi si scari

cavano: quindi — diedero ad intendere i giudici di merito —

anche al servizio del fondo degli appellanti immediatamente adia

cente alla strada e aperto su di essa.

Quanto poi, alla sussistenza dell'interesse della stipulante alla

costituzione della servitù, la doglianza — per quanto si è detto — non ha rilevanza decisiva, siccome basata sul presupposto che

l'interesse debba essere di natura patrimoniale (donde la negazio ne del fatto, affermato dai giudici di merito, che Bonato avesse

concepito la strada come strumento indispensabile per la lottizza

zione autorizzata dell'area) mentre l'avrebbe avuta se diretta a

contestare la sufficienza della motivazione, adottata dal tribunale, anche con riguardo ad un interesse non patrimoniale (senza contare che, comunque, anche un piano di lottizzazione non

ancora approvato ai sensi della 1. 6 agosto 1967 n. 765 sarebbe

stato sufficiente a concretare un interesse economico, ex art. 1174

cit., dello stipulante).

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 21 giu

gno 1983, n. 4245; Pres. De Biasi, Est. Buccarelli, P.M.

Zema (conci, conf.); Soc. Grand hotel Astoria <Avv. Tomassini,

Legnani, Cartella) c. Soc. Reale Mutua di assicurazioni (Avv.

G. Guerra, Bachi), Delpino (Avv. Porzio, Bruno) ed altri.

Cassa App. Bologna 16 aprile 1977.

Arbitrato e compromesso — Aruitraio ìrruuaie — termine per

l'espletamento dell'incarico — Inutile decorso — Facoltà di

adire il giudice.

L'inutile decorso del termine assegnato agli arbitri irrituali per

l'espletamento dell'incarico abilita le parti a sottoporre all'auto

rità giudiziaria le questioni già devolute alla cognizione arbitra

le. (1)

(1) La corte precisa, in motivazione, che le ragioni determinanti

l'inutile decorso del termine per l'espletamento dell'incarico affidato

agli arbitri irrituali non hanno alcuna influenza sulla facoltà delle parti di sottoporre all'autorità giudiziaria le questioni già devolute ai

medesimi arbitri, in quanto la cennata facoltà rivive ogni volta che

l'arbitrato irrituale diviene impossibile, a nulla rilevando che tale

impossibilità dipenda dal comportamento dell'una o dell'altra parte ovvero dal fatto di questo o quell'arbitro.

La sentenza, muovendo dall'esatto inquadramento dei rapporti tra

arbitri irrituali e giudice ordinario (su cui Cass. 27 giugno 1977, n.

2761, Foro it., 1977, 1, 2181, con nota redazionale; C. M. Barone, Considerazioni sul procedimento, ecc., nel volume I processi speciali,

1979, 88 ss.), mette in crisi le contrarie enunciazioni della precedente sent. 8 gennaio 1980, n. Ili, Foro it., 1980, I, 310, con osservazioni critiche di C. M. Barone e le successive considerazioni di sez. un. 20

dicembre 1982, n. 7033, id., 1983, il, 2196, svolte più per convalidare

le affermazioni della cennata sent. n. Ili del 1980, peraltro resa in

fattispecie non coincidente con quella esaminata dalle sezioni unite, e

confutare le « pesanti critiche » alla medesima mosse, che per dare una

giustificazione logicamente coerente alla soluzione prescelta. I riferimenti di sez. un. n. 7033 del 1982 alla « attitudine della

clausola a regolare il rapporto », alla trasformazione « di un giudizio che

va reso oggettivamente ed astrattamente a priori in un giudizio

Svolgimento del processo. — La s.p.a. Grand hotel Astoria,

intendendo erigere un albergo a Reggio Emilia, affidò all'ing. Vittorio Delpino ed all'arch. Ramponi (di poi deceduto) la

progettazione e la direzione dei lavori, nonché l'incarico di

trattare e stipulare i capitolati di appalto con le ditte che essi

professionisti avrebbero scelto per le varie forniture ed installa

zioni. Di queste, la s.p.a. Blocchi Togni ottenne la fornitura degli

impianti idro-sanitari.

La soc. Astoria aveva peraltro stipulato con la soc. Reale

Mutua assicurazioni polizza per i danni da guasti di detti

impianti, con eccezione per i danni propri alle condutture,

serbatoi, vasche, ecc., convenendo che l'ammontare di tali even

tuali danni sarebbe stato determinato da due periti liquidatori di

nomina di ciascuno dei contraenti, i quali periti, nell'eventualità

di un disaccordo, avrebbero nominato un terzo perito; e ohe la

determinazione di dette persone sarebbe stata vincolante per le

parti. A sua volta la soc. Reale Mutua assicurazioni aveva

stipulato coassicurazione con la soc. Assicurazioni generali, Unio

ne Subalpina, RAS e Svizzera assicurazioni generali nonché

Mediterranea assicurazioni (la quale ultima poi venne sottoposta a liquidazione coatta).

Verso la fine del 1964 gli impianti eseguiti dalla Blocchi Togni cominciarono a dar segno di gravissime avarie e difetti, e le

prime sommarie ispezioni mostrarono che le tubazioni si trovava

no in stato di inconcepibile usura. Tanto la soc. Astoria rese noto

alla soc. Togni, al Delpino ed alla soc. Reale Mutua, la quale

agiva anche come delegataria delle altre compagnie assicuratri

ci: soggetti tutti però che non offrirono né attuarono alcun

provvedimento riparatorio. Perciò la soc. Astoria ricorse al pre sidente del Tribunale di Reggio Emilia chiedendo disporsi accerta

mento tecnico preventivo, che quel giudice affidò all'ing. Bocedi.

A mente delle condizioni di polizza e su iniziativa della soc.

Reale Mutua assicurazioni questa aveva designato come perito

per gli accertamenti sul sinistro l'ing. Aldera; e la soc. Astoria il

geom. Cislaghi. Questi, a loro volta, designarono l'ing. Broli come

terzo perito. Tuttavia fra tali mandatari insorse insanabile disaccordo circa

l'oggetto ed i limiti del mandato loro commesso, sicché il termine

preveduto per il compimento dell'incarico loro affidato spirò vanamente.

La soc. Reale Mutua assicurazioni notificò allora alla soc.

Blocchi Togni intimazione di rivalsa delle somme che eventual

mente sarebbe stata tenuta a corrispondere all'assicurata a mente

della polizza.

concreto a posteriori » non sono, infatti, pertinenti in quanto privi di

collegamento con l'indirizzo della corte sui rapporti tra arbitri irrituali e giudice ordinario, che deve costituire invece l'indispensabile presupposto di ogni costruzione diretta a delimitare l'ambito di cognizione degli uni e dell'altro (sul punto Cass. 30 dicembre 1981, n. 6784, Foro it., 1982, I, 399, con nota redazionale). Analogamente, le ulteriori proposizioni della stessa sent. n. 7033 del 1982 (per le quali « la scadenza del termine pattuito non rappresenta un

impedimento all'esplicarsi dell'efficacia » della clausola, « ma la cir coscrive, ab origine, segnandone l'ambito ed esaurendo la possibilità di quella (esclusiva) tutela convenzionale che le parti avevano prescel to » e « l'interessato avrebbe potuto avvalersi '(tempestivamente) della

clausola; non avendolo fatto subisce le conseguenze del mancato esercizio del potere di far ricorso al giudizio arbitrale, con ciò precludendosi non solo l'accesso agli arbitri, ma quello alla giurisdizio ne nazionale ») restano sul piano delle enunciazioni apodittiche, in quanto la giurisprudenza della corte (ribadita dalla citata sent. n. 6784 del 1981, successiva alla n. Ili del 1980), non considerata né confutata dalle sezioni unite, è fermamente orientata nel ritenere che « nel compromesso per arbitrato irrituale è insita la rinuncia delle parti alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto controverso; ma, quando per qualsiasi ragione il compromesso abbia esaurito la sua efficacia per la sopravvenuta impossibilità di far regolare dagli arbitri il rapporto stesso, risorge per le parti il potere di esercitare le azioni derivanti dal contratto e di richiedere, quindi, al giudice la decisione già rimessa all'apprezzamento degli arbitri ».

La disinformazione che caratterizza la sent. n. 7033 del 1982 la relega tra i precedenti scarsamente attendibili ed impone alle sezioni unite un sollecito riesame della questione per evitare che affermazioni immotivate e formalistiche, come quella che ricollega all'inutile decorso del termine per promuovere l'arbitrato irrituale la definitiva perdita del diritto di rivolgersi al giudice, possano essere riprese da questa o quella sentenza ed alimentare cosi contrasti giurisprudenziali veramente anacronistici in presenza degli art. 24 Cost., 6 della convenzione per la

salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con 1. 4 agosto 1955 n. 848 e 5 1. 11 agosto 1973 n. 533 (sui quali Cass. 24 marzo 1982, n. 1869, id., 1982, I, 3037, con nota di

richiami; nonché le successive Cass. 16 ottobre 1982, n. 5359, 3 novembre 1982, n. 5772 e n. 5758, id., Rep. 1982, voce Lavoro e

previdenza (controversie), nn. 882, 1849, 1050).

M. Barone

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