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Sezione II civile; sentenza 13 maggio 1960, n. 1149; Pres. Rapisarda, Est. Modigliani, P. M. Gentile...

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Sezione II civile; sentenza 13 maggio 1960, n. 1149; Pres. Rapisarda, Est. Modigliani, P. M. Gentile (concl. conf.); Paiusco (Avv. Dente, Paneri) c. Ziino Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 1 (1961), pp. 103/104-105/106 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174726 . Accessed: 28/06/2014 18:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.118 on Sat, 28 Jun 2014 18:43:01 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 13 maggio 1960, n. 1149; Pres. Rapisarda, Est. Modigliani, P. M.Gentile (concl. conf.); Paiusco (Avv. Dente, Paneri) c. ZiinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 1 (1961), pp. 103/104-105/106Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174726 .

Accessed: 28/06/2014 18:43

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103 PARTE PRIMA

Nella specie, invece, la Corte d'appello lia escluso, nel lodo impugnato, ogni contraddittorietà, facendo corretta

applicazione dell'insegnamento costante di questa Corte

suprema (da ultimo, sent. n. 57 del 1959, Foro it., Eep. 1959, voce Arbitrato, n. 91, e n. 1923 del 1958, cit., di

questa stessa Sezione), secondo cui la contraddittorietà

del lodo può venire in considerazione, quale motivo di

nullità del lodo stesso, solo in quanto, inficiandone la

parte dispositiva, renda concretamente ineseguibile la

decisione arbitrale oppure in quanto, inficiandone la mo

tivazione, renda quest'ultima praticamente inesistente, comechè non idonea a rivelare la ratio decidendi seguita

dagli arbitri.

Va infine rilevato che, avendo esattamente escluso, come or ora si è detto, la contraddittorietà del lodo, e

avendo già escluso la fondatezza degli altri motivi di

nullità del lodo stesso, dedotti dallo Spinetti innanzi la

Corte d'appello la pattuita (tra le parti) non impugnabilità del lodo dispensava la Corte dall'esaminare le censure di

merito avanzato dallo Spinetti. Ed infatti, la stessa Corte

ha esattamente enunciato tale concetto ed ha precisato di esaminare quelle censure solo ad abundantìam.

Ne consegue che gli eventuali errori della sentenza ora

impugnata, nel giudicare sulle predette censure, non sareb

bero denunciabili innanzi questa Corte suprema, e non

potrebbero in alcun caso portare alla cassazione della

sentenza stessa. Infatti, è ferma giurisprudenza di questa Corte suprema (sent. n. 3456 del 1959, Foro it., Eep. 1959, voce Sentenza civ., n. 50; n. 1716 del 1959, ibid., n. 41 e

n. 1190 del 1959, ibid., voce Cassazione civ., n. 49) che,

qualora la decisione del giudice di merito si fondi su

più ordini di argomenti, la eventuale erroneità delle argo mentazioni ad abundantìam resta assorbita dalla corret

tezza giuridica delle altre argomentazioni, che si rivelino

sufficienti, anche da sole, a giustificare la decisione. È solo, quindi, per completezza (per quanto non neces

saria all'economia della presente sentenza) circa l'esame

delle censure mosse, sul punto, dall'odierno ricorrente, che

va rilevato come la sentenza della Corte d'appello, sia

pure dopo di averli qualificati inesattamente come errori

di fatto, ha tuttavia preso in specifica considerazione gli errori di calcolo, che lo Spinetti aveva denunziato, e ne ha affermato la insussistenza attraverso congrua motivazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 13 maggio 1960, n. 1149 ; Pres.

Rapisarda, Est. Modigliani, P. M. Gentile (conci, conf.) ; Paiusco (Avv. Dente, Paneri) c. Ziino.

(Gassa App. Messina 16 novembre 1957)

Lavoro (rapporto) Indennità di preavviso e di anzianità — Computo Rimborso di speso —

Esclusione limiti Fattispecie (Cod. civ., art. '2121).

Ai fini del computo delle indennità di preavviso e di anzia nità debbono considerarsi come facenti parte della retri buzione tutti i compensi a carattere continuativo, ivi com

presi i rimborsi di spese, che costituiscano corrispettivo della

prestazione di lavoro (nella specie : rimborso forfettario predeterminato delle maggiori spese di vitto ed alloggio che il lavoratore deve sopportare per prestare la propria attività in luogo lontano dalla abituale residenza). (1)

(1) Sui criteri del computo delle indennità di preavviso e di anzianità, v. Case. 27 giugno 1900, n. 1617, Foro it., 1960, I, 1093, con nota di richiami, e, per quanto in particolare ri guarda la individuazione dei diversi emolumenti che costituiscono la retribuzione, Cass. 9 ottobre 1957, n. 3682, id., 1958, I, 206. Cfr. anche Cass. 14 luglio 1958 n. 2560, id., Bep. 1958, voce Lavoro (rapporto), n. 685.

La Corte, ecc. — Col primo e secondo mezzo di annulla

mento, che conviene esaminare congiuntamente, in quanto appaiono strettamente collegati, il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 2121, 2° comma, cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. In proposito deduce che l'indennità di lire 45.000 denominata dalle parti, negli accordi tra loro conclusi, talvolta, « di fuori residenza » e talvolta « di trasferta », che veniva corrisposta mensil mente ad esso Paiusco, deve essere considerata, non già un rimborso forfettario di spese, come è stato erroneamente ritenuto dalla Corte di merito, ma un compenso per le disa

giate condizioni di lavoro, in quanto quest'ultimo doveva essere prestato in uu luogo assai lontano dalla residenza abituale di esso Paiusco. Sostiene, poi, che, in conseguenza, l'indennità in discussione, costituendo un elemento integra tivo della retribuzione, deve essere computata ai fini della

liquidazione delle indennità di anzianità e di mancato preav viso. Infine deduce che alla medesima conclusione si do vrebbe pervenire quand'anche la detta, indennità dovesse essere considerata quale compenso forfettariamente concor dato in sostituzione delle spese di vitto e di alloggio dovute al lavoratore per la permanenza fuori sede giacché, a norma dell'ult. comma dell'art. 2121, essa costituirebbe, anche in tal caso, un elemento della retribuzione.

Tali doglianze, nei termini che saranno in appresso pre cisati, sono meritevoli di accoglimento.

Ai fini della corretta impostazione della questione con

troversa, occorre innanzi tutto ricordare che l'indennità della quale si discute, come è stato precisato dalla sentenza

denunciata, veniva corrisposta al Paiusco, a titolo di rim borso forfettario predeterminato delle maggiori spese di vitto e di alloggio, che egli doveva sopportare nel pre stare la sua attività lavorativa in luogo lontano dalla sua abituale residenza. L'emolumento non costituiva propria mente una indennità di trasferta (sebbene talvolta fosse stato così qualificato dalle parti), giacché questa indennità

compete al prestatore di lavoro quando venga comandato, per un periodo di breve durata e in via provvisoria in loca lità diversa da quella in cui esegue il lavoro, mentre, nel caso di specie, la dislocazione non era prestabilita con ca rattere di temporaneità, ma era definitiva. Si trattava,

dunque, di una indennità di residenza che aveva lo scopo di

compensare il lavoratore per il maggior onere che soppor tava a cagione della lontananza tra la località, ove egli era tenuto a fornire la propria prestazione, e quella della sua abituale residenza. L'indennità in parola aveva poi carattere continuativo e in effetti, come è stato sempre pacifico in causa, venne corrisposta regolarmente per tutta la durata del rapporto di lavoro.

Ciò posto, va rilevato che l'art. 2121, nella retribuzione

utile, ai fini del computo delle indennità di anzianità e di mancato preavviso, include, con locuzione di ampia por tata, ogni compenso di carattere continuativo. L'ampia accezione di tale espressione rende palese l'intento del

legislatore di prevenire le frodi, che avrebbero potuto essere

attuate, mascherando, con espressioni insincere, concrete

retribuzioni, allo scopo di escluderle dal computo della retri

buzione, che deve servire di base per la determinazione delle indennità di anzianità e di mancato preavviso. In propo sito, non è fuor di luogo precisare che nella nozione di com

penso rientra qualsiasi vantaggio di natura economica, che valga a costituire la controprestazione dell'imprenditore in rapporto all'attività svolta dal lavoratore. Della retri

buzione, che è in sostanza il lucro sul quale il dipendente ha il diritto contrattuale di fare assegnamento, fa poi parte, per espressa disposizione di legge (art. 2121, ult.

comma), anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.

Circa la inderogabilità dei criteri di cui all'art. 2121 cod. civ., v. Cass. 2 settembre 1958, n. 2950, ibid., n. 696.

In dottrina, cfr. G. Catalano, Note sulla indennità di cui al 2° comma dell'art. 2118 cod. civ., in Biv. giur. umbro-abruzzese. 1958, 29, e, per qualche riferimento, R. Richard, L'indennità di tram dei lavoratori del credito ha natura di rimborso spese ?, in Riv. dir. lav., 1959, II, 150.

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105 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 106

Sono invece esclusi dal computo delle indennità di anzia

nità e di mancato preavviso i rimborsi di spesa (1° comma, ultimo inciso, dell'art. 2121). Peraltro, ai fini della applica bilità di quest'ultima disposizione, deve trattarsi di somme o di altre utilità, che siano dovute dall'imprenditore al

lavoratore per indennizzarlo delle spese che quest'ultimo deve sopportare in dipendenza o in connessione con l'adem

pimento della prestazione di lavoro, e perciò, in definitiva,

per conto dell'imprenditore medesimo. La disposizione in

esame non è dunque applicabile quando il rimborso sia

riferito, non alla spesa che il lavoratore è chiamato a soste

nere nella prestazione di lavoro, bensì alla spesa che egli deve, in ogni caso, affrontare per mettersi in grado di fornire

il proprio lavoro. Infatti, dovsndo l'obbligazione essere adem

piuta nel luogo stabilito, il datore di lavoro non è tenuto a

compensare separatamente il sacrificio o la spesa che il

lavoratore deve sostenere per il suo regolare adempimento. Ond'è che, in tal caso, la corresponsione, in quanto permette al lavoratore di sottrarsi alla spesa che diversamente do

vrebbe assumere al proprio carico, si risolve in una completa utilità, e presenta quindi carattere di corrispettività con

la prestazione di lavoro.

Nel caso in esame, l'indennità di lire 45.000 mensili,

venendo, come si è visto, corrisposta dalla Ditta Ziino al

Paiusco per compensarlo dell'onere sopportato a cagione della lontananza della località, ove egJi doveva prestare il

proprio lavoro, da quella della sua abituale residenza,

riguardava per l'appunto una spesa che il lavoratore sarebbe

stato tenuto ad addossarsi ed aveva inoltre carattere certo

e continuativo.

In conformità ai principi dianzi enunciati, l'indennità

in parola aveva dunque funzione retributiva, e non risar

citoria, e, contrariamente a quanto è stato ritenuto dalla

Corte di merito, non poteva essere considerata come un

rimborso di spesa, ai sensi e per gli effetti del citato ultimo

inciso del 1° comma dell'art. 2121. Dal che deriva l'ulte

riore conseguenza che non si poteva escluderla dal computo della retribuzione base sulla quale debbono essere calcolate

le indennità di anzianità e di mancato preavviso, senza

incorrere in una palese violazione del criterio inderogabile fissato dal ripetuto art. 2121, che nella retribuzione utile, ai fini anzidetti, include tutti i compensi di carattere con

tinuativo.

Emerge da quanto si è esposto che il primo e secondo

mezzo di annullamento devono essere accolti. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 27 aprile 1960, n. 942 ; Pres.

Fkagali P., Est. Viviani, P. M. Trotta (conci, conf.) ; Zuddu (Avv. Salerno) c. frullo (Avv. Tuccx) e Ee

becchi.

(Gassa App. Catanzaro 2 settembre 1957)

Trascrizione — Secondo acquirente —• Conoscenza

«Iella precedente alienazione — Itesponsabilil à

per latto illecito — Esclusione (Cod. civ., art. 2043, 264 4).

La- semplice conoscenza dell'esistenza di una precedente vendita non trascritta non comporta la responsabilità

per fatto illecito del secondo acquirente dello stesso im

mobile che trascriva il proprio atto. (1)

(1) Pacifico è in doti l'ina e giurisprudenza che la conoscenza della precedente alienazione non trascritta non ha alcuna rilevanza nei riguardi del secondo acquirente che trascrive : nella motivazione Cass. 22 ottobre 1955, n. 3428, Foro it., 1956,

I, 170, annotata da Messineo, in Giust. civ., 1956, I, 438, e da Ferbi L., in Giur. it., 1956, X, 1, 1056 ; 21 gennaio 1950, n. 174, Foro it., 1950, I, 1947, con nota di richiami. In dottrina : Perbi, nella, trascrizione immobiliare, in Commentario a cura di A. ScrA- ;

La Corte, ecc. — Con il primo motivo i coniugi Zuddu

deducono la nullità della sentenza per violazione degli art. 2043 e 2644 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Denunciano, anzitutto, l'errore giuridico in cui il Giudice del merito sarebbe incorso nel ritenere

di poter far coincidere e concorrere una responsabilità contrattuale del venditore Rebecchi con una loro respon sabilità extracontrattuale nella produzione del medesimo

evento (inopponibilità della precedente vendita ai com

pratori, che per primi hanno trascritto il loro titolo e,

quindi, perdita del diritto vantato dal Gullo) e sosten

gono l'inammissibilità dell'ibrido giuridico posto in essere,

potendosi collegare il fatto dannoso esclusivamente con

una violazione di un obbligo contrattuale, cui essi erano

estranei. Affermano, inoltre e soprattutto, che nella specie mancava, per la configurazione dell'illecito, il requinsito della violazione di una norma e quello del danno ingiusto

(iniuria datum). Osservano, su questo secondo punto, che la norma

dell'art. 2644 cod. civ. sancisce la piena legittimità del

l'acquisto del terzo, che a qualsiasi titolo abbia acquistato diritti in base ad un atto trascritto prima dell'atto stipu lato da altri ; e che non si può ammettere che chi agisce nell'esercizio di una facoltà e nell'ambito di una norma

giuridica possa arrecare danno ingiusto. Sicché, conclu

dono, essi, quali terzi rispetto alla scrittura non trascritta,

non avrebbero potuto essere coinvolti in una responsa bilità ex contractu per un fatto pienamente legale e tute

lato dalla norma.

Aggiungono che si sarebbe dovuto considerare la circo

stanza che alla inefficacia del primo contratto (nei con

fronti del secondo acquirente) avevano dato causa, sia la

negligenza del compratore Cullo, che aveva lasciato decor

rere i termini, senza addivenire alla stipulazione del

l'atto notarile, sia la risoluzione del Rebecchi, pienamente libero di addivenire ad altra stipula, sotto la sua personale ed esclusiva responsabilità, prima che la trascrizione del

primo atto venisse effettuata.

La prima censura non è fondata, perchè non costi

tuisce un ibrido giuridico, come sostengono i ricorrenti,

ma è, invece, pienamente ammissibile il ritenere l'obbligo solidale del risarcimento del danno a carico di più soggetti che abbiano dato causa ad un evento dannoso, anche

nell'ipotesi in cui diversa sia la fonte della loro respon

sabilità, come nel caso in cui taluno di essi debba rispon dere in virtù di una obbligazione contrattuale ed altri a

titolo di colpa aquiliana. È un principio su cui la giuris

prudenza di questa Corte suprema si è da tempo conso

lidata, ed il richiamarlo esime dall'esaminare se, nella

specie, la Corte di merito abbia realmente ritenuto, a carico

del Rebecchi che non ha impugnato la sentenza, ujia

responsabilità contrattuale ovvero abbia ritenuto, anche

a suo carico, una responsabilità extracontrattuale.

Fondata è, invece, la seconda censura, pur nei limiti

che ora si indicheranno.

La Corte di appello, sul punto della responsabilità per

LOJA e G. Branca, Roma, 1955, pag. 43 ; Barassi, Diritti reali

e possesso, Milano, 1952, I, 490 ; Corrado, La pubblicità nel diritto

;"privato, Messina, 1944, n. 20 ; Mengoni, L'acquisto a non domino,

Milano, 1949, 242 ; Pugliatti, La trascrizione,, Milano, 1957, 233.

Nel senso che il secondo acquirente, che trascriva, esercita

un suo diritto anche se a conoscenza della precedente alienazione, salvo che non abbia preordinatamente agito allo scopo di fro

dare le ragioni del precedente acquirente : Cass. 8 maggio 1952, n. 1293, Foro it., Rep. 1952, voce Trascrizione, nn. 19, 20. Sulla

proponibilità della revocatoria : Cass. 21 gennaio 1950, n. 174,

cit. ; 12 ottobre 1948, n. 1737, id., 1948, T, 921.

La dottrina prevalente è in senso sostanzialmente conforme :

Ferri, op. cit., 46 (e autori ivi cit.) che ammette l'obbligo del

risarcimento del danno nel caso di complicità del terzo nell'ina

dempimento dell'alienante. Nel senso dell'ammissibilità dell'azione per risarcimento

danni, v. Carraro, Valore attuale della massima « fraus omnia

corrumpit », in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1949, 782 (l'A. ritiene

peraltro che, in applicazione dell'art. 1227, 2° comma, cod. civ.,

il risarcimento non è dovuto se la parte aveva la possibilità di

trascrivere il proprio acquisto).

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