+ All Categories
Home > Documents > sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl....

sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: phungtram
View: 218 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
4
sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni (Avv. Mennella). Cassa App. Roma 26 settembre 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 6 (GIUGNO 2006), pp. 1839/1840-1843/1844 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23203437 . Accessed: 25/06/2014 03:46 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 03:46:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni

sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone(concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni (Avv.Mennella). Cassa App. Roma 26 settembre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 6 (GIUGNO 2006), pp. 1839/1840-1843/1844Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203437 .

Accessed: 25/06/2014 03:46

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 03:46:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni

PARTE PRIMA 1840

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 14

settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Marto

ne (conci, conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo

(Avv. Sgarella) c. Piergiovanni (Avv. Mennella). Cassa

App. Roma 26 settembre 2001.

Comunione e condominio — Condominio negli edifici —

Cortile costituente copertura di locali di proprietà esclusi

va — Spese di manutenzione — Ripartizione — Criteri

(Cod. civ., art. 1123, 1125, 1126).

Ai fini della ripartizione delle spese di riparazione del cortile o

del viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche

da copertura di locali sotterranei di proprietà esclusiva di un

condomino, deve applicarsi analogicamente l'art. 1125 c.c.,

che accolla per intero al proprietario del piano superiore, che

ne fa uso esclusivo e determina la necessità della relativa ma

nutenzione, le spese concernenti la pavimentazione. (1)

(1) In senso sostanzialmente difforme, v. Cass. 10 novembre 1998, n. 11283, Foro it., Rep. 1999, voce Comunione e condominio, n. 159

(riportata, per esteso, in Rass. locazioni, 1999, 308, con nota di M. De

Tilla, e Giust. civ., 1999, I, 2398, con osservazioni di A. Visca), la

quale, affermata anzitutto la natura condominiale del piano di calpestio del cortile che funge da copertura di un sottostante locale (nella specie adibito a garage) facente parte dello stesso complesso condominiale, ancorché costruito fuori della proiezione dei piani sopraelevati, e quindi la competenza dell'assemblea dei condomini a deliberare sulle relative

spese di manutenzione, ha ritenuto che queste debbano essere ripartite secondo il criterio stabilito dall'art. 1126 c.c., trattandosi di ipotesi equiparabile a quella della terrazza a livello che ricopre una parte del

l'edificio; nonché, con riferimento alle spese di riparazione della co

pertura di autorimesse di proprietà esclusiva sovrastate da un'area ver

de condominiale (attesa la sua duplice funzione, di copertura delle au

torimesse, da un lato, e di sostegno dell'area verde, dall'altro), App.

Bologna 21 aprile 1998, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 141 (che si

legge in Arch, locazioni, 1999, 959, con nota di A.M. Colli). La differente soluzione adottata dalla Cassazione con la pronunzia

che si riporta poggia sul rilievo che la somiglianza del caso esaminato a

quello considerato dall'art. 1126 c.c., a ben vedere, è solo apparente, e

quindi non sussistono le condizioni per un'applicazione analogica di

tale norma: infatti — osserva la corte — nell'ipotesi disciplinata dal

l'art. 1126 c.c. l'obbligo di contribuzione per un terzo nella spesa, po sto a carico del condomino che abbia la proprietà o l'uso esclusivo del

lastrico solare, trova spiegazione nell'uso particolare (da parte di un

condomino rispetto agli altri) rispetto alla normale funzione di copertu ra che tale lastrico svolge, con conseguente più rapido degrado dello

stesso, laddove, invece, nell'ipotesi del solaio di copertura delle auto rimesse o di altri locali interrati che funga anche da viale o da cortile di accesso dell'edificio condominiale, la sua utilizzazione è conforme alla

destinazione tipica della cosa ed avviene da parte di tutti i condomini ed inoltre, qualora sul cortile vengano consentiti il transito e la sosta di

autoveicoli, è evidente che sono proprio questi a costituire il maggior fattore di degrado della pavimentazione, sicché sarebbe illogico accol lare le relative spese di manutenzione o riparazione ai condomini dei locali sottostanti. Sussistono invece, ad avviso della corte, le condizioni

per applicare in via analogica l'art. 1125 c.c., (il quale «si può dire che costituisce un'applicazione particolare dei principio dettato dall'art.

1123, 2° comma, c.c.»), in ragione del fatto che, analogamente a quanto avviene nell'ipotesi di due porzioni di piano l'una sovrastante all'altra, a determinare l'usura della pavimentazione del cortile è esclusivamente il suo utilizzo da parte della collettività dei condomini.

Nel senso dell'applicabilità dell'art. 1126, e non dell'art. 1125 c.c., ai fini della ripartizione delle spese di riparazione della terrazza a li

vello, anche se essa funge da copertura di un solo locale, v. Cass. 15

luglio 2003, n. 11029, Foro it.. Rep. 2003, voce cit., n. 121. Con riferimento al caso di danni al solaio di copertura di un'autori

messa condominiale cagionati da infiltrazioni d'acqua provenienti dal

soprastante piano di calpestio utilizzato da un altro condomìnio, Cass. 22 febbraio 1999, n. 1477, id., Rep. 1999, voce Responsabilità civile, n.

326, e voce Proprietà, n. 35 (per esteso, Arch, locazioni, 1999, 613), ha

puntualizzato che l'obbligazione risarcitoria a carico del condominio

danneggiarne (definito «superficiario» dal giudice del merito) trova la sua fonte non già nelle disposizioni degli art. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nell'art. 2051 c.c., pur ricordando che in linea generale (come già in precedenza affermato da Cass. 18 marzo 1989. n. 1362, Foro it.,

Rep. 1989, voce Comunione e condominio, n. 110, e Giust. civ., 1989, I, 2439, con nota di P. Bosticco) «la manutenzione e riparazione del solaio di copertura di un locale interrato, costituendone parte integran te, compete unicamente (salvo diversa pattuizione) al suo proprietario, anche se l'area sovrastante, appartenente ad altro soggetto, riceva da

Il Foro Italiano — 2006.

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 10 maggio

1994 il condominio di via San Pellegrino n. 6, in Morlupo, ci

tava davanti al Pretore di Roma, sezione distaccata di Castel

nuovo di Porto, il condomino Ulderico Piergiovanni, chiedendo

la condanna dello stesso al pagamento della somma di lire

4.765.000, oltre ad interessi legali, a titolo di quota dovuta per le spese di riparazione del manto di copertura del viale di acces

so all'edificio condominiale, che fungeva anche di copertura per i locali sottostanti di proprietà del convenuto.

Ulderico Piergiovanni, costituitosi, resisteva alla domanda,

che veniva parzialmente accolta, con sentenza in data 15 luglio

1999, dal pretore, il quale riteneva che nella specie la ripartizio ne delle spese doveva avvenire secondo il criterio previsto dal

l'art. 1126 c.c. e non dividendo le spese a metà.

Contro tale decisione proponeva appello Ulderico Piergio vanni e la Corte d'appello di Roma, con sentenza in data 26

settembre 2001, riteneva fondata l'impugnazione, in base alla

seguente motivazione:

«Ritiene il collegio non invocabile nella fattispecie né la

normativa ex art. 1125 c.c., né quella di cui all'art. 1126 stesso

codice (relativa ai c.d. lastrici solari di uso esclusivo), trattando

tele copertura un qualche vantaggio o utilità». Analogamente, nel senso

che non vengono in rilievo le norme concernenti la ripartizione tra con

domini delle spese di riparazione o ricostruzione di parti comuni del

l'edificio, bensì quelle in tema di responsabilità aquiliana di cui agli art. 2043 ss. c.c. (e segnatamente quella in tema di responsabilità per danni da cosa in custodia di cui all'art. 2051 c.c., su cui, v., da ultimo, Cass. 9 novembre 2005, n. 21684, in questo fascicolo, I, 1807), nell'ipo tesi di infiltrazioni d'acqua verificatesi in un garage o in un cantinato

provenienti dalla terrazza o dal soprastante cortile condominiale che

fungano da copertura dello stesso, v., inoltre, rispettivamente, Cass. 22

luglio 2002, n. 10686, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 87, e 11 marzo

1995, n. 2861, id., Rep. 1996, voce Responsabilità civile, n. 196.

Quanto all'ambito di operatività dell'art. 1125 c.c., in sintonia con

l'orientamento testé richiamato, si è affermato che la ripartizione delle

spese per la manutenzione, ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei

solai secondo i criteri stabiliti da tale norma riguarda le ipotesi in cui la

necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomi

ni, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomìni trova ap

plicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è

a carico di colui che li ha cagionati: v. Cass. 12 aprile 1999, n. 3568, id.. Rep. 1999, voce Comunione e condominio, n. 155 (annotata da M.

De Tilla, in Arch, locazioni, 1999, 592). In argomento, v. anche Cass. 4 giugno 2001, n. 7472, Foro it., Rep.

2002, voce cit., n. 110, la quale rileva che l'art. 1126 c.c., nel ripartire le spese per le riparazioni del lastrico solare nella misura di un terzo a

carico del condomino che ne è proprietario o ne ha l'uso esclusivo e di

due terzi a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di esso

cui il lastrico serve (vale a dire, dei soli condomini cui appartengono le

porzioni di piano comprese nella proiezione verticale del manufatto da

riparare, rispetto alle quali soltanto, pertanto, esso funge da copertura: sul punto, cfr. pure Cass. 9 novembre 2001, n. 13858, ibid., n. 108), si

riferisce solo alle riparazioni del manufatto posto alla sommità della

costruzione, che la separa orizzontalmente dallo spazio superiore (ma nufatto comprensivo peraltro di ogni suo elemento, ancorché accesso

rio, come la pavimentazione), ma non anche di tutto ciò che vi è so

vrapposto ed è ad esso collegato ab extra, in quanto dotato di una pro pria autonomia strutturale e funzionale (nella specie, si trattava di un

giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali erano stati

danneggiati da infiltrazioni di acqua provenienti dallo stesso, ed i pro

prietari del giardino erano stati condannati, con la pronunzia d'appello confermata dalla Suprema corte, a sopportare per intero le spese relati

ve alla rimozione, accantonamento e ripristino del giardino stesso); nonché Trib. Udine 1° settembre 2004, Arch, locazioni, 2005, 341. che

in una fattispecie simile ha, invece, ritenuto che la ripartizione tra i

condomini, ai sensi dell'art. 1126 c.c., delle spese di riparazione di un

giardino pensile che serva da copertura alle autorimesse sottostanti ri

guarda non soltanto le spese relative al manto impermeabilizzato, ma

anche quelle per gli interventi conseguenziali o strumentali, come la

rimozione ed il riporto del terreno, nonché la risistemazione del giardi no.

Nel senso che la domanda diretta al risarcimento dei danni od al l'esecuzione degli interventi necessari per eliminare le cause delle in filtrazioni provenienti dal lastrico solare di un edificio condominiale va

proposta in ogni caso nei confronti del condominio in persona del

l'amministratore, anche quando si tratti di lastrico di proprietà o in uso

esclusivo ad un condomino, v. Cass. 15 luglio 2002, n. 10233, Foro it.,

2003,1, 201, con nota di richiami.

This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 03:46:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

si di norme disciplinanti una particolare ripartizione delle spese

per la manutenzione di talune specifiche cose comuni adem

pienti a specifiche funzioni ed insuscettibili pertanto di applica zione analogica.

Nel caso concreto, il ripristino del vialetto era stato determi

nato dalla circostanza che erano stati prodotti vari danni, a causa

di infiltrazioni, nel sottostante locale di proprietà Piergiovanni Ulderico.

Ai fini della responsabilità occorreva fare riferimento alla

normativa generale dell'art. 2043 c.c., integrata dal riferimento

specifico all'art. 2051 stesso codice (responsabilità per cose in

custodia). Essendo innegabile, invero, che il condominio aveva la signo

ria completa sulla cosa (zona di accesso al condominio) e che

per lo sviluppo di un agente dannoso sorto nella cosa medesima

si erano verificati i danni in questione; quindi sulla base di prin

cipi, riconducibili alla generale normativa del neminem laedere

ex art. 2043 ed a quella specifica ex art. 2051 (nessun dubbio

esiste circa la qualifica di custode della res commune da parte del condominio), vanno tratte le dovute conclusioni.

Per il verificarsi della responsabilità prevista da tale norma è

sufficiente che vi sia la prova di una relazione tra la cosa in cu

stodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una ano

malia, originaria e sopravvenuta, nella struttura e nel funziona

mento della cosa stessa) nonché dell'esistenza di un effettivo

potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe

il dovere di vigilarla e di mantenere il controllo onde evitare che

produca danni a terzi (Cass. n. 1897 del 1983, Foro it., Rep. 1983, voce Responsabilità civile, n, 116, e 1477/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 326).

Ai fini di individuazione del danno, come risulta dal verbale

di assemblea, nel magazzino sottostante del Piergiovanni si ma

nifestarono infiltrazioni d'acqua in corrispondenza di un boc

chettone del viale di ingresso del palazzo, in corrispondenza della fognatura condominiale, e dei lucernai antistanti ai negozi.

La riparazione eseguita (consistita nella riparazione della pa vimentazione del ballatoio di ingresso al fabbricato stesso — v.

c.t.u. —, mediante posa di una nuova guaina e nuova pavimen

tazione) tendeva ad eliminare la causa del danno sorto nella res, in disponibilità del condominio. In tal modo il collegio ha inteso

uniformarsi alla giurisprudenza della Suprema corte (sent.

2861/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 196) secondo cui nel caso

in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclu

sivo al condominio, funga da copertura ad un locale cantinato di

proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile

siano derivate infiltrazioni d'acqua nel sottostante locale, l'ob

bligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non

già nelle norme in materia di ripartizione degli oneri condomi

niali di cui agli art. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell'art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accerta

mento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato for

nisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento

dannoso (che risulti riconducibile ad un'anomalia, originaria o

sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa

stessa), nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di

essa da parte del custode sul quale incombe il dovere di vigilan za, onde evitare che produca danni a terzi».

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con

quattro motivi, il condominio di via San Pellegrino n. 6, in

Morlupo. Resiste con controricorso Ulderico Piergiovanni. Motivi della decisione. — Con il primo motivo il condominio

ricorrente deduce che Ulderico Piergiovanni aveva notificato un

primo atto di appello da ritenere inammissibile ex art. 342

c.p.c., in quanto mancante della pagina in cui erano illustrati i

motivi, e tale inammissibilità non poteva essere sanata dalla no

tifica di un secondo atto di appello. La doglianza è infondata, in quanto secondo la pacifica giu

risprudenza di questa Suprema corte la parte che abbia proposto una impugnazione nulla, inammissibile o improcedibile può va

lidamente proporre una nuova impugnazione fino a quando la

prima non sia stata dichiarata nulla, inammissibile o improcedi bile.

Con il secondo motivo il condominio ricorrente deduce che

non poteva essere considerata valida la procura conferita a mar

II Foro Italiano — 2006.

gine del secondo atto di appello ad un difensore diverso da

quello di cui al primo atto di appello. La doglianza è infondata, in quanto parte dal presupposto er

rato dell'inammissibilità del secondo atto di appello e della non

autonomia dello stesso.

Con il terzo e quarto motivo, che, per la loro stretta connes

sione possono essere trattati congiuntamente, il condominio ri

corrente deduce che la Corte d'appello di Roma non ha compre so che nella specie non si trattava di accertare la responsabilità in ordine ai danni subiti da un condomino dalla mancata effet

tuazione delle riparazioni ad un solaio di copertura, ma della ri

partizione delle spese di tali riparazioni, la quale avrebbe do

vuto essere effettuata applicando analogicamente l'art. 1126 c.c.

La prima parte della doglianza è fondata, in quanto effettiva

mente la sentenza impugnata non ha compreso che nella specie non di responsabilità per danni si discuteva, ma di ripartizione di spese.

Una volta chiarito tale punto, occorre individuare in che

modo tale ripartizione avrebbe dovuto avere luogo. Per quanto riguarda la giurisprudenza di questa Suprema

corte l'unico precedente in materia è rappresentato dalla senten

za 10 novembre 1998, n. 11283 (id., Rep. 1999, voce Comunio

ne e condominio, n. 159), la quale, senza peraltro approfondire il tema, ha affermato che la ripartizione va effettuata secondo i

criteri previsti dall'art. 1126 c.c., dovendosi equiparare il cortile

ad una terrazza a livello.

Nessun utile elemento può essere desunto dalla sentenza 18

marzo 1989, n. 1362 (id., Rep. 1989, voce cit., n. 110), la quale ha affermato che qualora la proprietà di un locale sotterraneo

spetti ad un soggetto diverso dal proprietario del fondo sovra

stante (nella specie, autorimessa sottostante ad area adibita a

giardino ed accesso a vicino fabbricato), le spese di manuten

zione o rifacimento delle strutture di copertura di tale locale, in

difetto di diversa previsione contrattuale, gravano sul proprieta rio del locale medesimo, ove dette strutture ne costituiscano

parte integrante senza alcuna funzione di sostegno del fondo so

vrastante e, quindi, salvo titolo contrario, non sono oggetto di

comunione con il proprietario del suolo, restando di conseguen za esclusa l'applicabilità in via analogica delle disposizioni del

l'art. 1125 c.c. in tema di soffitti, solai o volte negli edifici con

dominiali. La sentenza in questione, infatti, si è occupata di un'ipotesi

particolare: un soggetto aveva acquistato un terreno per costrui

re un edificio; il venditore, peraltro, si era riservata la proprietà del sottosuolo di una parte del terreno, allo scopo di consentire

nel medesimo la costruzione di un'autorimessa, poi effettiva

mente realizzata. In relazione alla particolarità della fattispecie si è rilevata la differenza tra la posizione di colui che ha la pro

prietà di un bene che, per natura o per costituzione, si regge su

un'altra struttura architettonica o materiale di proprietà di un

altro soggetto, rispetto alla situazione in cui una proprietà è stata

costruita e si reggeva anteriormente e senza alcuna necessità di

appoggio ad una struttura (la soletta di copertura) costruita suc

cessivamente.

Ugualmente non ha affrontato specificamente il problema la

sentenza 22 febbraio 1999, n. 1477, cit., la quale ha distinto tra

la proprietà del solaio di copertura (che nella specie veniva in

considerazione in quanto bene danneggiato) e quanto viene po sto sopra di esso, e ne ha tratto la conseguenza che alla manu

tenzione della pavimentazione è tenuto il superficiario e titolare

di un diritto di uso esclusivo di tale pavimentazione. Il collegio ritiene di aderire a tale conclusione ma con diversa

motivazione, non potendosi condividere la tesi di fondo secondo

la quale il condominio sarebbe titolare di un diritto di superficie

(sulla cui esistenza, peraltro, nel caso deciso dalla sentenza 22

febbraio 1999, n. 1477, cit., si era formato il giudicato interno). Va preliminarmente escluso, nonostante l'apparente somi

glianza dei presupposti di fatto, che possa farsi applicazione

analogica dell'art. 1126 c.c., il quale stabilisce che quando l'uso

del lastrico solare (ed a maggior ragione la proprietà) non è in

comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo

sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle ripara zioni o ricostruzione del lastrico.

Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1126 c.c. l'accollo al con

domino proprietario esclusivo del lastrico solare o che ne ha

This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 03:46:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone (concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni

PARTE PRIMA 1844

l'uso esclusivo trova una spiegazione (salvo vedere in seguito se

la soluzione adottata sia del tutto logica) nell'uso particolare ri

spetto alla normale funzione di copertura che tale lastrico svol

ge, con conseguente più rapido degrado dello stesso.

Nel caso, invece, in cui il solaio di copertura di autorimesse

(o di altri locali interrati) in proprietà singola svolga anche la

funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non

si ha un'utilizzazione particolare da parte di un condomino ri

spetto agli altri, ma un'utilizzazione conforme alla destinazione

tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti

i condomini. Ove, poi, il solaio funga da cortile e su di esso vengano con

sentiti il transito o la sosta degli autoveicoli, è evidente che a

ciò è imputabile in maniera preponderante il degrado della pa vimentazione, per cui sarebbe illogico accollare per un terzo le

spese relative ai condomini dei locali sottostanti.

Ad un'applicazione analogica dell'art. 1126 c.c. osta anche la

considerazione che può dubitarsi della razionalità della scelta

del legislatore. Se, infatti, può sembrare logico porre per un terzo a carico di

chi ha la proprietà o l'uso esclusivo del lastrico solare le spese di riparazione o di manutenzione della pavimentazione (ivi

compresa la parte destinata all'impermeabilizzazione), non al

trettanto logico sembra porre in uguale misura a carico di tale

oggetto le spese di riparazione della struttura portante del lastri

co, essendo del tutto improbabile che le stesse siano rese neces

sarie dall'uso esclusivo.

Sussistono, invece, le condizioni per un'applicazione analo

gica dell'art. 1125 c.c., il quale stabilisce che le spese per la

manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei

solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del

piano superiore la copertura del pavimento e a carico del pro

prietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione

del soffitto.

Tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative

alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pa vimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della

stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si

può dire che costituisce un'applicazione particolare del princi

pio dettato dall'art. 1123, 2° comma, c.c.

Una situazione sostanzialmente analoga si verifica nel caso in

esame, in quanto l'usura della pavimentazione del cortile è de

terminata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta

dalla collettività dei condomini, per cui deve trovare applicazio ne il principio ubi eadem ratio ibi eadem legis dispositio.

In definitiva, vanno rigettati il primo ed il secondo motivo del

ricorso, mentre vanno accolti il terzo e quarto motivo, con con

seguente cassazione sul punto della sentenza impugnata e rinvio

della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 lu

glio 2005, n. 15787; Pres. Vittoria, Est. Travaglino, P.M.

Cafiero (conci, diff.); Inail (Avv. Rossi, Tarantino) c. Soc.

Assitalia (Avv. Seminaroti). Conferma Trib. Napoli 11 otto

bre 2000.

Intervento in causa e litisconsorzio — Intervento volontario — Poteri del terzo — Preclusioni — Limiti (Cod. proc. civ., art. 105, 167, 183, 267, 268).

Intervento in causa e litisconsorzio — Intervento adesivo au

tonomo — Preclusioni per le parti originarie — Estensio

ne all'interventore — Questione manifestamente infonda

ta di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art.

268).

Al terzo che interviene volontariamente nel giudizio fino a che

non siano precisate le conclusioni è preclusa quell'attività istruttoria, preliminare e probatoria che la fase avanzata del

procedimento non consente alle altre parti, mentre tale pre clusione non può estendersi alla sua attività assertiva. (1)

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

ii) Con la decisione in rassegna la Suprema corte conferma la sen tenza del giudice di appello che aveva ritenuto ammissibile l'intervento volontario spiegato in ossequio al dettato del 1° comma dell'art. 268

c.p.c. (ossia sino alla precisazione delle conclusioni) e la proposizione di nuove domande da parte dell'interveniente, respinte però a loro volta nel merito per carenza di prova, in quanto l'intervento stesso era stato effettuato dopo la scadenza dei termini entro i quali le parti originarie del processo possono svolgere attività istruttoria (arg. ex art. 268, 2°

comma, c.p.c. che precluderebbe, a detta dei giudici di legittimità, non l'attività assertiva, che costituisce il proprium dell'intervento, ma

l'esplicazione dei poteri probatori del terzo una volta maturate le pre clusioni a carico delle parti originarie).

In senso conforme alla pronuncia in epigrafe, secondo la quale co stituendo la formulazione della domanda l'essenza stessa dell'inter vento principale e litisconsortile ai sensi dell'art. 105, 1° comma, c.p.c., deve escludersi che l'autonomo petitum proposto dall'interventore vo lontario possa essere equiparato alla domanda riconvenzionale del con venuto e che al terzo possano di conseguenza applicarsi le preclusioni poste dal codice di rito (art. 167 e 183 c.p.c.), restandogli inibito solo lo

svolgimento delle attività istruttorie già precluse alle originarie parti del giudizio (art. 268 c.p.c.), cfr. Cass. 3 novembre 2004, n. 21060, Fo ro it., Rep. 2004, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 21; 25 febbraio 2003, n. 2830, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 29 (intervenute en

trambe, peraltro, in una controversia soggetta, ex art. 90 1. 26 novembre 1990 n. 353, e successive modifiche, al regime previgente alla riforma del 1990); 14 maggio 1999, n. 4771, id., Rep. 1999, voce cit.. n. 26, citata in motivazione; 9 luglio 1971, n. 2208, id.. Rep. 1971, voce cit., n. 47, citata in motivazione. In senso difforme, v. Cass. 19 ottobre

1988, n. 5685, id., Rep. 1988. voce cit., n. 19, citata in motivazione, re sa anch'essa prima dell'entrata in vigore della novella del 1990, che ha affermato che il terzo che interviene ai sensi dell'art. 105, 1° comma,

c.p.c. dopo la prima udienza non può proporre nuove domande. Negli stessi termini. Cass. 21 ottobre 1976, n. 3716. id., Rep. 1976, voce

Competenza civile, n. 120, citata in motivazione. Nella giurisprudenza di merito, le posizioni sono variegate, special

mente con riferimento all'attività assertiva dell'interveniente. Secondo

App. Torino 24 settembre 2003, id., Rep. 2004, voce Intervento in cau sa e litisconsorzio, n. 27, e, in extenso, Giust. civ., 2004, I, 3161, e Trib. Roma 30 agosto 2002, Foro it., 2003, I, 1285, con nota di richia mi di Andreoni, cui si rimanda per i precedenti ivi citati, è inammissi bile l'intervento volontario spiegato dal terzo successivamente alla sca denza dei termini di cui all'art. 183 c.p.c., mentre per Trib. Milano 27 marzo 2003, id., Rep. 2004, voce cit., n. 28, e, per esteso, Giur. it., 2004, 575, e Trib. Ivrea 7 luglio 2003, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 31 (per esteso, Dir. e giustizia, 2003, fase. 35, 83) è tardivo e quindi inammissibile l'intervento spiegato dopo il termine assegnato al conve nuto per la proposizione di domande riconvenzionali. Per Trib. Monza 9 febbraio 2001, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 33 (per esteso, Giur.

merito, 2003, 29, con nota di Rolfi, Il terzo interventore e le preclusio ni processuali: un dilemma irrisolvibile?) l'intervento spiegato oltre il termine assegnato al convenuto per la proposizione di domande ricon venzionali è ammissibile, ma l'interventore non può proporre domande autonome. Diversamente, ed in senso conforme all'orientamento di Cass. 15787/05 in epigrafe, v. App. Roma 24 settembre 2002, Foro it., 2003, I, 332; Trib. Voghera 9 febbraio 2002, id., Rep. 2002, voce cit., n. 26 (in extenso, Arch, civ., 2002, 937); Trib. Napoli 9 febbraio 2001, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 26, e Giur. merito, 2003, 29, secondo la quale l'intervento principale o litisconsortile è ammissibile anche una volta scaduto il termine per la tempestiva costituzione in giudizio del convenuto (non prendendo peraltro posizione sul tema dei poteri istruttori del terzo interveniente); Trib. Ascoli Piceno 21 febbraio 2000,

This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 03:46:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended