sezione II civile; sentenza 14 settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Martone(concl. conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo (Avv. Sgarella) c. Piergiovanni (Avv.Mennella). Cassa App. Roma 26 settembre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 6 (GIUGNO 2006), pp. 1839/1840-1843/1844Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203437 .
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PARTE PRIMA 1840
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 14
settembre 2005, n. 18194; Pres. ed est. Triola, P.M. Marto
ne (conci, conf.); Condominio via San Pellegrino 6, Morlupo
(Avv. Sgarella) c. Piergiovanni (Avv. Mennella). Cassa
App. Roma 26 settembre 2001.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici —
Cortile costituente copertura di locali di proprietà esclusi
va — Spese di manutenzione — Ripartizione — Criteri
(Cod. civ., art. 1123, 1125, 1126).
Ai fini della ripartizione delle spese di riparazione del cortile o
del viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche
da copertura di locali sotterranei di proprietà esclusiva di un
condomino, deve applicarsi analogicamente l'art. 1125 c.c.,
che accolla per intero al proprietario del piano superiore, che
ne fa uso esclusivo e determina la necessità della relativa ma
nutenzione, le spese concernenti la pavimentazione. (1)
(1) In senso sostanzialmente difforme, v. Cass. 10 novembre 1998, n. 11283, Foro it., Rep. 1999, voce Comunione e condominio, n. 159
(riportata, per esteso, in Rass. locazioni, 1999, 308, con nota di M. De
Tilla, e Giust. civ., 1999, I, 2398, con osservazioni di A. Visca), la
quale, affermata anzitutto la natura condominiale del piano di calpestio del cortile che funge da copertura di un sottostante locale (nella specie adibito a garage) facente parte dello stesso complesso condominiale, ancorché costruito fuori della proiezione dei piani sopraelevati, e quindi la competenza dell'assemblea dei condomini a deliberare sulle relative
spese di manutenzione, ha ritenuto che queste debbano essere ripartite secondo il criterio stabilito dall'art. 1126 c.c., trattandosi di ipotesi equiparabile a quella della terrazza a livello che ricopre una parte del
l'edificio; nonché, con riferimento alle spese di riparazione della co
pertura di autorimesse di proprietà esclusiva sovrastate da un'area ver
de condominiale (attesa la sua duplice funzione, di copertura delle au
torimesse, da un lato, e di sostegno dell'area verde, dall'altro), App.
Bologna 21 aprile 1998, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 141 (che si
legge in Arch, locazioni, 1999, 959, con nota di A.M. Colli). La differente soluzione adottata dalla Cassazione con la pronunzia
che si riporta poggia sul rilievo che la somiglianza del caso esaminato a
quello considerato dall'art. 1126 c.c., a ben vedere, è solo apparente, e
quindi non sussistono le condizioni per un'applicazione analogica di
tale norma: infatti — osserva la corte — nell'ipotesi disciplinata dal
l'art. 1126 c.c. l'obbligo di contribuzione per un terzo nella spesa, po sto a carico del condomino che abbia la proprietà o l'uso esclusivo del
lastrico solare, trova spiegazione nell'uso particolare (da parte di un
condomino rispetto agli altri) rispetto alla normale funzione di copertu ra che tale lastrico svolge, con conseguente più rapido degrado dello
stesso, laddove, invece, nell'ipotesi del solaio di copertura delle auto rimesse o di altri locali interrati che funga anche da viale o da cortile di accesso dell'edificio condominiale, la sua utilizzazione è conforme alla
destinazione tipica della cosa ed avviene da parte di tutti i condomini ed inoltre, qualora sul cortile vengano consentiti il transito e la sosta di
autoveicoli, è evidente che sono proprio questi a costituire il maggior fattore di degrado della pavimentazione, sicché sarebbe illogico accol lare le relative spese di manutenzione o riparazione ai condomini dei locali sottostanti. Sussistono invece, ad avviso della corte, le condizioni
per applicare in via analogica l'art. 1125 c.c., (il quale «si può dire che costituisce un'applicazione particolare dei principio dettato dall'art.
1123, 2° comma, c.c.»), in ragione del fatto che, analogamente a quanto avviene nell'ipotesi di due porzioni di piano l'una sovrastante all'altra, a determinare l'usura della pavimentazione del cortile è esclusivamente il suo utilizzo da parte della collettività dei condomini.
Nel senso dell'applicabilità dell'art. 1126, e non dell'art. 1125 c.c., ai fini della ripartizione delle spese di riparazione della terrazza a li
vello, anche se essa funge da copertura di un solo locale, v. Cass. 15
luglio 2003, n. 11029, Foro it.. Rep. 2003, voce cit., n. 121. Con riferimento al caso di danni al solaio di copertura di un'autori
messa condominiale cagionati da infiltrazioni d'acqua provenienti dal
soprastante piano di calpestio utilizzato da un altro condomìnio, Cass. 22 febbraio 1999, n. 1477, id., Rep. 1999, voce Responsabilità civile, n.
326, e voce Proprietà, n. 35 (per esteso, Arch, locazioni, 1999, 613), ha
puntualizzato che l'obbligazione risarcitoria a carico del condominio
danneggiarne (definito «superficiario» dal giudice del merito) trova la sua fonte non già nelle disposizioni degli art. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nell'art. 2051 c.c., pur ricordando che in linea generale (come già in precedenza affermato da Cass. 18 marzo 1989. n. 1362, Foro it.,
Rep. 1989, voce Comunione e condominio, n. 110, e Giust. civ., 1989, I, 2439, con nota di P. Bosticco) «la manutenzione e riparazione del solaio di copertura di un locale interrato, costituendone parte integran te, compete unicamente (salvo diversa pattuizione) al suo proprietario, anche se l'area sovrastante, appartenente ad altro soggetto, riceva da
Il Foro Italiano — 2006.
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 10 maggio
1994 il condominio di via San Pellegrino n. 6, in Morlupo, ci
tava davanti al Pretore di Roma, sezione distaccata di Castel
nuovo di Porto, il condomino Ulderico Piergiovanni, chiedendo
la condanna dello stesso al pagamento della somma di lire
4.765.000, oltre ad interessi legali, a titolo di quota dovuta per le spese di riparazione del manto di copertura del viale di acces
so all'edificio condominiale, che fungeva anche di copertura per i locali sottostanti di proprietà del convenuto.
Ulderico Piergiovanni, costituitosi, resisteva alla domanda,
che veniva parzialmente accolta, con sentenza in data 15 luglio
1999, dal pretore, il quale riteneva che nella specie la ripartizio ne delle spese doveva avvenire secondo il criterio previsto dal
l'art. 1126 c.c. e non dividendo le spese a metà.
Contro tale decisione proponeva appello Ulderico Piergio vanni e la Corte d'appello di Roma, con sentenza in data 26
settembre 2001, riteneva fondata l'impugnazione, in base alla
seguente motivazione:
«Ritiene il collegio non invocabile nella fattispecie né la
normativa ex art. 1125 c.c., né quella di cui all'art. 1126 stesso
codice (relativa ai c.d. lastrici solari di uso esclusivo), trattando
tele copertura un qualche vantaggio o utilità». Analogamente, nel senso
che non vengono in rilievo le norme concernenti la ripartizione tra con
domini delle spese di riparazione o ricostruzione di parti comuni del
l'edificio, bensì quelle in tema di responsabilità aquiliana di cui agli art. 2043 ss. c.c. (e segnatamente quella in tema di responsabilità per danni da cosa in custodia di cui all'art. 2051 c.c., su cui, v., da ultimo, Cass. 9 novembre 2005, n. 21684, in questo fascicolo, I, 1807), nell'ipo tesi di infiltrazioni d'acqua verificatesi in un garage o in un cantinato
provenienti dalla terrazza o dal soprastante cortile condominiale che
fungano da copertura dello stesso, v., inoltre, rispettivamente, Cass. 22
luglio 2002, n. 10686, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 87, e 11 marzo
1995, n. 2861, id., Rep. 1996, voce Responsabilità civile, n. 196.
Quanto all'ambito di operatività dell'art. 1125 c.c., in sintonia con
l'orientamento testé richiamato, si è affermato che la ripartizione delle
spese per la manutenzione, ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei
solai secondo i criteri stabiliti da tale norma riguarda le ipotesi in cui la
necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomi
ni, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomìni trova ap
plicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è
a carico di colui che li ha cagionati: v. Cass. 12 aprile 1999, n. 3568, id.. Rep. 1999, voce Comunione e condominio, n. 155 (annotata da M.
De Tilla, in Arch, locazioni, 1999, 592). In argomento, v. anche Cass. 4 giugno 2001, n. 7472, Foro it., Rep.
2002, voce cit., n. 110, la quale rileva che l'art. 1126 c.c., nel ripartire le spese per le riparazioni del lastrico solare nella misura di un terzo a
carico del condomino che ne è proprietario o ne ha l'uso esclusivo e di
due terzi a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di esso
cui il lastrico serve (vale a dire, dei soli condomini cui appartengono le
porzioni di piano comprese nella proiezione verticale del manufatto da
riparare, rispetto alle quali soltanto, pertanto, esso funge da copertura: sul punto, cfr. pure Cass. 9 novembre 2001, n. 13858, ibid., n. 108), si
riferisce solo alle riparazioni del manufatto posto alla sommità della
costruzione, che la separa orizzontalmente dallo spazio superiore (ma nufatto comprensivo peraltro di ogni suo elemento, ancorché accesso
rio, come la pavimentazione), ma non anche di tutto ciò che vi è so
vrapposto ed è ad esso collegato ab extra, in quanto dotato di una pro pria autonomia strutturale e funzionale (nella specie, si trattava di un
giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali erano stati
danneggiati da infiltrazioni di acqua provenienti dallo stesso, ed i pro
prietari del giardino erano stati condannati, con la pronunzia d'appello confermata dalla Suprema corte, a sopportare per intero le spese relati
ve alla rimozione, accantonamento e ripristino del giardino stesso); nonché Trib. Udine 1° settembre 2004, Arch, locazioni, 2005, 341. che
in una fattispecie simile ha, invece, ritenuto che la ripartizione tra i
condomini, ai sensi dell'art. 1126 c.c., delle spese di riparazione di un
giardino pensile che serva da copertura alle autorimesse sottostanti ri
guarda non soltanto le spese relative al manto impermeabilizzato, ma
anche quelle per gli interventi conseguenziali o strumentali, come la
rimozione ed il riporto del terreno, nonché la risistemazione del giardi no.
Nel senso che la domanda diretta al risarcimento dei danni od al l'esecuzione degli interventi necessari per eliminare le cause delle in filtrazioni provenienti dal lastrico solare di un edificio condominiale va
proposta in ogni caso nei confronti del condominio in persona del
l'amministratore, anche quando si tratti di lastrico di proprietà o in uso
esclusivo ad un condomino, v. Cass. 15 luglio 2002, n. 10233, Foro it.,
2003,1, 201, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
si di norme disciplinanti una particolare ripartizione delle spese
per la manutenzione di talune specifiche cose comuni adem
pienti a specifiche funzioni ed insuscettibili pertanto di applica zione analogica.
Nel caso concreto, il ripristino del vialetto era stato determi
nato dalla circostanza che erano stati prodotti vari danni, a causa
di infiltrazioni, nel sottostante locale di proprietà Piergiovanni Ulderico.
Ai fini della responsabilità occorreva fare riferimento alla
normativa generale dell'art. 2043 c.c., integrata dal riferimento
specifico all'art. 2051 stesso codice (responsabilità per cose in
custodia). Essendo innegabile, invero, che il condominio aveva la signo
ria completa sulla cosa (zona di accesso al condominio) e che
per lo sviluppo di un agente dannoso sorto nella cosa medesima
si erano verificati i danni in questione; quindi sulla base di prin
cipi, riconducibili alla generale normativa del neminem laedere
ex art. 2043 ed a quella specifica ex art. 2051 (nessun dubbio
esiste circa la qualifica di custode della res commune da parte del condominio), vanno tratte le dovute conclusioni.
Per il verificarsi della responsabilità prevista da tale norma è
sufficiente che vi sia la prova di una relazione tra la cosa in cu
stodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una ano
malia, originaria e sopravvenuta, nella struttura e nel funziona
mento della cosa stessa) nonché dell'esistenza di un effettivo
potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe
il dovere di vigilarla e di mantenere il controllo onde evitare che
produca danni a terzi (Cass. n. 1897 del 1983, Foro it., Rep. 1983, voce Responsabilità civile, n, 116, e 1477/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 326).
Ai fini di individuazione del danno, come risulta dal verbale
di assemblea, nel magazzino sottostante del Piergiovanni si ma
nifestarono infiltrazioni d'acqua in corrispondenza di un boc
chettone del viale di ingresso del palazzo, in corrispondenza della fognatura condominiale, e dei lucernai antistanti ai negozi.
La riparazione eseguita (consistita nella riparazione della pa vimentazione del ballatoio di ingresso al fabbricato stesso — v.
c.t.u. —, mediante posa di una nuova guaina e nuova pavimen
tazione) tendeva ad eliminare la causa del danno sorto nella res, in disponibilità del condominio. In tal modo il collegio ha inteso
uniformarsi alla giurisprudenza della Suprema corte (sent.
2861/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 196) secondo cui nel caso
in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclu
sivo al condominio, funga da copertura ad un locale cantinato di
proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile
siano derivate infiltrazioni d'acqua nel sottostante locale, l'ob
bligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non
già nelle norme in materia di ripartizione degli oneri condomi
niali di cui agli art. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell'art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accerta
mento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato for
nisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento
dannoso (che risulti riconducibile ad un'anomalia, originaria o
sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa
stessa), nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di
essa da parte del custode sul quale incombe il dovere di vigilan za, onde evitare che produca danni a terzi».
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con
quattro motivi, il condominio di via San Pellegrino n. 6, in
Morlupo. Resiste con controricorso Ulderico Piergiovanni. Motivi della decisione. — Con il primo motivo il condominio
ricorrente deduce che Ulderico Piergiovanni aveva notificato un
primo atto di appello da ritenere inammissibile ex art. 342
c.p.c., in quanto mancante della pagina in cui erano illustrati i
motivi, e tale inammissibilità non poteva essere sanata dalla no
tifica di un secondo atto di appello. La doglianza è infondata, in quanto secondo la pacifica giu
risprudenza di questa Suprema corte la parte che abbia proposto una impugnazione nulla, inammissibile o improcedibile può va
lidamente proporre una nuova impugnazione fino a quando la
prima non sia stata dichiarata nulla, inammissibile o improcedi bile.
Con il secondo motivo il condominio ricorrente deduce che
non poteva essere considerata valida la procura conferita a mar
II Foro Italiano — 2006.
gine del secondo atto di appello ad un difensore diverso da
quello di cui al primo atto di appello. La doglianza è infondata, in quanto parte dal presupposto er
rato dell'inammissibilità del secondo atto di appello e della non
autonomia dello stesso.
Con il terzo e quarto motivo, che, per la loro stretta connes
sione possono essere trattati congiuntamente, il condominio ri
corrente deduce che la Corte d'appello di Roma non ha compre so che nella specie non si trattava di accertare la responsabilità in ordine ai danni subiti da un condomino dalla mancata effet
tuazione delle riparazioni ad un solaio di copertura, ma della ri
partizione delle spese di tali riparazioni, la quale avrebbe do
vuto essere effettuata applicando analogicamente l'art. 1126 c.c.
La prima parte della doglianza è fondata, in quanto effettiva
mente la sentenza impugnata non ha compreso che nella specie non di responsabilità per danni si discuteva, ma di ripartizione di spese.
Una volta chiarito tale punto, occorre individuare in che
modo tale ripartizione avrebbe dovuto avere luogo. Per quanto riguarda la giurisprudenza di questa Suprema
corte l'unico precedente in materia è rappresentato dalla senten
za 10 novembre 1998, n. 11283 (id., Rep. 1999, voce Comunio
ne e condominio, n. 159), la quale, senza peraltro approfondire il tema, ha affermato che la ripartizione va effettuata secondo i
criteri previsti dall'art. 1126 c.c., dovendosi equiparare il cortile
ad una terrazza a livello.
Nessun utile elemento può essere desunto dalla sentenza 18
marzo 1989, n. 1362 (id., Rep. 1989, voce cit., n. 110), la quale ha affermato che qualora la proprietà di un locale sotterraneo
spetti ad un soggetto diverso dal proprietario del fondo sovra
stante (nella specie, autorimessa sottostante ad area adibita a
giardino ed accesso a vicino fabbricato), le spese di manuten
zione o rifacimento delle strutture di copertura di tale locale, in
difetto di diversa previsione contrattuale, gravano sul proprieta rio del locale medesimo, ove dette strutture ne costituiscano
parte integrante senza alcuna funzione di sostegno del fondo so
vrastante e, quindi, salvo titolo contrario, non sono oggetto di
comunione con il proprietario del suolo, restando di conseguen za esclusa l'applicabilità in via analogica delle disposizioni del
l'art. 1125 c.c. in tema di soffitti, solai o volte negli edifici con
dominiali. La sentenza in questione, infatti, si è occupata di un'ipotesi
particolare: un soggetto aveva acquistato un terreno per costrui
re un edificio; il venditore, peraltro, si era riservata la proprietà del sottosuolo di una parte del terreno, allo scopo di consentire
nel medesimo la costruzione di un'autorimessa, poi effettiva
mente realizzata. In relazione alla particolarità della fattispecie si è rilevata la differenza tra la posizione di colui che ha la pro
prietà di un bene che, per natura o per costituzione, si regge su
un'altra struttura architettonica o materiale di proprietà di un
altro soggetto, rispetto alla situazione in cui una proprietà è stata
costruita e si reggeva anteriormente e senza alcuna necessità di
appoggio ad una struttura (la soletta di copertura) costruita suc
cessivamente.
Ugualmente non ha affrontato specificamente il problema la
sentenza 22 febbraio 1999, n. 1477, cit., la quale ha distinto tra
la proprietà del solaio di copertura (che nella specie veniva in
considerazione in quanto bene danneggiato) e quanto viene po sto sopra di esso, e ne ha tratto la conseguenza che alla manu
tenzione della pavimentazione è tenuto il superficiario e titolare
di un diritto di uso esclusivo di tale pavimentazione. Il collegio ritiene di aderire a tale conclusione ma con diversa
motivazione, non potendosi condividere la tesi di fondo secondo
la quale il condominio sarebbe titolare di un diritto di superficie
(sulla cui esistenza, peraltro, nel caso deciso dalla sentenza 22
febbraio 1999, n. 1477, cit., si era formato il giudicato interno). Va preliminarmente escluso, nonostante l'apparente somi
glianza dei presupposti di fatto, che possa farsi applicazione
analogica dell'art. 1126 c.c., il quale stabilisce che quando l'uso
del lastrico solare (ed a maggior ragione la proprietà) non è in
comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo
sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle ripara zioni o ricostruzione del lastrico.
Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1126 c.c. l'accollo al con
domino proprietario esclusivo del lastrico solare o che ne ha
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PARTE PRIMA 1844
l'uso esclusivo trova una spiegazione (salvo vedere in seguito se
la soluzione adottata sia del tutto logica) nell'uso particolare ri
spetto alla normale funzione di copertura che tale lastrico svol
ge, con conseguente più rapido degrado dello stesso.
Nel caso, invece, in cui il solaio di copertura di autorimesse
(o di altri locali interrati) in proprietà singola svolga anche la
funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non
si ha un'utilizzazione particolare da parte di un condomino ri
spetto agli altri, ma un'utilizzazione conforme alla destinazione
tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti
i condomini. Ove, poi, il solaio funga da cortile e su di esso vengano con
sentiti il transito o la sosta degli autoveicoli, è evidente che a
ciò è imputabile in maniera preponderante il degrado della pa vimentazione, per cui sarebbe illogico accollare per un terzo le
spese relative ai condomini dei locali sottostanti.
Ad un'applicazione analogica dell'art. 1126 c.c. osta anche la
considerazione che può dubitarsi della razionalità della scelta
del legislatore. Se, infatti, può sembrare logico porre per un terzo a carico di
chi ha la proprietà o l'uso esclusivo del lastrico solare le spese di riparazione o di manutenzione della pavimentazione (ivi
compresa la parte destinata all'impermeabilizzazione), non al
trettanto logico sembra porre in uguale misura a carico di tale
oggetto le spese di riparazione della struttura portante del lastri
co, essendo del tutto improbabile che le stesse siano rese neces
sarie dall'uso esclusivo.
Sussistono, invece, le condizioni per un'applicazione analo
gica dell'art. 1125 c.c., il quale stabilisce che le spese per la
manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei
solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del
piano superiore la copertura del pavimento e a carico del pro
prietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione
del soffitto.
Tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative
alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pa vimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della
stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si
può dire che costituisce un'applicazione particolare del princi
pio dettato dall'art. 1123, 2° comma, c.c.
Una situazione sostanzialmente analoga si verifica nel caso in
esame, in quanto l'usura della pavimentazione del cortile è de
terminata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta
dalla collettività dei condomini, per cui deve trovare applicazio ne il principio ubi eadem ratio ibi eadem legis dispositio.
In definitiva, vanno rigettati il primo ed il secondo motivo del
ricorso, mentre vanno accolti il terzo e quarto motivo, con con
seguente cassazione sul punto della sentenza impugnata e rinvio
della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.
Il Foro Italiano — 2006.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 28 lu
glio 2005, n. 15787; Pres. Vittoria, Est. Travaglino, P.M.
Cafiero (conci, diff.); Inail (Avv. Rossi, Tarantino) c. Soc.
Assitalia (Avv. Seminaroti). Conferma Trib. Napoli 11 otto
bre 2000.
Intervento in causa e litisconsorzio — Intervento volontario — Poteri del terzo — Preclusioni — Limiti (Cod. proc. civ., art. 105, 167, 183, 267, 268).
Intervento in causa e litisconsorzio — Intervento adesivo au
tonomo — Preclusioni per le parti originarie — Estensio
ne all'interventore — Questione manifestamente infonda
ta di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art.
268).
Al terzo che interviene volontariamente nel giudizio fino a che
non siano precisate le conclusioni è preclusa quell'attività istruttoria, preliminare e probatoria che la fase avanzata del
procedimento non consente alle altre parti, mentre tale pre clusione non può estendersi alla sua attività assertiva. (1)
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
ii) Con la decisione in rassegna la Suprema corte conferma la sen tenza del giudice di appello che aveva ritenuto ammissibile l'intervento volontario spiegato in ossequio al dettato del 1° comma dell'art. 268
c.p.c. (ossia sino alla precisazione delle conclusioni) e la proposizione di nuove domande da parte dell'interveniente, respinte però a loro volta nel merito per carenza di prova, in quanto l'intervento stesso era stato effettuato dopo la scadenza dei termini entro i quali le parti originarie del processo possono svolgere attività istruttoria (arg. ex art. 268, 2°
comma, c.p.c. che precluderebbe, a detta dei giudici di legittimità, non l'attività assertiva, che costituisce il proprium dell'intervento, ma
l'esplicazione dei poteri probatori del terzo una volta maturate le pre clusioni a carico delle parti originarie).
In senso conforme alla pronuncia in epigrafe, secondo la quale co stituendo la formulazione della domanda l'essenza stessa dell'inter vento principale e litisconsortile ai sensi dell'art. 105, 1° comma, c.p.c., deve escludersi che l'autonomo petitum proposto dall'interventore vo lontario possa essere equiparato alla domanda riconvenzionale del con venuto e che al terzo possano di conseguenza applicarsi le preclusioni poste dal codice di rito (art. 167 e 183 c.p.c.), restandogli inibito solo lo
svolgimento delle attività istruttorie già precluse alle originarie parti del giudizio (art. 268 c.p.c.), cfr. Cass. 3 novembre 2004, n. 21060, Fo ro it., Rep. 2004, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 21; 25 febbraio 2003, n. 2830, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 29 (intervenute en
trambe, peraltro, in una controversia soggetta, ex art. 90 1. 26 novembre 1990 n. 353, e successive modifiche, al regime previgente alla riforma del 1990); 14 maggio 1999, n. 4771, id., Rep. 1999, voce cit.. n. 26, citata in motivazione; 9 luglio 1971, n. 2208, id.. Rep. 1971, voce cit., n. 47, citata in motivazione. In senso difforme, v. Cass. 19 ottobre
1988, n. 5685, id., Rep. 1988. voce cit., n. 19, citata in motivazione, re sa anch'essa prima dell'entrata in vigore della novella del 1990, che ha affermato che il terzo che interviene ai sensi dell'art. 105, 1° comma,
c.p.c. dopo la prima udienza non può proporre nuove domande. Negli stessi termini. Cass. 21 ottobre 1976, n. 3716. id., Rep. 1976, voce
Competenza civile, n. 120, citata in motivazione. Nella giurisprudenza di merito, le posizioni sono variegate, special
mente con riferimento all'attività assertiva dell'interveniente. Secondo
App. Torino 24 settembre 2003, id., Rep. 2004, voce Intervento in cau sa e litisconsorzio, n. 27, e, in extenso, Giust. civ., 2004, I, 3161, e Trib. Roma 30 agosto 2002, Foro it., 2003, I, 1285, con nota di richia mi di Andreoni, cui si rimanda per i precedenti ivi citati, è inammissi bile l'intervento volontario spiegato dal terzo successivamente alla sca denza dei termini di cui all'art. 183 c.p.c., mentre per Trib. Milano 27 marzo 2003, id., Rep. 2004, voce cit., n. 28, e, per esteso, Giur. it., 2004, 575, e Trib. Ivrea 7 luglio 2003, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 31 (per esteso, Dir. e giustizia, 2003, fase. 35, 83) è tardivo e quindi inammissibile l'intervento spiegato dopo il termine assegnato al conve nuto per la proposizione di domande riconvenzionali. Per Trib. Monza 9 febbraio 2001, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 33 (per esteso, Giur.
merito, 2003, 29, con nota di Rolfi, Il terzo interventore e le preclusio ni processuali: un dilemma irrisolvibile?) l'intervento spiegato oltre il termine assegnato al convenuto per la proposizione di domande ricon venzionali è ammissibile, ma l'interventore non può proporre domande autonome. Diversamente, ed in senso conforme all'orientamento di Cass. 15787/05 in epigrafe, v. App. Roma 24 settembre 2002, Foro it., 2003, I, 332; Trib. Voghera 9 febbraio 2002, id., Rep. 2002, voce cit., n. 26 (in extenso, Arch, civ., 2002, 937); Trib. Napoli 9 febbraio 2001, Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 26, e Giur. merito, 2003, 29, secondo la quale l'intervento principale o litisconsortile è ammissibile anche una volta scaduto il termine per la tempestiva costituzione in giudizio del convenuto (non prendendo peraltro posizione sul tema dei poteri istruttori del terzo interveniente); Trib. Ascoli Piceno 21 febbraio 2000,
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