sezione II civile; sentenza 15 febbraio 1996, n. 1154; Pres. Di Ciò, Est. Corona, P.M. Gambardella(concl. diff.); Condominio via Della Conciliazione 26, Putignano (Avv. Furci, D'Alena) c. Vinella(Avv. Carlucci, Casulli). Conferma App. Bari 26 febbraio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2127/2128-2129/2130Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190505 .
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2127 PARTE PRIMA 2128
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 15 feb
braio 1996, n. 1154; Pres. Di Ciò, Est. Corona, P.M. Gam
bardella (conci, diff.); Condominio via Della Conciliazione
26, Putignano (Aw. Furci, D'Alena) c. Vinella (Aw. Car
lucci, Casulli). Conferma App. Bari 26 febbraio 1993.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Muro
maestro in proprietà esclusiva — Spese di manutenzione —
Soggetti obbligati (Cod. civ., art. 1117, 1118, 1123).
Alle spese per la conservazione di un muro maestro di edificio
soggetto al regime del condominio che, per titolo, appartiene in proprietà esclusiva ad uno soltanto dei condomini, sono
tenuti a contribuire (salvo che il proprietario esclusivo abbia
assunto espresso impegno di sostenerle da solo) tutti i condo
mini, in proporzione alle quote di proprietà, secondo il prin
cipio generale di cui all'art. 1123, 1° comma, c.c. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione 24 settembre 1984,
Michelangelo Vinella convenne, davanti al Tribunale di Bari, il condominio dell'edificio sito in Putignano, traversa via Della
Conciliazione 26, in persona dell'amministratore in carica.
Espose di essere proprietario degli appartamenti ubicati al quin
to, sesto e settimo piano del fabbricato soggetto al regime del
condominio e che, nella stagione invernale 1983-1984, a causa
del cattivo stato di manutenzione della facciata cielo prospicien te la via Bixio, nelle adiacenti unità immobiliari di sua proprie tà si erano verificate diffuse infiltrazioni di umidità.
Domandò che il convenuto condominio fosse condannato ad
eliminare gli inconvenienti lamentati e al risarcimento dei danni.
Il condominio, in persona dell'amministratore in carica, chie
se il rigetto della domanda avversa, osservando di non essere
tenuto alla manutenzione del muro, perché esso apparteneva in proprietà esclusiva a Michelagelo Vinella.
Il tribunale, con sentenza 27 ottobre-17 novembre 1989, re
spinse la domanda e condannò l'attore al pagamento delle spese. Giudicando sulla impugnazione proposta da Vinella in con
traddittorio con il condominio, la Corte d'appello di Bari, con
sentenza 22 gennaio-26 febbraio 1993, in riforma della decisio
ne impugnata, condannò il condominio ad eseguire le opere in
dicate dal consulente tecninco ed al pagamento della metà delle
spese processuali. Ricorre per cassazione il condominio, in persona dell'ammi
nistratore in carica; resiste con controricorso Michelangelo Vinella.
(1) Non risultano precedenti in termini, anche a motivo della pecu liarità della fattispecie.
Normalmente, i muri maestri, costituendo parti essenziali per l'esi stenza del fabbricato, in quanto destinati a sorreggerlo, sono parti co muni dell'edificio condominiale, secondo la previsione dell'art. 1117, n. 1, c.c. (v., da ultimo, Cass. 26 marzo 1994, n. 2953, Foro it., Rep. 1994, voce Comunione e condominio, n. 94; 19 novembre 1993, n. 11435, ibid., n. 93, nel senso che alle spese di conservazione dei muri maestri devono concorrere tutti i partecipanti al condominio, compresi i pro prietari dei negozi siti al piano terra; 29 ottobre 1992, n. 11771, id., Rep. 1993, voce cit., n. 85; 7 marzo 1992, n. 2773, id., Rep. 1992, voce cit., n. 60; 18 ottobre 1988, n. 5668, id., Rep. 1988, voce cit., n. 41; 12 dicembre 1986, n. 7402, id., Rep. 1987, voce cit., n. 52, ove si sottolinea che tutti i condomini hanno diritto di partecipare all'as semblea condominiale che deve deliberare su argomenti riguardanti i muri perimetrali, anche se relativi a «chiostrine» o cortili su cui affacci no solo una parte dei condomini; 11 giugno 1986, n. 3867, id., Rep. 1986, voce cit., n. 42; 9 febbraio 1982, n. 776, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 33). Ed è appunto nel rilievo della indispensabilità del muro maestro per l'esistenza dell'edificio e della sua funzione di sorreggere tutti i piani o porzioni di piano e di proteggerli, al contempo, dagli agenti atmosferici, che trova fodamento il principio, ora affermato dal la corte di legittimità (e a conferma della cui validità si richiama anche la statuizione dei primi due commi dell'art. 882 c.c., in tema di suddivi sione delle spese per la riparazione e la ricostruzione del muro comune), secondo cui l'appartenenza del muro portante ad uno solo dei parteci panti al condominio non esonera gli altri (salvo diversa specifica pattui zione) a contribuire alle spese per la sua conservazione.
Si ritiene che la presunzione di comunione prevista dal n. 1 dell'art. 1117 c.c. operi anche per i «muri perimetrali» non aventi funzione di «muri portanti» (cfr. Cass. 3867/86, cit.), e quindi, negli edifici moder
ni, anche per i c.d. pannelli di rivestimento o di riempimento tra pila stri in cemento armato (v. le citate Cass. 2773/92 e 776/82).
Quanto alla ripartizione delle spese per la conservazione delle parti
li Foro Italiano — 1996.
Motivi della decisione. — 1. - A fondamento del ricorso, il
ricorrente condominio deduce:
1.1. - Violazione degli art. 832 ss. e falsa applicazione del
l'art. 1123 c.c.
La proprietà esclusiva di un bene comporta l'onere della sua
manutenzione e un regime diverso non può avere origine che
dalla legge o dal titolo. D'altra parte, l'estensione analogica del
l'art. 1126 c.c. è impossibile, applicandosi la norma esclusiva
mente al caso previsto: altrimenti il legislatore Io avrebbe detto.
1.2. - Violazione dell'art. 1126 c.c.
La corte d'appello estende la portata dell'art. 1126 c.c., rite
nendo non che il condominio debba concorrere alle spese, ma
che debba sostenerne interamente l'onere. Il che non è esatto,
perché nella specie il concorso nelle spese, a norma dell'art.
1123 c.c., è derogato dal titolo.
1.3. - Ulteriore violazione dell'art. 1126 c.c..
Non è fondata la condanna del condominio a provvedere di
rettamente alla riparazione, posto che la intrusione nella pro
prietà altrui trova precedenti solo nella normativa dei diritti reali
su cosa altrui, qui mai richiamata.
1.4. - Omessa motivazione su un punto decisivo della contro
versia e difetto di ultrapetizione. La corte d'appello, invece che accogliere la domanda relativa
alla eliminazione delle infiltrazioni di umidità verificatesi negli appartamenti siti al5°,60e7° piano, ha condannato il condo
minio alla riparazione di tutto il muro: ha pronunziato una con
danna di misura diversa e più ampia di quella formulata dal
l'attore.
2. - I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in
ragione della loro evidente connessione.
2.1. - La questione di diritto, che la Suprema corte deve risol
vere per decidere la controversia, concerne la imputazione (e,
susseguentemente, la ripartizione) delle spese per la conserva
zione di un muro maestro di un edificio soggetto al regime del
condominio: muro che, per titolo, appartiene in proprietà esclu
siva ad uno soltanto dei condomini. La peculiarità del caso, relativamente al quale non si rinvengono precedenti specifici, consiste nella appartenenza esclusiva ad un condomino del mu
ro maestro, che è necessario per l'esistenza stessa del fabbricato
e, quindi, per l'esistenza dei piani o delle porzioni di piano ap
partenenti in proprietà esclusiva agli altri partecipanti. 2.2. - Per giurisprudeza consolidata, i muri maestri dell'edifi
cio condominiale sono destinati al servizio dell'intero fabbrica
to, di cui costituiscono parte integrante (Cass. 26 marzo 1994,
comuni dell'edificio condominiale deputate (come — appunto — i mu
ri, ex art. 1117, n. 1, c.c.) a preservarlo dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, nel senso che esse vanno ripartite (salvo diversa
convenzione) in proporzione al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi dell'art. 1123, 1° comma, c.c., e non già secondo i criteri di cui ai commi successivi, v. Cass. 27 novembre 1990, n. 11423, id., Rep. 1990, voce cit., n. 104. Per l'applicabilità del suddetto criterio con ri
guardo alle spese di rifacimento del tetto dell'edificio condominiale di viso in più piani, v., inoltre, Cass. 29 aprile 1993, n. 5064, id., Rep. 1993, voce cit., n. 158, che, in ragione della funzione strumentale delle
parti comuni dell'edificio rispetto alle porzioni in proprietà esclusiva, ha escluso la possibilità di fare riferimento al differente criterio stabili
to, in tema di comunione, dall'art. 1101 c.c. (secondo cui le spese devo no gravare su tutti i comunisti in ugual misura, ove non risulti una diversa entità delle quote).
Il principio generale di cui all'art. 1123, 1° comma, c.c., secondo la pronunzia in epigrafe, deve trovare applicazione anche nel caso di
specie (muro maestro di proprietà esclusiva), in mancanza di una previ sione normativa ad hoc, non sussistendo le condizioni per l'applicazio ne di altri criteri di ripartizione della spesa, e, in particolare, né di
quello stabilito dall'art. 1126 (per il lastrico solare di uso esclusivo), né di quello previsto dall'art. 1124 c.c. (per le scale).
Per una fattispecie particolare, v. Trib. Milano 10 febbraio 1992, ibid., n. 172 (e Arch, locazioni, 1993, 129), che ha ritenuto riparàbili tra i condomini in base al criterio di cui all'art. 1126 c.c. le spese per la riparazione del parapetto di un terrazzo di proprietà esclusiva costi tuito dalla parte terminale del muro perimetrale di facciata.
In dottrina, v. A. Strip poli, Sulla «condominialità» dei muri peri metrali nonché sulla individuazione del soggetto obbligato a mantener li, in Arch, locazioni, 1987, 243; nonché, in ordine alla portata del criterio di ripartizione delle spese comuni dettato dall'art. 1123, 1° com ma, c.c. e alle varie posizioni emerse sul rapporto fra tale disposizione e quelle dei commi successivi, per tutti, G. Terzago, Il condominio, Milano, 1993, 2a ed., 729 ss.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
n. 2953, Foro it., Rep. 1994, voce Comunione e condominio, n. 94; 7 marzo 1992, n. 2773, id., Rep. 1992, voce cit., n. 60; 10 ottobre 1979, n. 5261, id., Rep. 1979, voce Distanze legali, n. 35; 30 giugno 1966, n. 1690, id., Rep. 1966, voce Comunio
ne e condominio, n. 191). Nella nozione di muri maestri, di
cui all'art. 1117 c.c., rientrano i pannelli esterni di riempimento tra i pilastri di cemento armato i quali — ancorché la funzione
portante sia assolta principalmente dai pilastri e dagli architravi — sono anche essi edificati a difesa dagli agenti atmosferici e fanno parte della struttura e della linea architettonica dell'edi
ficio (Cass. 7 marzo 1992, n. 2773, cit., e 9 febbraio 1982, n.
776, id., Rep. 1982, voce cit., n. 33). Il muro portante dell'edificio, così come ogni altra cosa, im
pianto o servizio elencati dall'art. 1117 c.c., in virtù del titolo
può appartenere in proprietà esclusiva ad uno solo dei parteci
panti al condominio. Nondimeno, essendo il muro indispensa bile per l'esistenza dell'edificio, in quanto svolge la funzione
di sorreggere tutti i piani e le porzioni di piano di proteggerli
dagli agenti atmosferici, la proprietà esclusiva di esso non im
pedisce che gli altri condomini se ne avvantaggino, ricavando
appunto l'utilità del sostegno dei loro piani o porzioni di piano e della protezione degli stessi dagli agenti atmosferici.
Sul muro, pertanto, con la proprietà esclusiva concorre una
comunione di godimento in favore di tutti coloro i quali, nell'e
dificio sono titolari della proprietà solitaria dei piani o delle porzioni di piano. Donde la conseguenza che tutti i condomini — i quali ricavano una utilità dalla res, necessaria per l'esisten
za e per la protezione dei loro immobili — sono tenuti a sop
portare le spese per la conservazione della cosa.
Non è sufficiente, dunque, che il titolo attribuisca la proprie tà esclusiva di una cosa, dalla legge solitamente attribuita in
proprietà comune a tutti i partecipanti, perché le spese necessa
rie per la sua conservazione gravino soltanto sul proprietario. Se la cosa appartenente in proprietà esclusiva ad uno solo dei
condomini materialmente è necessaria per l'esistenza delle unità
immobiliari degli altri partecipanti al condominio, coloro i qua li dalla cosa traggono utilità e, perciò, partecipano alla comu
nione di godimento, sono tenuti a contribuire alle spese per la
conservazione: salvo che il proprietario esclusivo, in base ad
una espressa e specifica pattuizione, così come si è riservata
la proprietà, per titolo abbia assunto anche l'impegno di soste
nere da solo queste spese, con esonero degli altri partecipanti da ogni concorso.
2.3. - La validità della ricostruzione proposta è confermata
dalla statuizione dettata dall'art. 882, 1° e 2° comma, c.c., se
condo cui «le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro
comune sono a carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in
proporzione del diritto di ciascuno» ... e «il comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire nelle
spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di
comunione, purché il muro comune non sostenga un edificio
di sua spettanza». La disposizione riguarda l'ipotesi del muro comune a più per
sone; non afferisce espressamente al caso, di cui si discute, con
cernente il muro (di sostegno dell'edificio composto da più uni
tà immobiliari in proprietà separata) che, per titolo, appartiene in proprietà esclusiva ad un solo condomino.
Nondimeno, la norma presenta interesse per il caso in esame
per la ragione della impossibilità di sottrarsi al contributo nelle
spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando alla compro
prietà, quando il muro sostiene un edificio o una porzione di
edificio di spettanza del contitolare. Evidentemente, la ratio della
norma è che, nonostante la rinunzia, la utilità del muro per l'edificio di spetanza del rinunziante non viene meno.
Con la dismissione del suo diritto di comproprietà, il rinun
ziante non può, per ragioni obiettive, rinunziare a servirsi del
muro, in quanto esso è necessario per l'esistenza e per il godi mento del suo edificio. Anche nell'ipotesi di rinunzia al diritto di comproprietà, egli continua a godere del muro ed il perdura re della comunione di godimento importa necessariamente il per sistere delle obbligazioni, che alla comunione sono connesse.
La giustificazione della norma, dunque, si rinviene nella co
munione di godimento del muro, ragion per cui può concluder
si che le obbligazioni di contribuire alle spese non mutano tanto
se sul muro esiste la comunione del diritto di proprietà, quanto se esiste la mera comunione di godimento.
2.4. - Risolta la questione alla imputazione delle spese, si po
li, Foro Italiano — 1996.
ne il problema ulteriore della loro ripartizione. Il quesito è se
i condomini siano tenuti, alla stregua del principio generale enun
ciato dall'art. 1123, 1° comma, c.c., in proporzione alle quote di comproprietà (che, nella specie, non afferiscono alla cosa, essendo questa di proprietà esclusiva); ovvero sulla base di altri
criteri di ripartizione, previsti per esempio per il lastrico solare
(art. 1126 c.c.) e per le scale (art. 1124 c.c.). Nella specie, trova applicazione il criterio consueto della sud
divisione delle spese in proporzione alle quote di cui all'art. 1103, 1° comma, c.c., previsto dall'art. 1123, 1° comma, c.c.
Non si applica il criterio fissato dall'art. 1126 c.c. che, per i lastrici solari di uso esclusivo, pone un terzo delle spese a
carico dei condomini titolari dell'uso esclusivo ed i due terzi
a carico di tutti gli altri condomini dell'edificio, o della parte di esso, cui il lastrico solare serve. Per la verità, la ratio di
questa norma consiste nella differente utilità offerta ai condo
mini, i quali godono dell'uso esclusivo, ed a quelli, che benefi
ciano della semplice copertura: differente utilità, che per il mu
ro maestro non si riscontra.
Non si applica neppure il criterio stabilito per le scale dal
l'art. 1124, 1° comma, c.c., che ripartisce metà delle spese in
ragione del valore di singoli piani o porzioni di piano e l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal
suolo. Questa disposizione contiene una norma a sé che, sulla
base della altezza dei piani dal suolo, esplicitamente riconosce
alle scale una diversa utilità. Orbene, in difetto di espressa pre visione normativa, la utilità della comunione di godimento del muro deve commisurarsi secondo la consueta proporzione fissa
ta per la comproprietà, ai sensi del combinato disposto degli art. 1117, 1118, 1° comma, e 1123, 1° comma, c.c.
Allo stesso modo della comunione di prioprietà, la misura
della comunione di godimento del muro si ragguaglia al servi
zio, che la cosa rende ai piani o alle porzioni di piano in pro prietà esclusiva. Poiché praticamente non è possibile misurare
detta utilità, anche per la comunione di godimento del muro
appare necessario ricorrere al criterio empirico, ma di facile at
tuazione, prescelto dalla legge per commisurare la comproprietà di esso e rappresentato dalla proporzione al valore del piano o delle porzioni di piano.
Del resto, decidendo su un caso consimile, la giurisprudenza afferma che, in tema di condominio, non è applicabile il crite
rio posto dall'art. 1101, 1° comma, c.c. in materia di comunio
ne, avuto riguardo alla funzione strumentale delle parti comuni
dell'edificio rispetto alle parti in proprietà esclusiva: donde il principio che le spese di rifacimento di una cosa comune si ri
partiscono, ai sensi degli art. 1117 e 1123 c.c., in proporzione al valore del piano o della porzione di piano appartenente a
ciscuno in proprietà esclusiva (Cass. 29 aprile 1993, n. 5064,
id., Rep. 1993, voce cit., n. 158). 2.5. - Posto che il muro dell'edificio soggetto al regime del
condominio, appartenente in proprietà esclusiva ad un solo con
domino, è indispensabile per l'esistenza dell'edificio medesimo,
e, quindi, su di esso concorre la comunione di godimento degli altri condomini, in ragione delle quote di ciascuno, segue che
tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per la con
servazione in proporzione alle quote, secondo il principio gene rale enunciato dall'art. 1123, 1° comma, c.c.
3. - Con le precisazioni esposte riguardanti la motivazione
(art. 384, 2° comma, c.c.), il dispositivo della sentenza impu
gnata appare conforme al diritto. La Corte suprema, corretta
la motivazione, deve pertanto respingere il ricorso.
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