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Sezione II civile; sentenza 16 maggio 1962, n. 1070; Pres. Fibbi P., Est. Cortesani, P. M. Trotta...

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Sezione II civile; sentenza 16 maggio 1962, n. 1070; Pres. Fibbi P., Est. Cortesani, P. M. Trotta (concl. conf.); Soc. Talea (Avv. Arnaboldi) c. Castelli (Avv. Picchinenna) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 6 (1962), pp. 1093/1094-1097/1098 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150743 . Accessed: 28/06/2014 08:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 08:18:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione II civile; sentenza 16 maggio 1962, n. 1070; Pres. Fibbi P., Est. Cortesani, P. M. Trotta (concl. conf.); Soc. Talea (Avv. Arnaboldi) c. Castelli (Avv. Picchinenna)

Sezione II civile; sentenza 16 maggio 1962, n. 1070; Pres. Fibbi P., Est. Cortesani, P. M. Trotta(concl. conf.); Soc. Talea (Avv. Arnaboldi) c. Castelli (Avv. Picchinenna)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 6 (1962), pp. 1093/1094-1097/1098Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150743 .

Accessed: 28/06/2014 08:18

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1093 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1094

Il giudice d'appello, che rijorma la pronuncia di estinzione

del proeesso, emanata dal collegio di primo grado a se

guito della integrale rimessione della causa prevista dal

I'art. 189 cod. proc. civ., non pud rimettere le parti avanti

il primo giudice, ma deve trattenere la causa, e decidere

anche nel merito. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Passando, quindi, all'esame

dell'ultimo motivo del ricorso (il secondo), con esso si

denuncia la violazione dell'art. 354, 2° comma, cod. proc.

civ., per avere la Corte di appello erroneamente rinviato

la causa, per ogni decision© di merito, al primo Giudice,

laddove la giurisdizione di primo grado si era esaurita,

per essere stata la sentenza, che diehiarava l'estinzione

del proeesso, emessa a seguito di rimessione della causa

al Collegio, e non in sede di reclamo avverso l'ordinanza

di estinzione emessa dal Givulice istruttore.

La censura õ pienamente fondata.

£ da premettere che le ipotesi, nelle quali il giudice di

appello, accogliendo il gravame, puõ rimettere, a norma

dell'art. 354 cod. proc. civ., la causa nuovamente al giu dice di primo grado (oltre le ipotesi relative a ragioni di

giurisdizione e di competenza, previste nell'art. 353), hanno

carattere tassativo, costituendo altrettante eccezioni alia

regola generate, secondo cui al giudice di secondo grado

spetta normalmente il piu ampio potere di riesame del

merito. E il comune denominatore di tutte queste ipotesi e

costituito dal fatto che in effetti e stato sostanzialmente

inesistente il giudizio di primo grado. Per conseguenza, la

disposizione dell'art. 354 cod. proc. civ. ha carattere ecce

zionale e non puõ essere applicata oltre i casi fissati in

detto articolo (Cass. 10 novembre 1954, n. 4209, Foro it.,

Rep. 1954, voce Appello civ., n. 384).

Orbene, in base all'art. 354, 2° comma (dopo le modifi

cazioni apportate dal decreto presidenziale 17 ottobre 1950

n. 857), il giudice di appello e tenuto a rimettere la causa

al primo giudiee « anche nel caso di riforma della sentenza

che ha pronunciato sull'estinzione del proeesso a norma e

nelle forme dell'art. 308 ». L'ipotesi prevista dall'art. 308

e quella in cui il collegio pronuncia sentenza in camera

di consiglio, sul reclamo proposto avverso l'ordinanza del

giudice istruttore che ha dichiarato l'estinzione del pro

eesso, per respingere il reclamo stesso (se invece avesse

dovuto accoglierlo, avrebbe pronunciato ordinanza non im

pugnabile). Soltanto in questa ipotesi, pertanto, in cui cioõ il giu

dice di primo grado, pronunciando su reclamo avverso

l'ordinanza dell'istruttore, abbia respinto il reclamo, con

fermando l'ordinanza, e che il giudice di appello riformi

tale sentenza, revocando in sostanza l'ordinanza di estin

zione, la causa puõ essere rimessa dal giudice di appello al giudice di primo grado per la decisione del merito.

Ove, invece, l'estinzione sia dichiarata dal collegio,

sempre con sentenza, ma a norma dell'art. 307, ult. comma,

cod. proc. civ., quando, cioe, essendo stata la causa rimessa

al collegio regolarmente per la decisione a termini dell'art.

189 cod. proc. civ., dinanzi alio stesso collegio venga ecce

pita l'estinzione prima di ogni altra difesa, in tale ipotesi, che e poi proprio quella di specie, il giudice di appello, ove riformi la sentenza revocando la pronuncia di estin

zione, deve trattenere la causa e decidere anche nel merito.

Invero, come s'e detto, l'art. 354, 2° comma, prescrive

specificamente la rimessione solo nell'ipotesi della sentenza

(1) In senso conforme, cons., in giurisprudenza, App. Pa

lermo 26 aprile 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Appello civ.,

n. 275 ; App. Napoli 3 febbraio 1960, Hid., n. 289 ; Cass. 16

ottobre 1954, n. 3792, id., Rep. 1954, voce eit., nn. 396, 397 ;

Cass. 2 luglio 1953, n. 2048, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 401

403 ; in dottrina, Andrioi.i, Commento, II3, pag. 481.

A proposito del carattere tassativo delle ipotesi di rimes

sione al primo giudice elencate nell'art. 354 cod. proc. civ.,

cons. Cass. 17 ottobre n. 2181 e 20 dicembre n. 2830 del 1961,

id., Rep. 1961, voce cit., nn. 177, 171 ; in motivazione, Cass.

8 giugno 1961, n. 1322, id., 1961, I, 1478, con nota di richiami;

cui adde Cass. 10 novembre 1954, n. 4209, id., Rep. 1954, voce

cit., n. 384, eitata nella motivazione della presente sentenza.

ehe ha pronunciato 1'estinzione «a norma e neile forme

dell'art. 308 » e pertanto la disposizione non puõ essere

estesa anche all'ipotesi, ehe o diversa, in eui cioe 1'estin

zione sia stata pronunciata a norma dell'art. 307, uit.

comma.

Che le due ipotesi suddette, quella di oui all'art. 308, 2° comma, e l'altra di oui all'art. 307, ult. comma, siano

sostanzialmente diverse, non v'e dubbio ove si pensi che

nella prima il giudizio di primo grado non ha avuto il

suo normale sviluppo e svolgimento, il collegio viene inve

stito in camera di consiglio su reclamo avverso l'ordinanza

del giudice istruttore ehe ha dichiarato l'estirizione e i

suoi poteri sono limitati a respingere o ad accogliere il

reclamo, con esclusione di qualsiasi altra pronuncia, mentre

nel secondo caso il collegio e investito, dall'ordinanza di

rimessione di cui all'art. 189 cod. proc. civ., della cogni zione dell'intera causa anche nel merito con i piu ampi

poteri decisori, avendo le parti interamente formulato le

conclusioni di merito anche nei casi di eui all'art. 187, 2° e 3° comma.

Nella prima ipotesi, pertanto, il provvedimento di con

ferma dell'ordinanza di estinzione, pur se chiamato dalla

legge «sentenza », e in realta una sentenza anomala, in

quanto viene pronunciata senza che il giudizio di primo

grado abbia avuto il suo normale svolgimento e costituisce

espressione di un potere particolarmente limitato del giu

dice, anehe se essa ha in comune con la sentenza tipica un

effetto, e precisamente quello di chiudere la controversia

dinanzi a quel giudice. Yiceversa la sentenza, pronunciata a norma dell'art.

307, ult. comma, 6 una sentenza vera e propria, emessa a

conclusione di un giudizio svoltosi ed esauritosi regolar

mente, e costituisce espressione tipica del potere deci

sorio del giudice. II che spiega e giustifica perche la rimessione al primo

giudice sia prevista dall'art. 354 per la sola ipotesi della

sentenza emessa a norma dell'art. 308, 2° comma, e non

pure per l'altra ipotesi di cui all'art. 307.

Pertanto, in accoglimento del secondo mezzo del ricorso,

la sentenza impugnata va cassata limitatamente a tale

punto e la causa va rinviata ad altro giudice di secondo

grado che provvedera a giudicare in ordine al merito della

controversia in esame.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTG SÜPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 16 maggio 1962, n. 1070 ;

Pres. Fibbi P., Est. Cortesani, P. M. Tkotta (concl.

conf.) ; Soo. Talea (aw. Aknaboldi) c. Castelli (avv.

plcchinenna).

(Conferma App. Milano 3 luglio 1959)

Arbitrate — Arbitrate) irrituale — Hilascio di bian

cosegno — Prova scritta del mandalo (Cod. civ.,

art. 1350, n. 12, 1967). Arbitral»» — Arbitral» irrituale — Principio del

eontraddittorio — Applicabilit ä — Limiti (Cod.

proc. civ., art. 816).

II rilascio di biancosegno integra gli estremi della prova scritta del mandato, conferito ad arbitri irrituali, di

risolvere tramattivamente la controversia. (1)

(1) Nella presente decisione la Suprema eorte risolve per la

prima volta, sotto il governo dei vigenti codici, la questione della ammissibilitä dell'arbitrato per biancosegno, che diede luogo sia in dottrina, sia in giurisprudenza, in epoca meno recente, a

perplessitä e incertezze, e la cui soluzione positiva 6 ormai con

cordemente seguita. Cfr., in tal senso, Cass. 16 dicembre 1941,

n. 2940, Foro it., Bep. 1941, voce Arbitrate irrituale, nn. 9, 10 ;

28 marzo 1935, n. 1155, id., 1935, I, 1759, la quale affermõ la

validity dell'arbitrato irrituale per biancosegno, anche quando

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1095 PARTE PRIMA 1096

Nell'arbitrate irrituale con finalitä transattive il rispetto del principio del contraddittorio e sufficientemente assi curato dallo scambio di comwnicazioni, in qualsiasi modo

e tempo intercorso tra le parti. (2)

La Corte, ecc. —- (Omissis). Del pari infondata e l'ul

teriore doglianza, secondo oui mancherebbe in ogni caso

la prova soritta del mandato eonferito agli arbitri liberi

per la eomposizione transattiva della eontroversia. A1

riguardo va richiamata la radicale differenza che intereorre

tra l'atto, col quale le parti danno vita all'arbitrato ir

rituale, e il eompromesso pre vis to e disiplinato dagli art.

806 e segg. codiee di rito. Per quanto, anche nella prima ipotesi, sia correlate nella comune prassi 1'adozione del

termine generale eompromesso, e oramai paeifieo cbe

quello cosiddetto irrituale ba natura ed essenza di un con

tratto atipico di diritto privato, la oui efficacia si svolge esclusivamente nella sfera del diritto sostanziale. In par tioolare si 6 fatto ricorso alia figura del mandato per qua lificare il rapporto che, per effetto di tale negozio, viene a

costituirsi tra le parti e gli arbitri liberi, diseutendosi,

psraltro, se trattasi di mandato con o senza rappresen tanza. Dalla riconosciuta natura negoziale ovviamente

consegtie cbe nella specie deve trovare applicazione la

disciplina relatiya alia forma e alia prova prescritta in

generale per i contratti.

Sotto questo riflesso il eompromesso irrituale, comune

mente inquadrato nello schema del mandato a transigere, se ha per oggetto rapporti giuridici menzionati nei nn. 1

all dell'art. 1350 cod. civ., esige la forma scritta ad sub

stantiam a norma del n. 12 del citato art. 1350 e non giä ai sensi dell'art. 807 cod. proc. civ., mentre in ogni altro

caso la scrittura e richiesta soltanto ad probationem secondo il disposto dell'art. 1967 cod. civile. Senonche, approfon dendo la indagine in materia, va rilevato che e possibile, sul terreno pratico, la configurazione di due diverse specie di eompromesso irrituale. Una prima forma si ha quando le parti, con apposita convenzione, demandano agli ar

bitri di emettere la loro determinazione con un separato atto, cosiddetto lodo irrituale, il cui contenuto, pur pre sentandosi dal punto di vista esteriore distinto dal eom

promesso, i privati contraenti si sono preventivamente

obbligati a eonsiderare come vincolante. Un secondo tipo e, invece, caratterizzato dalla consegna agli arbitri di un

la eontroversia verta su diritti reali; 11 marzo 1932, n. 886, id., Rep. 1932, voce eit., nn. 11, 12 ; 14 novembre 1931, n. 3569, id., 1932, I, 100, con ulteriori richiami.

In dottrina, vedl per tutti Vecchione, L'arbitrato, Torino, 1953, pag. 76 e segg., contenente una completa rassegna di dottrina e giurisprudenza anche in ordine alia soluzione contraria.

Va sottolineato che, mentre la Suprema corte, nella deci sione annotata, ritiene che, sul piano sostanziale, la preventiva sottoscrizione delle parti contendenti costituisce da un lato la

prova della effettiva volontä di demandare agli arbitri la defi nizione transattiva della eontroversia e daU'altro lato la ma nifestazione del consenso di accettare, come impegnativo, il fnturo responso, il Vecchione (op. cit., pag. 78 e seg.) e invece del parere che la sottoscrizione del biancosegno fornisce la prova non di una accettazione su'ccessiva delle risoluzioni contenute nel foglio, ma del fatto che le parti, col consegnare al terzo il

biancosegno, espressero la volontn, di definire la lite in via tran sattiva e diedero mandato al terzo di fissare, con effetti diretta mente vincolanti per esse, i termini concreti dalla transazione.

Si da notare che la Cassazione argomenta dalle norme in tema di transazione, cui riconduce (almeno nella specie esami

nata) l'arbitrato irrituale (v., nello stesso senso, Cass. 21 marzo

1962, n. 578, retro, 631, con ampia nota di richiami), mentre in altri casi (v., da ultimo, Cass. 10 novembre 1961, n. 2623, retro, 244, con nota di richiami) ha ritenuto configurabile l'ar bitrato irrituale di mero accertamento.

(2) Vedi negli stessi termini Cass. 27 aprile 1961, n. 941, Foro it., 1961, I, 726, con richiami di dottrina e giurisprudenza, anche in ordine all'applicabilitä del principio del contraddittorio

pure all'arbitrato irrituale, cui adde Cass. 23 novembre 1957, n. 4474, id., Rep. 1957, voce Arbitrato, nn. 56-58, secondo cui il principio del contraddittorio non va tuttavia applicato all'ar bitrato irrituale nel senso strettamente tecnica di presupposto processuale.

foglio sottosoritto in bianco, con l'autorizzazione a affet tuarne il riempimento, in guisa che la scrittura, una volta

completata, si presenta formalmente come un negozio stipulate dagli stessi interessati. £ questo il cosiddetto arbitrato per biancosegno, la cui validity e oramai con cordemente riconosciuta, pur dopo le incertezze e per plessita espresse dalla piu. antica dottrina e dalla meno recente giurisprudenza. Ai fini che ne occupa ha piuttosto importanza considerare che l'affidamento al terzo del

biancosegno si risolve in concreto in un mandato a transi

gere, e cioe in un arbitrato improprio, con la peculiarity che in tal caso, mentre esteriormente si determina una unificazione tra compromesso e lodo irrituale, sul piano sostanziale la preventiva sottoscrizione delle parti conten denti costituisce da un lato la prova della effettiva volonta di demandare agli arbitri la definizione transattiva della controversia e dall'altro la manifestazione del consenso di

accettare, come impegnativo, il futuro responso, e quindi

l'anticipata predeterminazione di uno degli elementi della

complessa fattispecie in itinere. £ evidente, quindi, l'inconsistenza del preteso difetto

della prova scritta, giacche il biancosegno, attesa la sua natura composita, consacra, innanzi tutto, un vero e pro prio compromesso irrituale e ne integra la forma scritta ad probationem ai sensi dell'art. 1967 cod. civile.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa

applicazione dell'art. 101 cod, proc. civ., noncho la omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, dello stesso codice,

per avere la Corte di merito ritenuto, senza neppure fornire

adeguata giustificazione, che il principio del contraddit torio non trova applicazione in tema di arbitrato libero.

La questione, gia altre volte portata all'esame di que sta Suprema corte, investe uno dei punti piu vivamente dibattuti della disciplina giuridica dell'arbitrato libero. Basta infatti ricordare che il carattere inderogabile del

principio del contraddittorio, affermato in relazione alio arbitrato rituale di equita (sent. 25 maggio 1960, n. 1353, Foro it., 1961, I, 99), ft stato ribadito anche a proposito dell'arbitrato irrituale nelle sentenze 30 giugno 1955, n. 2022 (id., Rep. 1955, voce Arbitrato, n. 106) e 30 marzo

1960, n. 695 (id., Rep. 1960, voce eit., n. 87), mentre nella

pronuncia 27 novembre 1957, n. 4474 (id., Rep. 1957, voce cit., nn. 56-58) e, piu recisamente, in quella recentis sima 27 aprile 1961, n. 941 (id., 1961, I, 726) si e, invece, ritenuto sufficiente che l'attivitä assertiva e deduttiva delle parti si sia in concreto potuta esplicare, in qualsiasi modo e tempo. L'ultimo orientamento giurisprudenziale puõ senz'altro condividersi, in quanto si presenta come il risultato conclusivo di un approfondito processo di siste mazione dommatica deH'istituto. Invero i rilievi piu sopra esposti nell'esame del primo mezzo di ricorso rendono palese che nessuna identitä o simiglianza di funzione esiste tra il

giudice e l'arbitro rituale, da un lato, tenuti, entrambi, ad emettere una decisione, e quindi ad esprimere un giudizio sul fondamento delle domande ed eccezioni rispettivamente avanzate dalle parti, e l'arbitro libero, dall'altro, la cui attivitä si concretizza nel formulare, sul terreno del diritto

sostanziale, i termini di quella composizione transattiva

dagli interessati, sia pure genericamente, gia võluta e con clusa. All'arbitrato libero non sono, dunque, applicabili, neppure in via analogica, le norme stabilite dal codice di

procedura civile relativamente all'arbitrato rituale, donde la esclusione delle particolari modalitä, attraverso le quali viene reso concretamente operante il principio del contrad dittorio cosiddetto formale, come disciplinato dagli art. 101 o 816, 3° comma, cod. proc. civ., rispettivamente, per il giudizio ordinario e per quello arbitrale. Su un piano del tutto diverso e piu aderente alia natura dell'istituto in esame va, invece, considerata la esigenza, in subiecta

materia, del contraddittorio, il quale, com'e ovvio, costi tuisce il presupposto necessario e insopprimibile per la stessa esistenza e validity di una qualsiasi manifestazione di giudizio, anche al di fuori di un procedimento conten zioso. L'arbitrato irrituale, infatti, deve conoscere i ter mini della controversia e a tal fine le parti hanno sempre

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1097 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1098

facolta di presentare documenti e memorie, contenenti

l'esposizione delle rispettive pretese e ragioni. Ma, come

giä ritenuto da questa Suprema corte con la eitata sen tenza n. 941 del 1961, tale onere di informativa non si articola necessariamente in forme rigorose e in fasi pro gressive, ne presuppone la prefissione di termini o la pos sibilitä di repliche. In difetto di tassativi criteri formali desumibili da una specifica normativa, la concreta attua zione del contraddittorio va valutata, sul piano sostanziale, alla stregua della idoneitä e congruenza delle attivitä ma teriali esplicate dai soggetti del rapporto, in qualsiasi modo e tempo.

Nella specie si e giä. precisato che le parti, in un primo momento, avevano compromesso in arbitri rituali la deci

sione della controversia, per la quale era stato iniziato

giudizio davanti ai Tribunale di Šondrio ; che il Collegio arbitrale si era costituito, rendendosi pienamente edotto

della situazione di fatto e delle rispettive pretese e ragioni, anche mediante scambio di comparse difensive ; che, infine, l'affidamento del biancosegno venne effettuato agli stessi

arbitri, con lo specifico incarico di provvedere alia defi

nizione transattiva di quella medesima vertenza ad essi

giä ben nota. L'onere di informazione e di conoscenza si

ravvisa, quindi, compiutamente soddisfatto ed in effetti

le Soeietä ricorrenti non muovono alcun rilievo al riguardo, ma circoscrivono la censura alia sola violazione del contrad

dittorio formale. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

GORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 9 maggio 1962, n. 931 ; Pres.

Verzi P., Est. Stranieko, P. M. Colli (ooncl. parz.

diff.); Talamini (An. Comandini, Barile, Sorgato) o. Societä editoriale San Marco (Aw. Carneltjtti, Pa

vanini, Zironda) e Soe. di fatto G. A. Talamini eredi

in liquidazione ed altri.

(öassa App. Venezia 27 marzo 1958)

Proeedimento in materia civile — Riveiulicazione —

Aeoertamento ineidentale della proprietä eselusiva

del bene controverso — Litiseonsorzio neeessario

dei comproprietari (Cod. proo. civ., art. 102). Immobili — Immobili per destinazionc — Conleri

mento iii societä di latto — Effetti — Smobiliz

zazione (Cod. civ. del 1865, art. 413, 414).

Si ha litiseonsorzio neeessario in easo di azione di rilascio

di un bene, qualora la domanda eomporti 1'accertamento

ineidentale della proprietä eselusiva dell'immobile riven

dieato, ciob di uno status ehe si presenta unico nei con

fronti di tutti i comproprietari. (1)

(1) In tema dirivendicazione la giurisprudenza del Supremo collegio ha sempre escluso l'esigenza del litiseonsorzio neeessario sul riflesso ehe 1'accoglimento della domanda, proposta soltanto contro alcuni dei possessori, puõ spiegare immediati effetti pra tici quali quello di escludere dal compossesso i convenuti in

giudizio ; eosl, Oass. 29 ottobre 1959, n. 3167, Foro it., Bep. 1959, voce Procedimento civ., n. 85 ; 1 agosto 1958, n. 2847 e 5 luglio 1958, n. 2407, id., Bep. 1958, voce eit., nn. 87, 89 ; 5 no vembre 1955, n. 3596, id., Bep. 1955, voce eit., n. 116 ; App. L'Aquila 26 agosto 1950, id., Bep. 1950, voce Rivendicazione, n. 19.

L'apparente deViazione della massima dall'orientamento dominante õ espressamente giustificata dalla sentenza con ri

guardo alla particolarita della situazione giuridica dedotta in

giudizio : la fattispecie, infatti, concerne un bene, giä apparte nente ad una comunione ereditaria, acquistato all'asta pub blica dall'attore ehe, nel corso del giudizio di rivendica, di fronte

alle contestaziDni del convenuto, aveva chiesto ehe fosse accer

tato, in via ineidentale, il suo diritto di propriety eselusiva sul

1'immobile; accertamento ehe, osserva la sentenza, non poteva non aver luogo nei confronti di tutti i comproprietari, di fronte

Secondo Vabrogato codice civile, il conferimento in societä

di fatto di macchinari instdllati in wno stabile per I'eser

cizio di una tipografia, anche se non seguito dal distacco

dalV immobile, importava la cessazione dello stato di im

mobilizzazione. (2)

La Corte, ecc. — (Omissis). Posto che nella specie il

diritto di propriety esclusiva su 11'immobile venne dedotto a titolo giustificativo della domanda di conseguimento del

godimento dell'appartamento detenuto dall'Ennio e iu

dal convenuto contestato, provocando, di conseguenza, nn accertamento incidentale da parte del giudice quale

premessa necessaria del dispositivo, il problema della

necessity assoluta della chiamata in causa di tutti i Tala

miiii quali comproprietari dello stabile (e, quindi, anche

dell'appartamento occupato dall'Ennio) va inquadrato nella nozione che del litisconsorzio necessario ha ripetuta

ai quali la pronuncia opera va, quanto meno sotto il pro filo soggettivo, con effetto costitutivo. La decisione e quindi applicazione del principio generale, costantemente seguito dalla

giurisprudenza, secondo cui il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, ogni qual volta il rapporto giuridico controverso non possa concepirsi se non come unico nei confronti di tatti gli interessat i; v. Sez. un. 27 giugno 1961, n. 1554, id., Rep. 1961, voce Procedimento

civ., n. 118 ; 22 ottobre 1959, n. 3026, id., Rep. 1959, voce cit., n. 77 ; 28 luglio 1959, n. 2416, ibid., nn. 79, 80 (eitata nei

testo) ; 5 luglio 1956, n. 2449, id., Rep. 1956, voce cit., n. 114 ; 8 giugno 1954, n. 1904 e 6 ottobre 1954, n. 3317, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 99, 102 ; 27 aprile 1953, n. 1148, id., Rep. 1953, voce cit., n. 59 ; cui adde, per qualche riferimento in tema di di chiarazione di nullita, App. Milano 13 luglio 1951, id., 1952, I, 948, con nota di Elia.

Come ulteriore applicazione di questo principio in materia

di comunione ereditaria, si ritiene che anche i coeredi, che hanno

ceduto la loro quota, poiche conservano lo status di erede, devono necessariamente partecipare ai giudizio di divisjone ; cosi Cass.

11 luglio 1961, n. 1655 e 22 febbraio 1961, n. 407, id., Rep. 1961, voce Divisione, nn. 30, 32 ; 23 gennaio 1959, n. 158, id.,

1959, I, 578. In dottrina, per un esame delle piii autorevoli impostazioni

teoriche del concetto di litisconsorzio, cons., AM>KIo 1,1, Commento,

Is, pag. 284 e seg. ; cui adde, anche per una rassegna critica della

casistica giurisprudenziale,SATTA, Commentario at codice di pro cedura civile, Milano, 1959, pag. 362 e seg. ; Andrioli, Lezioni

dir. processuale civile, I2, Napoli, 1961, n. 61.

(2) Per la distinzione, elaborata dalla giurisprudenza sotto il governo dell'abrogato codice civile, tra immobili per incorpora zione ed immobili per destinazione e sull'esigenza che la destina

zione della cosa mobile a servizio dell'immobile fosse attuata dal

proprietario, v. Cass. 19 febbraio 1941, n. 510, Foro it., Rep. 1941, voce Immobili, n. 1 (richiamata nei testo) ; con riguardo ad una fattispecie analoga b stato infatti ritenuto che il macchi

nario, installato in uno stabile da persona diversa dal proprie tario dell'edificio, non potesse essere considerato immobile per destinazione : Cass. 25 marzo 1946, n. 306, id., 1946, I, 658.

La massima e applicazione del principio che, per gli immobili

per destinazione, un qualsiasi atto di disposizione, anche non

scritto, che fosse indice sicuro della volont a del proprietario di far cessare la precedente destinazione, restituisse alia cosa immobilizzata natura mobiliare : v. Cass. 13 aprile 1938, id.,

Rep. 1938, voce cit., jm. 13, 14 ; e 31 maggio 1930, id., 1930, I, 815 con nota di richiami (entrambe eitate nei testo).

In dottrina, sugli immobili per destinazione, secondo il cod.

civ. abr., cons. Ptjgliatti, Presupposti ed effetti delV immobiliz

zazione per destinazione, in Foro della Lombardia, 1934, 559 e

seg. ; Coviello, Manuale di diritto civile italiano, 1929, 4s ediz.,

pag. 261 e seg.; Ferraka, Trattato di diritto civile italiano,

1921, I, pag. 779 e seg. 11 vigente codice civile, come 6 noto, non

conosce questa distinzione che 6 sostituita dalla categoria gene rale delle pertinenze (art. 817-819) ; sui diversi presupposti e

sul regime giuridico del rapporto pertinenziale, cons., De Mar

tino, in Commentario al codice civile, a cura di A. Scjai.oja e

G. Branca, 1946, sub art. 817, pag. 33 e seg.; Biondi, / bent,

Torino, 1954, pag. 109 e seg. La sentenza cassata, App. Venezia 27 marzo 1958 (che ri

formava Trib. Venezia 14 agosto 1952, Foro it., 1953, I, 600, con nota di Sotpiej) e riassunta nei nostro Rep. 1958, voce

Procedimento civ., n. 406, e voce Societä, nn. 151, 488.

M. Gro.

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