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sezione II civile; sentenza 18 aprile 1992, n. 4759; Pres. Pafundi, Est. Sammartino, P.M. Visalli(concl. conf.); Fornari (Avv. Iannetti) c. De Napoli (Avv. Pileri) ed altri. Conferma App. Roma21 aprile 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 4 (APRILE 1993), pp. 1185/1186-1189/1190Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187160 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Dopo un primo infruttuoso ten
tativo giudiziale, con citazione in riassunzione del 26 aprile 1978 Di Geronimo Antonio conveniva davanti al Pretore di Torino
Falconi Giuseppe per sentirlo condannare alla restituzione del
deposito di lire 70.000 relativo ad una locazione cessata il 5 novembre 1973. Il convenuto si costituiva, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva ed il pretore, ritenuta la co
munanza della causa a Falconi Concetta, ordinava l'intervento
ex art. 106 c.p.c. di costei che, costituendosi, eccepiva prelimi narmente la prescrizione del diritto dedotto dall'attore.
Con sentenza 13 novembre 1982 l'adito pretore dichiarava
il difetto di legittimazione di Falconi Giuseppe, accoglieva la domanda nei confronti di Falconi Concetta che condannava al
pagamento, in favore dell'attore, della somma di lire 323.176, con gli interessi legali dal 5 novembre 1973 al saldo nonché, in solido con Falconi Giuseppe, alla rifusione delle spese giu diziali.
Proponevano appello, con atti separati, Falconi Concetta in sistendo pregiudizialmente nell'eccezione di prescrizione e Fal
coni Giuseppe in punto spese ed il Tribunale di Torino, con
sentenza 9 ottobre 1986, accoglieva i gravami riuniti e, per l'ef
fetto, rigettava la domanda del Di Geronimo per intervenuta
prescrizione e lo condannava al pagamento delle spese dei due
gradi di giudizio a favore dei Falconi. Riteneva, il giudice d'ap pello che con riguardo alla restituzione del deposito cauzionale
fosse applicabile la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948
c.c., nella specie abbondantemente maturata in quanto la prima richiesta del locatore risaliva al 12 dicembre 1980.
Ha proposito ricorso per cassazione il Di Geronimo sulla ba
se di un solo motivo; nessun'altra parte ha svolto attività difen siva davanti a questa corte.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di censura il
ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione de
gli art. 2946 e 2948, n. 3, c.c. in relazione all'art. 360, n. 3,
c.p.c., porta per la prima volta all'esame di questa corte il pro blema del termine di prescrizione del diritto del conduttore di
chiedere la restituzione del deposito cauzionale, lamentando che
il tribunale torinese abbia ritenuto applicabile la prescrizione breve quinquennale sulla base di un'erronea assimilazione del
deposito al canone.
La censura è fondata. Com'è noto il deposito cauzionale ha
la funzione di garantire il locatore dell'adempimento di tutti
gli obblighi che incombono al conduttore e, quindi, non soltan
to per gli eventuali danni recati alla cosa locata, ma anche per
l'integrale pagamento della pigione ed è legalmente commisura
to all'ammontare del canone. Ma al di là di questa relazione, il deposito non può essere assimilato al canone, costituendo in
vece un pegno irregolare e, cioè, una somma di denaro che pas sa in proprietà del locatore e sulla quale il conduttore vanta
un diritto di credito solo al momento in cui, essendo venuta
meno la funzione di garanzia, può chiederne la restituzione.
Ne consegue, altresì, che non può neppure considerarsi un «cor
rispettivo» di locazioni, secondo l'ampia e generica espressione con la quale l'art. 2948, n. 3, c.c. indica quei diritti di credito che insieme alle pigioni delle case ed ai fitti dei beni rustici, si prescrivono in cinque anni. Non è superfluo aggiungere che
questo termine breve riguarda esclusivamente l'azione del loca
tore diretta ad ottenere il pagamento del canone locativo men
tre, per quel che concerne la domanda del conduttore di restitu
Per quanto riguarda la competenza sulle controversie relative alla re stituzione (o, per converso, alla attribuzione al locatore) del deposito cauzionale, nel senso della applicabilità delle regole ordinarie di compe tenza per valore, v., in generale, Cass. 14 aprile 1983, n. 2622, Foro
it., Rep. 1983, voce cit., n. 968 (e Arch, locazioni, 1983 , 243); Trib.
Napoli 29 dicembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 487; Pret. Molfetta 3 aprile 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 638. Con riferimen
to, invece, alla domanda proposta dal conduttore per la ripetizione di somme di denaro che sostenga di avere versato, a titolo di deposito cauzionale, in eccedenza rispetto all'ammontare massimo stabilito dal l'art. 11 1. 392/78, mentre Cass. 21 maggio 1981, n. 3335, id., Rep. 1982, voce cit., n. 817, ha ritenuto applicabili le ordinarie regole di
competenza, Cass. 29 aprile 1981, n. 2613, id., 1982, I, 2004, si è espressa
per l'applicabilità della competenza funzionale del pretore (e, conse
guentemente, del rito) ex art. 43 ss. 1. 392/78, nel caso di domanda
proposta insieme a quella di determinazione del canone di locazione.
Il Foro Italiano — 1993.
zione delle somme versate in più rispetto a quelle legalmente dovute, la giurisprudenza è sempre stata orientata ad applicare la prescrizione ordinaria decennale.
Ciò premesso, il ricorso va accolto, con conseguente cassa zione dell'impugnata sentenza e rinvio della causa ad altro giu dice, il quale procederà ad un nuovo esame alla stregua del
seguente principio di diritto:
«In materia di locazione, il diritto del conduttore di ottenere la restituzione del deposito cauzionale si prescrive nel termine ordinario decennale, atteso che la funzione di mera garanzia del suddetto deposito ne esclude l'assimilabilità al canone o,
comunque, ad un corrispettivo della locazione, mentre, d'altro
canto, la prescrizione breve quinquennale riguarda esclusivamente
l'azione del locatore volta al pagamento del canone».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 18 aprile 1992, n. 4759; Pres. Pafundi, Est. Sammartino, P.M. Visal
ii (conci, conf.); Fornari (Avv. Iannetti) c. De Napoli (Avv.
Pileri) ed altri. Conferma App. Roma 21 aprile 1988.
Responsabilità civile — Danni da cose in custodia — Infiltra
zioni di acqua da terrazzo condominiale — Fattispecie (Cod. civ., art. 2051, 2055).
Il condominio e l'utente, in via esclusiva, di un terrazzo di pro
prietà condominiale sono, in qualità di custodi, responsabili in solido dei danni sofferti dal proprietario dell'appartamen to sottostante per effetto delle infiltrazioni d'acqua rivenienti dal terrazzo medesimo (nella specie, le cause delle infiltrazio ni sono state individuate nelle caratteristiche strutturali del
manto di impermeabilizzazione del terrazzo e nella struttura
degli elementi costruttivi realizzati dall'utente dello stesso). (1)
(1) Con il dictum (non massimato dall'ufficio massimario) in men zione la corte di legittimità aggiunge un ulteriore tassello alla variegata casistica dei danni cagionati nei confronti dei singoli condomini per effetto del cattivo funzionamento di impianti condominiali ovvero del
l'inadeguata manutenzione delle parti comuni dell'edificio (nel caso di
specie si verte in tema di infiltrazioni d'acqua rivenienti dal terrazzo condominiale a scapito dell'appartamento sottostante).
Al riguardo, la giurisprudenza, sia di legittimità, sia di merito, si è mostrata sostanzialmente concorde nel riconoscere la responsabilità, ai sensi dell'art. 2051 c.c., del condominio, argomentando dalla terzietà di quest'ultimo nei confronti dei condomini, isolatamente considerati, e, soprattutto, dall'ascrivibilità al condominio medesimo della qualifica di custode di impianti e parti comuni dell'edificio (vedi Cass. 11 feb braio 1987, n. 1500, Foro it., Rep. 1987, voce Responsabilità civile, n. 124; 9 maggio 1988, n. 3405, id., Rep. 1988, voce Comunione e
condominio, n. 127; Trib. Milano 9 marzo 1989, id., Rep. 1989, voce Responsabilità civile, n. 147, in tema di infiltrazioni di acqua all'inter no di boxes la cui copertura sia costituita dal fondo del giardino condo
miniale; App. Roma 15 febbraio 1988, ibid., n. 148, in materia di alla
gamento di locali di proprietà esclusiva di singoli condomini per effetto di un riflusso di scarichi fognari addebitabile all'omesso apprestamento delle valvole antiriflusso).
L'applicabilità, al condominio, della disciplina relativa alla responsa bilità per danno da cose in custodia è stata ritenuta dalla giurispruden za maggioritaria anche in presenza di un nesso eziologico tra il pregiu dizio subito dai condomini e i vizi costruttivi originari del fabbricato de quo, attesa l'incombenza a carico della collettività condominiale, nella suesposta qualità custodiale, dell'obbligo di un agere positivo, di retto ad eliminare i preesistenti difetti del fabbricato e, quindi, ad evita re che lo stesso possa assurgere a strumento di lesione nei confronti dei terzi (cosi, Cass. 6 novembre 1986, n. 6507, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 123 e 9 maggio 1988, n. 3405, cit.). Al riconoscimento, in casi di tal fatta, della responsabilità del condo
minio ex art. 2051, non osta, ad avviso di M. Lipari (nota a Cass.
6507/86, cit., in Giust. civ., 1987, I, 892), l'anteriorità cronologica del vizio costruttivo rispetto all'assunzione, da parte del condominio mede
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1187 PARTE PRIMA 1188
Svolgimento del processo. — 1. - Elisabetta De Napoli, con
domina dell'edificio in via Prisciano n. 12 di Roma, chiese al
tribunale di questa città — in sede di precisazione delle conclu
sioni definitive — di ordinare a Clara Delle Chiaie, poi estro messa, e a Gianfranco Fornari — proprietario esclusivo dell'ap
partamento soprastante a quello dell'attrice e utente esclusivo
del relativo terrazzo a livello — nonché al condominio dell'edi
ficio stesso di eseguire i lavori — determinanti a mezzo di c.t.u. — necessari ad eliminare la causa delle infiltrazioni d'acqua ve
rificatesi nell'appartamento sottostante ed a ripristinare le con
dizioni in cui esso si trovava prima che fosse danneggiato da
quelle infiltrazioni.
2. - Il tribunale — dopo che nel processo era intervenuta la
s.r.l. Gustavo Passi, chiamata in rivalsa dal condominio, alla
quale questo aveva commesso precedentemente il rifacimento
del manto impermeabile del terrazzo — cosi decise:
a) accolse le domande dell'attrice esclusivamente nei confronti
del condominio (a cui carico ritenne sussistere l'obbligo di ma
nutenzione del manto di asfalto, la rottura del quale concretava
la causa delle infiltrazioni);
ti) accolse la domanda di rivalsa proposta dal condominio.
3. - Appellarono:
a) l'attrice per ottenere la condanna anche di Fornari, in so
lido col condominio;
ti) la soc. Passi — non costituitasi in primo grado — ma
agente in separato procedimento, poi riunito all'altro, per otte
nere declaratoria di inammissibilità della sua chiamata in causa;
c) il condominio — in via incidentale — per ottenere il riget to delle domande dell'attrice e, «in ogni caso», perché si dichia
rasse che responsabile di fronte all'attrice era la soc. Passi, ap
paltatrice dei lavori di rifacimento del manto impermeabile. 4. - La corte romana:
a) accolse le domande dell'attrice anche nei confronti di For
nari — in solido col condominio — sotto il profilo che entram
bi dovevano ritenersi custodi delle cose da cui il danno (infiltra zioni d'acqua piovana) era derivato: il condominio perché il
terrazzo era di proprietà comune, e Fornari perché, quale uten
te esclusivo del terrazzo a livello, aveva realizzato sul terrazzo
dei manufatti coperti (un c.d. «casottino vetrato»);
simo, della funzione custodiate, posto che il dettato dell'art. 2053, co stituente una species, in tema di crollo di edificio, della clausola genera le di cui all'art. 2051, considera il vizio di costruzione alla stregua di
presupposto a titolo giustificativo della responsabilità del proprietario di edificio. D'altronde, puntualizza Fa., diversamente opinando, si ad diverrebbe fatalmente ad una interpretatio abrogans dell'art. 2051, in
quanto la potenzialità dannosa della stragrande maggioranza dei beni è riconducibile al processo tecnologico di fabbricazione degli stessi.
Sulla scorta di queste premesse, la giurisprudenza, posta dinanzi al l'alternativa di sussumere la responsabilità del condominio per danni
ricollegabili a vizi costruttivi, nell'ambito dell'art. 2051 ovvero dell'art.
1669, ha preferito imboccare la prima via ermeneutica, opponendosi oltretutto all'avallabilità della seconda, la circostanza che il condominio costituisce avente causa a titolo particolare, e non successorio, del
costruttore-venditore, e non può, quindi, subentrare nella responsabili tà in capo a quest'ultimo cristallizzata dall'art. 1669.
La pronuncia in epigrafe, non discostandosi da tali coordinate erme neutiche in tema di responsabilità del condominio in ordine ai danni
cagionati da parti od impianti comuni, perviene, nel caso di specie —
danni subiti dal proprietario di appartamento in ragione di infiltrazioni di acqua provenienti da terrazzo condominiale — all'affermazione della
responsabilità solidale del condominio stesso e del proprietario dell'ap partamento sito all'ultimo piano dello stabile, avente la disponibilità esclusiva del terrazzo: a supporto di questa conclusione vengono poste l'attribuibilità ad entrambi i soggetti in menzione — l'uno, in qualità di proprietario, l'altro nella qualità di utente esclusivo — della qualifica di custode della res e la sostanziale ricollegabilità eziologica delle infil trazioni sia alla struttura del manto di impermeabilizzazione del terraz
zo, sia alle opere effettuate sullo stesso dall'utente suindicato. Per un caso affine, vedi Cass. 30 maggio 1988, n. 3696, Foro it.,
Rep. 1988, voce Comunione e condominio, n. 109 e Giust. civ., 1988, I, 2611, secondo cui, salvo assolvimento dell 'onus probandi di cui al l'art. 2051, il proprietario di un terrazzo di copertura va considerato
responsabile, in toto, dei danni cagionati da infiltrazioni di acqua a carico dei proprietari degli appartamenti sottostanti, non essendo ipo tizzabile l'estensione analogica dell'art. 1126, contemplante la riparti zione tra i condomini delle spese per riparazione o ricostruzione del lastrico solare, ad una materia, la responsabilità aquiliana, improntata a regole e principi affatto differenti.
Il Foro Italiano — 1993.
b) affermò che «i fattori causativi delle infiltrazioni» erano
da individuare «sia nelle condizioni in cui il terrazzo era rima
sto a lavori eseguiti sia in condizioni esistenti nella pavimenta zione» del «casottino vetrato»;
c) accolse l'appello della soc. Passi ritenendo che l'istanza
per l'autorizzazione a chiamarla in causa era stata proposta al
giudice istruttore dal condominio tardivamente, cioè alla secon
da udienza di (vera e propria) trattazione della causa anziché
alla prima. 5. - Ricorrono:
a) Fornari — in via principale — con i seguenti motivi:
I. - Violazione degli art. 100, 343 e 346 c.p.c. nonché difetto
di motivazione: la corte avrebbe dovuto accogliere — invece
di dichiararla inammissibile perché non proposta con appello incidentale — l'eccezione — formulata nel corso del giudizio di secondo grado — di novità (e quindi di inammissibilità) della domanda proposta dall'attrice in sede di precisazione delle con
clusioni di primo grado — punto 1. — rispetto alla domanda
proposta nella citazione introduttiva (avente ad oggetto, questa
soltanto, la demolizione di manufatti esistenti sul terrazzo). II. - Violazione degli art. 1126, 2034, 2051 e 2055 c.c., non
ché difetto di motivazione: la corte avrebbe dovuto rigettare le domande nei suoi confronti perché:
a) egli non poteva rispondere della «situazione di pericolo» in cui era il terrazzo all'epoca dei fatti, in quanto «l'aveva tro
vata al momento dell'acquisto, da parte sua, delle relative por zioni di piano, il che era avvenuto con decreto di trasferimento
di immobile subastato, emesso dal giudice dell'esecuzione im
mobiliare in data 18 ottobre 1978, ai danni dell'allora proprie taria sig. Cecconi»;
b) la corte non poteva attribuire anche al ricorrente la re
sponsabilità del danno poiché i lavori, la cui maldestra esecu
zione, secondo il c.t.u., concretava la vera causa di tale danno, erano stati compiuti dal condominio che si era avvalso all'epo ca della soc. Passi;
c) egli aveva dato la prova del fatto del terzo, consistente
nell'inerzia colpevole del condominio (a cui spettava la sorve
glianza e la manutenzione del lastrico). III. - Violazione dell'art. 2051 c.c.:
a) l'art. 2051 non era applicabile alla specie;
b) si sarebbe dovuto invece dimostrare che egli, quale condo
mino, aveva posto in essere una «condotta colposa» come «causa
efficiente, per intero o in parte, del pregiudizio». IV. - Violazione degli art. 91, 92 e 345/2 c.p.c., nonché difet
to di motivazione: erroneamente le spese relative al supplemen to di consulenza disposto in secondo grado furono poste a suo
carico esclusivo.
B) Il condominio — in via incidentale — per il seguente motivo:
Violazione dell'art. 2051 c.c. e difetto di motivazione:
la corte, dopo avere inquadrato la specie nell'ambito dell'art.
2051 c.c., si era fermata nell'attribuire al condominio la respon sabilità del danno quale custode, come se dalla custodia deri
vasse la sua responsabilità oggettiva, mentre, nascendo dal rap porto di custodia semplicemente una presunzione iuris tantum
di responsabilità, la corte avrebbe dovuto procedere all'esame
nel merito della deduzione, da parte di esso condominio, della
diretta responsabilità della società appaltatrice dei lavori di im
permeabilizzazione del terrazzo, con tale deduzione offrendosi
la prova del fortuito (comprendente il fatto del terzo); e, in
contrario, la corte non poteva statuire in termini di inammissi
bilità della chiamata in causa della appaltatrice la quale (dotata di propria autonomia sul piano della realizzazione tecnica del
l'opera commessale) era da considerarsi contraddittrice necessa
ria nel processo, la cui chiamata non era perciò soggetta ai limi
ti ai quali è soggetta la chiamata di un terzo ex art. 106 c.p.c. 7. - La società Passi e la De Napoli hanno depositato separati
controricorsi per resistere al ricorso principale. Motivi della decisione. — A) I. - Motivo infondato. (Omissis)
A) II. - a) La sua censura è inammissibile perché prospetta una questione affatto nuova in questa sede.
A) II. - b) c) B) Censure da esaminarsi congiuntamente per ché connesse.
È pacifico che Fornari, negando ogni responsabilità, indicò
nel condominio il responsabile (la censura sub II.e) lo confer
ma), mentre il condominio, negando anch'esso la propria re
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sponsabilità, propose domande di rivalsa nei confronti della so
cietà appaltatrice per il caso di sua condanna.
Ora la corte di merito, con motivazione sufficiente e non con
traddittoria, sul presupposto incontroverso della condominialità
del terrazzo nonché dell'esclusività di uso di questo da parte di Fornari, accertò che la fonte delle infiltrazioni era costituita sia dalla struttura propria del manto di impermeabilizzazione del terrazzo sia (senza possibilità alcuna di distinguere) dalla
struttura degli elementi costruttivi realizzati sul terrazzo medesi
mo da Fornari, e a tale situazione di fatto correttamente appli cò l'art. 2051 c.c., seguendo l'indirizzo giurisprudenziale per cui tale norma regola anche l'ipotesi in cui il danno cagionato dalle cose di cui si abbia la custodia è costituito da infiltrazioni
d'acqua da un immobile all'altro (Cass. 2279/59, Foro it., Rep.
1959, voce Responsabilità civile, n. 257, tra le prime).
Posto, dunque, che la corte ritenne, in punto di fatto, che
il condominio e Fornari erano entrambi custodi delle cose da
cui il danno proveniva, consegue, da un lato, che Fornari non
poteva esimersi da responsabilità, ex art. 2051 c.c. indicando
l'altro custode, il condominio, quale terzo autore del fatto dan
noso (secondo un indirizzo giurisprudenziale per cui l'espressio ne «caso fortuito» — la prova del quale libera il custode da
responsabilità — comprende il fatto del terzo: Cass. 3405/88,
id., Rep. 1988, voce Comunione e condominio, n. 127, e 6340/88,
ibid., voce Responsabilità civile, n. 140, tra le altre) in quanto il «fatto» dell'un custode non può non essere riferibile, sul pia no della responsabilità anche all'altro, cioè a dire non elimina
la responsabilità (la corresponsabilità) di questi (s'intende: a meno
che non riesca a spogliarsi della qualifica di custode); dall'altro
lato il condomino, che aveva indicato sull'appaltatrice il «ter
zo»; lo aveva però fatto, e invalidamente (come rilevato dalla
corte di merito) soltanto in secondo grado — mentre nel primo aveva formulato nei suoi confronti semplicemente una doman
da di rivalsa — in tal modo introducendo in appello una do
manda nuova, giustamente non esaminata nel merito dai giudici
d'appello, i quali si limitarono a dichiarare inammissibile quella chiamata perché tardiva (e contro tale statuizione non vi è un
preciso motivo di ricorso).
Ogni altra censura resta assorbita nel rigetto dei motivi esa
minati. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 aprile
1992, n. 4365; Pres. Consoli, Est. Cristarella Orestano, P.M. S urlano (conci, conf.); Rossi (Avv. Manzi, Caccia vil
lani) c. Bianchini ed altro (Avv. Cevolotto, Sardos Alber
tini) . Conferma App. Venezia 17 gennaio 1991.
Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità — Ri
mozione — Modalità e termini (L. 23 aprile 1981 n. 154, nor
me in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche
di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizio
nale e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art. 2).
Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità — Ri mozione — Modalità e termini — Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 23 aprile 1981
n. 154, art. 2).
Ai fini della rimozione della causa di ineleggibilità non può rite nersi sufficiente la semplice arbitraria cessazione di fatto del
le funzioni, essendo al contrario necessaria una rituale e tem
pestiva domanda di dimissioni, indirizzata e presentata all'au
torità competente a decidere, seguita dal decreto di accettazione
o daI perfezionamento del previsto meccanismo del silenzio
li. Foro Italiano — 1993.
accettazione entro il giorno fissato per la presentazione delle
candidature. (1) È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2, 2° e 5° comma, l. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui prevede che le cause di ineleggibilità posso no essere rimosse attraverso una rituale e tempestiva doman da di dimissioni, indirizzata e presentata all'autorità compe tente a decidere, seguita dal decreto di accettazione o dal per
fezionamento del previsto meccanismo del silenzio-accettazione
entro il giorno fissato per la presentazione delle candidature, e non, in certi casi, dalla sola effettiva cessazione delle fun
zioni, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
II
CORTE D'APPELLO DI SALERNO; sentenza 29 marzo 1991; Pres. Rossomandi, Est. Della Valle, P.M. Verderosa (conci,
diff.); Errico (Avv. Pugliese, Di Vietri, Iannuzzi) c. Rizzo
ed altri (Avv. Abbamonte, Rizzo).
Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità — Tito lare di farmacia convenzionata — Rimozione — Modalità e
termini (L. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2, 8). Elezioni — Elezioni comunali — Cause di ineleggibilità — Tito
lare di farmacia convenzionata — Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 51; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2, 8).
Il titolare di farmacia convenzionata è ineleggibile, ai sensi del
l'art. 2, 1° comma, n. 9, l. 23 aprile 1981 n. 154, alla carica
di consigliere comunale e la causa di ineleggibilità può essere
rimossa attraverso la richiesta di sostituzione del farmacista titolare la quale deve essere autorizzata entro cinque giorni dalla richiesta e non oltre il giorno fissato per la presentazio ne delle candidature. (3)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2, 1° comma, n. 9, l. 23 aprile 1981 n. 154,
nella parte in cui configura in capo al titolare di farmacia
convenzionata, e non al professionista convenzionato, una cau
sa di ineleggibilità alla carica di consigliere comunale, in rife rimento agli art. 3 e 51 Cost. (4)
(1-4) In ordine ai termini ed alle modalità per rimuovere le cause
di ineleggibilità, v. Corte cost. 5 luglio 1991, n. 309, Foro it., 1991, I, 2651, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 2, 2° e 5° comma, 1. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui prevede che le dimissioni di chi sia in rapporto di
servizio con la pubblica amministrazione abbiano effetto, se non prima accettate dall'amministrazione, dal quinto giorno successivo alla pre sentazione, sempreché accompagnate dalla cessazione dalle funzioni, an
ziché immediatamente, e Trib. Modena 24 ottobre 1990, ibid., secondo cui le dimissioni presentate dal pubblico dipendente, al fine di rimuove
re la causa di ineleggibilità di cui all'art. 2, 1° comma, nn. 7 e 12, hanno effetto, qualora la pubblica amministrazione non provveda, dal
quinto giorno successivo alla presentazione, per cui è ineleggibile il di
pendente che abbia rassegnato le dimissioni prima del giorno fissato
per la presentazione delle candidature, allorché, prima di tale termine, non siano ancora trascorsi i cinque giorni richiesti dalla legge per la concretizzazione del provvedimento tacito del silenzio-accoglimento da
parte della pubblica amministrazione, cui adde Cass. 19 dicembre 1991, n. 13675, id., Rep. 1991, voce Elezioni, n. 117; Trib. Chieti 3 gennaio 1991 e Trib. Latina 27 settembre 1990, ibid., nn. 140, 133.
Con specifico riguardo alle modalità temporali entro le quali il far
macista convenzionato deve chiedere la sostituzione, v. nello stesso sen
so della Corte d'appello di Salerno, Trib. Mantova 13 agosto 1990, ibid., n. 125 e, in senso contrario, App. Napoli 2 febbraio 1991, id.,
1991, I, 3218, con nota di richiami, la quale ha ritenuto che il farmaci
sta convenzionato deve richiedere la sostituzione, per la durata del man
dato, con altro farmacista iscritto all'ordine, entro il termine iniziale
che va fissato nel momento della proclamazione degli eletti ed il termi
ne finale dell'inizio dell'esercizio delle funzioni pubbliche elettive da
parte degli organismi rappresentativi eletti, coincidente con la prima seduta del consiglio comunale.
In tema di rimozione delle cause di ineleggibilità, v. pure Corte cost.
17 ottobre 1991, n. 388, ibid., 2957, con nota di richiami, che ha di
chiarato l'incostituzionalità dell'art. 2, 3° comma, 1. 23 aprile 1981 n.
154, nella parte in cui prevedeva che la causa di ineleggibilità a consi
gliere regionale del dipendente della regione cessi solo con le dimissioni
e non anche a seguito del collocamento in aspettativa alla data fissata
per la presentazione della candidatura.
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