Sezione II civile; sentenza 18 giugno 1963, n. 1637; Pres. Civiletti P., Est. Pratillo, P. M.Caldarera (concl. conf.); Lentini (Avv. Moschella, Tirone) c. Ospedale civile S. Maria Immacolatadell'Olmo di Cava dei Tirreni e Roselli (Avv. De Benedetti Bonaiuto, A. Guarino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 10 (1963), pp. 2167/2168-2169/2170Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152978 .
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2167 PARTE PRIMA 2168
I Da quanto sopra 6 innanzi tutto evidente che, contra
riamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la eitata sen tenza della Corte costituzionale non ha affatto riconosciuto la legittimitä, della legge n. 74 del 1958, circoscrivendone la
portata a quel particolare contratto di livello veneto, rela
tivo, cioe, al pagamento di un canone periodico in eambio
dell'alienazione di un immobile (censo riser vat ivo) o della
consegna di un capitale (censo consegnativo). Una tale interpretazione restrittiva non puõ del resto
trovare aeeoglimento, ove pure si consideri clie vivamente
controverso in dottrina ö il problema circa la esistenza del
diritto comune del livello, come istituto a se, distinto e di
verso dall'enfiteusi. £ noto infatti che il termine livello deriva da libellus, con la quale espressione veniva indicata la scrittura, e cioõ lo strumento contrattuale con riferimento
3 vari tipi di rapporto. Ma, a parte i piu antichi contratti
livellari, e ben certo, secondo la concorde dottrina e giu risprudenza an che di questa Corte, che, nella successiva
evoluzione storica fino ai nostri giorni, i nomi «livello » e
« enfiteusi » vennero promiscuamente adoperati nell'uso co
mune, per modo che i precedenti due istituti, pur se origi nariamente distinti, finirono in prosieguo, giä prima delle
codificazioni moderne, per confondersi e unificarsi, con la
conseguente estensione anche ai livelli della generale disci
plina sull'enliteusi (sent. 22 dicembre 1939, n. 3429, Foro
it., Eep. 1939, voce Enfiteusi, n. 9 ; e 12 giugno 1961, n.
1366, id., Rep. 1961, voce eit., nn. 23, 24). In puntuale aderenza a quanto giä implicitamente ri
conosciuto dalla eitata sentenza della Corte costituzionale, deve quindi ritenersi che la legge n. 74 del 1958, recependo la espressione «livello », ha in realty inteso riferirsi all'isti
tuto attualmente esistente e operante nelle province ve
nete, e cioõ a quei rapporti, sostanzialmente non difformi
dall'enfiteusi, ma tuttavia ancora denominati livelli in forza di una radicata tradizione locale. No il richiamo alle
disposizioni relative alle enfiteusi, contenuto nell'art. 5
della legge in esame, implica un, sia pure indiretto, ricono scimento dell'autonomia del contratto di livello veneto, avendo piuttosto il legislatore voluto ribadire che, a parte
la speciale regolamentazione all'uopo predisposta, rimaneva
immutata la intrinseca identity dei due istituti, e quindi
1'applicability della generale disciplina del codice civile. Orbene b evidente, alia stregua di una tale ratio decidendi, che, la esibizione del titolo costitutivo originario non era
necessaria per la risoluzione della controversia, una volta che era pacifica in atti, come ritenuto dai Giudici di appello con insindacabile apprezzamento di merito, la esistenza di un antico contratto a livello, sicche niun dubbio poteva
ingenerarsi in concreto sull'elemento formale, assunto dal
legislatore come criterio identificativo per l'applicazione del disposto trattamento differenziato.
Con il terzo mezzo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 1 della legge n. 74 del 1958, in riferimento all'art.
360, n. 3, cod. proc. civ., e in sostanza si duole per non avere il Tribunale considerato che il reddito dominicale del fondo gravato, da prendere a base per la determinazione del canone, andava stabilito a norma della legge 29 giugno 1939 n. 976, tenendo perõ conto di tutti gli aumenti suc cessivamente intervenuti, compreso quello da ultimo di
sposto dal decreto legisl. 12 maggio 1947 n. 356. Anche tale censura 6 priva di ogni fondamento. La tesi del ricorrente e contrastata dalla lettera della
legge, la quale, nel fissare la misura dei canoni livellari
veneti, testualmente dispone all'art. 1 che il loro ammontare non puõ essere superiore al triplo del reddito dominicale del fondo sul quale gravano, determinato a norma del decreto
legisl. 4 aprile 1939 n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939 n. 976. Nessun richiamo e invece contenuto ai decreti 7 febbraio 1946 n. 30, 31 ottobre 1946 n. 364 e 12 maggio 1947 n. 356, con i quali venivano, rispettivamente, stabiliti i coefficienti tre, sei e dodici di rivalutazione dei redditi, calcolati ai sensi del decreto n. 589 del 1939. Ora, se si con sidera che i sopra eitati decreti non contengono mere
disposizioni di attuazione del decreto n. 589 del 1939, ma costituiscono fonti normative autonome, appare evidente che il legislatore del 1958 ha inteso riferirsi alia revisione
generale degli estimi disposta nel 1939, riconoscendo tut
tora effioacia al reddito dominicale base non rivalutato, siccome piü equo e conveniente in tema di canoni livellari
veneti. Del resto e appena il caso di rilevare ehe il problema
interpretative, rivolto ad accertare la eventuality di un
rinvio formale o recettizio, puõ logicamente prospettarsi nella ipotesi di successive modificazioni della norma ri
chiamata e non pure quando il legislatore, nel legittimo esercizio del suo potere, ha invece prescelto dal complesso normativo, succedutosi nel tempo per disciplinare una stessa
materia, una soltanto delle fonti di piu antica data, dimo
strando cosi, in maniera esplicita e univoca, di prescindere dalla regolamentazione vigente, sulla base di una autonoma
valutazione della particolare situazione presa in esame. E
nella specie e fuor di dubbio, come riconosciuto anclie dalla
sentenza 15 luglio 1959, n. 46 della Corte costituzionale, che la ratio iuris della legge n. 74 del 1958 fu proprio quella di ridurre l'ammontare dei canoni livellari veneti, data la
eccessiva onorosita, di tali pesi sulla propriety fondiaria.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIDNE.
Sezione II civile ; sentenza 18 giugno 1963, n. 1637 ; Pres.
Civiletti P., Est. Pratiixo, P. M. Caldakeka (concl.
conf.) ; Lentini (Aw. Moschella, Tirone) o. Ospedale civile S. Maria Immacolata dell'Olmo di Cava dei Tir
reni e Eoselli (Aw. De Benedetti Bonaiuto, A. Gua
eino).
(öonferma App. Napoli 17 aprile 1961)
Successione — Gondizione risolutiva — Potcri del
l'istituito e dei chiamati successivi (Cod. civ., art.
633, 639, 646, 1357, 1361).
L'erede istituito sotto condizione risolutiva ancora pendente
pud liberamente deeidere se e in clie misura soddisfare i
legati imposUgli, nb i chiamati successivi hanno interesse ad ingerirsi di tali rapporti, ma possono solo ehiedere
idonee eautele. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Violazione dell'art. 100, 533 segg., 633, 1353, 646, 1360, 647, 648, 1372 eod. civ.
Si afferma ehe la Corte napoletana ayrebbe errato nel di
chiarare ehe le sorelle Lentini, essendo semplici legatarie, non avrebbero alcun interesse ai rapporti con la Rosselli
essendosi, per giunta, questa messa d'accordo con l'Ospe dale erede. Tale interesse sussisterebbe, invece, comunque, poiche l'Ospedale e stato assoggettato a condizioni e oneri ebe durano per tempo indefinito, e ehe potrebbero, quindi, condurre, anehe in futuro, alla risoluzione del «lascito », nella quale eventualitä tutti i beni, quindi anche quelli ehe non possono farsi rientrare nel legato della Eosselli,
spetterebbero alle sorelle Lentini. (Omissis) Anehe il quarto mezzo 6 infondato, sebbene la motiva
zione in diritto della sentenza della Corte del merito debba essere chiarita e integrata.
Il Tribunale, interpretando la clausola del testamento
riguardante il legato ad Anna Eosselli, ex domestioa della
de cuius, ritenne ehe nella espressione «tutti i mobili » erano da rieomprendersi sopramobili, quadri, gioielli. Contro
(1) Non constano precedenti. Cass. 1° marzo 1945, n. 128, richiamata nel corso della mo
tivazione, confornie sulle questioni di principio, puõ leggersi in Foro it., 1944-46, I, 230, ed e stata commentata da Torrente, in Giur. Cass. civ., 1945, I, 56. In argomento (condizione si sine liberis decesserit, a proposito della quale, da ultimo, De Angelis, in Giur. it., 1963, I, 1, 1145), Cass. 23 maggio 1946, n. 648, Foro it., Rep. 1946, voce Successione, n. 82, convnientata da Xatoi.i. in Giur. Cass. civ., 1946, T, 200.
Sul concetto ed i limiti della garanzia clie puõ imporsi al 1'istituito sotto condizione risolutiva, Cass. 11 marzo 1961, n. 554, Foro it., 1962, I, 351, con nota di richianu.
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2169 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2170
tale interpretazione, definita estensiva, proposero appello le sorelle Lentini, ma la Corte napoletana ha respinto il
gravame, senza perõ interpretare a sua volta la clausola del
testamento riguardante la Rosselli, sibbene perche, essendo
unico erede di Teodora Lentini, ved. Coppola, l'Ospedale civile di Cava dei Tirreni e le sorelle Lentini soltanto le
gatarie, queste non avevano interesse alia questione, posto ehe l'erede aveva aderito alia pronuncia del Tribunale, anzi alle pretese della Eosselli.
Orbene e pacifico che l'Ospedale e stato chiamato al
l'ereditk sotto condizione risolutiva (art. 633, 639, 1356, 2°
comma). In tal caso non solo la vocazione b immediata ma
anche la delazione, sebbene questa, in un secondo mo
rn ento, possa venir meno per il verificarsi della condizione ri
solutiva. No consegue che per l'istituito (nella specie lo
Ospedale) e immediata e attuale e piena l'attribuzione del
diritto alia ereditä, cosicche, durante la pendenza della con
dizione, non solo egli ha titolo per essere considerato erede
reale e non apparente (cfr. Cass. 1° marzo 1945, n. 128, Foro
it., 1946, I, 230), ma e anche investito in modo esclusivo e
pieno di tutti i diritti e i poteri relativi. in sostanza gode l'ere
ditä come se la disposizione a suo favore fosse pura e sem
plice e, pertanto, puõ anche liberamente decidere se e in
che misura soddisfare i legati impostigli. Soltanto con il verificarsi della condizione risolutiva
l'erede primo istituito perde la sua qualitä, e per i chiamati
ulteriori(nel caso.le sorelle Lentini), lacui vocazioneera pure immediata, diviene operante e attuale anche la delazione, da considerarsi, tuttavia, successiva rispetto a quella del
primo chiamato, essendosi avverata contestualmente al
verificarsi della condizione risolutiva. Pertanto, nonostante
la legge (art. 646, 521, 696 cod. civ.) faccia retroagire al mo
mento dell'apertura della successione l'efficacia della dela
zione in favore degli ulteriori chiamati, questi, durante la
pendenza della condizione risolutiva, non hanno i diritti
e i poteri che la delazione immediata loro conferirebbe :
basti pensare che non possono accettare o rinunziare al
l'eredita, nö esplicare i poteri concessi dall'art. 460 cod. ci
vile.
Senonche vi e stata qui una certa deficienza della sen
tenza impugnata : non e detto che i chiamati successivi
abbiano interesse alcuno, durante la pendenza della condi
zione risolutiva, alle questioni riguardanti l'eredita, che anzi
la legge non trascura affatto la loro situazione soggettiva,
disponendo, a salvaguardia della loro legittima aspetta
tiva, misure cautelari di carattere conservativo. E, infatti, contro il godimento pieno ed attuale del patrimonio eredi
tario, quindi contro l'illimitato potere di disporre dell'erede
istituito sotto condizione risolutiva, e in vista del pericolo che il verificarsi della condizione rimanga senza effetto
pratico per i chiamati successivi, questi, come interessati
alla conservazione e alia tutela del patrimonio ereditario,
so no legittimati a chiedere all'autorita giudiziaria che venga
imposto all'erede di prestare idonee garanzie al riguardo
(art. 639, 1356 cod. civ.), e, nel caso siano concesse, se quello non adempia all'obbligo di prestarle, che sia dato all'ere
dita un amministratore (art. 641 cod. civile).
Peraltro, si tratta dell'applicazione di un principio di piü vasta portata poiche, se non specificamente per
l'ipotesi di istituzione d'erede sotto condizione risolutiva, la legge appronta idonee cautele per i chiamati in subordine, dimostrando di tenere concretamente conto del loro interesse
alia delazione successiva dell'credit ä a loro favore : bastera
ricordare gli art. 481, 528, 591, 624 cod. civile.
Ove, poi, si verifichi la condizione risolutiva, per il
principio della retroattivitä (art. 1360, 646 cod. civ.), l'erede
istituito si deve considerare, dalla morte del de cuius, non
piii tale (cioe come non fosse stato mai erede) e, quindi,
come non avesse mai avuto la proprietä dei beni ereditari.
Viceversa si considerano eredi e proprietari ex tunc coloro
che subentrano al posto dell'erede condizionato e decaduto,
il quale viene ad assumere, sempre ex tunc, la veste di pos
sessore, in buona o mala fede a seconda dei casi, e di sem
plice amministratore di quei beni (cosicche dovrä renderne
il conto), dovendosi ritenere sancito il principio della con
servazione degli atti di amministrazione compiuti dal giä
erede, come tali utili anche ai subentrati, in quanto la norma generale dell'art. 1361, 1° comma, cod. civ. b sen z'altro estensibile, per analogia, al diritto successorio, come la regola della non restituzione dei frntti (art. 1361, 2°
comma, 646 cod. civile). Cadono, pertanto, nel nulla gli atti di disposizione com
piuti medio tempore sui beni ereditati dall'erede condizio
nato, e restano validi ed efficaci soltanto quegli atti che
egli avrebbe potuto compiere come amministratore, do
vendosi ristabilire, per il patrimonio, la situazione giuri dica che si sarebbe avuta indipendentemente dalla istitu
zione condizionata.
No consegue (e questo spiega perõ come l'interesse al
riguardo non puõ essere inteso nel senso voluto dalle ri
correnti) che se il gia erede abbia eventualmente soddi
sfatto, per stare al caso concreto, un legato di specie, di
cose determinate appartenenti al de cuius, in misura su
periore a quella prevista dalla relativa disposizione testa
mentaria, egli avrži indebitamente disposto di parte del
patrimonio ereditario eccedendo i suoi (retroattivi) poteri di
semplice amministratore del patrimonio stesso, avrä, ciob, alienato cosa del testatore da questi trasmessa in propriety
agli eredi (quelli risultanti dall'avveramento della condi
zione risolutiva) e non al legatario, e di tale eccesso, che
intacca la consistenza del patrimonio, l'ex erede dovrä
rendere conto agli ulteriori chiamati e ne sarä responsabile ; ma s'intende al verificarsi della condizione risolutiva, quando sara chiamato a rendere il conto, non prima, quando, anche
in vista di tale possibile eccesso, i chiamati successivi pos sono soltanto chiedere al giudice i donee cautele.
Soccorre, al riguardo, anche il principio sancito dal
l'art. 1357 cod. civ., secondo cui gli effetti degli atti di di
sposizione di chi ha un diritto subordinato a condizione
sospensiva o risolutiva, sono subordinati alia stessa condi
zione, cosicche soltanto il non avverarsi della condizione
risolutiva apposta all'istituzione d'erede potrebbe rendere
definitivamente efficace la soddisfazione di un legato;
mentre, venendo automaticamente meno, con il verificarsi
della condizione, l'esistenza del diritto alTereditžt, cade il
diritto di disporre del relativo patrimonio. £ appena il caso di rilevare che non potrebbe obiettarsi
essere stata, nella fattispecie, giä portata innanzi all'auto
ritä giudiziaria la questione relativa ai limiti del legato
spettante alia Rosselli, cosicche dovrebbe essere senz'altro
definita. Invero se il Tribunale aveva deciso, con suo ap
prezzamento di fatto, l'interpretazione da darsi al «tutti
i mobili » e, quindi, precisato il quantum del legato in parola, tale interpretazione b stata impugnata dalle interessate
sorelle Lentini (e, quindi, non e passata in giudicato), mentre
la Corte d'appello non si e pronunciata nel merito circa i
limiti del legato stesso, cosicche la questione rimane impre
giudicata e poträ, a suo tempo, essere eventualmente ri
proposta dalle interessate in caso di avveramento della
condizione risolutiva posta all'istituzione di erede dello
Ospedale civile di Cava dei Tirreni.
Il ricorso deve essere, pertanto, respinto, ma ricorrono
giusti motivi per la totale compensazione tra le parti delle
spese e degli onorari del giudizio di cassazione.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II ci vile ; sentenza 12 giugno 1963, n. 1578 ; Pres.
Civiletti P., Est. Rossi G., P. M. Trotta (concl.
conf.); Soc. esercizi telefonici-S.e.t. (Aw. Cavasola,
R. Montesano) c. Sasso (Aw. Nicolö).
(Oassa App. Bari 9 dicembre 1960)
Comunione e condominio — Condominio degli edi
iici — Muro perimetrale — Maggior godimento
— Contrasto Ira condomini — Contemperameiito
degli interessl reciproci — Fattispecie (Cod. civ.,
art. 1102).
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