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Sezione II civile; sentenza 18 giugno 1964, n. 1557; Pres. La Via P., Est. Iannitti Piromallo, P. M....

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Sezione II civile; sentenza 18 giugno 1964, n. 1557; Pres. La Via P., Est. Iannitti Piromallo, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Soc. Sovrana (Avv. Menichini) c. Di Lauro (Avv. De Luca) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 10 (1964), pp. 1977/1978-1981/1982 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23154020 . Accessed: 25/06/2014 03:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 03:53:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 18 giugno 1964, n. 1557; Pres. La Via P., Est. Iannitti Piromallo, P. M.Cutrupia (concl. conf.); Soc. Sovrana (Avv. Menichini) c. Di Lauro (Avv. De Luca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 10 (1964), pp. 1977/1978-1981/1982Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23154020 .

Accessed: 25/06/2014 03:53

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

privato possa adire direttamente l'autorità giudiziaria per l'accertamento e la tutela di un proprio diritto soggettivo perfetto (sent. n. 1668 del 1961, Foro it., 1961, I, 1301).

In particolare è stato anche precisato che il 2° comma

dell'art. 8 del 1 £j legge 4 dicembre 1956 n. 1404, la quale

disciplina la soppressione, liquidazione ed incorporazione

degli enti pubblici, stabilisce, in applicazione del prin

cipio generale sulla conservazione dei diritti acquisiti, che le domande di riconoscimento di credito e le istanze

per rivendicazione o restituzione di cose, presentate nei

termini prescritti alle precedenti gestioni di liquidazione, conservano tutti i loro effetti.

In forza dello stesso principio, qualora alla data della

soppressione o messa in liquidazione di un ente pubblico siano pendenti procedimenti civili aventi ad oggetto do

mande, nei confronti dell'ente medesimo, di riconosci

mento di crediti o di rivendicazione o restituzione di cose, i

creditori stessi e in genere i terzi interessati non sono te

nuti a presentare alcuna altra domanda o istanza in forma

amministrativa, a norma del 1° comma del predetto art. 8

per il riconoscimento del loro diritto rispettivo (sent. n. 2840

del 1960, Foro it., 1960, I, 1662).

Ora, non vi sono ragioni per discostarsi da tale indirizzo, cui la corte del merito si è pienamente uniformata con

l'impugnata pronuncia. Perchè lo speciale procedimento amministrativo di ri

conoscimento dei crediti previsto e regolato dalla cennata

legge n. 1404 del 1956, come già è stato sottolineato con

le richiamate decisioni di questa stessa Corte suprema, è previsto per coloro che abbiano « diritti da far valere »

al momento della messa in liquidazione dell'ente, ed ha

quindi a suo razionale presupposto che si tratti di pretese, le quali non ancora siano state fatte valere, alla data della

soppressione e messa in liquidazione dell'ente pubblico, nei confronti dell'ente stesso.

Per vero tale interpretazione trova conforto sia nel

2° comma dell'art. 8 della legge del 1956 che riconosce, in applicazione del principio generale relativo alla con

servazione dei diritti quesiti, pieno effetto alle domande

in forma amministrativa presentate alle precedenti ge stioni di liquidazione e non richiede in tal caso nuova

domanda, sia nella successiva disposizione dell'art. 9, la

quale, nell'assegnare all'ufficio liquidazione un termine

per la formazione degli elenchi dei crediti ammessi e non

ammessi, fa decorrere tale termine, non già dalla data di

presentazione della domanda di riconoscimento, ma dalla

data di presa in consegna del patrimonio dell'ente, dal

momento cioè in cui l'ufficio liquidazioni viene necessaria

mente a conoscenza delle richieste dei creditori formulate

anteriormente alla messa in liquidazione dell'ente, ed è

quindi in grado di poter formare gli elenchi di cui all'art. 9.

Deve quindi sicuramente ritenersi che nella formula di

legge « diritti da far valere » siano da escludere quei crediti

che abbiano ottenuto riconoscimento in sede giudiziale. Se, come ha rilevato la stessa amministrazione ricor

rente, la ratio del sistema normativo in esame è stata quella di evitare che le liquidazioni di tanti enti divenuti da tempo

superflui si protraessero, come era accaduto nel passato,

per anni e spesso per decenni, ed a tal fine ha previsto e

disciplinato un procedimento speciale, caratterizzato da

termini brevissimi e perentori, così da consentire un'atti

vità liquidatoria concentrata e rapida, svincolata dalla

osservanza delle norme ordinarie, ed idonea a far conseguire, entro un periodo di tempo assai breve, nel pubblico interesse, la chiusura della gestione degli enti con la definizione

di tutti i rapporti che ad essi facevano capo, appare ovvio

che essendo tutto ciò diretto ad evitare l'inizio o la pro secuzione di azioni giudiziarie, una volta disposta la li

quidazione dell'ente, tali ragioni più non sussistano quando l'azione giudiziaria sia in via di svolgimento o, a fortiori, essa si sia esaurita con un giudicato.

Ipotesi quest'ultima che ricorreva appunto nella fat

tispecie concreta, in cui non si dubita che il credito della

società (Oraziani risultava da una pronuncia del giudice divenuta irrevocabile (decreto ingiuntivo 2 gennaio 1957

del presidente del tribunale di Ancona).

Indiscusso poi che la soc. Graziani aveva richiesto, a

seguito della messa in liquidazione della G.r.a. (legge 16

novembre 1957 n. 1122), all'ufficio liquidazione di detto

ente il soddisfacimento del suo credito, e che l'ufficio me

desimo aveva ritenuto (lettera 16 giugno 1958) di non

aderire a siffatta richiesta, perchè inoltrata oltre i ter

mini prescritti dal ricordato art. 8 della legge del 1956, correttamente la corte del merito ha rilevato che, inoperante nel caso il procedimento amministrativo di liquidazione, non sussistevano i presupposti per l'impugnativa innanzi

all'autorità giudiziaria, nel termine previsto dall'art. 9

dell'ultimo comma di detta legge, di una decisione emessa

dall'ufficio liquidazione. Il primo mezzo del ricorso è quindi da respingere. Non diversamente deve dirsi del secondo mezzo con

il quale la ricorrente amministrazione denuncia omessa

od insufficiente motivazione della impugnata sentenza su

punto decisivo della controversia.

Si ripete sostanzialmente, in detta censura, che, avendo

l'ufficio di liquidazione del ministero del tesoro comuni

cato alla soc. Graziani, con la indicata lettera del 16 giugno

1958, che la richiesta del credito risultante dal decreto

ingiuntivo non poteva essere presa in considerazione per non essere stata inoltrata nei termini previsti dall'art.. 8

della legge n. 1404 del 1956 tale comunicazione implicasse una decisione in via amministrativa la quale, come tale, avrebbe dovuto essere impugnata entro trenta giorni in

nanzi al giudice. È agevole al riguardo considerare, per disattendere la

doglianza, che se, come già detto innanzi, la, soc. Graziani

non aveva l'onere di seguire lo speciale procedimento amministrativo prescritto dalla legge per il riconoscimento

del suo credito, in quanto questo era già consacrato nel

giudicato, ovviamente il diritto della attuale resistente

non poteva essere soggetto alle particolari limitazioni

della legge di cui si è discorso.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSARNE.

Sezione li civile; sentenza 18 giugno 1964, n. 1557 ; Pies.

La Via P., Est. Iannitti Piromallo, P. M. Cutrupia

(conci, conf.) ; Soc. Sovrana (Avv. Menichini) c. Di

Lauro (Avv. De Luca).

(Cassa App. Napoli 20 febbraio 1963)

Appello in materia civile ■— Fascicolo dell'appel lante — Omessa restituzione dopo la pronuncia di sentenza non definitiva — Improcedibilità —

Insussistenza (Cod. proc. civ., art. 348 ; disp. att.

cod. proc. civ., art. 111). Previdenza sociale — Omesso versamento dei con

tributi — Ilesponsabilità del datore di lavoro —

Ilisoluzione del rapporto di lavoro per colpa del

prestatore — Irrilevanza (Cod. civ., art. 2116 ; r. d. 1.

4 ottobre 1935 n. 1827, sulla previdenza sociale,'art. 47 ;

legge 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vec

chiaia e i superstiti, art. 1).

Non può pronunciarsi Vimprocedibilità dell'appello, nel

caso che l'appellante non ridepositi il fascicolo, dopo che

è stata già emessa sentenza non definitiva. (1)

(1) Non constano precedenti. La sentenza cassata è riassunta in Foro it., Rep. 1963,

voce Appello civ., n. 268 ; e pubblicata in esteso ili Foro nap., 1963, I, 28. Sul principio, affermato nella motivazione, secondo cui la mancata restituzione del fascicolo da parte dell'appellante equivale alla mancata presentazione dello stesso, anche se la causa possa essere decisa sulla base degli altri documenti, v. Cass. 7 marzo 1964, n. 498, 25 maggio 1964, n. 1271, 15 giugno 1964, n. 1508, Foro it., Mass., 123, 328, 390, e, tra le altre, Cass.,

Il Foro Italiano — Volume LXXXVI1 — Parte 1-125.

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1979 PARTE PRIMA 1980

La responsabilità del datore di lavoro, in ordine ai danni

subiti dal lavoratore per l'omesso versamento dei contri

buti, sussiste anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro per colpa del lavoratore medesimo. (2)

La Corte, ecc. — Deve innanzitutto esaminarsi il mo

tivo di ricorso che investe la sentenza definitiva, con la

quale la Corte d'appello di Napoli ha dichiarato improce dibile l'appello per mancata restituzione da parte della

società Sovrana del fascicolo ritirato in sede di precisa zione delle conclusioni. Sostiene la ricorrente che l'improce dibilità non poteva essere dichiarata sia perchè mancava

un'attestazione del cancelliere sulla tardività del deposito, sia perchè era stata già pronunciata, una sentenza non de

finitiva sul merito della causa.

La prima censura è infondata, esulando il caso di spe cie dall'ipotesi in relazione alla quale la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente ha affermato che, in mancanza

dell'annotazione del cancelliere relativa alla data di resti

tuzione del fascicolo, la dimostrazione che questo è stato

depositato in tempo debito può farsi derivare da altra

concludente prova (sent. n. 2118 del 3 luglio 1959, Foro it.,

Rep. 1959, voce Appello civ., n. 174 ; n. 381 del 18 febbraio

1903, id., Rep. 1963, voce cit., n. 263). Invero, come ri

sulta accertato in fatto dalla sentenza impugnata, « l'ap

pellante non ha, prima dell'udienza collegiale, restituito

in cancelleria il proprio fascicolo, ritirato all'udienza di

precisazione delle conclusioni del 21 marzo 1952, di guisa che la causa è passata in decisione senza il predetto fasci

colo e senza la comparsa conclusionale dell'appellante ».

Il che vale a porre il caso di specie fuori del rampo d'appli cazione dell'art. 77 disp. att. cod. proc. civ., che, impo nendo al cancelliere d'annotare la restituzione del fascicolo,

presuppone avvenuta la restituzione stessa, ciò che invece, come innanzi si è detto, non fu effettuato dall'appellante.

Peraltro non ritiene il collegio che l'indicata situazione

valga a giustificare la sanzione dell'improcedibilità del

l'appello quando come nella specie lo stesso giudice abbia

Sez. un., 24 gennaio 1957, id., 1957, I, 215, con ampia nota di richiami. La dottrina è quasi concordemente contraria, in quanto l'art. 348 cod. proc. civ., contenendo una norma eccezionale, sarebbe di stretta interpretazione : cons. Andrioi.i, in questa rivista, 1955, I, 467 ; Brunetti, in Oiur. it., 1959, I, 1, 227 ; Satta, Commentario, sub art. 348, pag. 181.

Le sentenze richiamate in motivazione sulla non neces sarietà dell'annotazione del cancelliere, ai fini dell'accertamento della tardività del deposito, Oass. 18 febbraio 1963, n. 381 e 3 luglio 1959, n. 2118, sono riassunte in Foro it., Rep. 1963, voce cit., n. 263, e Rep. 1959, voce cit., n. 174 ; quelle sull'inap plicabilità dell'art. 348 a giudizio di rinvio Cass. 8 novembre

1958, n. 3671, 18 luglio 1958, n. 2637, 28 marzo 1958, n. 1067, sono riassunte nel Rep. 1958, voce Rinvio civ., nn. 18-22 ; ad.de Cass. 14 maggio 1963, n. 1180, id., 1963, I, 1403.

Per utili riferimenti, cfr. pure Cass. 30 maggio 1963, n. 1425, id., Rep. 1963, voce Appello civ., n. 260, la. quale, facendo discen dere l'inapplicabilità dell'art. 348 all'ipotesi di produzione di fascicolo incompleto dalla considerazione che era stato possibile ugualmente valutare la procedibilità del gravame, muove, sostanzialmente, dalla stessa premessa su cui si fonda la sentenza in oggetto.

La Suprema corte ha affermato, infatti, che non si doveva dichiarare la improcedibilità dell'appello, in quanto vi era stata una decisione, mediante la quale il giudice, rilevata l'ottem

peranza dell'appellante agli obblighi sanciti a pena di impro cedibilità, aveva ritenuto di poter esaminare il merito dell'im

pugnazione. (2) Non constano precedenti. Per qualche riferimento, cfr. Cass. 27 gennaio 1953, Scia

natico, Foro it., Rep. 1953, voce Previdenza sociale, n. 153, secondo cui, risoltosi il rapporto di lavoro, continua a sus

sistere l'obbligo di versare i contributi arretrati, a titolo di

obbligazione civile, la cui inadempienza non dà luogo a respon sabilità penale.

Sulla natura della responsabilità del datore di lavoro, cons., oltre Cass. 5 maggio 1955, n. 1269, id., Rep. 1955, voce cit., n. 117, richiamata nella motivazione, Cass. 23 giugno 1961, n. 1511, id., Rep. 1961, voce cit., n. 233; 29 novembre 1962, n. 3226, id., Rep. 1962, voce cit., n. 257 ; 16 maggio 1963, n.

1227, 20 luglio 1963, n. 2003, id., Rep. 1963, voce cit., nn. 175-177.

già emesso una pronuncia sul merito dell'impugnazione medesima. La Corte di Napoli, a sostegno dell'adottata

decisione, si è richiamata alla giurisprudenza di questo

Supremo collegio per la quale la mancata restituzione del

fascicolo già ritirato equivale a mancata presentazione dello stesso, ipotesi in relazione alla quale l'impugnazione dev'essere dichiarata improcedibile a norma del 2° comma

dell'art. 348 cod. proc. civ. anche se sussista la possibilità di decidere la causa in base al fascicolo d'ufficio o a quello dell'altra parte ed anche se l'appellato non abbia solle

vato al riguardo alcuna eccezione, essendo l'improcedibilità

dell'appello rilevabile anche d'ufficio.

Tale giurisprudenza non si riferisce all'ipotesi in cui

il giudizio d'appello sia stato frazionato in due fasi e la

prima di esse si sia conclusa con una decisione mediante la

quale il giudice, rilevata la ottemperanza dell'appellante

agli obblighi sanciti a pena d'improcedibilità dall'art. 348

cod. proc. civ., abbia ritenuto di poter esaminare il merito

dell'impugnazione e pronunciarsi, sia pure in parte, su di

esso. In questo caso la tempestività del deposito effettuato

anteriormente all'udienza in cui la causa fu per la prima volta assunta in decisione e la relativa constatazione da

parte del collegio giudicante impediscono che la successiva

inottemperanza dell'appellante all'obbligo di ripresentare il proprio fascicolo possa farsi rientrare nella sfera d'appli cazione dell'art. 348 cod. proc. civ. riferentesi alla origi naria inadempienza dell'obbligo di depositarlo. Analoga mente nel giudizio di rinvio, che costituisce la rinnova

zione, nei limiti fissati dalla sentenza di cassazione, della

fase del giudizio colpita dall'annullamento, non ò applica bile l'istituto dell'improcedibilità dell'appello, previsto dall'art. 348 cod. proc. civ., anche nel caso di mancata re

stituzione del fascicolo, come questo Supremo collegio ha

reiteratamente precisato (sent. n. 3671 dell'8 novembre

1958, n. 2637 del 18 luglio 1958, n. 1067 del 28 marzo 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Rinvio civ., nn. 18-22, ecc.). In

conclusione il giudice di merito non doveva, nella specie, dichiarare l'improcedibilità dell'appello, ponendo così nel

nulla una propria precedente decisione di merito, ma do

veva semplicemente limitarsi a decidere la causa in base

al fascicolo di ufficio ed a quello dell'altra parte. Contro la sentenza non definitiva la soc. Sovrana ha

proposto due motivi di annullamento. (Omissis) Col secondo motivo la società ha denunziato la viola

zione degli art. 2120 e 2123 cod. civ. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., deducendo che, per effetto della

risoluzione in tronco del rapporto di lavoro, difettava la

condizione, mancato versamento di contributi assicurativi

da parte del datore di lavoro, per l'azione di risarcimento

del danno.

L'esposta doglianza è giuridicamente infondata. Invero

l'obbligo del datore di lavoro di versare i contributi assicurativi per l'invalidità e vecchiaia e la sua responsa bilità per l'omesso versamento, pur avendo natura contrat

tuale in quanto intimamente legati al rapporto di lavoro

(Cass. n. 1269 del 5 maggio 1955 Foro it., 1956, I, 150), trovano tuttavia fondamento in apposite disposizioni le

gislative (art. 2116 cod. civ., 47 r. decreto legge 4 ottobre 1935 n. 1827 e 1, 1° comma, legge 4 aprile 1952 n. 218),

rispetto alle quali la causa d'estinzione del rapporto ò del tutto priva di rilevanza poiché non può in alcun modo interferire sul diritto del lavoratore a conseguire le presta zioni assicurative.

In altri termini la risoluzione del rapporto lavorativo

per giusta causa imputabile al prestatore di opera, come

non può escludere ex post il già maturato obbligo del datore di lavoro di versare i contributi assicurativi fino alla cessa

zione (per qualunque causa) del rapporto stesso, così non

può esimerlo da responsabilità per le Conseguenze dannose derivanti dall'inottemperanza a detto obbligo, conseguenze che si concretano nella perdita (parziale o totale a seconda dei casi) delle prestazioni assicurative da parte del lavora tore. Cosicché il danno in tal modo risentito dal medesimo

va, sul piano giuridico, considerato come conseguenza del

ripetuto comportamento omissivo del datore di lavoro e non come conseguenza dell'avvenuta risoluzione in tronco

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1981 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1982

del,rapporto e, cioè, di un fatto imputabile allo stesso la voratore.

In esito alle esposte considerazioni devono rigettarsi i motivi di doglianza espressi dal ricorrente contro la sen tenza non definitiva. (Omissis)

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA 111 CASSAZIIINE.

Sezione I civile; sentenza 10 giugno 1964, n. 1527 ; Pres. Stella Richter P., Est. D'Amico, P. M. Trotta

(conci, conf.) ; Cuzzaniti (Avv. Pulci) c. Servizio con tributi agricoli unificati (Avv. Casini, Sequi).

(Cassa App. Messina 29 marzo 1902)

A«iricollura Conlrihuli unificali Lavoratori sta

gionali assillili «lai colono — Olil>li<jo del conce

dente (E. d. 24 settembre 1940 n. 1949, modalità di

accertamento dei contributi dovuti dagli agricoltori e

dai lavoratori dell'agricoltura per le assicurazioni pro fessionali, ecc., art. 1, 2, 5, 6, 7, 8, 12 ; d. 1. 25 maggio 1947 n. 631, determinazione delle misure dei contributi

unificati in agricoltura dovuti per l'anno 1947, art. 4).

Agricoltura — Contributi unificali calcolali pre suntivamente Domanda ili ripetizione— Accer

tamento della mano d'opera ellettivamcnte as

sunta - Necessità (R. d. 1. 28 novembre 1938 n. 2138, unificazione e semplificazione dell'accertamento e della

riscossione dei contributi dovuti dagli agricoltori e dai

lavoratori dell'agricoltura per le assicurazioni professio nali, ecc. ; r. d. 24 settembre 1940 n. 1949, art. 4, 5).

Il proprietario concedente è obbligato al pagamento dei con

tributi unificati anche in relazione alla mano d'opera assunta dal colono per Vesecuzione di lavori stagionali, r.alva la rivalsa nei rapporti interni tra gli associati nel

l'impresa agricola. (1) Dichiarato costituzionalmente illegittimo il criterio di accer

tamento presuntivo dei contributi unificati in agricoltura è

necessario accertare, ai fini della domanda proposta per la

ripetizione dei contributi che si assumono indebitamente

imposti in relazione all'impiego di lavoratori stagionali nel

fondo condotto in colonia parziaria, se sussista il divario

tra la quantità di mano d'opera effettivameìite assunta

e la quantità della medesima calcolata in via presuntiva. (2)

La Corte, ecc. — Col primo mezzo il ricorrente denuncia

la violazione dell'art, unico del r. decreto legge 28 novem

bre 1938 n. 2138 e dell'art. 5 del r. decreto 24 settembre

1940 n. 1949, nonché il difetto di motivazione, e sostiene

che debitore diretto per la corresponsione dei contributi

relativi alla mano d'opera estranea alla famiglia colonica, assunta per la esecuzione dei lavori stagionali, è il colono, in quanto datore di lavoro, e non il concedente, tenuto

soltanto ad anticipare, per il colono, l'importo dei contri

(1-2) La sentenza Tri!». Messina 31 maggio 1960, pronun ciata nel caso in primo grado, è massimata in Foro it., Rep. 1960, voce Agricoltura, nn. 120, 121, e annotata da Becchini, I contributi per lavori stagionali, in Prev. noe. agr., 1960, 382.

Non risultano, per la prima massima, altri precedenti. La sentenza della Corte cost. 26 giugno 1962, n. 65, di cui

alla seconda massima, leggesi in questa rivista, 1962, I, 1234.

Sulla questione di costituzionalità del sistema dell'accertamento

c. d. presuntivo dei contributi, v. Cocivera, in Giur. cost.,

1962, 685 ; Esposito, ibid., 695 ; Lo Pane, in Democrazia e di

ritto, 1962, 376 ; PlGA, in Riv. it. prev. soc., 1962, 839, in Prev.

soc. agr., 1962, 159 e in Giur. agr. it., 1962, 45 e 495.

Sul sistema dei contributi unificati prima della sentenza

della Corte cost., v. Chilanti, Prev. soc. e contrib. unif. nel

l'agricoltura, 1959 ; ad vocem, in Enciclopedia del diritto ; Richabd, Contrib. agr. unif., voce del Novissimo digesto it. V. anche lo

studio di Sassi, in Foro it., 1954, IV, 241.

tonti medesimi, salva rivalsa. Sostiene, conseguentemente, nella prima parte del terzo mezzo, denunciando altresì la

violazione degli art. 5, 10 del r. decreto 9 febbraio 1939 n. 363 e dell'art. 3 del r. decreto legge 9 aprile 1946 n. 212, che una volta che il carico dei contributi predetti deve

gravare unicamente sul colono, l'amministrazione, nel

formare annualmente le matricole, deve, se intende riscuo

terli, procedere all'iscrizione contro ogni singolo colono e

contro ogni singola famiglia colonica : in difetto non può

pretendere dai coloni, e per riflesso dal concedente, i con

tributi per lavori stagionali. Le censure sono infondate. La sentenza di questa Corte

21 luglio 1958, n. 2658 (Foro it., Rep. 1958, voce Previdenza

sociale, nn. 266-268), alla quale fa richiamo il ricorrente

a sostegno della sua tesi, nel decidere una controversia in

cui il colono sosteneva di non essere tenuto alla rivalsa ver

so il concedente che aveva omesso di propone ricorso con

tro l'accertamento dei contributi, ha invece affermato, tenendo presenti le disposizioni degli art. 2, 5, 6, 7 de r.

decreto 24 settembre 1940 n. 1949, che soggetti passivi dei

contributi unificati in agricoltura sono sia i coloni e mez

zadri sia i concedenti, siccome associati nella impresa agri cola, con l'unica conseguenza che anche i coloni e i mez

zadri possono proporre, contro l'accertamento, i ricorsi

previsti dagli art. 8 e 12 del r. decreto predetto. Il conce

dente quindi è soggetto passivo del contributo, nò ad esso

può interessare che il colono o il mezzadro abbia proposto o sia stato posto in grado di proporre i ricorsi, tanto più che, a norma dell'art. 1 r. decreto medesimo, gli è concesso

il diritto di rivalsa verso il colono o il mezzadro. Ciò vale

anche per i contributi relativi alla mano d'opera per lavori

stagionali, come si desume altresì dall'art. 4 del decreto

legisl. 25 maggio 1947 n. 631, il quale, a conferma della ci

tata norma di cui all'art. 1 del r. decreto n. 1949 del 1940,

dispone che i concedenti di fondi condotti a mezzadria

o a colonia devono trattenere l'importo dei contributi do

vuti dal colono o mezzadro per conto dei dipendenti as

sunti per lavori di spettanza dello stesso colono o mezzadro, sia che si tratti di salariati fissi (art. 1, lett. a), sia che si

tratti di giornalieri di campagna (art. 1, lett. b), nei quali ultimi si identificano evidentemente anche i lavoratori

assunti per lavori stagionali. (Omissis) Col quinto mezzo il ricorrente, sempre in riferimento

all'imposizione per i lavori stagionali, contesta la pretesa dell'amministrazione per la sopraggiunta dichiarata in

costituzionalità degli art. 4 e 5 del r. decreto 24 settem

bre 1940 il. 1949 in relazione al r. decreto legge 28 novem

bre 1938 n. 2138.

Il mezzo è fondato.

La Corte costituzionale, con sentenza del 26 giugno 1962, n. 65 (Foro it., 1962, I, 1234), ha dichiarato costi

tuzionalmente illegittimi gli art. 4 e 5 del r. decreto n.

1949 del 1940 in relazione al r. decreto n. 2138 del 1938, convertito nella legge 2 giugno 1939 n. 739, osservando che

il legislatore delegato non ha seguito il criterio, contenuto

nel decreto legge del 1938, dell'accertamento sulla base

dell'impiego di mano d'opera per ogni azienda agricola, ma quello diverso del « presunto » impiego di mano d'opera, fissato dalle commissioni provinciali sulla base delle gior nate di lavoro occorrenti annualmente su un ettaro di ter

reno, mentre, nel caso dei contributi unificati, il criterio

dello ettaro-coltura importa la negazione del principio voluto dalla legge delegante di accertamento dell'impiego di mano d'opera per « ogni azienda » agricola : volle cioè

la legge delegante che ogni singola azienda fosse gravata di un carico corrispondente all'impiego della mano d'opera, sicché qualunque criterio scelto, anche se presuntivo, do

veva essere suscettibile di applicazione non rispetto alle

zone, ma rispetto alle singole aziende considerate nella

loro peculiare struttura ed organizzazione. Ora, poiché nella specie è stato seguito il criterio del

l'accertamento presuntivo sulla base delle giornate di la

voro occorrenti annualmente su un ettaro di terreno per i

contributi relativi ai lavori stagionali in riferimento al

fabbisogno di mano d'opera dei fondi, la sentenza, in questi ristretti limiti, deve essere cassata. Nè può dirsi, come as

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