Sezione II civile; sentenza 19 aprile 1962, n. 778; Pres. Fibbi P., Est. Albano, P. M. Colonnese(concl. conf.); Testa (Avv. Vicentini, Aglietta) c. Soc. I.l.v.a. (Avv. Apolloni, Roghi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 611/612-615/616Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150393 .
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611 PARTE PRIMA 612
zamento non puõ ritenersi irrazionale, quando si rioMamino
le precedenti osservazioni in ordine al beneficio accordato
agli affittuari con la riduzione del 30% ed a quell o che ai
concedenti e proyenuto in virtü della corresponsione di
un prezzo politico del grano ammassato, prima, e poi delle
provvidenze adottate in regime di ammasso per contingente. Ne potrebbe dedursi un particolare motivo di incosti
tuzionalitä per violazione dell'art. 3 dal fatto ehe il legisla tore, per singole annate agrarie, ha accordato il rimedio
della perequazione pur in presenza della riduzione coattiva,
percM, una Volta esclusa la sussistcnza di una vera pretesa alia perequazione, sfuggono all'apprfzzamento della Corte
i motivi di opportunity che hanno consigliato l'adozione in
via temporanea di tale trattamento.
Neppure fondata e da ritenere l'altra censura di incosti
. tuzionalitä che la difesa dei concedenti ha prospettato,
sempre sotto l'aspetto della violazione degli art. 3 e 24,
allegando la ingiustificata preclusione del rimedio della
perequazione a danno di coloro i quali, avendo adito per l'annata agraria 1946-47 le sezioni specializzate ed otte
nuto la perequazione con riferimento anche alle riduzioni
del 30%, ai sensi dell'art. 2 decreto n. 975 del 1947, sono
stati poi colpiti da riduzioni del canone giä sottoposto ad
un giudizio nel quale si era tenuto conto di tale falcidia.
Infatti la giurisprudenza della Cassazione ha sempre fatto
esatta applicazione delle leggi che si sono succedute in
materia, statuendo che le revisioni effettuate dal giudice per l'annata agraria 1946-47 in base al cit.. decreto n. 975
del 1947 devono considerarsi limitate esclusivamente a tale
annata, ed ogni loro ultrattivitä h esclusa dalle altre leggi di proroga che, con riferimento alle annate successive, hanno ripristinato il divieto di revisione.
Dall'ammissione fatta della costituzionalitä delle norme, che sottraggono i contratti di cui si parla al giudizio di
perequazione, non discende la conseguenza prospettata dalln
difesa del Ceni, ciofe la eliminazione, nei confronti dei con
tratti stessi, del potere garantito, in via generale, alle parti contraenti dall'art. 1467 cod. civ., poich& deve invece ritenersi che questa norma trova applicazione anche per essi, allorohe ricorrano le condizioni e sotto l'osservanza delle modalitä ivi previste, naturalmente senza che si possa invocare come causa di eccessiva onerosita sopravvenuta la svalutazione monetaria, ed al solo fine di ottenere, non
giä la risoluzione del contratto, bensila modifica delle clau sole relative alia prestazione del canone.
Per questi motivi, pronunciando con unica sentenza sui due procedimenti riuniti indicati in epigrafe, respinge le
eccezioni di inammissibilitä proposte daH'Avvoeatura ge nerale dello Stato e dalla difesa dei Lanfranchi; dichiara
non fondate le questioni proposte con l'ordinanza della Sezione specializzata del Tribunale di Mantova del 12
aprile 1960, sulla legittimitä costituzionale dell'art. 5, ca
pov., decreto legisl. 1 aprile 1947 n. 277, in riferimento
agli art. 3 e 24 Cost., e con l'altra ordinanza 26 aprile 1960, sulla legittimitä costituzionale dell'art. 1 legge 3 agosto 1949 n. 479 ; art. 3 legge 15 luglio 1950 n. 505 ; art. 1 legge 16 giugno 1951 n. 435 ; art. 1 legge 11 luglio 1952 n. 765 ; legge 5 gennaio 1955 n. 4, nonche art. 5, capov., decreto
legisl. 1 aprile 1947 n. 277 e art. 3 , ult. comma, legge 18
agosto 1948 n. 1140, in relazione agli art. 3, 24, 41, 42 della Costituzione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 19 aprile 1962, n. 778 ; Pres. Fibbi P., Est. Albano, P. M. Colonnese (concl. conf.); Testa (Aw. Vicentini, Aglietta) c. Soc. I.l.v.a. (Avv. Apolloni, Roghi).
(Oonferma App. Genova 13 novembre 1959)
Lavoro (rapporto) — Retribuzione a cottimo inisto —
Indciinilit di anzianitä c preavviso — Nozione d « emolnmenti » (Cod. civ., art. 2121).
NelVipotesi in cwi sia convenuta la retribuzione a cottimo
misto, costituita ciob da elementi fissi (paga-base) ed ele menti variabili (nella specie, una percentuale variabile della paga-base), le indennitä di anzianitä e preavviso vanno calcolate, a norma delVart. 2121, 2° comma, cod. civ., effet'Mindo la media triennale degli elementi variabili e
degli elementi fissi della retribuzione. (1)
La Corte, eco. — Con l'unico motivo del ricorso, il Testa deduce la violazione dell'art. 2120 cod. civ., nonche del l'art. 40 del contratto collettivo dei metallurgici 21 giugno 1956, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civile.
Lamenta il ricorrente che la Corte di merito non avrebb3 tenuto conto che, oltre ai due sistemi di retribuzione, nor malmente praticati fino a pocM decenni fa, e previsti pure dal vigente codice civile : il sistema di retribuzione a tempo o ad economia e quello di retribuzione a cottimo, vi sarebbe un terzo sistema, successivo ai due precedenti e oggi pra ticato normalmente nell'industria : il sistema, cioe, della retribuzione a cottimo misto, in cui si avrebbe il concorso di una paga-base (determinata a tempo) e di una maggio razione di cottimo, calcolata di regola in una percentuale della paga-base.
Lamenta inoltre che erroneamente la Corte, basandosi sul fatto che la retribuzione a cottimo misto sarebbe costi tuita in parte da elementi fissi ed in parte da elementi va
riabili, abbia ritenuto senz'altro applicabile nella specie il 2° comma dell'art. 2121 cod. civ., decidendo cosi che cor rettamente Pl.l.v.a. aveva calcolato l'mdennita di anzia nitä sulla media triennale della retribuzione globale, e non abbia invece tenuto conto dei caratteri essenziali e partico lari del cottimo misto, poc'anzi accennato (medesima retri buzione fissa, costituita -da paga base, oltre contingenza e mensa con in piti una maggiorazione variabile della stessa retribuzione fissa). Aggiunge che la Corte non avrebbe nep pure tenuto conto della circostanza che, durante tutto il rap porto di lavoro e per tutti gli istituti contrattuali (ferie, gra tifica natalizia, indennitä di anzianitä in caso di dimissioni, ecc.), giusta le disposizioni dei contratti collettivi, mai per il lavoratore a cottimo misto si sarebbe fattala media della retribuzione fissa, mentre la media sarebbe stata sempre fatta esclusivamente sull'utile di cottimo, costituente ap punto l'unico elemento variabile della retribuzione. Sostiene, pertanto, che non vi sarebbero nel caso ragioni per appli care un diverso criterio in sede di liquidazione dell'inden nitä di anzianitä e che dovrebbesi perciõ, contrariamente a
quanto ritenuto dalla Corte, applicarsi il principio sancito dall'art. 2120 cod. civ., calcolandosi la detta indennitä sull'ultima retribuzione fissa (paga-base, contingenza e
mensa) e facendosi la media triennale, ai sensi dell'art. 2121, 2° comma, limitatamente all'unico elemento variabile e cioe al cottimo.
(1) La Cassazione esamina per la prima volta una questione che e di notevole import anza, data la diffusione del tipo di re tribuzione a cottimo misto.
Pra le precedenti sentenze di merito conformi all'avviso della Cassazione, oltre la sentenza confermata, App. Genova 13 novembre 1959, Foro it., Hep. 1960, voce Lavoro (rapp.), n. 067, vedi anche Pret. Lovere 17 luglio 1959, ibid., rj. 670.
In dottrina 6 dello stesso awiso Peschiera, Osservazioni sul computo della indennitä di anzianitä in caso di retribuzione composta da compensi fissi e variabili, in Temi gen., 1960, 285, il quale segnala anche due recenti sentenze conformi, inedite : App. Firenze 18 luglio 1960 e Trib. Bergamo 29 novembre 1958.
Ritengono invece esclusi dal calcolo della media triennale gli elementi fissi : App. Brescia 18 marzo 1961, Foro it., Bep. 1961, voce cit., n. 520, e con osservazione adesiva di Ferrara, Indennitä di anzianitä e compensi integrativi variabili, in Giust. civ., 1961, I, 874 ; Trib. Bergamo 5 aprile 1960, Foro it., Bep. 1960, voce cit., n. 669 ; App. Milano 29 ottobre 1954, Orienta menti giur. lav., 1954, 463 e Pret. Genova 28 aprile 1955, id., 1955, 214.
Incidentalmente nello stesso senso D. M., in osservazione ad App. Genova 18 dicembre 1953, in Riv. giur. lav., 1954, II, 164.
In generale, sui criteri di computo delle indennitä. di anzia nitä e preavviso, v. Cass. 13 maggio 1960, n. 1149, Foro it., 1961, I, 103.
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613 GltJRIŠPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 614
La censura propone a questo Supremo collegio la que stione se, nell'ipotesi in cui la retribuzione del lavoratore sia
costituita da un elemento fisso (paga-base, oltre contin
genza e mensa) e da un elemento variabile (maggiorazione di eottimo, costituita normalmente da una percentuale della paga-base), il calcolo dell'indennitä di anzianitä debba
farsi con riferimento esclusivo al criterio stabilito nell'art.
2121 cod. civ. (media triennale), sia per l'elemento fisso, sia
per l'elemento variabile, come ritenuto appunto dalla Corte
di Genova, o, viceversa, con riferimento all'art. 2121, limi
tatamente alia sola parte variabile e con riferimento, in
vece, all'art. 2120 (ultima retribuzione) per la parte fissa, come sostenuto dal ricorrente.
La soluzione della questione e riposta nell'interpreta zione e nel coordinamento delle due disposizioni eitate :
l'art. 2120 e l'art. 2121 cod. civile.
Prima perõ e opportuno chiarire, con riferimento alia
premessa contenuta nel ricorso, cbe tra le due forme di re
tribuzione, previste nell'art. 2099, 1° comma, cod. civ.,
quella cosiddetta «a tempo » (o ad economia) e l'altra co
siddetta « a eottimo » (o a risultato), non esiste, contraria
mente a quanto sostiene il ricorrente, un tertium genus, costituito dal cosiddetto « eottimo misto », oggi largamente
applicato nell'industria, e consistente, come si e accen
nato, di due elementi retributivi, l'uno fisso e l'altro va
riabile.
II «eottimo misto », cbe trova effettivamente appliea zione nella prassi contrattuale, altro non b se non una
forma di eottimo, ed esso esisteva e trovava larga diffusione
anche anteriormente all'entrata in vigore dell'attuale codice
civile.
Esso sorse come espressione di una tendenza intermedia
avente per fine di creare una forma di garanzia per i lavo
ratori contro l'eccessivo sfruttamento delle loro energie
fisicbe, derivanti dall'applicazione di un sistema rigido di
eottimo, il eottimo cosiddetto integrale o puro, fondato
sul principio assoluto della retribuzione al solo risultato
finale immediato dellavoro.
A questa tendenza si orienta in sostanza anche la di
chiarazione XIY della Carta del lavoro del 1927, la quale, stabilendo cbe, « quando il lavoro sia retribuito a eottimo,
le tariffe di eottimo debbono essere determinate in modo
che all'operaio laborioso, di normale capacity lavorativa,
sia eonsentito di conseguire un guadagno minimo oltre la
paga base », ebbe appunto l'intento di orientare la disci
plina dei cottimi nei contratti collettivi nel senso che,
quando il lavoro fosse retribuito a eottimo, l'imprenditore dovesse garantire ai suoi dipendenti, non gia un guadagno minimo oltre la paga-base indipendentemente dal rendi
mento del lavoro, bensi un sistema di tariffe salariali tale
da consentire, all'operaio laborioso di normale capacity
lavorativa, quel guadagno minimo. In effetti una tariffa,
che prendesse a base il rendimento dato da tutti gli operai, e cioe anche di quelli il cui rendimento fosse, eccezional
mente, massimo o minimo, sarebbe una tariffa imperfetta ;
quando invece la tariffa di eottimo tenga conto del ren
dimento medio della maggioranza dei lavoratori, allora
poträ eonsentire all'operaio laborioso di normale capacitä
lavorativa un guadagno minimo (percentuale di maggio
razione in proporzione del rendimento) oltre la paga-base. II principio affermato nella sopracitata disposizione della
Carta del lavoro venne ripetuto in modo anche piü preciso
nell'art. 2 del contratto collettivo per la disciplina del la
voro a eottimo nelle aziende industriali del 20 dicembre
1937, il quale statui che ogni tariffa di eottimo doveva
garantire al lavoratore il conseguimento di un guadagno non inferiore alia paga ad economia, maggiorata della per
centuale di eottimo stabilita dai singoli contratti collettivi
di lavoro.
II legislatore del vigente codice civile non ha ritenuto
opportuno codificare tale principio, costituente oltre che
una regola normativa generale del eottimo, anche un'im
portante direttiva di orientamento della politica salariale;
tuttavia le specifiche disposizioni contenute specialmente
nell'art. 2121 rappresentano, come e stato sostenuto anche
nella dottrina, il mezzo attraverso il quale & garantito
ugualmente ehe le tariffe di cottimo rispondano anche alle
finalitä, di una appropriate tutela dei prestatori d'opera. I contratti collettivi successivi all'entrata in vigore del
codice hanno invece convalidato ancora il principio gia
illustrate, ed in particolare, tra essi, il contratto 25 giugno
1948 per gli operai dell'industria metallurgica ed il contratto
21 giugno 1956, per i lavoratori addetti all'industria metal
meccaniea (applicabile al rapporto di specie), il cui art.
16 specificamente ha disposto che le tariffe di cottimo (a
tempo o a prezzo) devono essere fissate dall'azienda in modo
da garantire, nei periodi normalmente considerati, all'ope
raio di normale capacity e operositä, il conseguimento di
un utile di cottimo non inferiore ad una determinata per
centuale (8%) del minimo di paga-base. Attraverso l'esposizione che precede, risulta pertanto
evidente che il cottimo misto, il cui sistema, cosi come
articolato, non pregiudica mai, a differenza del cottimo
integrale, il lavoratore e che tale suo vantaggio ha da tempo
incontrato il piü largo favore nella prassi contrattuale, e
pur sempre una forma di cottimo e come tale partecipa
delle sue caratteristiche (incitamento alia produzione, pos
sibility di consentire un guadagno, quantitativamente va
riabile, superiore a quello garantito al lavoratore ad eco
nomia). Ciõ premesso, per la determinazione dell'indennitä di
anzianitä, il legislatore ha fissato nell'art. 2120, penult,
comma, il criterio di ordine generale, secondo cui l'ammon
tare di tale indennita deve essere calcolato «in base alia
ultima retribuzione », oltre che in relazione alia categoria
alia quale appartiene il prestatore di lavoro.
Con il successivo art. 2121, perõ, lo stesso legislatore,
dopo aver precisato nel 1° comma che rindennita di anzia
nitä. (e cosi pure quella di preavviso, di cui all'art. 2118)
deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di pro
duzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti e ogni
altro compenso di carattere continuativo, ha previsto nel
2° comma una deroga espressa al principio fissato nell'ar
ticolo precedente, stabilendo che, « se il lavoratore e retri
buito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di pro
duzione e con partecipazioni, le iiulennita suddette (di an
zianitä e di preavviso) sono determinate sulla media degli
emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor
tempo di servizio prestato ».
Questa disposizione, che in sostanza ha esteso a tutti i
contratti di lavoro un principio esistente nella legge sul
l'impiego privato (art. 10 r. decreto 13 novembre 1924
n. 1825, la cui formulazione, peraltro, essendo meno precisa
di quella della norma attuale, poteva dar luogo a qualche
dubbio d'interpretazione), ha una ratio ben precisa : ha
voluto invero il legislatore, in quei casi, in cui, per la
natura variabile della retribuzione, questa, se riferita solo
all'ultimo periodo mensile precedente la fine del rapporto,
potrebbe non rispecchiare esattamente la reale entitä eco
nomica del rapporto stesso ai fini della commisurazione
delle indennita di fine lavoro, che piü equamente quella
situazione venisse determinata attraverso la media degli
« emolumenti » percepiti dal lavoratore nell'ultimo triennio.
Ora, se ö vero che tale media puõ tornare talvolta a svan
taggio del lavoratore medesimo, e altrettanto vero, perõ,
che altre volte essa, come ha pure ritenuto la Corte di
merito, puõ anche favorirlo, come ad esempio quando la
quantitä o qualitä del prodotto, cui va ragguagliata la per
centuale di cottimo, tendono a diminuire con l'etä del la
voratore. D'altronde e questo il sistema che il legislatore
ha ritenuto possa meglio contemperare gli interessi, non
solo del lavoratore, ma anche del datore di lavoro.
Ma, ed e questo il punto centrale della questione, che
cosa deve intendersi per « emolumenti» secondo la dizione
usata dall'art. 2121, 2° comma ? Devono ritenersi compresi
in tale nozione tutti gli elementi della retribuzione, o sola
mente gli elementi variabili, come provvigioni, ecc. f
Sembra a questo Supremo collegio che, avuto riguardo,
sia alia ratio della norma, come sopra delineato, sia alia
lettera della disposizione, l'interpretazione piü ampia sia
quella da accogliere. £ da premettere, innanzitutto, che, secondo il concorde
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615 PARTE PRIMA 616
I
orientamento della dottrina e della giurisprudenza, l'elenca
zione degli elementi a forma variabili di retribuzione, come
formulata dall'art. 2121 (sia nel 1°, sia nel 2° comma), e
meramente esemplificativa, di guisa che deve ritenersi
compresa nella previsione della norma qualsiasi forma di
retribuzione a carattere variabile, clie sia cioe o in correla
zione con il risultato mediato del lavoro, rappresentante a sua volta il risultato ultimo dell'impresa (come ad es.
le forme retributive di partecipazione agli utili o ai prodotti), o in correlazione con lo stesso risultato immediato del la
voro (come ad es. la retribuzione a cottimo). Ciõ posto, tenuto conto, da un lato, cbe il 2° comma
dell'art. 2121 comprende sia l'ipotesi in cui la retribuzione
sia «in tutto » composta da elementi variabili e sia anche
quella in cui essa sia composta solo «in parte » da tali
elementi (comprendendo perciõ anche elementi fissi) e
considerato d'altro canto cbe il termine «emolumenti», cosl come usato nel 2° comma dell'art. 2121, senza alcuna
limitazione o riferimento cioe agli elementi variabili della
retribuzione poco prima indicati (provvigioni, premi, ecc.), non puõ non intendersi se non nella piu ampia e generica accezione di compensi o elementi retributivi in senso lato, non v'e dubbio, ad avviso di questo Supremo collegio, cbe,
quando concorrano con gli elementi variabili quelli fissi, debbano formare oggetto della media triennale stabilita
dalla norma tutti gli elementi della retribuzione del pre statore d'opera, e non soltanto quelli variabili.
Se il legislatore avesse voluto, nell'ipotesi di retribuzione
composta solo in parte da elementi variabili (e per il resto
quindi da elementi fissi, com'õ appunto nella specie), limi
tare la media triennale ai soli elementi variabili, avrebbe
dovuto ciö specificamente disporre, facendo precedere o
seguire il termine « emolumenti » dal participio « soprain dicati » (o altro termine similare) e ciõ in quanto, come
s'õ detto, immediatamente prima di tale termine nel testo
della norma risultano appunto specificamente (anche se
esemplificativamente) indicati gli elementi variabili della
retribuzione («se il prestatore di lavoro õ retribuito in
tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o
con partecipazioni, le indennitä suddette (idest: di anzia
nitä e preavviso) sono determinate sulla media degli emo
lumenti ...»). A suffragio di tale interpretazione milita pure la con
siderazione di ordine sistematico che, a ben vedere, anche
quando la retribuzione e composta solo in parte di elementi
variabili (e per il resto da elementi fissi), essa, considerata
nel suo complesso e quindi da un punto di vista unitario, non puõ che essere classificata come « variabile », inquan toche e rapportata in definitiva al risultato (mediato o
immediato) del lavoro : risultato che invece e estraneo, com'e noto, al concetto di retribuzione « a tempo » o ad
economia, che ha carattere fisso ed invariabile. Ora, se
la retribuzione ha carattere variabile, non solo quando tutti
gli elementi che la compongono sono variabili, ma anche
allorche sono variabili solo taluni di essi, ciõ giustifica l'unita del trattamento nell'una e nell'altra ipotesi (di va
riability cioe totale e parziale) agli effetti del computo delle
indennita di fine lavoro.
Invece, non sembrano rilevanti gli argomenti addotti dal ricorrente contro la tesi che qui si accoglie.
Si e osservato in primo luogo che, essendo il sistema
vigente in materia di liquidazione di indennita di fine
lavoro improntato in genere al favore del prestatore di
opera ed essendo, d'altra parte, nella normalitä dei casi, l'ultimo salario o stipendio corrisposto il piu alto dei com
pensi fissi cui b pervenuto il lavoratore, sarebbe contrario
ai fini della legge il far variare (inserendolo nei componenti di una somma da determinare con il criterio della media) un elomervto sicuro e fisso, producendo con ciö un danno al prestatore d'opera.
Ma tale rilievo, a parte le considerazioni fatte poco
fa, lia oltre tutto carattere di mera relativita, ben potendo in taluni casi l'ultimo elemen.to fisso della retribuzione cor
rispondere alia media di quelli corrisposti nell'ultimo trien
nio, ove in tale periodo non vi siano stati sensibili modifi
cazioni (il che potra avvenire specialmente nei confronti
di lavoratori anziani ehe abbiano giä raggiunto jl massimo
della paga base) e non essendo d'altra parte neppure da
eseludersi 1'ipotesi di un'eventuale riduzione della st es sa
paga-base anche negli ultimi anni o mesi del rapporto di
lavoro, dato il carattere dispositivo del 1° comma dell'art.
2103 eod. civ., eome ad es. nel caso in cui il lavoratore
venga assegnato a mansioni inferiori e taie cambiamento
in peius costituisca 1'effetto di una nuova disposizione del
contratto collettivo, ebe abbia provveduto a diverso inqua dramento della categoria cui appartiene il lavoratore (cfr. Cass. 23 febbraio 1954, n. 506, Foro it., Rep. 1954, voce
Lavoro (rapp.), n. 162).
Ugualmente non ha decisiva rilevanza Paltro argomento, addotto pure dal ricorrente, secondo cui, cioe in ordine ad
altre indennitä (indennitä per ferie, gratifica natalizia, in
dennitä di anzianitä in caso di dimissione), secondo la
stessa previsione del contratto collettivo (art. 12, 41), ver
rebbe fatta la media (trimestrale, mensile, ecc.) soltanto
sull'utile di cottimo e non pure sulla paga-base. In risposta a tale osservazione puõ faeilmente opporsi
ehe, in relazione alla determinazione delle suddette inden
nitä, il codice vigente non prevede e disciplina affatto la
ipotesi in cui la retribuzione sia composta in tutto o in
parte da elementi variabili, di guisa ehe lascia alle parti, in base ai principio dell'autonomia contrattuale, il piü
ampio potere dispositivo ai riguardo. Invece per le in
dennitä di anzianitä e di preavviso, il legislatore ha ritenuto
di dover diseiplinare specificamente, con norme di carattere
inderogabile le modalitädel computo delle indennitä stesse, anche nell'ipotesi in cui la retribuzione sia composta in
tutto o in parte di elementi variabili e a tale disciplina si
b non solo sostanzialmente, ma anche formalmente rimesso
il contratto collettivo (art. 40) relativo ai rapporto de quo. In conolusione puõ quindi affermarsi ehe per il computo
delle indennitä di fine lavoro, di anzianitä e di preavviso, il
legislatore ha fissato con due norme distinte, gli art. 2120
e 2121, due criteri diverei ed autonomi a seconda cioõ della
natura della retribuzione : se questa & a tempo o ad eco
nomia e quindi di carattere fisso, le indennitä di fine lavoro
vanno calcolate in base all'ultima retribuzione (art. 2120) ; se invece la retribuzione e in tutto o in parte costituita da
elementi variabili, collegati cioc al risultato, mediato o
immediato del lavoro, e tra gli elementi variabili va certa
mente compreso anche quello ehe nella prassi contrattuale
si chiama cottimo misto, allora le indennitä suddette vanno
determinate sulla media triennale di tutti gli elementi della
retribuzione, sia quelli fissi, sia quelli variabili e non sol
tanto di questi ultimi.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Seziono I civile; sentenza 18 aprile 1962, n. 755; Pres.
VebzI P., Est. Bartolomei, P. M. Gedda (ooncl.
conf.) ; Bovi (Avv. Dionisio, Dossena, Dodebo) c.
Fallimento Soe. Bernardo Garibaldi e C.
(DicMara inammissibile ricorso avverso. Trib. Imperia 5 dicembre 1959)
Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Sospensione delta vcndita di immobili — Dccrcto del tribunale
ehe pronuneia sul reelamo dell'ajjgiudieatario •—
Rieorso per cassazione — Inammissibilitä (Costi tuzione della Repubblica, art. Ill ; r. d. 16 marzo 1942
n. 267, disciplina del fallimento, art. 23, 105, 108).
ftj inammi8sibile il ricorso "per cassazione del decreto con cui
il tribunale fallimentare respinge il reelamo avverso il
provvedimento del giudice delegato, ehe sospende la vol
dita di un immobile dopo I'aggiudieazione, ritenendo il
prezzo offerto notevolmente inferiore al giusto. (1)
(1) Cass. 2 agosto 1961, n. 1858 (Est. Babtoi.omei), Foro it., 1961, I, 1434, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro
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