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Sezione II civile; sentenza 19 aprile 1963, n. 956; Pres. Marletta P., Est. Pratillo, P. M. Tavolaro...

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione II civile; sentenza 19 aprile 1963, n. 956; Pres. Marletta P., Est. Pratillo, P. M. Tavolaro (concl. conf.); Temporiti (Avv. Scognamiglio, Giussani) c. Soc. Breda ferroviaria (Avv. Mandrioli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1725/1726-1729/1730 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153366 . Accessed: 28/06/2014 12:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.106 on Sat, 28 Jun 2014 12:25:48 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione II civile; sentenza 19 aprile 1963, n. 956; Pres. Marletta P., Est. Pratillo, P. M. Tavolaro(concl. conf.); Temporiti (Avv. Scognamiglio, Giussani) c. Soc. Breda ferroviaria (Avv.Mandrioli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1725/1726-1729/1730Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153366 .

Accessed: 28/06/2014 12:25

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1725 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1726

di risoluzione o con la quanti minoris, entrambe derivanti

dalla garanzia, anche se quell'azione o quell'eccezione

egli intendesse proporre nei termini di decadenza e di

prescrizione comminati dall'art. 1495.

E dalla conclusione accolta deriva anche clie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con i quali si prospettano

questioni ehe appunto attengono alla decadenza e alla

prescrizione, rimangono assorbiti dalla pronuncia di ri

getto del secondo e delterzo motivo, ehe riflettono la que stione di proponibilitä dell'azione o dell'eccezione anzidetta.

Dalla reiezione del ricorso consegue, per la Societä

ricorrente, la perdita del deposito e la condanna ai paga mento delle spese del giudizio di cassazione.

Per questi motivi, eassa, ecc.

derando ehe, per il fatto stesso dell'intervento della colpa, si õ fuori dell'ipotesi dell'art. 1492 eirea gli effetti della

garanzia e che se si escludessero l'azione o l'eccezione per il motivo che esulano dalla garanzia e non competono quando non vi e colpa, la garanzia finirebbe col produrre la para dossale conseguenza di indebolire, in questo punto, la

tutela del compratore, che in vece, ha lo scopo di raffor

zare, e, per di piil, di indebolirla esercitando un'influenza

fuori dei limiti in cui la garanzia e circoscritta, cio6 nel

l'ipotesi di colpa del yenditore.

Tuttavia, la stessa dottrina ha ritenuto, non ostante la legge nulla disponga al riguardo, che l'azione sia sog

getta alla decadenza e alia preserizione secondo la norma

dell'art. 1495, e la eccezione (o la domanda riconvenzionale) alia sola decadenza, giusta il principio quae temporalia ad agendum perpetua exeipiendum, richiamato dall'articolo

da ultimo citato.

L'opinione esposta non puõ essere condivisa.

Infatti, nella compravendita il sinallagma esiste tra

la cosa ed il prezzo, di guisa che il venditore si rende adem

piente al contratto mediante la consegna della cosa che

ne õ oggetto ; e pertanto solo nel caso di inadempienza da parte del venditore all'obbligazione di consegnare, il

compratore puõ, in base ai principi generali, chiedere a

sua scelta l'adempimento oppure la risoluzione del contratto.

Le altre obbligazioni del venditore, elencate nelPart.

1476, sono accessorie rispetto a quella della consegna e

mirano ad assicurare la piena disponibilitä giuridica ed

economica della cosa, cautelando il compratore dal pre

giudizio di un adempimento inesatto. Esse presuppon

gono, quindi, un contratto adempiuto, e traggono appunto

origine dall'esecuzione della prestazione do vat a dal ven

ditore.

Queste considerazioni rendono evidente che, prostata la cosa, il venditore non puõ essere costretto all'adempi mento del contratto, poiche esso o giä adempiuto, ma puõ essere soltanto tenuto a rispondere verso il compratore delle conseguenze dannose che a questi siano derivate da

un inesatto adempimento. E la tutela del compratore si

attuerebbe in base ai principi generali, se gli effetti della

inosservanza delle obbligazioni accessorie del venditore

non fossero espressamente disciplinati negli art. 1478 e

segg. cod. civile. In particolare, per quanto riguarda la

garanzia per vizi, oltre le azioni specificlie concesse al

compratore, non puõ sostenersi che gli competa, nel con

corso della colpa (presunta) del venditore, anche l'azione

di adempimento o la correlativa eccezione, perche la garan zia presuppone un contratto adempiuto, e la tutela del

compratore, concorra o non concorra la colpa del vendi

tore, e attuata per salva guardarlo, come si e accennato, dalle conseguenze di un adempimento inesatto.

E di ciõ, del resto, b conferma nell'art. 1494 cod. civ.,

che, prevedendo nel caso di colpa del venditore il risarci

mento del danno esteso anche all'interesse positivo, impli citamente esclude nel caso prospettato la proponibilita dell'azione di adempimento o l'opponibilita dell'eccezione di inadempimento.

Nfe, da ultimo, va trascurato il rilievo che, mentre per l'azione di risarcimento e concepibile la soggezione ai ter

mini di decadenza e di preserizione propri della garanzia

per vizi, come piu volte ha giudicato questa Suprema corte, venendo anch'essa ad inquadrarsi nel sistema delle azioni

di garanzia, tale soggezione non riesce a configurarsi per l'azione di adempimento, che si richiama soltanto ai prin

cipi generali, talche e lecito ritenere che la contraria tesi, affermata dalla dottrina dianzi esposta, non rappresenti che un espediente per rendere impossibile al compratore, cui non sia piil consentito di esercitare l'azione di risolu

zione o la quanti minoris, di fruire, anche nel caso di colpa del venditore, del termine ordinario di preserizione per

esperire l'azione di adempimento. Alia stregua delle argomentazioni svolte deve, pertanto,

concludersi che il compratore, nella garanzia da vizi, non

possa avvalersi, anche nel coucorso della colpa del vendi

tore, dell'azione di esatto adempimento o della eccezione

di inesatto adempimento alternativamente con l'azione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 19 aprile 1963, n. 956 ; Pres.

Mabletta P., Est. Pratillo, P. M. Tavolaro (ooncl.

conf.); Temporiti (Aw. Scognamiglio, Gittssani) c.

Soo. Breda ferroviaria (Aw. Mandrioli).

(öonferma A pp. Milano 24 gennaio 1961)

Lavoro (rapporto) — IVIorte del lavoratore per inior

tunin non imputabile all'imprenditore — Inden

nizzo per assieurazione iiiiortuni volontariamen'e

contratta dall'impreditore — Detrazione dalle

indennitä spettanti ai parenti — Ammissibilitä

(Cod. civ., art. 2087, 2110, 2111, 2118, 2119, 2120, 2122, 2123 ; r. d. 13 novembre 1924 n. 1825, disciplina del

l'impiego privato, art. 6, 10, 13 ; r. d. 1. 22 marzo 1928

n. 740, interpretazione dell'art. 10 del r. d. 1. 13 novem

bre 1924 n. 1825, art. unico ; r. d. 17 agosto 1935

n. 1765, assieurazione obbligatoria degli infortuni sul

lavoro, art. 4).

L'indennizzo per infortunio mortale, che i parenti del lavo

ratore, deceduto per causa non imputabile all'imprendi tore, percepiscono per effetto di una assieurazione volon

tariamente stipulata dall'imprenditore, deve essere de

tratto dalle indennitä ehe ai medesimi spettano ai sensi

dell'art. 2122 cod. civile. (1)

La Corte, ecc. — La Corte di merito, considerate che la

Temporiti aveva riscosso la somma di lire 2.494.748 per effetto di una polizza di assieurazione eontro gli infortuni

sul lavoro, ancho se seguiti da morte, stipulata volontaria

mente dalla Breda ferroviaria a favore del dipendente Guido Besozzi, ha ritenuto che nulla era piu dovuto alia

Temporiti per i titoli da lei esposti, in quanto per l'art.

2123 cod. civ. l'imprenditore, il quale ha eompiuto volon

tariamente atti di previdenza, puõ detrarre, dalle somme

da lui dovute a norma degli art. 2110, 2111, 2120, 2122

cod. civ., quanto il prestatore di lavoro o chi per lui ha

diritto di percepire per effetto di tali atti di previdenza, anche se questi non siano stati posti in essere alio scopo di coprire le indennitä, di fine rapporto spettanti al lavo

ratore, essendo sufficiente che l'evento, il quale, di fatto, ha determinato la cessazione del rapporto di lavoro, sia

comunque compreso negli atti di previdenza, vale a dire

che questi coprano quei rischi che possano essere causa di

cessazione del rapporto come, nel caso concreto, la morte

per infortunio, e cbe le somme relative a tali atti di previ

(1) La sentenza 24 gennaio 1961 della Corte d'appello di

Milano, ora confermata, leggesi in questa rivista, 1961, I, 1755,

ove 6 altresi riportata la difforme sentenza del Trib. Milano 14

marzo 1960, con nota di riferimenti giurisprudenziali e dottrinali.

Sulle indennitä spettanti ai parenti del lavoratore defunto

ex art. 2122 cod. civ., v., da ultimo, Corrado, 11 contratto di

lavoro, 1962, pag. 293 e segg. (questa parte del volume £ anche

pubblicata in Dir. economia, 1962, 571 col titolo Sulla natura

giuridica dell'indennitä in caso di morte del lavoratore).

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1727 PARTE PRIMA 1728

denza siano state pagate dall'assicuratore, alle persone indicate dall'art. 2122 cod. civ., proprio per il verificarsi

di tale evento risolutivo, come nella fattispecie, e non a

titolo di risarcimonto danni di cui l'imprenditore assi

curante o chi per lui, debba rispondere : si obietta nel

primo mezzo del ricorso, in relazione agli art. 360, nn. 3,

5, cod. proc. civ. e 2120 cod. civ., che la Corte del merito

avrebbe errato nell'interpretare l'art. 2123 cod. civ. in

quanto l'assiourazione contro gli infortuni ha la sua cau

sale esclusiva nella copertura del rischio espressamente

prevista, cosicche non potrebbe farsi valere per altri eventi,

conne^gi piü o meno occasionalmente all'infortunio, quale la c dssazione del rapporto di lavoro per morte del presta

to.fe d'opera a seguito di infortunio, e per le indonnita

che possono spettare in conseguenza di tale cessazione.

Secondo la ricorrente il criterio dettato dall'art. 2123

sarebbe quello che la facolta di detrazione riconosciuta

all'imprenditore per atti di previdenza da lui predisposti a favore dei propri dipendenti operi soltanto tra le inden

aiitä, dovute dal datore ai sensi degli art. 2110, 2111, 2120,

I soli richiamati dall'art. 2123 e gli atti di previdenza iutesi

ad assolvere all'obbligo di pagamento di dette indennita :

il che, si fa rilevare, si comprende agevolmente, altri

menti si verrebbe a corrispondere al lavoratore, o a chi

per lui, due volte una somma dovuta alio stesso titolo,

ma non puõ valere per somma dovuta per una causale

diversa quale, nel caso concrete, il pagamento di una po

lizza di assicurazione per morte del lavoratore dovuta a

infortunio sul lavoro.

Nel secondo mezzo si lamenta, in rapporto all'art. 360,

nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione, sotto altro profilo, dell'art. 2123 cod. civ. e degli art. 2122 cod. civ., 13 del

r. decreto legge n. 1825 del 13 novembre 1924 e 1 delr. de

creto legge n. 740 del 22 marzo 1928 in quanto sarebbe, se

mai, ammessa soltanto la detraibilitä, con gli atti di previ denza predisposti dall'imprenditore, delle indennita dovute

alio stesso lavoratore ex art. 2110, 2111, 2120 cod. civ., e

non pure delle indennita spettanti ai superstiti ai sensi del

l'art. 2122.

Nel terzo mezzo si denuncia, in rapporto all'art. 360, nn. 3,

5, cod. proc. civ., e all'art. 2118 cod. civ. un'ulteriore

violazione dell'art. 2123 cod. civ. e si sostiene che la Corte

d'appello avrebbe errato nel ritenere che la detrazione della

somma corrisposta alia Temporiti, per la morte del marito

seguita a infortunio sul lavoro possa operare anche nei

confronti dell'indennita di mancato preavviso, poiche ciõ

sarebbe in esplicito contrasto con il tenore letterale dell'art.

2123. Con il quarto e ultimo mezzo si lamenta la viola

zione degli art. 2121, 2122 in quanto nella liquidazione finale delle indennitä spettanti alia Temporiti, dovrebbe

tenersi conto anche dell'aggiunta di famiglia. II ricorso e infondato

L'art. 2123 deriva strettamente dall'art. 13 del r.

decreto legge n. 1825 del 13 novembre 1924, sul contratto

d'impiego privato, e dall'art. unico del r. decreto legge n. 740 del 22 marzo 1928. II primo stabilisce che «... in

caso di morte dell'impiegato spetta al coniuge superstite, e ai congiunti non oltre il quarto grado che vivevano a

suo carico, le indennitä, di licenziamento di cui all'art. 10

(cio&, dato l'uso del plurale, sia quella di preavviso sia

l'altra di anzianita previste entrambe da detto articolo) fatta deduzione di quanto essi abbiano diritto a percepire . . .

da una societä, assicuratrice per atti di previdenza com

piuti dal principale ».

II secondo dispone che «... salvo espresso patto in

contrario, e in facoltä del principale di dedurre dall'am

montare dell'mdennita prevista dall'art. 10, 3° comma

(anzianitä), del r. decreto legge n. 1825 del 1924, per il

caso di licenziamento da lui dato dall'impiegato, quanto

questi abbia diritto a percepire, in conseguenza di tale

licenziamento, per atti di previdenza compiuti da detto

principale ».

Era generalmente ammesso il carattere interpretativo del decreto n. 740 del 1928 (cfr. Cass. sent. n. 49 del 12

gennaio 1933, Foro it., 1933, I, 677) e si riteneva che la

deduzione in parola, era consentita al datore di lavoro

anche per gli atti di previdenza da lui volontariamente

predisposti a favore dell© proprie impiegate in caso di

interruzione del servizio per puerperio e gravidanza (art.

6, 7° comma, deereto n. 1825 del 1924). Tali disposizioni sono state trasfuse, estendendole a

tutti i lavoratori subordinate nell'art. 2123 cod. civ.,

secondo cui, appunto, il datore di lavoro, che abbia volon

tariamente predisposto (s'intende esclusivamente a sue

spese) atti di previdenza per far fronte aU'eventuale adem

pimento dei particolari obblighi su lui gravanti, quando i

propri dipendenti si vengano a trovare nelle condizioni

per le quali sono previste, a loro favore o di chi per essi,

iniziative o a fini assistenziali (e cioe per il caso di malattia,

gravidanza e puerperio: art. 2110; di servizio militare :

art. 2111 e di morte : art. 2122) ovvero a fini d'indennizzo

(come per il caso d'infortunio sul lavoro non mortale o

di malattia professionale : art. 2110 e di licenziamento non

per giusta causa : art. 2120), puõ, salvo patto contrario,

dedurre dalle somme che deve per i titoli suddetti al pre statore d'opera quanto questi o cbi per lui ha diritto di

percepire per effetto degli atti di previdenza medesimi.

II tenore della norma, e la sua non discussa finalitä

a carattere anche previdenziale, non lascia dubbi, con

trariamente all'assunto della ricorrente, che essa, come

sopra si e accennato, ricomprenda anche l'ipotesi prevista dall'art. 2122, il quale deve ritenersi implicitamente richia

mato dalla norma stessa per l'esplicito riferimento fatto

all'art. 2120.

E, invero, il coniuge superstite, i figli e, se vivevano

a carico del prestatore d'opera, i parenti entro il terzo

grado e gli affini entro il secondo, hanno diritto, in base

all'art. 2122, a percepire, e nel medesimo ammontare,

quelle stesse indennitä, e non altre, che sarebbero spettate al lavoratore (art. 2118, 2120) ove il rapporto di lavoro

si fosse risolto, invece che per morte, per ogni altra causa

diversa da quella prevista dall'art. 2119 : vale a dire che

dette persone si sostituiscono al lavoratore se pure, com'e

pacifico in dottrina e in giurisprudenza, iure proprio e non

heredüatis. E, pertanto, come il datore di lavoro poteva dedurre dalle somme spettanti al lavoratore a norma

dell'art. 2120 quanto il lavoratore stesso avrebbe percepito

per atti previdenziali predisposti a suo favore, cosi il da

tore medesimo puõ dedurre dalle somme spettanti alle

persone indicate dall'art. 2122 quanto queste hanno per

cepito per atti previdenziali predisposti a loro favore in

vista deU'eventuale risoluzione del rapporto di lavoro per

morte del prestatore d'opera. Che poi l'indennita di preavviso, richiamata dall'art.

2122, e dovuta alle persone ivi indicate per espressa dispo sizione dell'art. 2118, ult. capov., abbia, come quella di

anzianitä, carattere essenzialmente assistenziale per le

persone indicate dall'art. 2122, e non di risarcimento per il

lucro cessante, preveduto o prevedibile, com'e per il lavo

ratore, e anche principio pacifico, e non lo contesta la

ricorrente, cosicche non puõ farsi diversity di trattamento

giuridico tra due indennitä aventi identica natura, le

quali, peraltro, come si e visto, sono insieme considerate

dagli art. 10 e 13 della legge sull'impiego privato, dai quali derivano gli art. 2122, 2123 cod. civile.

Non puõ avere, pertanto, valore interpretativo in senso

contrario al principio qui affermato il fatto che nell'art.

2123 non & ricliiamato l'art. 2118. Ciõ poträ significare, se mai, che per il lavoratore non e prevista la deducibility

per atti di previdenza della indennitä, di preavviso (data la sua particolare natura) ; ma poiohe, in caso di morte

del lavoratore, l'art. 2118, ult. capov., espressamente dispone che tale indennitä sia pagata ai superstiti ed essa e richia

mata dall'art. 2122 ed ha, per le persone ivi indicate, la

stessa natura giuridica dell'indennita di aiizianita, richia

mata dall'art. 2123, se ne deve dedurre la sottraihilit;\,

da quanto dovuto per indennitä di preavviso ex art. 2118, ult. capov., anche di ciõ che si ha diritto di percepire per effetto degli atti di previdenza volontariamente disposti dal datore di lavoro.

Ed ancora, poiche le indennitä in parola vengono li

quidate in base alia retribuzione percepita dal lavoratore,

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1729 GIUR1SPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1730

& certo ohe non si puõ toner conto, per esse, degli assegni familiari, i quali non costituiscono parte della retribuzione

dovuta dal datore di lavoro quale corrispettivo dell'opera per lui prostata, ben si una provvidenza, a oarattere assi

stenziale, che il lavoratore subordinate) percepisee come

oapofamiglia, per poter far fronte alle esigenze di deter -

minati familiari conviventi a suo carico ; e ehe il datore

di lavoro, nel settore dell'mdustria, eorrisponde al lavo

ratore quale mandatario dell'I.n.p.s. (cfr. Cass. sent. n.

2445 del 7 luglio 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Previ

denza sociale, nn. 699, 700). Infine che l'imprenditore possa dedurre da quanto

dovuto al lavoratore, o alle persone indicate nell'art. 2122,

per i titoli di cui si e detto, le somme all'uno o alle altre

corrisposte, per atti di previdenza da lui volontariamente

compiuti, solo quando tra tali atti e l'ipotesi in concreto

verificatasi esista non un semplice vincolo di occasionalitä

ma nn vincolo causal©, e principio giä affermato da questa

Suprema corte con la cit. sent. n. 49 del 12 gennaio 1933.

Nella quale, infatti, si e affermato che per atti di previdenza debbono intendersi solo quelli che vengono compiuti dal

datore di lavoro al fine di predisporre l'adempimento di

una sua eventuale obbligazione che possa insorgere quando abbia a verificarsi l'evento futuro e incerto di un licenzia

mento senza colpa, di una malattia, della morte o taluno

degli altri eventi previsti dalla legge, cosicche tale evento

fuuge da condizione sospensiva del diritto del lavoratore, o da clii per lui, a percepire le somme dovute per gli atti

previdenziali del datore di lavoro, diritto che non si matura

se non quando l'evento previsto si sia verificato.

Senonche la Corte d'appello con ampia motivazione, immune da vizi logici e da errori di diritto e pertanto in

sindacabile in questa sede, ha affermato che, nel caso

concreto, tale nesso causale esisteva.

£ pacifico che la Soc. an. Breda ferroviaria aveva assi

curato volontariamente, a proprie spese, il dipendente Besozzi contro gli infortuni sul lavoro (s'intende al di fuori

dell'assicurazione obbligatoria prevista dal r. decreto legge n. 1765 del 17 agosto 1935, e del diritto dei superstiti a

percepire la rendita e l'assegno una taritum ex art. 21,

n. 3, di detto decreto) non soltanto per il caso di invalidity

temporanea o permanente, ma anche per il caso di morte, e non esclusivamente per coprire una propria eventuale

responsabilita ex art. 2087 cod. civ. e 4 del decreto n. 1765

del 1935. Ed allora non puõ contestarsi che se era stata

espressamente prevista, tra gli atti di previdenza per il

lavoratore, anche la morte di questi come conseguenza di

un infortunio sul lavoro, il datore, con l'atto di previdenza

compiuto, aveva inteso liberarsi, data l'inesistenza di un

patto contrario, anche dall'obbligazione che gli incombeva

ai sensi dell'art. 2122, come 6 dimostrato dalla correspon sione alia Temporiti dell'indennizzo assicurativo pur es

sendo stata esclusa, riguardo l'infortunio mortale, ogni

responsabilita del datore o di chi era incaricato della dire

zione o della sorveglianza del lavoro. Indennizzo che non

sarebbe stato corrisposto se la morte fosse stata conse

guenza di altra causa non contemplata negli atti previ

denziali, cosicche il datore di lavoro avrebbe dovuto far

fronte direttamente agli obblighi che gli incombevano

ex art. 2122.

Onde l'esistenza, esattamente affermata dalla Corte

del merito, del nesso causale tra cessazione del rapporto di lavoro per morte da infortunio e atti di previdenza. Ed invero l'evento morte, seguito alia causa prevista nell'atto di previdenza, lia, da un lato, risolto senz'altro

il rapporto di lavoro, dall'altro, realizzato la condizione,

a favore dei soggetti indicati dall'art. 2122 per il diritto

alia riscossione delle somme per gli atti di previdenza com

piuti volontariamente dal datore di lavoro. Questi, a causa

della morte del proprio dipendente, avrebbe dovuto cor

rispondere, agli aventi diritto, le indennitä, di cui all'art.

2122, a queste sisono sostituite le somme pagate per l'atto

di previdenza, le quali era no dovute per essersi la morte

(e, quindi, la risoluzione del rapporto) verificata proprio

per la causa prevista (infortunio) dall'atto di previdenza.

In tal senso, peraltro, si e espressa, interpretando l'art.

13 della legge sull'impiego priyato, questa Corte nella

sent. n. 1108 del 14 aprile 1937 (Foro it., Rep. 1937, voce

Impiego privato, n. 739), eon la quale & stato affermato

che dalle indeniiita, di licenziamento (preavviso e anzianitä)

agli aventi diritto, per la morte dell'impiegato a seguito d'infortunio sul lavoro, deve dedursi la somma da quello

percepita per l'assicurazione dell'estinto contro gli infor

tuni mortali stipulata volontariamente dal datore.

E nello stesso senso discendendo esso direttamente

dall'art. 13 citato, va interpretato l'art. 2125, con il quale, in definitiva, si e inteso escludere il cumulo tra le inden

nitä, previste dagli art. 2110, 2121, 2120, 2122 e le somme

clie il prestatore d'opera, o chi per lui, ha diritto di perce

pire per effetto degli atti di previdenza volontariamente com

piuti dal datore stesso quando, adempiendo questi atti

alia medesima funzione di quelle indennitä, possono, se

non vi c patto contrario, come nel caso concreto, sosti

tuirle.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, ma ricorrono

giusti motivi per la compensazione totale delle spese del

giudizio di cassazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezioni unite civili; sentenza 17 aprile 1963, n. 946 ; Pres.

Di Pilato P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Pepe

(concl. conf.) ; Travan (Aw. Marpilleeo, Cosattini) c.

Consiglio naz. geometri.

(Gassa Oonsiglio naz. geometri 25 ottobre 1960)

ProSessioni intellettuali — Gcomctra — Impiegato di pubblica Amministrazione — Iscrizionc al

l'albo —- Ammissibilitä — Condizioni (E. d. 11

febbraio 1929 n. 274, regolamento per la professione di

geometra, art. 7).

La qualitä di impiegato di una pubblica Amministrazione e

inoompatibile con Vesercizio della libera professione di

geometra (e quindi con la icrizione all'albo professionale), sol se la incompatibilitä sia espressamente preveduta dal

Vordinamento deU'ente pubblico dal quale I'impiegato dipende, ovvero da leggi, regolamenti, o capitolati. (1)

La Corte, eoc. — II ricorso e fondato : il Consiglio nazio nale dei geometri ha, infatti, nella decisione impugnata interpretato inesattamente l'art. 7 del r. deereto 11 febbraio

1929 n. 274, nonche l'art. 22 del regolamento dell'Istituto

autonomo per case popolari di Gorizia, onde la decisione

medesima dev'essere annullata.

Come altra volta, in ipotesi identica (poiche il corri

spondente articolo del regolamento di altro istituto auto

nomo per le case popolari conteneva una norma analoga a

quella del rieordato art. 22), questa Corte suprema ha giä deciso (sentenza 18 marzo 1961, n. 619, Foro it., 1962, I,

346) che, a norma dell'art. 7 del r. deereto 11 febbraio 1929

n. 274, la qualita di impiegato di una pubblica Amministra

zione non e, di per sc sola, inoompatibile con la professione di geometra (e quindi con l'iscrizione dell'impiegato nel

l'albo professionale) ; occorrendo invece, perc.he detta incom

patibilita sussista, che l'esercizio della libera professione sia

espressamente vietato dall'ordinamento dell'ente da cui

il geometra dipende.

(1) In senso conforme : Cass. 23 maggio 1062, n. ]202, Foro it., Rep. 1962, voce Professioni intellettuali, n. 104 ; 18

marzo 1961, n. 619 e 2 gennaio 1961, n. 2, id., 1962, I, 346, con nota di richiami.

In dottrina, cfr. : De Santis, Geometra, voce del Novissimo

digesto it., VII, pag. 804 ; Romano, Oggetto e limiti dell'esercizio

professionale di geometra, in Corriere amm., 1959, I, 260 ; An

dreini, Impiego pubblico e libera professione, in Nuova rass.,

1957, 800 ; Lega, La libera professione, 1952, pag. 220,

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