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sezione II civile; sentenza 19 febbraio 1996, n. 1280; Pres. Verde, Est. Patierno, P.M. Nardi...

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sezione II civile; sentenza 19 febbraio 1996, n. 1280; Pres. Verde, Est. Patierno, P.M. Nardi (concl. conf.); Gentilini (Avv. Guardascione, Pittorito) c. Cattarossi (Avv. Mazza Ricci, Scialino). Cassa App. Trieste 14 gennaio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1241/1242-1243/1244 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190285 . Accessed: 25/06/2014 06:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.109 on Wed, 25 Jun 2014 06:50:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 19 febbraio 1996, n. 1280; Pres. Verde, Est. Patierno, P.M. Nardi(concl. conf.); Gentilini (Avv. Guardascione, Pittorito) c. Cattarossi (Avv. Mazza Ricci, Scialino).Cassa App. Trieste 14 gennaio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1241/1242-1243/1244Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190285 .

Accessed: 25/06/2014 06:50

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

una uguale tutela diretta del diritto di godimento, di carattere

petitorio, debba essere riconosciuta a colui che non consegua il bene per il fatto esclusivo del terzo, che ne impedisca la mate

riale consegna da parte del locatore. La quale, peraltro, può anche essere fatta in forma simbolica, per modo che l'attività

di materiale apprensione è in toto demandata allo stesso con duttore.

Pertanto, l'art. 1585, 2° comma, enuncia un principio che, sebbene testualmente riferito alle molestie di fatto concernenti

il godimento dell'immobile (per le quali non vige la garanzia del locatore), si applica analogicamente anche nei casi in cui

il fatto illecito del terzo, che occupi abusivamente l'immobile concesso in locazione, impedisca l'attuazione del rapporto; nel

le quali ipotesi, quindi, il conduttore può agire direttamente

contro l'autore dell'illecito per ottenere la disponibilità del bene

e/o per il risarcimento del danno.

Nella specie, quindi, correttamente i giudici di merito hanno

ritenuto irrilevante accertare se il Mollica avesse già conseguito la detenzione del bene, perdendola successivamente, o — come

sembra più verosimile — non fosse riuscita a conseguirla, an

corché a ciò abilitato dall'Iacp. 2. - Sono manifestamente infondati il secondo e il terzo moti

vo di ricorso, con i quali, denunziando vizi della motivazione, il ricorrente censura la sentenza per avere riconosciuto nei con fronti del Mollica un valido rapporto di assegnazione.

Il tribunale ha stabilito che titolare del rapporto di locazione

era il Mollica e che, per contro, il D'Onofrio deteneva abusiva

mente l'immobile, non avendo dimostrato (e neppure specifica mente dedotto) l'esistenza di un rapporto con l'istituto proprie tario dell'immobile.

Le critiche si infrangono, quindi, contro un accertamento di

fatto che, in quanto congniamente e logicamente motivato, non

è sindacabile in questa sede.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 19 feb

braio 19%, n. 1280; Pres. Verde, Est. Patierno, P.M. Nar

di (conci, conf.); Gentilini (Avv. Guardascione, Pittorito) c. Cattarossi (Aw. Mazza Ricci, Scialino). Cassa App. Trie

ste 14 gennaio 1993.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratto di

assistenza — Qualificazione — Fattispecie (Cod. civ., art.

1872).

L'accordo con il quale una parte, in corrispettivo dell'alienazio

ne di un immobile, si obbliga a prestare ad un 'altra, sua vita

naturai durante, assistenza prevalentemente morale e solo in

caso di bisogno quella materiale, si configura come contratto

atipico rispetto alla rendita vitalizia, nonché diverso dal co

siddetto vitalizio alimentare e di mantenimento. (1)

(1) Con la sentenza in epigrafe, la Cassazione si è trovata ad affron

tare nuovamente la questione della qualificazione giuridica dei c.d. vi talizi impropri, da un lato allineandosi all'indirizzo giurisprudenziale

(attualmente dominante) a favore dell'atipicità di queste figure negozia

li, dall'altro proclamando l'esistenza di una fattispecie (denominabile vitalizio assistenziale) diversa dalle ormai socialmente tifiche figure del

vitalizio alimentare e di mantenimento.

Strettamente connesso (ne è prova la pronuncia in rassegna) al pro blema della qualificazione giuridica dei vitalizi impropri è la questione dell'applicabilità ad essi della disciplina di cui all'art. 1878 c.c., impedi tiva del rimedio risolutorio previsto dall'art. 1453 c.c. Infatti, se si ac

coglie la tesi del contratto atipico, in caso di inadempimento del vitali

ziante resta aperta la via che conduce alla risoluzione di cui all'art.

1453 c.c.; se, invece, si riconducono i vitalizi alimentare, di manteni

mento e assistenziale alla fattispecie della rendita vitalizia, sarà applica bile ad essi la disciplina prevista dall'art. 1878 c.c., che impedisce l'ope ratività del rimedio risolutorio in caso di inadempimento del debitore

di una rendita vitalizia. L'orientamento giurisprudenziale prevalente fino agli inizi degli anni

Il Foro Italiano — 1996 — Parte I-23.

Svolgimento del processo. — Con citazione del 13 novembre

1986 Luigia Gentilini conveniva in giudizio Tarcisio Cattarossi

e Vania Cattarossi, affinché, accertato che il contratto di com

pravendita stipulato fra le parti il 30 novembre 1982 era in real

tà un contratto simulato dissimulante un negozio di costituzio

ne di rendita vitalizia, il Tribunale di Udine dichiarasse risolto il contratto dissimulato per inadempimento dei convenuti, con

sistente nella mancata prestazione dell'assistenza morale e ma

teriale alla quale erano contrattualmente obbligati, con condan

na degli stessi al risarcimento del danno da liquidarsi in via

equitativa. I convenuti negavano l'inadempimento, ma il tribunale, ac

certata la simulazione della vendita, sulla scorta della dimessa

contro-dichiarazione e dichiaratane la conseguente nullità, ac

coglieva la domanda risolutoria.

La Corte di appello di Trieste con sentenza 14 gennaio 1993,

accogliendo l'appello dei soccombenti Cattarossi, respingeva la

domanda della Gentilini. La corte di appello riteneva che il contratto dissimulato, uni

ca fonte di obblighi tra le parti, doveva essere ricondotto, allo

schema del vitalizio oneroso, arricchito dalla presenza, accanto

alla prestazione di dare, di un facere infungibile. In relazione

a detto schema doveva essere apprezzato il presunto inadempi mento dei fratelli Cattarossi, per cui assumevano rilievo soltan to le eventuali inadempienze all'obbligo di prestare l'assistenza

morale alla nonna, nonché quella materiale, questa esclusiva

mente in caso di bisogno. In ordine alla assistenza materiale, questa non era dovuta dai

nipoti, dal momento che appariva incontestato che la nonna

ottanta assimilava il vitalizio alimentare e di mantenimento alla figura della rendita vitalizia (cfr. Cass. 15 marzo 1982, n. 1683, Foro it., Rep. 1982, voce Rendita vitalizia, n. 3), mentre le sentenze successive affer mano l'autonomia dei vitalizi impropri classificandoli tra i contratti ati

pici. Nell'attuale trend giurisprudenziale favorevole all'atipicità del vi

talizio alimentare e di mantenimento, cfr. Cass., sez. un., 18 agosto 1990, n. 8432, id., Rep. 1991, voce cit., n. 3, e Giur. it., 1991, I, 1, 30, con osservazioni di Chito; Arch, civ., 1990, 1122, con nota di Ali

brandi; 30 gennaio 1992, n. 1019, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n.

2, nonché in Giur. it., 1994, I, 1, 822, con nota di Landriscina, e

Corriere giur., 1992, 893, con nota di Costanza; 7 febbraio 1992, n.

1401, Foro it., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n. 218.

Le cadenze argomentative sviluppate da Cass. 1280/96 per sostenere

l'atipicità del contratto sottoposto al suo vaglio per un verso sono quel le comuni alle proprie precedenti decisioni sulla stessa materia. Infatti,

obbligo di facere e infungibilità della prestazione del vitaliziarne hanno costituito gli elementi distintivi del rapporto in esame rispetto al vitali

zio oneroso. A questi si sarebbe potuta aggiungere la natura continuati

va, anziché periodica (tipica della rendita vitalizia), della prestazione di facere nel vitalizio atipico, (cfr. Torrente, Rendita perpetua - rendi ta vitalizia, in Commentario Scioloja-Branca, Bologna-Roma, 1966, 72; G. Sanfilippo, Autonomia contrattuale e tutela dell'anziano nei con tratti di rendita e di mantenimento, in Rass. dir. civ., 1990, 100). Per altro verso, la Suprema corte, a sostegno sempre dell'atipicità dell'ac

cordo, guarda al «prevalente contenuto non meramente patrimoniale . . .

ma ... di assistenza morale» dell'impegno del vitaliziante; contenuto

che, a suo avviso, costituirebbe inoltre il criterio descrittivo tra il vitali

zio assistenziale e i ricorrenti vitalizi alimentare e di mantenimento. An

cora, tra le righe della motivazione si legge, a specificazione della pre stazione di facere esaminata, che questa consisterebbe «in tutti quei servizi e comportamenti che secondo una interpretazione di buona fede

rientrano nell'assistenza morale di cui può aver bisogno una persona di età avanzata».

In definitiva, per distinguere il vitalizio alimentare da quello di man

tenimento, nonché da quello di assistenza morale, occorre aver riguar do al tipo di esigenza che attraverso lo strumento negoziale si intende

soddisfare (sul criterio discretivo consistente nell'esigenza da soddisfa

re, ma relativamente al vitalizio alimentare e di mantenimento: v. Au

ietta, Alimenti e solidarietà familiare, Milano, 1984, 200; Luminoso, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995, 351).

Per quanto riguarda la posizione della dottrina circa la natura dei

vitalizi impropri, in prevalenza viene sostenuta l'idea dell'atipicità di

questi contratti: v., oltre agli autori sopra cit., A. Lener, Vitalizio, voce del Novissimo digesto, Torino, 1975, XX, 1022; Terranova, Vi

talizio alimentare in cambio di un immobile e rinunzia all'azione di

risoluzione, in Foro it., 1976, I, 2882; Correda, Sul vitalizio alimenta

re, in Riv. giur. sarda, 1991, 66; Alibrandi, Cenni sulla risoluzione del vitalizio assistenziale, in Arch, civ., 1990, 1124.

Favorevole alla sussunzione dei contratti in discorso nello schema della

rendita vitalizia onerosa: Andreoli, La rendita vitalizia, in Trattato

diretto da Vassalli, Torino, 1958, Vili, 194.

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1243 PARTE PRIMA 1244

non versava in situazione di bisogno. In ordine invece alla sus sistenza morale, premessa la difficoltà di ancorare la stessa a

parametri oggettivi, la corte rilevava come la sua prestazione fosse stata fortemente ostacolata sia dalla scarsità di frequenta zione fra nonna e nipoti, che dai forti dissapori nella generazio ne intermedia e, infine dallo stesso orgoglioso autonomismo della

interessata, ferma restando la mancanza di qualsiasi prova in ordine ad un allontanamento dalla casa di Salt — oggetto della

alienazione — per motivi diversi dalla spontanea iniziativa della

Gentilini. Contro questa sentenza ha proposto ricorso la Gentilini sulla

base di cinque motivi di cassazione. Resistono con controricor so Tarcisio e Vania Cattarossi. Entrambe le parti hanno deposi tato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo denunciando

violazione dell'art. 1872 c.c. in relazione agli art. 1322 e 1323

stesso codice, sostiene la ricorrente che la qualificazione giuridi ca attribuita dalla corte d'appello al contratto dissimulato è er

ronea, non essendo in esso configurabile un negozio costitutivo di rendita vitalizia, quanto piuttosto un negozio atipico, carat

terizzato da II'intuitus personae e soprattutto dalla infungibilità delle prestazioni.

Con il secondo motivo denunciando violazione dell'art. 1326 c.c. in relazione all'art. 1455 stesso codice, deduce la ricorrente che la corte di appello ha mancato di considerare l'interesse della vitaliziata per giudicare della gravità delle affermate ina

dempienze, interpretando su di un piano meramente formalisti co il contenuto degli obblighi morali e materiali dei vitaliziami.

Con il terzo motivo denunciando omessa, insufficiente e con traddittoria motivazione circa un punto decisivo della contro versia lamenta la ricorrente che la corte non ha indagato e com

preso il preciso contenuto degli obblighi scaturenti dal contrat

to, tanto è vero che a fronte della cessione dell'immobile di sua proprietà, non si è chiesto e non ha dato alcuna risposta al necessario quesito di quale sia stata la controprestazione for nita dai fratelli Cattarossi.

Con il quarto motivo denunciando omessa, insufficiente e con traddittoria motivazione circa un punto decisivo della contro versia assume la ricorrente che la sentenza impugnata è vistosa mente contraddittoria nel ritenere non sussistente il dedotto ina

dempimento pur riconoscendo l'indubbia scarsità di

frequentazione fra nonna e nipoti, in quanto anche il preteso orgoglioso «autonomismo» rilevato dalla corte, non avrebbe do vuto impedire ai nipoti l'osservanza delle clausole contrattuali.

Tutte queste censure, che è bene esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono sostanzialmente fondate.

Non può condividersi invero la opinione dei giudici di merito secondo cui il contratto de quo sarebbe riconducibile allo sche ma del vitalizio oneroso, non trattandosi di un vero e proprio vitalizio alimentare o di mantenimento, talché in relazione a detto schema doveva essere apprezzato il presunto inadempi mento dei fratelli Cattarossi.

Invero, con il contratto dissimulato, quale risultava dalla con trodichiarazione del 30 novembre 1982, i vitaliziami si obbliga vano a prestare in favore dell'ava assistenza sia morale, «che in caso di bisogno . . . quella materiale».

Ora è indubbio che anche se nel contratto de quo sono pre senti elementi che caratterizzano il c.d. vitalizio alimentare, già estraneo secondo il prevalente indirizzo della dottrina e della

giurisprudenza di questa corte alla rendita vitalizia (cfr. sent. 5 gennaio 1980, n. 50, Foro it., Rep. 1980, voce Rendita vitali

zia, n. 2; 15 febbraio 1983, n. 1166, id., 1983, I, 933; 18 agosto 1990, n. 8432, id., Rep. 1990, voce cit., n. 3), data la sua natu ra di obbligazione di facere piuttosto che di dare, non può non rilevarsi come nel caso in esame sia prevalente il contenuto non meramente patrimoniale delle prestazioni degli obbligati — che non variano come per il mantenimento a seconda dei bisogni del vitalizio — ma sono contrassegnati soprattutto dall'impe gno di prestare assistenza morale, obbligo questo che assume un rilievo fondamentale nella struttura del contratto, colorando altresì' di infugibilità la prestazione del vitaliziante.

Si tratta quindi di un contratto atipico, nel quale gioca un ruolo decisivo, nel concreto assetto degli interessi, la prestazio ne di assistenza morale, ritenuta indefettibile e non eventuale come quella di assistenza materiale.

In tal contesto, anche se non può non riconoscersi la difficol tà di ancorare le prestazioni dei vitaliziami a parametri oggetti

II Foro Italiano — 1996.

vi, deve senz'altro ritenersi che le obbligazioni dei fratelli Cat tarossi vanno determinate con riferimento a tutti quei servizi e comportamenti, che secondo una interpretazione di buona fe de rientrano nella assistenza morale di cui può aver bisogno una persona di età avanzata.

La corte triestina nell'affrontare il delicato e decisivo tema

dell'inadempimento sotto il profilo della obbligazione di presta re l'assistenza morale alla vitaliziata, non sembra aver dato il

giusto rilievo al contenuto delle peculiari prestazioni richieste

per assolvere gli obblighi derivanti dal contratto, rendendo una motivazione semplificatoria, insufficiente, inadeguata e contrad

dittoria. La corte infatti era chiamata ad accertare se vi fosse stato

da parte dei fratelli Cattarossi inadempimento delle obbligazio ni assunte con il contratto de quo, in caso positivo se tale ina

dempimento fosse stato colpevole o meno. A tal fine occorreva

valutare, tra l'altro, se il comportamento della Gentilini fosse

stato tale da rendere oggettivamente impossibile l'adempimento da parte dei Cattarossi delle obbligazioni a loro carico. Ed infi ne se l'inadempimento fosse stato di gravità tale, avuto riguar do all'interesse dell'altra parte, come prescrive l'art. 1455 c.c., da comportare la risoluzione del contratto. Tale indagine è del tutto mancata, essendosi la corte, benché avesse accertato la

scarsità di frequentazione tra nonna e nipoti e sostanzialmente a fronte della cessione dell'immobile di sua proprietà da parte della Gentilini, la mancanza di qualsiasi controprestazione da

parte dei fratelli Cattarossi, limitata ad evidenziare i forti dissa

pori nella generazione intermedia, unitamente ad un certo orgo glioso autonomismo dell'interessata, come se tutto questo fosse sufficiente a giustificare il comportamento inadempiente degli obbligati, che in ogni caso, a prescindere da tutto erano tenuti a fornire le proprie prestazioni cosi come contrattualmente

previste. Sussistono quindi i denunciati vizi della motivazione, avendo

la corte motivato la sua decisione, più formulando ipotesi, che con argomenti dimostrativi fondati su precisi elementi, pro cessuali.

Fondato è anche l'ultimo motivo di ricorso con il quale si contesta «una specie di messa in mora» ravvisata dalla corte nella lettera raccomandata inviata dai Cattarossi alla nonna, dal momento che in una fattispecie contrattuale atipica, nella quale non è definita la natura della cooperazione del creditore, tanto nella fase finale della ricezione, che in quella preparatoria della

prestazione, ipotizzare una specie di mora credendi, appare fuor viarne rispetto alle conseguenze che se ne vogliono trarre.

Il ricorso dunque deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 feb braio 1996, n. 1025; Pres. V. Sgroi, Est. Vignale, P.M. Mo rozzo Della Rocca (conci, conf.); Provincia di Arezzo (Avv. Poletti Pane, Paolini) c. Comunità montana zona H Alto

Tevere Valtiberina e altri; Comunità montana zona H Alto Tevere Valtiberina e altri (Aw. Pecchioli, Landolfi) c. Ghi

gnoni e altri; Ghignoni e altri (Avv. Lorenzoni, Landolfi) e. Comunità montana zona H Alto Tevere Valtiberina; Ghi

gnoni c. Provincia di Arezzo. Conferma App. Firenze 27 gen naio 1992.

Arricchimento senza causa — Pubblica amministrazione — Rap porto obbligatorio — Titolarità (Cost., art. 44; cod. civ., art.

822, 824, 2041; cod. proc. civ., art. 335; 1. 2 febbraio 1958 n. 126, disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico, art. 4; 1. 3 dicembre 1971 n.

1102, nuove norme per lo sviluppo della montagna, art. 1, 2, 7).

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