Sezione II civile; sentenza 19 giugno 1962, n. 1550; Pres. Vela P., Est. Albano, P. M. Pisano(concl. conf.); Carrieri (Avv. Lorè) c. Marsan (Avv. Battista)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 10 (1962), pp. 1945/1946-1949/1950Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150828 .
Accessed: 28/06/2014 08:27
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.223.28.76 on Sat, 28 Jun 2014 08:27:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIViLE
stato compiuto in buoria fede ed in conformity delle norme
ehe disciplinano la eireolazione, fosse tale, a norma del
ricordato art. 1994 cod. civ., da attribuire all'acquirentc 1'inattaecabilitä, dell'acquisto.
Ciõ si desume dall'art. 93 legge cambiaria, dall'art. 74
della legge sull'assegno e dall'art. 2027, ult. comma, cod. civ., ehe concordemente affermano il principio, secondo il quale l'ammortamento del titolo lascia salve e non pregiudica le ragioni del detentore del titolo ammortato verso chi ha
ottenuto l'ammortamento, ragioni che, in favore del deten
tore del titolo, possono sorgere dalla propriety del titolo
medesimo legittimamente acquistata e dalla correlativa
titolaritä del credito incorporato ne' titolo. Nel conflitto
tra chi ha acquistato legittimamente la propriety del titolo
ammortato e, come tale, deve considerarsi il vero ed unico
titolare del diritto di credito, e colui che puõ vantare sol
tanto la legittimazione conferitagli dal decreto di ammor
tamento, la preferenza deve essere riconosciuta necessaria
mente al primo. La legge, in sostanza, ha ritenuto che il decreto di am
mortamento, semplice strumento di legittimazione in so
stituzione del titolo di cui si e perduto il possesso, non
põssa piü giustificare il pagamento del titolo ottenuto in
forza di quel decreto, se viene a risultare che altri sia ti
tolare del credito, per avere acquistato legittimamente la
proprieta del titolo durante la eireolazione di esso e prima che l'ammortamento lo avesse reso inefficace. Anche in
mancanza di opposizione al decreto di ammortamento da
parte del detentore del titolo, la legge considera l'eventuale
pagamento fatto dal debitore all'ammortante, come pa
gamento indebito quando si accerti che questi, avendo per
duto, oltre che il possesso, anche la proprieta del titolo, non poteva piü pretendere la titolaritä del credito ; reci
procamente, quando il pagamento sia stato eseguito, come
vuole la legge, a chi, con l'acquisto della proprieta del ti
tolo nel modo indicato dall'art. 1994 cod. civ., puõ vantare
una titolaritä del credito non separata dalla legittimazione, la validity di questo pagamento non puõ farsi dipendere dall'osservanza di un onere di opposizione al decreto di am
mortamento da parte del debitore che tale pagamento abbia eseguito. In tali sensi questo Supremo collegio, dopo la pronuncia delle Sezioni unite, si e ripetutamente pronun ciato (Cass. 3 maggio 1957, n. 1493, Foro it., Rep. 1957, voce Ammortamento, n. 25 ; 4 ottobre 1957, n. 3603, ibid., nn. 20-22) e tale indirizzo non e contrastato da una sen
tenza, che e stata invocata dal ricorrente (Cass. 23 marzo
1957, n. 1059, id., 1957, I, 982) che riguarda altra specie, e cioe il risareimento del danno. A tale esatto criterio si e
ispirata la sentenza denunciata, dando ampia giustifica zione del proprio assunto, onde priva di fondamento õ anche
la censura di difetto di motivazione su punto decisivo.
Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza
per violazione dell'art. 93 r. decreto 21 dicembre 1933
n. 1736 e per difetto di motivazione. Premesso che, a norma
della seconda parte del quarto comma dell'art. 93 legge
assegni l'istituto emittente b responsabile verso l'ammor
tante se il pagamento del titolo viene effettuato da uno
qualsiasi dei suoi stabilimenti o recapiti dopo la notifica
del decreto di ammortamento, e che la Corte di merito ha
ritenuto superata la questione della effettiva titolaritä del
credito nel detentore e quindi del carattere estintivo del
pagamento, il ricorrente sostiene che la Corte di merito
abbia dato una erronea interpretazione alia espressione «rende responsabile », che invece implica un secondo paga
mento, se il primo non fu effettuato in conformitä della
legge e in ogni caso il pagamento effettuato dal Banco al
Lo Casto non sarebbe ripetibile per il Banco che vi era
tenuto per violazione dell'art. 93.
Anche tale censura non ha fondamento ed anche essa
b resistita da ripetute pronunce di questa Corte regolatrice
(Cass. 29 marzo 1958, n. 1080, Foro it., Rep. 1958, voce
Ammortamento, nn. 22-24; 31 marzo 1950, n. 1361, id.,
1951, I, 1382). La ripetizione di quanto indebitamente pagato al pre
sentatore del titolo non 6 preclusa dall'art. 93 legge assegni
perche trattasi di indebito soggettivo ex persona creditoris,
ohe abilita il solvens alla ripetizioue, senza clie põssa avere rilevanza il suo errore o la sua negligenza. Essendo, infatti,
l'ipotesi regolata dall'art. 2033 cod. civ. e non dal succes sivo art. 2036, ehe riguarda la sola ipotesi di pagamento indebito ex persona debitoris, la banca, per ottenere la ri
petizione di quanto indebitamente pagato, noil e tenuta a dimostrare di essere incorsa in errore scusabile nell'ef
fettuare il pagamento. La responsabilitä del debitore cambiario ex art. 93 va considerata in relazione alla natura e agli scopi della procedura di ammortamento e puõ sor
gere solo se, in seguito alla notifica del decreto di ammorta
mento, paghi ad una persona di cui sia accertata la maia fede o la colpa grave. £ chiaro ehe se la banca paghi a ehi non sia legittimato da una serie continua di girate, b esposta ad un secondo pagamento, ma, ove abbia accertato la con
tinuitä delle girate, il suo pagamento ha carattere libera torio. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, eec.
GORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile; sentenza 19 giugno 1962, n. 1550; Pres.
Vela P., Est. Albano, P. M. Pisano (conel. conf.); Carrieri (Aw. Lokž) c. Marsan (Aw. Battista).
(Oonferma Trib. Bari 9 giugno 1961)
Locazionc — Immobili urbani — Esclusione dalla
proroga per oambio di alloggio — Legittima zionc dcll'usuiruttuario (Cod. civ., art. 981 ; 1. 23
maggio 1950 n. 253, disciplina delle locazioni, art. 4). Locazionc Immobili urbani — Locazioni conclu
sc dall'usulruttuario — Proroga legale (Cod. civ., art. 999).
L'usufruttuario di piil immobili urbani locati in regime di
proroga legale e legittimato a eonseguire la disponibilitä di uno di essi offrendo in cambio ai eonduttore altro alloggio resosi libero per la morte del precedente loeatario. (1)
L'assoggettamento alla proroga legale del rapporto di loca
zione relativo all'immobile offerto in oambio dalVusu
fruttuario ai eonduttore di altro alloggio bloeeato e oppo nibile ai nudo proprietario ehe abbia in se eonsolidato
1'usufrutto. (2)
(1-2) La giurisprudenza ha sempre riconosciuto ehe l'usu fruttuario ha sull'immobile uu diritto proprio idoneo a legittimare 1'esercizio delle azioni dirette a far valere le cause di decadenza o di cessazioue della proroga previste dalla legislazione vincoli stica ; cosi in una fattispecie consimile a quella decisa 6 stato, ritenuto (Trib. Venezia 20 maggio 1955, Foro it., Rep. 1955, voce Locazione, n. 702) ehe il locatore possa far cessare la pro roga, ai sensi dell'art. 4, n. 2,legge 23 maggio 1950 n. 253, offrendo ai eonduttore altro immobile idoneo di cui sia usufruttuario, senza che sia necessario l'intervento in giudizio del nudo proprie tario dell'appartamento offerto in cambio. Con piü frequenza risulta affermata la legittimazione dell'usufruttuario dell'immo bile locato in regime di blocco, ad opporsi alia proroga per la ne cessity propria o dei propri congiunti : App. Roma 5 luglio 1956, id., Rep. 1957, voce cit., n. 512 ; Cass. 27 aprile 1956, n. 1287, id., Rep. 1956, voce cit., n. 381 ; Trib. Bari 27 maggio 1953, id., Rep. 1954, voce cit., n. 73 ; Cass. 7 agosto 1952, n. 2572, id., Rep. 1952, voce cit., n. 497 ; Trib. Roma 12 dicembre 1951, ibid., n. 498.
Circa l'incidenza dell'art. 999 cod. civ. sulle locazioni concluse dall'usufruttuario in regime vincolistico, la giurisprudenza ritiene
opponibile la proroga legale ai nudo propriätario purclio ricorrano i presupposti che, secondo l'art. cit., condizionano la sopravvi venza del rapporto all'estinzione dell'usufrutto e cioõ che il con tratto risulti da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore ; v. Trib. Roma 22 giugno 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 295 ; Cass. 20 luglio 1956, n. 2808, id., Rep. 1956, voce cit., n. 321 (richiamata in motivazione) ; Cass. 20 giugno 1953, n. 1870, id., 1953, I, 1430, con nota di richiami.
In dottrina, su entrambe le mässime, cons., in senso con forme all'indirizzo accolto dalla giurisprudenza nelle question!
Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte /-124.
This content downloaded from 91.223.28.76 on Sat, 28 Jun 2014 08:27:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1947 PARTE PRIMA 1048
La Corte, ecc. —- Con il primo mezzo il ricorrente
denuncia la violazione dell'art. 4, n. 2, della legge 23 maggio 1950 n. 253, in relazione all'art. 981 cod. civ., sostenendo
ehe, poichõ l'appartamento offerto dalla usufruttuaria in
cambio di quello ocoupato dalla Marsan si era liberato
dal regime vincolistico della proroga, detto cambio si
risolveva in nnovo assoggettamento dell'alloggio liberato
al regime della proroga legale, con la conseguenza di modifica
della sua destinazione economica : il etie non era consen
tito all'usufruttuaria.
La censura non lia fondamento.
L'art. 981, 1° comma, cod. civ. riconosce all'usufrut
tuario il diritto di godere della cosa in usufrutto, ma gli
impone tuttavia di rispettarne la destinazione economica.
Peraltro, il rispetto della destinazione economica della
cosa non costituisce tanto il contenuto di un obbligo parti colare dell'usufruttuario verso il nudo proprietario, quanto,
invece, il limite alla facoltä di utilizzazione e di godimento. II fine pratico ultimo di questo limite b quello di preser vare per il nudo proprietario l'attitudine della cosa a pro curare le utility di cui essa era per sua natura inizialmente
capace. A tal proposito, anzi, e da osservare clie si discute,
in ordine alia delimitazione del concetto di « destinazione
economica», se si debba aver riguardo alia funzione a
cui la cosa sarebbe oggettivamente idonea, secondo i criteri
della comune vita sociale, o invece alia funzione a cui la
cosa era adibita in concreto in precedenza dal primo pro
prietario. E, tenuto conto del fine ultimo di cui s'e detto, e da considerare preferibile, in conformity della prevalente
dottrina, questo secondo criterio di carattere subiettivo, in conseguenza del quale, l'usufruttuario deve rispettare la destinazione economica cbe la cosa aveva prima del
sorgere delPusufrutto o che il costituente ha stabilito all'atto
della costituzione del diritto reale.
In ogni caso, com'6 stato messo in evidenza anclie
dalla dottrina, quello di cui occorre tener conto non b il
regime giuridico della cosa, cbe puõ essere anche variato
(cosl, ad es., l'usufruttuario puõ dare inlocazione l'immobile
cbe l'originario pieno proprietario abitava personalmente), bensl lo sfruttamento utilitario assegnato alia cosa cbe
non puõ essere di regola mutato.
Ciõ posto, salvo il caso di particolari divieti contenuti
nell'atto costitutivo dell'usufrutto ed idonei essi stessi
a determinare una particolare destinazione economica
della cosa e salvo cbe specificbe limitazioni non siano
imposte dalla particolare natura di essa, b da ritenere, cosl come esattamente ha rilevato pure la sentenza impu
gnata, che, come non e dato al nudo proprietario di inter
ferire negli accordi tra l'usufruttuario ed il terzo circa
l'uso o il godimento della cosa, trattandosi di rapporti che
si svolgono in una sfera giuridica tutt'affatto diversa ed
indipendente da quella concernente i rapporti tra nudo
proprietario ed usufruttuario, alio stesso modo non e
richiesto il consenso del nudo proprietario per rendere a
lui opponibile quegli accordi, a tanto provvedendo diret
tamente la legge, con un'apposita norma, l'art. 999, i cui
limiti peraltro saranno in seguito precisati. Dalle considerazioni che precedono discende quindi la
conseguenza che la locazione della cosa data in usufrutto
non b atto suscettibile di modificare la destinazione econo
mica della cosa stessa, mentre la proroga legale della loca
zione, inerente soltanto al vincolo obbligatorio, non tocca
l'essenza della cosa e quindi la sua destinazione economica.
Eiconoscendosi al solo usufruttuario la posizione di loca
tore, consegue altresl che egli solo come titolare del con
tratto, soggetto al blocco dei fitti e alia proroga legale, deve ritenersi legittimato ad esercitare l'azione di cambio
di cui all'art. 4, n. 2, della legge n. 253 del 1950, senza
necessity di alcun consenso da parte del nudo proprietario.
indicate, Pugliese, Usufrutto, Torino, 1954, pag. 382 e seg.; Tabet, Le locazioni urbane nellct legislazione vincolistica, Roma, 1955, pag. 72, e, per qualche riferimento, dello stesso A., Le locazioni dell'usufruttuario in frode del proprietario, in Foro it., 1950, I, 1370.
Nel caso ehe ne occupa, pertanto, deve ritenersi in
priino luogo che legittimamente l'usufruttuaria Botta ebbe
ad esercitare l'azione di cui all'art. 4 offrendo in cambio
alia conduttrice Marsan altro alloggio di cui pure aveva
la disponibilitä oome usufruttuaria, e precisamente l'alloggio
precedentemente oecupato dall'altra inquilina Carpentieri e resosi libero con la morte di costei, e, in secondo luogo, che, cosi agendo, essa usufruttuaria non mutõ affatto
10 sfruttamento utilitario di quest'ultimo alloggio (il quale, tra l'altro, allorclie sorse l'usufrutto era giä sottoposto a
locazione in regime di proroga legale), mentre l'assoggetta mento del contratto di locazione di questo nuovo alloggio al vincolo della proroga non fu che un effetto necessario
collegato all'operazione di cambio : effetto, peraltro, espres samente previsto e sancito dalla legge (art. 4, n. 2, cit.).
Con gli altri due motivi, secondo e terzo, che vanno
esaminati insieme, il ricorrente, denunciando la violazione
degli art. 1965 e 1966 cod. civ. e 999 stesso codice, in rela
zione agli art. 1 e 4 della legge n. 253 del 1950, si duole :
a) che il Tribunale abbia escluso nel verbale di concilia
zione del 6 marzo 1954 gli estremi di una transazione, laddove l'aliquid datum e Valiquid retentum sarebbero
consistiti in ciõ che la Marsan avrebbe avuto un apparta mento migliore dietro accettazione di una limitazione della
proroga al quinquennio oltre la morte dell'usufruttuaria
e b) che, se i limiti previsti dall'art. 999 cod. civ. non devono essere rispettati per le locazioni giä soggette alia proroga legale, tali limiti dovrebbero perõ essere validi almeno
per le locazioni che sono state « assoggettate » alia proroga mediante il cambio di un alloggio a regime vincolistico
con un alloggio libero.
Neppure queste censure, che si appuntano contro la
seconda parte della sentenza di appello, meritano acco
glimento. Invero õ da premettere che il sistema prestabilito
dall'art. 999 cod. civ. circa l'efficacia limitata nel tempo delle locazioni poste in essere dall'usufruttuario, deve ritenersi modificato in conseguenza del regime vincolistico delle locazioni, tuttora in vigore, nel senso che ove il con tratto risulti prorogabile di diritto nei confronti dell'usu
fruttuario, la proroga deve ritenersi opponibile alio stesso nuovo proprietario che abbia in se consolidato l'usufrutto
(Cass. 20 luglio 1956, n. 2808 Foro it., Rep. 1956, voce
Locazione, n. 321). Ciõ posto, avendo il Giudice di merito con apprezza
mento di fatto, incensurabile in questa sede, ritenuto che la convenzione contenuta nel verbale di conciliazione
giudiziale in data 6 marzo 1954, con cui fu posto termine al giudizio per il cambio di alloggio tra l'usufruttuario Botta e la sua inquilina Marsan non fece che regolare in stretta conformitä della legge (art. 4 legge n. 253) il cambio
dell'alloggio originario con altro idoneo, senza che vi fossero
reciproche concessioni tra le parti e che quindi essa non ebbe natura di transazione, õ evidente che, essendosi il nuovo rapporto locativo, conseguente al cambio, rigoro samente conformato all'ipotesi di legge, esso e stato ipso iure assoggettato al vincolo della proroga legale, giusta la
giä ricordata specifica disposizione contenuta nella legge speciale, con l'ulteriore conseguenza che alia proroga stessa e rimasto successivamente soggetto anche il nuovo pro prietario al momento cioe della estinzione dell'usufrutto.
Nõ puõ meritare successo l'insistenza con la quale il Carrieri conclama che l'accordo raggiunto dalla Botta e dalla Marsan dinanzi al Pretore con il verbale di concilia zione avrebbe rivestito gli estremi di una vera e propria transazione, la quale avrebbe cosl determinato una frat tura nel rapporto locativo con esclusione definitiva della
proroga e che gli estremi della transazione, e cioe Valiquid datum e l'aliquid retentum, sarebbero convertiti in ciõ che la Marsan avrebbe avuto un appartamento migliore dietro accettazione di una limitazione della proroga al quinquennio oltre la morte dell'usufruttuaria.
Invero il giudizio del Tribunale, che ha escluso nella convenzione in parola gli estremi della transazione, sotto 11 profilo che non potesse considerarsi «concessione» ai sensi dell'art. 1965 cod. civ. l'accettazione da parte della
This content downloaded from 91.223.28.76 on Sat, 28 Jun 2014 08:27:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1949 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1950
locatrioe della richiesta dell'inquilina a clie fossero compiute aloune modeste riparazioni neH'alloggio offerto in cambio, in quanto tale richiesta, non avendo altro scopo ohe quello di assicurare la condizione dell'idoneita dell'iminobile of
ferto —- condizione questa speoificamente pre vista dalla
stessa norma di legge — non determinava alcuna posizione
di favore per la conduttrice e costituiva soltanto una fa
colta legittimamente spettante alia stessa conduttrice
nell'esercizio del suo diritto, essendo stato ispirato ad esatti
e precisi criteri giuridici, non puõ, come si e giä detto, essere
sindacato in questa sede, in quanto involge un apprezza mento di mero fatto. Quanto poi alla pretesa accettazione, da parte della Marsan, di una limitazione della proroga al
quinquennio oltre la morte dell'usufruttuaria, tale circo
stanza non risulta affatto ne dal testo del verbale di con
ciliazione ne da altro documento e pertanto deve ritenersi
del tutto inesistente.
In ordine, infine, all'ultimo rilievo svolto dal ricorrente
nel terzo motivo secondo cui cioe l'art. 999 cod. civ. relativo
alia limitazione nel tempo delle locazioni concluse dall'usu
fruttuario riprenderebbe il suo pieno vigore allorche si
tratterebbe di locazioni volontariamente «assoggettate» al regime della proroga, in conseguenza del cambio di un
alloggio soggetto a regime vincolistico con un alloggio libero, non v'6 che da ripetere quanto gia detto prima e cioe che, una volta che il cambio sia avvenuto in confor mity dell'ipotesi espressamente prevista nella legge spe ciale nell'art. 4, n. 2, il nuovo contratto rimane automati
camente, e cioe ipso iure, soggetto anch'esso alia disciplina vincolistica e diventa opponibile anche al nuovo proprie tary al momento della consolidazione dell'usufrutto, senza che possa trovare applicazione la disciplina normale predi sposta dall'art. 999 cod. civile.
In definitiva il ricorso del Carrieri va rigettato con le
conseguenze di legge. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 23 maggio 1962, n. 1193 ; Pres. Lonardo P., Est. Del Conte, P. M. Gentile (concl. conf.); Frassinetti (Aw. Romanelli, De Paz) c.
Segalerba (Aw. Cerqua, Ferrari).
{Oassa App. Genova 1 giugno 1960)
Vendita — Immobile eostruito senza autorizzazione amministrativa — Ordine di dcmolizione — Iti sareimento del daiino all'aequirente (Cod. civ., art. 1489).
L'acquirente d'un immobile eostruito senza le prescritte auto rizzazioni delta pubbliea Amministrazione, che ne abbia ordinato la demolizione, pud chiedere al venditore il risar cimento del danno anche se non domanda la risoluzione del contratto. (1)
(1) La sentenza cassata, App. Genova 1 giugno 1960, cl.e si legge in questa rivista, 1961, X, 690, aveva riformato la sen tenza di primo grado per aver ritenuto che il caso di specie integrasse gli estremi della consegna di aliud pro alio e che il venditore potesse essere condannato all'esecuzione specifica: su questi due punti 6 confermata dalla Corte suprema che, peraltro, nega si possa invocare garanzia per l'evizione (come affermato dalla Corte genovese) ed identifica la specie nel caso della vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di godi mento di terzi.
Si vedano, da ultimo, Bbanca, in questa rivista, 1961,1, 1427
(n. 3, in fine), che vede risoluzione per mancanza di qualitä della
compravendita d'immobile privo della licenza d'abitabilita; Cass. 2 novembre 1961, n. 2537, id., Rep. 1961, voce Vendita, n. 52, per vincoli e limitazione di piano regolatore, gravanti sull'immobile e non denunciati dal venditore.
II resoconto stenografico della conforme requisitoria pro nunciata dal P. M. Gentile nella discussionc del ricorso deciso con l'annotata sentenza, leggesi in Giust. civ., 1962, I, 997.
La Corte, ecc. — Con il primo ed il secondo motivo del
ricorso, si deduce ohe erroneamente la Corte di appello lia negato la possibility di esperire l'azione per ottenere
Fadempimento, consistence nella regolarizzazione della si
tuazione illegittima e nella conseguente concessione del decreto di abitabilitä, giacche : a) nella ipotesi de qua doveva ravvisarsi la consegna di aliud pro alio, e, quindi, la pre detta azione era pienamente proponibile ; b) anche se si fosse trattato di evizione, l'azione generale per ottenere
l'adempimento era esperibile in via alternativa con quella di risoluzione.
La doglianza e infondata, in quanto, quale che sia la esatta qualificazione dei presupposti dell'azione in que stione, la prestazione ricliiesta non poteva comunque essere
ordinata per un duplice ordine di ragioni di carattere as
sorbente e preliminare. Invero, poiche la possibilitä di eliminare la situazione
illegittima non dipendeva dalla volontä del privato, ma da un provvedimento dell'autorita amministrativa, la pre stazione non poteva formare oggetto di condanna a carico del Segalerba. Inoltre, legittimato a chiedere il suddetto
provvedimento era evidentemente soltanto il proprietario dell'immobile, e tale invece non era piu da tempo il Sega lerba in seguito alia vendita.
Quanto al terzo motivo, con il quale si lamenta la ri tenuta improponibilitä, della domanda di risarcimento dei danni per la mancata proposizione di quella di risoluzione, si
osserva che la prima domanda, indubbiamente proponibile
indipendentemente dalla seconda nella ipotesi in cui il suo
presupposto fosse la consegna di aliud pro alio, lo sarebbe del pari, qualora concorresse il carattere colposo dell'ina
dempimento, anche se si versasse in una ipotesi di evizione vera e propria ovvero in quella analoga prevista dall'art.
1489 cod. civ., ma dovrebbe invece respingersi se si trat
tasse di mancanza di qualita, in considerazione dell'in
tervenuto decorso degli speciali termini di decadenza e di
prescrizione richiamati dall'ultimo comma dell'art. 1497
cod. civ. ed applicabili anche quando l'azione sia fondata sulla colpa del venditore (vedi le sentenze Cass. n. 1078 del 13 marzo 1959, Foro it., Eep. 1959, voce Vendita, nn.
133, 134, e n. 2518 del 14 agosto 1959, ibid., nn. 116, 117).
Orbene, va innanzitutto osservato che non si tratta di
consegna di aliud pro alio, in quanto la cosa consegnata e
proprio quella certa e determinata che ha formato oggetto del contratto.
N6 si versa in un'ipotesi di evizione vera e propria,
perche la privazione totale o parziale della cosa non si e
verificata, ne e certo che si verifichi, in considerazione che
l'ordine di demolizione non & stato eseguito a distanza di
tanti anni dalla sua emanazione, che rimonta al 9 giugno 1948.
Ne, infine, si tratta di mancanza di qualita, giacche la
mancanza di qualita economiche della cosa si atteggia nella
specie come mancanza di qualita giuridiehe, essendo l'im
pedimento all'uso cui essa e destinata dovuto ad uno stato di irregolaritä giuridica.
La ipotesi in questione potrebbe, invece, rientrare nella
previsione dell'art. 1489 cod. civ., che fondatamente si ri
tiene comprenda anche sia quelle limitazioni derivanti da
provvedimenti amministrativi di carattere particolare e
concreto, che non risulti che il compratore abbia conosciuto, sia quelle limitazioni regolamentari, che potevano essere
rimosse mediante autorizzazioni o deroghe, che non risulti
che il compratore conoscesse essere state negate. Inoltre, si osserva che sia nel caso di cui alla eitata
norma dell'art. 1489, sia in quella di evizione vera e propria, come anche in quella di vizi, qualora sussista 1a. colpa pro vata o presunta del venditore, alla responsabilitä per ga ranzia si sostituisce quella generale propria dell'inadempi mento in genere onde non e dubbio che in tal caso al com
pratore compete l'azione per ottenere il risarcimento dei
danni, anche se, come nella specie, non sia stata chiesta la
risoluzione (vedi, per le ipotesi di evizione e di vizi, la sen
tenza Cass. n. 810 del 14 aprile 1961, Foro it., Rep. 1961.
voce Vendita, nn. 147, 148 e per quella di vizi la sentenza
Cass. n. 2349 del 9 agosto 1960, ibid., n. 89).
This content downloaded from 91.223.28.76 on Sat, 28 Jun 2014 08:27:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions