Sezione II civile; sentenza 19 novembre 1983, n. 6894; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M. Nicita(concl. diff.); Soc. immob. Giocondo c. Soc. coop. edilizia «La Jonica ». Regolamento dicompetenza d'ufficioSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2813/2814-2815/2816Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177644 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ed è su questo rilievo che va richiamata l'attenzione del
giudice di rinvio, precisando anche la portata della decisione
presa sul primo motivo del ricorso. Con essa sii è sanoito che i crediti di lavoro, rivalutati con
riferimento alla data di presentazione della domanda di concorda
to preventivo, conservano per tutta la durata di tale procedura il
valore monetario cosi determinato, data l'impossibilità di adem
piere l'obbligazione, che fa venir meno il presupposto per l'appli cabilità della norma in parola.
Quando si siano verificate però le due condizioni essenziali del
passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, che deter
mina la chiusura del concordato preventivo, e della scadenza del
termine per l'adempimento (se in relazione al tipo di concordato
un termine sia consentito e previsto), il colpevole ritardo del
l'imprenditore concordatario ovvero dell'assuntore non può non
essere tenuto presente dal giudice che applicando, per quanto
possibile l'art. 429, 3° comma, cit., deve prendere a base della
liquidazione il credito nella misura dovuta in sede concordataria, rivalutandola in termini monetari con riguado al momento (inizia
le) in cui si siano verificate le due suddette condizioni ed a
quello (finale) della liquidazione secondo il principio da ultimo
enunciato.
ili terzo motivo, infine, contiene le censure di violazione degli art. 1362, 1751 c.c. e di difetto di motivazione per avere la
corte di merito, nel liquidare l'indennità sostitutiva del preavviso,
interpretato la locuzione del contratto collettivo per gli agenti di
commercio « provvigioni liquidate nell'ultimo anno » come capace di comprendere tutte le provvigioni annotate nell'anno in que
stione, anziché le sole provvigioni corrispondenti agli affari pro cacciati nell'ultimo anno di attività dell'agente.
11 motivo è fondato. L'art. 8, 2° comma, dell'accordo collettivo
20 giugno 1956, sul trattamento economico e normativo per gli
agenti e rappresentanti di commercio, reso obbligatorio erga omnes con d.p.r. 16 gennaio 1961 n. 145, del quale non è
controversa l'applicabilità al caso in esame, prevede che, ove la
ditta preferisca esonerare l'agente o rappresentante senza il
preavviso prescritto dal comma precedente, dovrà corrispondergli « una somma pari a tanti dodicesimi delle provvigioni liquidate nell'anno solare precedente, quanti sono i mesi di preavviso
spettante », o una minore somma proporzionale in caso di esone
ro parziale dal preavviso. 'La sentenza non si sofferma sull'interpretazione di tale norma
tiva e procede direttamente alla liquidazione suilla base delle
somme che risultano corrisposte al Garofalo per provvigioni nell'ultimo anno solare.
Orbene, sia in base alla lessicale formulazione della norma
collettiva in parola (che questa corte deve interpretare diretta
mente, data la sua efficacia normativa generalizzata) che alla
volontà espressa dalle parti in relazione -ai fini dalle stesse
perseguiti con la sua pattuizione, il principio seguito dalla senten
za impugnata appare erroneo.
Sotto il primo profilo l'espressione « liquidata », riferita alle
provvigioni dell'ultimo anno solare sta ad indicare infatti non la
materiale quantificazione delle somme spettanti all'agente, ma
l'avverarsi di tutti gli eventi idonei a rendere determinata ed
esigibili le provvigioni. Sono pertanto liquide quelle provvigioni che sono maturate in favore dell'agente per essere andati a buon
fine gli affari conclusi nel periodo considerato.
Sotto il secondo profilo è agevole rilevare come le parti contraenti nel determinare la base del calcolo dell'indennità
sostitutiva del preavviso non potevano far riferimento ad importi
dipendenti da circostanze del tutto occasionali (se non, addirittu
ra, callidamente preordinate), quali sono i pagamenti effettuati
più o meno tardivamente dal preponente, bensì ad elementi
obiettivi, certi e chiaramente indicativi del livello d'attività conse
guito dall'agente, quali appunto gli affari da questi conclusi
nell'ultimo anno precedente la cessazione del rapporto e seguiti da regolare esecuzione.
Pertanto, nel riesaminare il capo di sentenza in parola, il
giudice del rinvio dovrà tenere presente il principio secondo cui,
nel caso di recesso del preponente dal contratto di agenzia senza
preavviso, la relativa indennità sostitutiva deve essere calcolata
con riferimento a tutti gli affari conclusi dall'agente nel corso
dell'anno precedente la risoluzione del rapporto e che abbiano
avuto regolare esecuzione, indipendentemente dal momento in cui
siano stati soddisfatti i crediti per le provvigioni relative (conf.
sent. 2 aprile 1976, n. 1465, id., Rep. 1976, voce Agenzia
(contratto di), n. 24).
Per le esposte ragioni, con il rigetto del secondo motivo e
l'accoglimento degli altri, la sentenza impugnata deve essere
cassata con rinvio, limitatamente alle censure accolte, alla Corte
d'appello di Perugia. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 19 no
vembre 1983, n. 6894; Pres. Palazzolo, Est. Anglani, P. M.
Nicita (conci, diff.); Soc. immob. Giocondo c. Soc. coop, edilizia « La Jonica ». Regolamento di competenza d'ufficio.
Competenza civile — Regolamento d'ufficio — Legittimazione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 45, 704).
Il giudice istruttore non è legittimato a proporre regolamento di
competenza d'ufficio, in quanto istituzionalmente privo del
potere di emanare sentenze, anche se titolare della potestas decidendi in ordine alla particolare istanza proposta (nella
specie, il pretore, adito in reintegra, si era dichiarato incompe tente ed aveva rimesso le parti dinanzi al tribunale ex art. 704, 1" comma, c.p.c. sul presupposto che presso tale organo pen desse giudizio petitorio),{\)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Rossano
.il curatore del fallimento dell'immobiliare Ciro Giocondo premise che con atto di citazione notificato il 10 maggio 1979 aveva
convenuto la soc. cooperativa La Jonica dinanzi al Tribunale di
Napoli per la convalida del sequestro conservativo autorizzato dal
presidente deUo stesso tribunale con decreto del 27 aprile 1978
fino alla concorrenza di 300 milioni di beni mobili ed immobili
della cooperativa stessa, nei cui confronti la società fallita conta
va un ingente credito, a titolo di corrispettivo dell'appalto di un
vasto compendio immobiliare.
Dopo l'instaurazione del citato giudizio di convalida la coope rativa aveva occupato arbitrariamente un'area di m2 44,27 sulla
quale insisteva il cantiere della società. Tanto premesso, l'istante
chiese di essere integrato nel possesso del cantiere ai sensi
dell'art. 704 c.p.c. e, in ogni caso, la emissione di un provvedi mento urgente ai sensi dell'art. 700.
Il pretore adito, con provvedimento 17 aprile 1980, « dichiarò
non luogo a procedere » e rimise le parti dinanzi al Tribunale
(1) In senso solo formalmente (come si vedrà infra la decisione è relativa ad un caso di specie radicalmente diverso) conforme alla sentenza che si riporta, v. Cass. 24 aprile 1981, n. 2466, Foro it., Rep. 1981, vooe Competenza civile, n. 268, secondo la quale: «poiché solo l'organo al quale spetta istituzionalmente il potere di emanare sentenze può determinare quella situazione di conflitto virtuale negativo di competenza per materia o per territorio nei oasi di cui all'art. 28 c.p.c. che solamente può legittimare la richiesta di regolamento d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 c.pjc., è inammissibile una richiesta formulata in tal senso dal giudice istruttore il quale, ove si ponga una tale questione, ha solo la scelta di rimettere la causa al collegio per la decisione
separata di essa, ovvero di provvedere all'istruzione della causa, disponendo che la questione sulla competenza venga decisa congiunta mente al merito»; Cass. 14 luglio 1976, n. 2713, id., Rep. 1976, voce oit., n. 254. In tali pronunce viene quindi affermata la regola del collegamento tra titolarità della potestas decidendi e la le
gittimazione a sollevare conflitto, regola che secondo la sentenza in
epigrafe « non è suscettìbile di deroga nell'ipotesi che il provvedimento in ordine al quale sia stata dichiarata l'incompetenza ad emetterlo debba essere emesso da un organo del giudice dichiarato competente, come previsto per i procedimenti cautelari disciplinati dalle norme
comprese nel capo III del libro IV cjp.c. quando il provvedimento sia
richiesto in pendenza della causa di merito ». In senso esplicitamente contrario, v., invece, Cass. 4 giugno 1979, n.
3146, id., 1979, I, 2010, secondo la quale «è legittimato a proporre regolamento di competenza d'ufficio il giudice istruttore dinanzi al
quale sia stato riassunto il procedimento ex art. 700 c.p.c. a seguito di dichiaratane di incompetenza del pretore originariamente adito (nella specie il petitum della causa di merito era diverso da quello a cautela del quale era stato richiesto il provvedimento d'urgenza ex art. 700
cjp.c.) ». Secondo questa sentenza sarebbe priva di sostegno normativo l'attribuzione al solo collegio del potere dii sollevare conflitto di
competenza con esclusione del giudice istruttore in quanto privo di
potestà decisoria in tema di competenza, considerato che l'art. 45 c.p.c. « si riferisce genericamente al giudice che... ritiene di essere stato inesattamente indicato come competente da quello adito dalle parti », dovendosi quindi semmai vedere « caso per caso chi è il giudice che
deve emanare il provvedimento per il quale è insorto conflitto »,
ovvero « qual'è l'organo al quale è attribuita la potestas decidendi in
ordine alla particolare domanda dedotta in giudizio». In applicazione di tale principio (per cui è la potestà a decidere sulla domanda, e non
la potestà a decidere in via generale sulla competenza che determina
<anche il potere di sollevare conflitto) Cass. 3146/79 concorda con
Cass. 14 luglio 1976, n. 2713, cit., nell'escludere la legittimazione del
giudice istruttore riferendosi la pronuncia « al caso ben diverso in cui
il pretore, dopo aver emanato i provvedimenti di carattere immediato,
aveva rimesso al tribunale, per ragioni di valore, il merito di una
causa possessoria iniziata davanti a lui; dovendosi decidere quindi il
merito della causa possessoria, non v'era materia di alcun provvedimen to che fosse attribuito al giudice istruttore come tale, essendo più che
evidente che la decisione sulla competenza spettasse solo al collegio,
titolare unico del pretore di decisione della questione oggetto del
provvedimento di rimessione ».
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2815 PARTE PRIMA 2816
di Napoli, sul presupposto che presso tale organo giudiziario
pendesse giudizio petitorio, riguardante il rapporto da cui deriva
va la detenzione del cantiere da parte dell'istante. Riassunta la causa dal curatore dinanzi al Tribunale di Napoli,
il giudice istruttore designato nel procedimento cui aveva fatto
riferimento il pretore con provvedimento dtìl 12 settembre 1980, ha richiesto regolamento di ufficio osservando fra l'altro: che il
procedimento pendente presso il tribunale avente ad oggetto la
risoluzione per inadempimento del contratto di appalto intercorso
tra la società immobiliare e la cooperativa e la convalida del
sequestro conservativo autorizzato in corso di causa, non poteva essere considerato petitorio ai sensi dell'art. 704, dovendosi consi
derare tale esclusivamente quello in cui si controverte circa la
titolarità o l'esistenza di altro diritto reale sul bene oggetto della
lite; che, pertanto, il tribunale non poteva essere investito da
questioni concernenti il possesso del cantiere; che esso giudice istruttore, cui sarebbe spettato, ricorrendone gli estremi, il potere di emettere il richiesto provvedimento di reintegra, quale titolare della potestas decidendi in ordine alla particolare domanda pro posta, aveva conseguentemente il potere di elevare conflitto di
competenza. Il procuratore generale ha concluso per l'accoglimento dell'i
stanza. Il fallimento della società Giocondo ha presentato memoria chiedendo che venga dichiarata la competenza del tribunale.
Motivi della decisione. — La richiesta di regolamento d'ufficio è inammissibile per difetto di legittimazione dell'organo che l'ha
proposta, privo istituzionalmente della potestas decidendi, intesa
quale potere di pronunziare sentenze. Il giudice istruttore, osservando che « se la competenza a
provvedere sull'istanza di reintegrazione appartenesse al tribunale sarebbe spettato al giudice istruttore e non al collegio emettere il
provvedimento di reintegrazione richiesto, sicché conseguente mente, anche il potere di elevare conflitti è del giudice istrutto re », ha richiamato a sostegno di tale argomentazione la sentenza 4 giugno f979, n. 3146 di questa sezione (Foro it., 1979, I, 2010).
La questione relativa alla sussistenza del potere di un organo del giudice collegiale (presidente o giudice istruttore) di richiede re il regolamento d'ufficio, è stata però risolta negativamente da Cass. 24 aprile 1981, n. 2466 I (id., Rep. 1981, voce Competenza civile, n. 268).
Questo collegio, nell'aderire a tale ultimo indirizzo, osserva anzitutto che nell 'ordinamento processuale vigente il provvedi mento impugnabile dalle parti con regolamento di competenza nonché quello declinatorio, costituente presupposto del sorgere di un conflitto virtuale negativo di competenza, debbono necessa riamente avere natura (nel senso che debbano averne, quanto meno, il contenuto sostanziale se non la forma) di sentenza. Ciò si desume infatti sia dall'art. 42 che parla di « sentenza che, pronunziando sulla competenza anche a norma degli art. 39 e 40, non decide il merito della causa » e 45 « quando a seguito della sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito ... ».
Or la sentenza è l'espressione del potere di decisione in senso stretto sia che riguardi l'esistenza dei presupposti processuali (giurisdizione, competenza, legittimazione) sia l'accertamento della esistenza o inesistenza di una volontà concreta della legge che riconosca un bene della vita.
Che tale sia l'ambito della potestas decidendi, risulta invero dall'art. 279 c.p.c., il quale adopera il verbo « decidere » per la sentenza, ed il verbo « provvedere » per l'ordinanza, disponen do che il « collegio » (ovvero il giudice monooratico, pretore o
conciliatore, cui la norma è estensibile) pronuncia sentenza « quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza », « quando definisce il giudizio, decidendo
questioni attinenti al processo o questioni preliminari di merito », « quando definisce il giudizio decidendo totalmente il merito », « quando, decidendo -alcune delle questioni di cui ai nn. 1, 2, e 3, non definisce il giudizio », « quando, valendosi della facoltà di cui agli art. 103 e 104, 2° comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite ».
Da ciò consegue che, dovendo la competenza essere dichiarata, dal giudice che si ritiene incompetente, a favore di altro giudice competente a decidere il merito, questi può sollevare il conflitto ai sensi dell'art. 45, solo se munito istituzionalmente dèi potere di deaidere.
La regola del collegamento tra la titolarità della potestas decidendi e la legittimazione a sollevare conflitto non è suscettibi le di deroga nell'ipotesi che il provvedimento in ordine al quale sia stata dichiarata l'incompetenza ad emetterlo debba essere emesso da un organo del giudice dichiarato competente come
previsto per i procedimenti cautelari disciplinati dalle norme
comprese nel capo III del libro IV c.p.c., quando il provvedi mento sia richiesto in pendenza della causa di merito.
Posto infatti che la competenza tenuta presente dal giudice
prima adito nel declinare la propria è in ogni caso quella del
giudice cui l'organo appartiene (la competenza di quest'ultimo a
emettere il provvedimento è interna all'ufficio: giudice istruttore
rispetto al collegio) ed è determinata in relazione di collegamento con la causa di merito avente ad oggetto il diritto per la cui
tutela viene chiesto il provvedimento cautelare, l'organo dinanzi
al quale la domanda viene proposta in riassunzione in esito alla
dichiarazione di incompetenza del giudice prima adito dovrà
compiere un'indagine delibatila non già sulla propria competenza
interna, che è stabilita ex lege, ma su quella dell'ufficio di cui fa
parte. Qualora in esito a tale deliberazione ritenga sussistente la
competenza, dovrà emettere il provvedimento concessivo o oegati tivo; ove al contrario ritenga che la competenza non sussiste,
potrà rimettere la causa aii sensi dell'art. 187, 3° comma, c.p.c. al
còllegio al quale soltanto spetta sollevare eventualmente conflitto
di competenza mediante il procedimento di regolamento d'ufficio
ex art. 47.
J! principio sopraenunciato opera a maggior ragione nella
ipotesi di procedimento possessorio, il quale, come peraltro emer
ge dalla collocazione in un capo (il IV) distinto da quello
regolante i procedimenti cautelari salvo che per il rinvio agli art.
689 ss. disposto dall'art. 703, 2° comma, non ha natura cautelare, ma ha direttamente per oggetto il riconoscimento di un bene
della vita i(ius possessionis o ius detentionis). Deve perciò concludersi che ove, come nella specie, il pretore
adito con azione di reintegra ritenga sussistere la competenza del
giudice dinanzi al quale pende il giudizio petitorio e rimettere a
questi la causa ai sensi dell'art. 704, 1° comma, senza emettere
provvedimenti interinali immediati, il giudice istruttore al quale
venga richiesta l'emissione di un provvedimento interinale (anche se qualificato dalla parte genericamente « di urgenza » e non
provvisorio) e ritenga non sussistere la competenza del giudice a cui appartiene, dovrà rimettere la causa al collegio ai sensi dell'art. 187. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 16 set tembre 1983, n. 5586; Pres. Brancaccio, Est. Tilocca, P. M. Nicita (conci, conf.); Cannavà ed altri (Avv. Andolina) c. Meli. Dichiara inammissibile regolamento di competenza av verso Trib. Ragusa 31 luglio 1982.
Competenza civile — Regolamento — Istanza — Requisiti (Cod. proc. civ., art. 42, 43, 366).
È inammissibile il regolamento di competenza ad istanza di parte che non contenga il motivo per cui si censura la sentenza
impugnata e l'indicazione del giudice che si ritiene competen te. (1)
(1) In senso conforme v. Cass. 29 giugno 1981, n. 4218, Foro it., Rep. 1981, voce Competenza civile, n. 208, secondo cui l'ammissibilità dell'istanza di regolamento dà competenza, che integra un mezzo di impugnazione, postula la specifica indicazione delle ragioni in base alle quali si censura la pronuncia sulla competenza; Cass. 25 marzo 1976, n. 1072, id., Rep. 1976, voce oit., <n. 222, per cui per la proposizione di un'istanza di regolamento di competenza (nella specie avverso una pronuncia di Incompetenza per materia) non è richiesta l'indicazione delle norme che si assumono violate, essendo sufficiente che dallo stesso ricorso emergano i motivi per i quali si ritiene errata la pro nuncia del giudice.
La natura di mezzo di impugnazione del regolamento di competenza (assai controversa in dottrina) è pacificamente accolta dalla giurispruden za (salvo rare eccezioni e in ogni caso non in modo esplicito: sul punto v. infra), che ne fa discendere — come nella sentenza in epigrafe — l'applicabili tà delle norme generali sulle impugnazioni, nei limiti in cui il regolamento non sia espressamente regolato dall'art. 47 c.p.c., e nei limiti della compatibilità con le finalità perseguite dal regolamento stesso (con una certa larghezza nell'accertamento della compatibilità: sul punto v. G. Moreno, Competenza (regolamento di), voce ddl'Enciclopedia del diritto, 1961, Vili, 83 ss.).
In particolare, in relazione all'applicabilità al regolamento di compe tenza delle norme relative all'integrazione del contraddittorio nelle cause inscindibili e tra loro dipendenti (art. 331 c.p.c.) sulla base dell'inserimento dell'istituto del regolamento ad istanza di parte tra i mezzi di impugnazione, cfr. Cass. 10 novembre 1980, n. 6032, Foro it., Rep. 1980, voce oit., n. 236, secondo la quale, attesa la natura di mezzo di impugnazione propria del regolamento di competenza su istanza di parte, la mancata tempestiva notificazione del relativo ricorso ad alcuna delle parti, nell'ipotesi di cause inscindibili o fra loro dipendenti, non comporta l'inammissibilità del ricorso ma solo
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