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Sezione II civile; sentenza 20 aprile 1961, n. 880; Pres. Vela P., Est. Flore, P. M. Gedda (concl....

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Sezione II civile; sentenza 20 aprile 1961, n. 880; Pres. Vela P., Est. Flore, P. M. Gedda (concl. parz. diff.); D i Loreto (Avv. Volpe, Vocino) c. Sanvenero (Avv. Angelo, Borachia) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 8 (1961), pp. 1353/1354-1355/1356 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174856 . Accessed: 25/06/2014 00:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.79 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione II civile; sentenza 20 aprile 1961, n. 880; Pres. Vela P., Est. Flore, P. M. Gedda (concl. parz. diff.); D i Loreto (Avv. Volpe, Vocino) c. Sanvenero (Avv. Angelo, Borachia)

Sezione II civile; sentenza 20 aprile 1961, n. 880; Pres. Vela P., Est. Flore, P. M. Gedda (concl.parz. diff.); D i Loreto (Avv. Volpe, Vocino) c. Sanvenero (Avv. Angelo, Borachia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 8 (1961), pp. 1353/1354-1355/1356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174856 .

Accessed: 25/06/2014 00:59

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1353 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1354

I CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 20 aprile 1961, n. 880 ; Pres. Vela P., Est. Floke, P. M. Gedda (conci, parz. diff.) ; D i Loreto (Avv. Volpe, Vocino) c. Sanvenero (Avv. Angelo, Bokachia).

(Conferma App. Roma 10 febbraio 1960)

Impugnazioni in materia civile — Cause scindibili

Ricostruzione di testamento olografo smarrito

(Cod. proc. civ., art. 332). Prova testimoniale — Testamento olografo smarrito

Hicostruzione —• Ammissibilità — Colpa del

custode — Irrilevanza — Condizioni (Cod. civ..

art. 2724, n. 3).

La domanda di ricostruzione di un testamento olografo smar

rito rientra tra le cause scindibili. (1) La prova testimoniale del contenuto di un testamento olografo

smarrito può essere chiesta anche da colui, per colpa del

quale lo smarrimento è avvenuto, a condizione che della

ricostruzione del testamento benefichino altri eredi, dei

quali non si assuma la colpevolezza nello smarrimento

della scheda. (2)

(1) Questione nuova, a quanto ci consta.

Ipotesi di cause scindibili sono state ravvisate nelle obbli

gazioni solidali (Cass. 21 aprile 1961, n. 893, Foro it., Mass., 217 ; 18 marzo 1961, n. 616, ibid., 142 ; 4 luglio 1960, n. 1755, id., Rep. 1960, voce Procedimento civ., n. 91 ; in motivazione, Cass. 23 luglio 1959, n. 2376, id., 1959, I, 1266, con nota di richiami ; 28 novembre 1957, n. 4517, id., Rep. 1957, voce Impugnazioni civ., n. 113 ; 9 ottobre 1954, n. 3520, id., Rep. 1954, voce cit., n. 145 ; 26 marzo 1952, n. 813, id., Rep. 1952, voce Procedimento civ., n. 51 j contra, per l'inscindibilità, Cass. 19 maggio 1943, n. 1212, id., 1943, I, 823 (sentenza rimasta, peraltro, isolata) ; nel giudizio di reintegrazione (Cass. 10 ottobre 1955, n. 2966, id., Rep. 1955, voce Appello civ., n. 397), purché non abbiano natura tributaria (Cass. 18 maggio 1959, n. 1476, id., 1960, I, 1803, con osserva doni di A. Lener) ; nel giudizio di rilascio, per urgente e improrogabile necessità di riavere la cosa, promosso dal proprietario contro i conduttori di due appartamenti (Cass. 20 gennaio 1955, n. 143, id., Rep. 1955, voce Impugnazioni civ., n. 119) ; nelle cause relative a contratti mediante i quali un unico

oggetto è successivamente acquistato e rivenduto da più sog getti (App. Firenze 3 luglio 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 149) ; nell'accertamento della esistenza di usi civici su fondi apparte nenti a più proprietari (Cass. 7 settembre 1948, n. 1583, id., Rep. 1948, voce cit., n. 37, annotata da Lancellotti, in Giur. Cass. civ., 1948, 3°, pag. 311) ; nel debito ripartito fra più coeredi

(Cass. 19 luglio 1945, n. 578, Foro it., Rep. 1943-45, voce cit., n. 60).

V., da ultimo, a proposito dell'inscindibilità (anzi della ne cessità del litisconsorzio) della domanda di risarcimento dei danni, provocati dal taglio dei tronchi, proposta dall'ente di riforma fondiaria contro il proprietario espropriato e l'acquirente degli alberi da tagliare, Cass. 21 gennaio 1961, n. 87, retro, 1162, con

ampia nota di richiami. In dottrina, sulle cause scindibili e, in genere, sul sistema

istituito dagli art. 331 e 332 cod. civ., vedi Andrioli, Commento, II3, pag. 390 e segg. ; cui adde, per un riassunto delle varie accezioni dell'espressione « cause scindibili », D'Onofrio, Comm., 1953, I, pag. 473.

(2) Nei precisi termini della massima non ci risultano pre cedenti.

La giurisprudenza ammette l'esperibilità della prova testi

moniale, al fine di ricostruire il contenuto di un documento smar rito o distrutto, solo nel caso in cui non sussista la colpa di chi abbia interesse a provare l'esistenza del documento medesimo

(Cass. 10 agosto 1960, n. 2363, Foro it., Rep. 1960, voce Prova testi

moniale, n. 37 ; 26 ottobre 1955, n. 3497, id., Rep. 1955, voce

cit., n. 50 ; 10 settembre 1953, n. 3014, id., Rep. 1953, voce cit., il. 48 ; 27 marzo 1952, il. 826, id., Rep. 1952, voce cit., n. 38 ;

App. Brescia 5 gennaio 1949, id., Rep. 1949, voce cit., n. 32), precisando che deve ritenersi incolpevole la perdita (ovvero la

distruzione) del documento, tutte le volte in cui la condotta

dell'interessato, rapportata alle particolari contingenze nelle

quali l'evento ebbe a verificarsi, appaia immune dai caratteri di imprudenza e di negligenza (Cass. 28 settembre 1959, n. 2619, id., Rep. 1959, voce cit., n. 33 ; 22 maggio 1958, n. 1729, id.,

Rep. 1958, voce cit., n. 40).

La Corte, ecc. ■— Il P. m. lia chiesto che la Corte suprema disponga l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Eoberto Di Loreto in proprio, giacché questi ha proposto ricorso per cassazione soltanto quale procuratore dei fra telli. Sostiene il Procuratore generale che si tratti di causa inscindibile per indivisibilità dell'oggetto e che, pertanto, sia necessaria la presenza di tutti i litisconsorti.

Questa Corte suprema rileva, anzitutto, che la sen tenza impugnata fu notificata a tutte le parti in causa,

compreso Eoberto Di Loreto in proprio ; che contro di lui

fu posto in movimento il termine breve dell'impugnazione, sicché, se la causa fosse scindibile, non potrebbe parlarsi, nei suoi confronti, di integrazione del contraddittorio per decorso di termini.

La causa è, appunto, scindibile. Si tratta infatti di

azione tendente alla ricostruzione di un testamento olo

grafo, tipica azione di accertamento. Queste, come è noto, a differenza delle azioni costitutive, non esigono la contem

poranea presenza in causa di tutti gli interessati all'oggetto dell'accertamento. Data questa premessa, è da concludere

che il contraddittorio non deve essere integrato. I ricorrenti pongono nel primo mezzo la seguente que

stione : posto che la ricostruzione di un testamento smar

rito sia ammissibile, essa va circoscritta nei limiti dell'ari.

2724, n. 3, cod. civ., dettato in tema di prova dell'esistenza di contratti smarriti o distrutti, nei casi nei quali si tratti

di negozi pei quali sia richiesta la forma scritta. Come, in

questa ipotesi, si deve innanzi tutto provare che lo smar

rimento e la distruzione avvenne senza colpa di colui che

chiede di fornire la prova dell'atto ; così l'interessato alla

successione del testatore non sarà ammesso a provare lo

smarrimento o la distruzione della scheda, se non provi che ciò avvenne senza colpa.

Ora Ottavio Di Loreto era attore in questa causa e

intendeva ricostruire un testamento da lui smarrito, senza

provare che egli non fosse in colpa, anzi risultando proprio che egli era colpevole. La Corte del merito avrebbe eluso

il problema, escludendo ch'egli fosse interessato alla suc

cessione, perchè non beneficato dal testamento da rico

struire : ma non aveva posto mente a ciò ch'egli, comunque, essendo fratello del de cuius, era interessato quale legitti mario alla successione di lui ; ch'egli, padre del minore

Gianfranco, ne era rappresentante legale e agiva in giudizio con lui, e, pertanto, era nella posizione di interessato, anche

perchè a norma dell'art. 1389 cod. civ. gli stati soggettivi del rappresentante sono determinanti riguardo alle loro

conseguenze giuridiche nei rapporti del rappresentato. Ag

giunge che anche gli altri congiunti, che avevano affidato

in custodia al di Loreto il testamento, dovevano conside

rarsi in colpa per il semplice fatto di questo. Infine assume

che l'unica prova che Ottavio Di Loreto avrebbe potuto utilmente offrire sarebbe quella di avere adibito tutta la

diligenza possibile per custodire il documento, non bastando

neanche, data l'importanza di esso, la diligenza media.

Tutte le censure innanzi esposte sarebbero meritevoli

di attento esame qualora unico attore, unico interessato

Alla stregua di tali principi, si è esclusa, attraverso l'inter

pretazione congiunta degli art. 684 e 2724, n. 3, cod. civ., la

ammissibilità della prova testimoniale diretta alla ricostruzione

di un testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato dal

testatore o da mano aliena nel caso in cui concorra la colpa o

il dolo dell'erede testamentario che possedeva la scheda (App.

Napoli 19 aprile 1956, id., Rep. 1956, voce Testamento, n. 55 ; Cass. 28 dicembre 1954, n. 4623, id., 1955, I, 1021, con ampia nota di richiami).

In generale, sulla possibilità di dimostrare aliunde il conte

nuto e la rispondenza del testamento ai requisiti di forma voluti

dalla legge, quando consti della esistenza del testamento stesso, ma sussista la impossibilità, da parte di chi lo invoca, di produrlo,

per essere andato distrutto o smarrito, o per altra circostanza

equivalente costitutiva di caso fortuito o di forza maggiore, vedi

Cass. 6 marzo 1956, n. 645, id., Rep. 1956, voce cit., n. 63.

In dottrina, sulle condizioni di ammissibilità della prova testimoniale diretta alla ricostruzione di un testamento smar

rito o distrutto, cons. Degni, voce Successioni testamentarie, in

Nuovo dig. it., vol. XII, p. I, pag. 1037.

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1355 PARTE PRIMA 1356

I alla successione ex testamento fosse stato o Ottavio Di Lo

reto o il figlio Gianfranco. Ma attori erano anche Vittorio, Wanda, Franca, Luigi, Elena e' Maria Di Loreto, Tommaso

di Loreto. Inoltre Elda e Arcangiola Di Loreto, convenute, aderivano alla domanda. Tutte queste persone (eccetto Ot

tavio) erano interessate alla successione, perchè beneficate

da quel testamento. E la Corte di appello dice che rispetto a questi diventava irrilevante la colpa eventuale di Ottavio Di Loreto, non avendo essi smarrito il testamento.

Diventavano perciò preliminari le censure contro la

parte della sentenza che ritenne incolpevoli dello smarri

mento le dette persone, censure che si compendiano tutte

nella proposizione che sia illogico ravvisare la mancanza

di colpa nell'unanimità della decisione di affidare il testa

mento ad Ottavio, che sarebbe stata presa dagli altri attori ; e negli addebiti di omessa motivazione sullo accertamento

circa la unanimità della decisione stessa.

Ma la sentenza su questo punto contiene un'afferma

zione che da sola vale a negare la colpa nella scelta del Di

Loreto (Ottavio) come custode temporaneo della scheda : che questo, cioè, era uomo avveduto e prudente e quindi tale da ingenerare fiducia. Pertanto, unanime o no che fosse stata la determinazione dell'affidamento, logico o

no che fosse il dedurre da tale unanimità ima mancanza di

colpa, il nucleo dell'accertamento, che cioè Ottavio Di

Loreto, per le sue qualità note e per i suoi precedenti meri

tava fiducia, non solo è logico, ma non è stato neppure contestato, essendo ovvio che la qualità di persona avveduta non esclude che il soggetto che sia tale possa in qualche occasione (quale quella dello smarrimento) non essere pari a se stesso : ma ciò, se potrebbe comportare evidentemente la colpa di lui, non implica la colpa di coloro che gli si affi

darono, nell'aspettativa che egli tenesse anche in questa occasione il proprio comportamento abituale.

Esclusa dunque la colpa degli altri interessati alla suc

cessione, attori in parte e in parte convenuti, ogni discus sione sulla colpa o meno di Ottavio, attore anch'egli, ma non nel proprio interesse diventa irrilevante, perchè non si poteva negare agli altri il diritto di chiedere la prova dello smarrimento e del contenuto del testamento, prova perfettamente ammissibile, della quale anche Gianfranco Di Loreto (non Ottavio che non era nè erede nè legatario ex testamento) si giovava, non foss'altro per il principio dell'acquisizione delle prove, che gioca a favore di o contro tutte le persone rispetto alle quali i fatti provati risultano avere effetti giuridici in ordine alle loro domande ed eccezioni. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 20 aprile 1961, n. 876 ; Pres. Lorizio P., Est. Iannei.li, P. M. Toro (conci, conf.) ; Tanzer (Avv. Egger) c. Ditta Anello e Gitimelii (Avv. Santilli, Azzolina).

(Gassa App. Brescia, 22 luglio 1959)

Cassazione in materia civile — Itcstitnzioni di somme

pacate in forza della sentenza cassata — Inte ressi — Decorrenza (Cod. civ., art. 1282 ; cod. proc. oiv., art. 389).

Gli interessi sulle somme pagate in esecuzione di una sentenza di appello, poi cassata, e riconosciute non dovute in sede di rinvio, decorrono dalla data della domanda di restitu zione e non da quella dell'avvenuto pagamento. (1)

(1) Vedi, in senso conforme, Cass, il aprile 1961, n. 771, Foro it., Mass., 132. In tale pronuncia la decorrenza degli inte ressi dalla data della domanda viene affermata però, anziché in relazione alla natura degli interessi stessi, con riferimento alle norme che disciplinano il pagamento dell'indebito ; di conse

La Corte, ecc. — Con l'unico mezzo di annullamento, il

ricorrente, nel denunciare la violazione degli art. 1224 e

1219 cod. civ., sostiene che, non essendovi stata costituzione

in mora nei suoi confronti, non poteva, conseguentemente, essere condannato alla corresponsione degli interessi sulla

somma versatagli, a suo tempo, dalla Ditta Anello e Giu

melli, per il periodo anteriore alla sentenza della Corte di

appello di Brescia, avuto riguardo alla circostanza clie l'ob

bligazione per il rimborso della somma medesima non

discendeva, direttamente, dall'annullamento della sentenza

della Corte di Trento, ma solo della pronuncia della Corte di

rinvio, e, comunque, cbe la decorrenza degli interessi non

poteva essere riferita ad epoca precedente alla domanda

di restituzione della somma, che, da parte della Ditta, era

stata proposta solo nell'udienza dell'8 gennaio 1959.

La doglianza è fondata.

Invero, sebbene la Corte di Brescia non abbia espressa mente precisato le ragioni della disposta condanna del

Tanzer al pagamento degli interessi sulla somma di lire

2.162.500, con decorrenza dalla data del versamento da

parte della Ditta Anello e Giumelli della somma stessa, è facile intendere, tuttavia, che ha posto, implicitamente, a

base della propria pronuncia, la considerazione che gli interessi, nella specie, avessero natura compensativa, e cioè

fossero dovuti in dipendenza del godimento indebito della

somma dalla data sovramenzionata, sul riflesso che, a

seguito della cassazione della sentenza della Corte di appello di Trento, in esecuzione della quale quel versamento era

stato effettuato, e del successivo accertamento, in sede di

rinvio, che quella corrisposta fosse una somma maggiore di quella in effetti dovuta, la prima delle indicate somme

dovesse intendersi, sia ricevuta allora sia trattenuta dopo, dal Tanzer senza un giusto titolo.

Siffatta considerazione è, però, resistita dal disposto dell'art. 1282 cod. civ., il quale, in tema di interessi nelle

obbligazioni pecuniarie in genere (estendendo, in tal modo,

quella che era la regola, contenuta nell'art. 41 cod. comm.

abrogato per i debiti commerciali), stabilisce che i crediti

liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente.

Infatti, deve dedursi da tale principio, che il debitore di una somma di danaro, la quale rivesta i caratteri della

liquidità e della esigibilità, è obbligato ex lege alla correspon sione degli interessi sulla somma medesima, onde è esposto, a tale riguardo, ad azione da parte del creditore.

Il fondamento della norma sta nel fatto che, avendo il debitore la disponibilità di una somma di danaro ad altri

dovuta, di cui può fare uso, ritraendone, conseguentemente, un'utilità, della quale viene, nel contempo, privato il cre

ditore, per ciò solo ha l'obbligo della corresponsione degli interessi, a titolo di corrispettivo della disponibilità della somma stessa. In tale ipotesi si parla di interessi corrispet tivi o compensativi, attesa la loro funzione di ristabilire

l'equilibrio economico tra due patrimoni, in virtù del

principio di giustizia che vieta l'ingiusto arricchimento di un soggetto ai danni di altro soggetto e che impone a colui

che, senza giusta causa, ritenga o tragga profitto dai capi tali altrui, di dare al titolare di essi il corrispettivo di uso, calcolato sul tasso legale, dal giorno in cui il debito è sorto.

Detti interessi sono, perciò, indipendenti dalla mora del debitore ed anzi si contrappongono agli interessi cosid detti moratori, i quali sono dovuti, invece, a titolo di risar cimento per il ritardo nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria.

guenza gli interessi vengono fatti decorrere dal giorno del pa gamento in caso di mala fede dell'accipiens.

Sulla differenza fra interessi moratori e corrispettivi, v. Cass. 22 maggio 1958, n. 1727, id., Rep. 1958, voce Interessi, n. 14 ; 17 ottobre 1957, n. 3907, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 9, 10. In particolare sulla differenza fra interessi corrispettivi e com pensativi, v. Cass. 26 giugno 1956, n. 2294, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 3, 4. Y. inoltre Cass. 16 maggio 1960, n. 1167, id., Rep. 1960, voce cit., n. 6 ; 7 maggio 1946, n. 548, id., Rep. 1946, voce cit., n. 7 ; 13 aprile 1944, n. 241, id., Rep. 1943-45, voce cit., n. 14.

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