Sezione II civile; sentenza 20 luglio 1963, n. 1997; Pres. La Via P., Est. Iannelli, P. M. Cutrupia(concl. diff.); Mitrovich (Avv. Bussi) c. Cassa marittima tirrena (Avv. Barbantini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 357/358-359/360Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156046 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
petrazione della legge in esame, senza alcun errore di logica o di diritto rilevabile in questa sede.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II eivile ; sentenza 20 luglio 1963, n. 1997 ; Pres. La Via P., Est. Iannelli, P. M. Ctjtrupia (conci, diff.) ; Mitrovich (Avv. Bussi) c. Cassa marittima tirrena (Avv. Barbantini).
( Cassa App. Genova 19 giugno 1961)
Lavoro (in materia di navigazione) — Infortuni snl lavoro — Scomparsa in mare del coman dante fuori del turno di servizio — Occasione di lavoro ■— Fattispecie (R. d. 17 agosto 1935 n. 1765, assicurazione infortuni sul lavoro, art. 1, n. 7, 2, 18 ; cod. civ., art. 2697).
Esclusa l'ipotesi del suicidio, la circostanza che la scom
parsa del comandante in mare, durante la navigazione, sia avvenuta fuori dell'orario di servizio del comandante stesso non è sufficiente ad escludere il nesso eziologico tra l'occasione di lavoro e la causa violenta, ai fini del
l'indennizzabilità del relativo infortunio. (1)
La Corte, ecc. — Con l'unico mezzo di annullamento la ricorrente, deducendo la violazione dell'art. 2 del r.
decreto 17 agosto 1935 n. 1765, lamenta che la corte d'ap
pello abbia errato nel ritenere che non fosse provata, relativamente al fatto della scomparsa in mare del Val
lini, l'occasione di lavoro, che si sarebbe dovuto, invece,
ammettere, per la qualità di comandante della nave
rivestita dallo stesso, dato che l'esercizio delle relative
funzioni non è soggetto all'osservanza di un orario di lavoro
(1) La Cassazione, riformando App. Genova 5 giugno 1961 (Foro it., Rep. 1961, voce Lavoro (navig.), n. 44; ripr., in
extenso, in Riv. it. prev. soc., 1962, 387, con nota di Omero, del
quale è da consultare l'altro scritto comparso nella stessa rivista
1961, 71), introduce, ai fini della individuazione del nesso ezio
logico tra occasione di lavoro e causa violenta, una radicale di stinzione tra comandante di nave e membro dell'equipaggio e, pertanto, chiarisce il significato della sentenza 10 luglio 1954, n. 2435, della Cassazione, Foro it., Rep. 1954, voce Infortuni sul
lavoro, nn. 107-109, 117. In materia d'infortunio sul lavoro dei marittimi la giuris
prudenza, pur non abbondante, è particolarmente varia ; così Cass. 12 maggio 1961, n. 1121, id., Rep. 1961, voce Lavoro
(navig.), n. 35 (annotata criticamente da Zetto, L'« occasione di lavoro » nell'infortunio sul lavoro marittimo, in Riv. it. prev. soc.,
1962, 879) è sostanzialmente sulla stessa linea della sentenza
annotata, ritenendo decisiva la circostanza che la presenza sulla nave della persona esposta agli eventuali rischi della naviga zione sia dovuta soltanto alla esecuzione degli obblighi derivanti da un rapporto di lavoro, e non ritiene necessario che sia data la prova che l'infortunio fosse o meno effettivamente connesso con lo svolgimento dell'attività lavorativa (nel caso trattavasi di infortunio determinato dall'alta temperatura sovracoperta di nave in navigazione in zona torrida, occorso al medico di
bordo che si era volontariamente esposto ai raggi solari, al di
fuori di ogni esigenza di servizio). Più elaborata è la sentenza della Corte d'appello di Messina
del 31 maggio 1957, Foro it., Rep. 1957, voce cit., nn. 46-48, secondo cui ricorre infortunio sul lavoro allorché, pur essendo in
origine l'evento del tutto normale e tale da poter occorrere a
qualunque individuo (nella specie, trattavasi di un marittimo ri
masto ferito all'esofago nel mangiare un pollo), tuttavia le con
seguenze venivano ad aggravarsi fino al decesso a causa della
scarsa attrezzatura di bordo per la cura dell'infortunato ; questa sentenza sembra fare applicazione della classica distinzione fra
rischio generico e rischio generico aggravato, su cui vedi fonda
mentalmente Carnelutti, Infortuni sul lavoro (Studi), 1913,
I, pagg. 229-230, nonché Mtrat.dt, Oli infortuni sul lavoro e le,
malattie professionali, 1960, pag. 92 e Levi Sandrt, Istituzioni
di legislazione sociale, 1963, pagg. 203-204.
ed implica un'attività permanente, tale cioè da doversi
collegare, in ogni momento, alla causa di servizio. Rileva,
inoltre, che la corte non avrebbe considerato il rischio
della scomparsa quale rischio specifico della gente di
mare, ben distinto dal rischio generico connesso alle altre
attività lavorative. La censura è fondata.
Invero se il nesso eziologico tra occasione di lavoro e
causa violenta, ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio, non può farsi discendere, per le persone addette alla navi
gazione marittima, dal fatto della semplice presenza di
costoro a bordo della nave, in quanto dovuta ad esigenze di lavoro, ciò, tuttavia, non esclude che il viaggio marit
timo, per il personale vincolato da un contratto di arruo
lamento, costituisce un rischio professionale legato alle
circostanze di tempo e di luogo dell'attività richiesta dal
rapporto lavorativo.
Questa puntualizzazione, che è necessaria per una
corretta valutazione del rischio, al fine di accertare se
l'infortunio sia ricollegabile, almeno indirettamente, al
lavoro prestato, lungi dal prescinderne, si adegua ai cri
teri propri della legge infortunistica ed agli scopi sociali
da essa perseguiti. Infatti, se, come deve riconoscersi, l'entità e la natura
del rischio di lavoro sono da considerarsi con esclusivo
riferimento alla posizione del lavoratore assicurato ed alle
ragioni che hanno indotto il legislatore a rendere obbli
gatoria l'assicurazione contro gli eventuali infortuni e se,
proprio alla stregua di questo concetto, l'art. 1, n. 7, del r. decreto 17 agosto 1935 n. 1765 prevede l'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro a favore
delle persone addette alla navigazione marittima, non
può non argomentarsi da ciò che tale assicurazione è
destinata a coprire tutti i rischi inerenti all'attività indi
cata, tra i quali sono da comprendere certamente, quali che essi siano, i pericoli cui il lavoratore marittimo è
costretto ad esporsi in conseguenza del suo specifico lavoro.
Ma nell'àmbito del personale arruolato per il servizio
della nave, una distinzione si pone tra la posizione del
comandante e quella degli altri componenti l'equipaggio, dal momento che il primo è colui che si trova al vertice
dell'organizzazione costituita dalla nave. Invero il coman
dante, come capo della spedizione e dell'equipaggio, nel
tempo stesso che è investito di un complesso di poteri, che non trovano riscontro in alcun altro rapporto giuri dico a contenuto economico, in quanto diretti ad assi
curare il successo dell'organizzazione, nell'interesse dei
partecipanti e nell'interesse superiore dello Stato alla si
curezza della navigazione, è tenuto all'osservanza di un
insieme di doveri, con la responsabilità che ne deriva,
per la sua particolare posizione a bordo della nave.
Per quel che qui interessa, è sufficiente sottolineare
che le mansioni inerenti al comando della nave si svol
gono, secondo la necessità, ininterrottamente e si esten
dono dalla coperta a tutte le altre parti della nave, esposte agli inconvenienti della navigazione, con la conseguenza di dovere affrontare gli effetti di tale stato rischioso di
cose. D'altra parte, se è vero che il concetto d'infortunio
indennizzabile, perchè occasione del lavoro, ha riferi
mento al fatto determinante il sinistro, in quanto esso
rientri effettivamente nell'àmbito del lavoro commesso, incidendo in quel rischio specifico dal quale il lavoratore
deve essere protetto, non è men vero che siffatte condi
zioni riflettono non soltanto l'atto materiale di esecu
zione del lavoro, ma anche, comprendendolo, ciò che del
lavoro è un accessorio o che al lavoro è connesso.
Ne discende, da un lato, quella che è la continuità
della funzione del comandante della nave e la conseguente connessione alla causa di lavoro di ogni sua attività, e,
dall'altro, la particolarità del rischio al quale il coman
dante trovasi esposto, non potendo ovviamente tale rischio
essere considerato sullo stesso piano di quello che grava sull'attività degli altri componenti l'equipaggio.
Infatti, se per costoro, in relazione al lavoro svolto, in quanto limitato nel tempo, a seconda delle esigenze e dei turni di servizio, può ben sorgere la questione del
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PARTE PRIMA
rapporto causale, tra l'attività prestata e il sinistro, lo
stesso non si può dire per il primo, costretto, com'è, a dover affrontare, in ogni momento della sua presenza sulla nave e in dipendenza della sua specifica attività, tutti gli eventuali pericoli e danni della navigazione, nes
suno escluso ; la quale cosa dimostra clie il riscMo, nell'àm
bito di quanto dispone l'art. 2 del r. decreto n. 1765,
è, in tal caso, in relazione ad un'attualità di lavoro, ossia
alle esigenze di servizio non disgiunte da quella clie è
l'attività peculiare del comandante della nave.
Orbene la denunciata sentenza appare manchevole
sul punto in discorso, avendo essa omesso di considerare, con riferimento a quelle che sono le attribuzioni del
comandante della nave ed il loro reale svolgimento, che
colui che n'è investito è esposto al rischio specifico che è
proprio delle dette attribuzioni e che è, indubbiamente, d'intensità maggiore del rischio inerente all'attività degli altri componenti l'equipaggio. Negare, infatti, che tra
quel rischio ed il lavoro del comandante vi sia un nesso
di occasionalità, significherebbe porsi, contro ogni sano
indirizzo interpretativo della legge, fuori della realtà
dei fatti.
La dimostrazione che la Corte del merito ha trascu
rato l'indicato aspetto della questione, per via di una
generalizzazione dell'attività svolta dal personale addetto
alla navigazione marittima, si trae dal fatto che essa, a sostegno della decisione adottata, si è basata, dopo averne fatto un ampio richiamo, su una pronuncia di
questo Supremo collegio (sent. n. 2435 del 10 luglio 1954, Foro it., Rep. 1954, voce Infortuni sul lavoro, nn. 107-109,
117), per niente puntuale al caso di che trattasi.
Invero la specie di quella pronuncia concerneva la
scomparsa di un marittimo, faciente parte del personale addetto al servizio delle macchine, il quale, prima che
avesse avuto inizio il proprio turno di lavoro, era preci
pitato in mare dalla coperta della nave, dove non aveva
occasione di lavorare e, comunque, di trovarsi per ragioni di servizio, per modo che la Corte, conformemente al
giudizio espresso nella sede di merito, negò la sussistenza
del rapporto eziologico tra l'occasione di lavoro e l'evento.
La decisione non è, perciò, in contrasto, con il prin
cipio del rischio che, in una situazione giuridica e di
fatto ben diversa, incombe sull'attività del comandante
della nave, in ogni momento in cui egli è presente a bordo,
quale conseguenza della sua posizione e delle necessità di
servizio, collegate agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro con l'impresa di navigazione.
Pertanto, la corte del merito non avrebbe dovuto
attribuire importanza al fatto che il Valimi avesse ulti
mato il proprio turno di servizio all'atto della scomparsa dalla nave, ma, in considerazione delle peculiari carat teristiche del lavoro svolto dal medesimo, quale coman dante della nave, avrebbe dovuto, piuttosto, indipen dentemente dal menzionato fatto, vedere se, esclusa l'ipo tesi del suicidio, il nesso causale tra l'occasione di lavoro e la scomparsa in mare si potesse ritenere risolto a favore del Vallini medesimo, per essersi trovato questi esposto dalla permanenza a bordo e dalla continuità delle sue funzioni ai pericoli della navigazione, dovendosi ravvisare, nella generalità dei casi, insita in ciò l'occasione di lavoro.
Per questi motivi, cassa, ecc.
I
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 giugno 1963, n. 1710 ; Pres. Stella Richter, Est. Rossano, P. M. Maccarone
(conci, conf.) ; Min. difesa-aeronautica c. Comune di Catania (Avv. Scaduto, Amaduri).
( Conferma App. Palermo 9 maggio 1950)
Demanio e patrimonio dello Stato Aerodromi militari Demanio necessario —
Appartenenza
(Cod. civ., art. 822).
Demanio c patrimonio dello Stato — Opere desti
nale alla dilesa nazionale — Suolo su eui sono
costruite — Demanialità — Esclusione (Cod. civ.,
art. 822).
Oli aerodromi, se destinati alla difesa nazionale, apparten
gono allo Stato e fanno parte del demanio necessario. (1) La formula « opere destinate alla difesa nazionale », con
tenuta nell'art. 822, 1° comma, cod. civ., comprende sol
tanto le costruzioni e non anche il suolo su cui sono edi
ficate. (2) II
TRIBUNALE DI VENEZIA.
Sentenza 13 agosto 1963 ; Pres. Scandellari P., Est.
Mancino ; Soc. agricola del cavallino (Avv. Mula
chiè) c. Finanze e altri.
Demanio e patrimonio dello Stato — Opere desti
nale alla difesa nazionale — Suolo su cui sono
costruite —- Demanialità (Cod. civ., art. 822).
La formula « opere destinate alla difesa nazionale », con
tenuta nell'art. 822 cod. civ., non comprende soltanto
le costruzioni, ma anche il suolo su cui sono edificate. (3)
I
La Corte, ecc. — I due motivi del ricorso, per la loro
connessione, si esaminano congiuntamente. Il primo denuncia violazione e falsa applicazione de
gli art. 692 cod. nav., 822, 823 cod. civ., dei principi
generali di diritto (art. 12 disp. prel. cod. civ.), art. 360,
n. 3, cod. proc. civ., per avere compreso nel termine « ae
rodromi » usato nel 2° comma dell'art. 822 cod. civ. an
che gli aeroporti militari, escludendoli così dalle categorie di « opere destinate alla difesa nazionale », comprese dal 1° comma dello stesso articolo tra i beni demaniali.
Il 2° comma denuncia violazione e falsa applicazione
degli art. 692 cod. nav., 822 cod. civ., sotto altro profilo, 823 cod. civ., 934 e segg. cod. civ., dei principi generali di diritto (art. 12 disp. prel. cod. civ.), art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere ritenuto che il carattere dema
niale del bene, a norma del 2° comma dell'art. 822 cod.
civ., possa sorgere per effetto di un titolo di acquisto del bene e sia quindi subordinato all'appartenenza del bene
all'ente, laddove il bene demaniale può appartenere sol
tanto all'ente pubblico e su di esso, meno che nelle forme
consentite dall'ordinamento, non è ammissibile un concor
rente diritto a favore di terzi.
Il ricorso è destituito di fondamento giuridico. L'art. 822. 1° comma, cod. civ. stabilisce che appar
tengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico « le opere destinate alla difesa nazionale ». Tale espres sione, come questo Supremo collegio ha già avuto occa
sione di precisare (cfr. Cass. 15 ottobre 1958, n. 3266, Foro it., Rep. 1958, voce Demanio, n. 17) conformemente
(1) Conforme Resta, Dei beni pubblici, in Commentario del cod. civ. a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1962, pag. 90 ; Sandulli e Rosa, Aerodromi, voce dell' Enciclopedia del diritto, I, 1958, pag. 639 ; Sandulli, Manuale di dir. amm., 1959, 350 ; Pescatore, Della proprietà, in Commentario del codice civile, 1958, 97 ; Zanobini, Corso di dir. amm., 1955, IV, pag. 106.
(2-3) In senso contrario alla sentenza della Cassazione e conforme alla sentenza del Tribunale di Venezia, le due deci sioni da quest'ultima richiamate : Cass. 15 ottobre 1958, n. 3266, nella motivazione, in Foro pad., 1959, I, 951 ; Cass. 20 maggio 1960, n. 1287, Foro it., Rep. 1960, voce Strade, n. 12 ; per rife rimenti si veda anche Cass. 26 febbraio 1943, n. 474, nella mo tivaz., id., Rep. 1943-45, voce Demanio, nn. 5-8. In dottrina, anch'esso in senso contrario, sebbene con qualche perplessità, alla sentenza della Cassazione, Zanobini, op. cit., pag. 41 ; si veda anche, più genericamente sul significato della parola « ope re », Pescatore, op. cit., pag. 96.
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