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sezione II civile; sentenza 21 agosto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M. Fedeli...

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sezione II civile; sentenza 21 agosto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M. Fedeli (concl. conf.); Soc. Nuovo Lido El. Fra (Avv. E. Romanelli, Papone) c. Benone (Avv. Contaldi, Marinelli). Cassa App. Genova 28 aprile 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1911/1912-1915/1916 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192040 . Accessed: 28/06/2014 08:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.84 on Sat, 28 Jun 2014 08:52:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 21 agosto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M. Fedeli(concl. conf.); Soc. Nuovo Lido El. Fra (Avv. E. Romanelli, Papone) c. Benone (Avv. Contaldi,Marinelli). Cassa App. Genova 28 aprile 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1911/1912-1915/1916Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192040 .

Accessed: 28/06/2014 08:52

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PARTE PRIMA 1912

persone in istato di indigenza o per stipendi, salari e simili asse

gni corrisposti da privati.

Infine, è da rilevare che, con effetto dalla data di entrata

in vigore della 1. reg. Friuli Venezia Giulia 13 settembre 1995

n. 38, la materia dell'assegno vitalizio ai consiglieri cessati dalla

carica è stata sottratta alla sopra riferita fonte regolamentare ed affidata alla disciplina della legge stessa (v., in particolare l'art. 7), la quale, tuttavia, non contiene alcuna disposizione limitativa della pignorabilità, coerentemente con i principi co

stituzionai che impongono alla potestà normativa regionale il

limite del diritto privato, vale a dire di quel settore dell'ordina

mento nel quale si colloca la disciplina della responsabilità pa trimoniale del debitore delineata dall'art. 2704 c.c. e dalle rela

tive eccezioni.

La sentenza impugnata, non risultando conforme a questi prin

cipi, deve essere, in applicazione dei medesimi, cassata; e, poi ché v'è necessità di ulteriori accertamenti di fatto al fine della

decisione relativa all'opposizione all'esecuzione, proposta sul

l'assunto dell'impignorabilità dell'assegno vitalizio de quo, sus

sistono le condizioni di cui all'art. 384 c.p.c. nel testo novellato

dall'art. 66 1. 26 novembre 1990 n. 353, perché questa corte

provveda nel merito, dichiarando l'infondatezza dell'opposizio ne medesima.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 21 ago sto 1996, n. 7704; Pres. Di Ciò, Est. Spagna Musso, P.M.

Fedeli (conci, conf.); Soc. Nuovo Lido El. Fra (Avv. E. Ro

manelli, Papone) c. Benone (Avv. Contaldi, Marinelli). Cassa App. Genova 28 aprile 1994.

Procedimento civile — Società — Fusione per incorporazione — Società incorporata — Estinzione — Interruzione del pro cesso (Cod. civ., art. 2501; cod. proc. civ., art. 300).

Procedimento civile — Estinzione della parte nel corso del giu dizio di primo grado — Mancata dichiarazione o notificazio

ne dell'evento — Impugnazione del procuratore della parte estinta — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 300).

La fusione di società per incorporazione, dichiarata dal difen sore in udienza, provoca l'interruzione del processo, di cui

la società sia parte. (1) Se il difensore della società incorporata nel corso del giudizio

di primo grado, prima della chiusura della discussione, omet

te di dichiarare in udienza o notificare alle altre parti l'avve

nuta estinzione della società, la posizione giuridica di questa resta stabilizzata nei confronti delle altre parti e del giudice, con correlativa ultrattività della procura alle liti anche nei suc

cessivi gradi del giudizio. (2)

(1-2) Nel caso presente, il procuratore di una società fusa per incor

porazione in altra società nel corso del giudizio di primo grado da lei stessa instaurato, propone appello in nome della società incorporata e, solo all'udienza di discussione del giudizio di appello, provvede alla dichiarazione dell'avvenuta fusione.

La Suprema corte, adita dalla società incorporante, cassa «senza rin vio» (sic) la sentenza d'appello in quanto nulla rimettendo gli atti allo stesso giudice che l'aveva pronunciata, per aver negato l'interruzione del processo in violazione dell'art. 300 c.p.c.

Le questioni affrontate sono quindi due: la natura della fusione di società e l'ultrattività del mandato alle liti oltre il grado di giudizio in cui si è verificato l'evento della morte, estinzione o sopravvenuta incapacità della parte costituita.

1) Per quanto riguarda la nozione di fusione di società per incorpo razione, la Suprema corte conferma l'orientamento prevalente, secondo cui la fusione dà luogo all'estinzione della società incorporata e alla successione universale della società incorporante in tutte le situazioni

giuridiche facenti capo alla prima. In questo senso, vedi, da ultimo, Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, Foro

Il Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 9 ottobre 1985 al commercialista dr. Albero Benone, la Nuo

va Lido di Genova s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore — premesso di non aver affidato al Benone alcun

incarico professionale ed ammettendo aver quello solamente pre stato la sua opera nell'interesse della società quale presidente della Associazione Bagni Marini — conveniva in giudizio din

nanzi al Tribunale di Genova il professionista perché si accer

tasse l'inesistenza del credito di lire 51.000.000, oltre Iva, del

quale il commercialista aveva preteso il pagamento con la par cella n. 11/85 pur contenente una indicazione generica delle as

sunte prestazioni. Emessa dal convenuto una nuova parcella sotto forma di

«preavviso», «tarata» dal consiglio dell'ordine dei commerciali

it., 1994, I, 3485, e 1995, I, 936, citata in motivazione con particolare riferimento alla questione dell'ultrattività del mandato ad litem.

Come viene osservato nell'ampia nota a Cass. 833/94, cui si rinvia

per i richiami di giurisprudenza e dottrina, l'orientamento della Cassa zione si contrappone ad una tesi minoritaria, sostenuta in particolare dalla dottrina più recente, secondo cui la fusione non comporta l'estin zione delle società fuse, ma solo una modificazione degli atti costitutivi di tutte le società interessate.

2) In ordine all'ultrattività della procura alle liti, la Suprema corte

respinge l'eccezione di inammisibilità dell'appello proposto dal procu ratore della parte estinta, e ciò in quanto lo stesso procuratore ha co municato l'avvenuta estinzione solo all'udienza di discussione del giudi zio di appello, malgrado l'evento si fosse già verificato nel corso del

giudizio di primo grado. Secondo la corte, infatti, il principio dell'ultrattività del mandato ad

litem, pur rappresentando una deroga alla regola generale dell'estinzio ne del mandato per morte o incapacità sopravvenuta del mandante ai sensi dell'art. 1722, n. 4, c.c., trova la propria ragion d'essere nell'art.

300, 1°, 2° e 4° comma, c.p.c., secondo cui solo la dichiarazione o la notificazione dell'evento da parte del procuratore della parte decedu

ta, estinta o divenuta incapace tra la costituzione e la conclusione della discussione del giudizio, provoca l'interruzione del processo, che altri menti continua nei confronti della stessa parte come se fosse tuttora esistente o capace.

Sulla base della disciplina dettata dall'art. 300 c.p.c., la corte, quin di, ritiene che il principio dell'ultrattività del mandato ad litem vada

applicato anche ai gradi di giudizio ulteriori rispetto a quello nel quale si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita della capacità della

parte conferente, abbracciando così la tesi accolta da sez. un. 21 feb braio 1984, nn. 1228 e 1229, id., 1984, I, 664, citate in motivazione.

Nello stesso senso vedi, da ultimo: Cass. 28 aprile 1995, n. 4721, id., Rep. 1995, voce Impugnazioni civili, n. 85; 20 dicembre 1994, n.

10965, ibid., n. Ili; 7 luglio 1995, n. 7495, ibid., voce Procedimento

civile, n. 301; 24 gennaio 1995, n. 791, ibid., n. 302; 2 dicembre 1994, n. 10350, ibid., n. 303; 13 aprile 1994, n. 3427, id., Rep. 1994, voce

Notificazione civile, n. 31. Per la giurisprudenza più risalente si rinvia a Pietrosanti, Impugna

zione a nome del successore con procura del «de cuius», nota a Cass. 27 gennaio 1994, n. 833, id., 1995, I, 936, spec. 937, par. 2.

Cass. 833/94 è citata nella stessa motivazione della sentenza in epi grafe, in quanto addotta dal ricorrente come argomento a sostegno del la tesi dell'inammissibilità dell'appello, ma, come osserva la corte, non

può avere diretta rilevanza per il caso di specie, a parte l'aspetto relati vo alla natura della fusione per incorporazione di cui si è già trattato. Tale pronuncia, infatti, considera il caso dell'impugnazione proposta a nome della società incorporante da parte del procuratore della società

incorporata e ne dichiara l'inammissibilità per estinzione del mandato alle liti conferito da un soggetto diverso.

Nella nostra fattispecie, invece, l'impugnazione è ammissibile perché proposta a nome della stessa società incorporata che era ancora da con siderarsi esistente nei confronti delle altre parti e del giudice, per omes sa comunicazione dell'evento da parte del suo procuratore.

Lo stesso Pietrosanti, nella nota cit., osserva che il procuratore avrebbe

potuto evitare l'estinzione del mandato ad litem impugnando la decisio ne sfavorevole in nome della società estinta di cui non aveva ancora dichiarato né notificato l'estinzione, come è avvenuto nel nostro caso. E ciò sulla base dell'orientamento prevalente della Cassazione successi vo a sez. un. 21 febbraio 1984, nn. 1228 e 1229, cit., che hanno rappre sentato una notevole innovazione.

L'autore, però, dà atto che vi sono ancora alcune pronunce di legitti mità in senso opposto, tra cui va considerata anche Cass. 21 dicembre

1995, n. 13041, id., Rep. 1995, voce Appello civile, n. 121. L'odierna sentenza fonda la decisione relativa alla questione dell'ul

trattività del mandato ad litem sulla diversità di disciplina a seconda del momento in cui si è verificato il decesso, l'estinzione o la perdita di capacità della parte costituita tramite procuratore.

In particolare specifica quanto segue. a) Se gli eventi di cui all'art. 299 c.p.c. si sono verificati nella fase

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sti il 14 novembre 1985 in lire 52.565.700, la società con atto

di citazione notificato il 13 gennaio 1986 riproponeva la stessa

domanda.

Il Benone, costituitosi, resisteva alle domande sollecitandone

il rigetto chiedendo, inoltre in via riconvenzionale la condanna

della società al pagamento della somma indicata nella parcella «tarata» del 14 novembre 1985.

Riunite le cause, il Benone sollecitava l'interrogatorio forma

le del legale rappresentante della società, che veniva espletato,

e, escussa prova per testi, chiedeva che fosse ordinato alla capi taneria del porto di Genova di esibire il fascicolo relativo alla

definizione di pratiche da lui curate e di fornire informazioni

sulle medesime.

Rimessa la causa al collegio, questo con ordinanza dell'11

gennaio 1989 deferiva al Benone giuramento suppletorio, poi

prestato all'udienza del 7 marzo 1989.

Nelle nuove conclusioni la società chiedeva la revoca dell'or

dinanza ammissiva del giuramento suppletorio e l'accoglimento delle istanze di esibizione di documenti e di richiesta di infor mazioni.

Con sentenza del 21 febbraio 1990 il tribunale rigettate le

domande della Nuovo Lido e in parziale accoglimento della ri

convenzionale del Benone, condannava la società al pagamento in favore del professionista della somma di lire 41.427.014, con

gli interessi legali dal novembre 1985 al saldo, oltre il maggior danno da svalutazione monetaria (art. 1224, cpv., c.c.), nella

misura di un tasso annuo del 5,5% per il 1985 e del 3,5% per il 1986, nonché delle spese processuali.

Avverso la sentenza proponevano appello, principale, la so

cietà e, incidentale, il Benone censurando la decisione sotto vari

profili. Rimessa la causa al collegio, con la comparsa conclusionale

il Benone, assumendo che la Nuovo Lido di Genova s.p.a. si

era trasformata in s.r.l. e poi nell'agosto 1988 era stata incor

porata nella El.Fra s.r.l. la quale con atto del notar Verde di

Genova del 7 dicembre 1988 aveva cambiato la sua denomina

zione in Nuovo Lido El.Fra s.r.l., chiedeva che si desse atto

della nuova denominazione giuridica della società, appellante

principale. All'udienza di discussione del 25 novembre 1993 il procurato

re della società chiedeva dichiararsi l'interruzione del processo «attesa l'estinzione della persona giuridica parte in causa», e, essendosi opposto il procuratore del Banone, la causa veniva

assegnata a decisione.

Con sentenza del 28 aprile 1994 la Corte d'appello di Geno

va, rigettati entrambi i gravami, confermava la decisione impu

gnata condannando la Nuovo Lido di Genova s.p.a. alla rifu

sione delle ulteriori spese processuali in favore del Benone.

attiva del processo, cioè dalla costituzione alla conclusione della discus

sione, nel corso del giudizio di merito di primo e secondo grado, si

applica l'art. 300, 1°, 2° e 4° comma, c.p.c., secondo cui l'evento ac

quista rilevanza nel processo solo se dichiarato o notificato dal procu ratore della parte defunta, estinta o divenuta incapace. In mancanza di tale comunicazione la posizione della stessa parte nel processo si sta bilizza come se fosse tuttora esistente o capace, e il procuratore conti nua ad essere fornito di legittimazione anche nei successivi gradi di

giudizio. b) Se i medesimi eventi si verificano dopo la chiusura della discussio

ne, ma prima della pubblicazione della sentenza, l'effetto interruttivo è espressamente escluso dall'art. 300, 5° comma, c.p.c., perché la posi zione delle parti è stabilizzata al momento della chiusura della discussione.

c) Se, invece, gli eventi indicati si verificano nel «periodo di quie scenza» del rapporto processuale tra un grado e l'altro del giudizio, l'art. 328 c.p.c. sancisce l'interruzione del termine breve di impugnazio ne o la proroga di sei mesi del termine annuale.

Ma alle tre ipotesi analizzate dalla sentenza in epigrafe se ne deve

aggiungere una quarta. d) Se l'evento morte, estinzione o perdita di capacità della parte co

stituita tramite procuratore, si verifica dopo la chiusura della discussio

ne, ma prima della notificazione della sentenza, l'art. 286 c.p.c. per mette alla parte vittoriosa di provvedere alla notificazione, alternativa

mente, o al procuratore della parte defunta, estinta o diventa incapace, o agli eredi del defunto o al rappresentante legale dell'incapace.

Per un'attenta disamina delle diverse discipline qui brevemente espo

ste, vedi Proso Pisani, nota a Cass. 21 febbraio 1984, nn. 1230, 1229

e 1228, id., 1984,1, 664, e, più recentemente, Giovannoni, nota a Cass.

21 giugno 1995, n. 7023, id., 1996, I, 639.

Il Foro Italiano — 1997.

Osservavano quei giudici, per quel che in questa sede interes

sa, che non avrebbe potuto interrompersi il processo a seguito della incorporazione della Nuovo Lido di Genova s.r.l. già s.p.a., nella El.Fra s.r.l., poi Nuovo Lido El.Fra. s.r.l. dovendosi con

siderare la non estinzione della Nuovo Lido Genova s.p.a., at

trice ed appellante principale, in ragione del permanere della

controversia giudiziale su di un suo debito.

Avverso la sentenza, con l'esposizione di cinque motivi di

gravame, ricorre per cassazione la Nuovo Lido El.Fra s.r.l.,

quale incorporante della Nuovo Lido di Genova s.p.a., in per sona del legale rappresentate pro tempore, resistita da controri

corso del Benone. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione. — Esaminando le singole censure espo ste nel mezzo di gravame, con il primo motivo di doglianza la società ricorrente, in relazione al n. 4 dell'art. 360 c.p.c., denunzia la nullità della sentenza impugnata conseguente alla

violazione degli art. 2504 ss. c.c., 300, 304 e 298 c.p.c. A seguito della estinzione per fusione mediante incorporazio

ne — avvenuta nell'estate del 1988, nelle more del giudizio di

primo grado — nella El.Fra s.r.l., poi denominata Nuovo Lido

El.Fra s.r.l., dell'appellante principale Nuovo Lido di Genova

s.p.a. e della dichiarazione dell'evento fatta dal procuratore al

l'udienza di discussione del 25 novembre 1993, la corte territo

riale avrebbe dovuto prendere atto della vicenda estintiva della

persona giuridica e dichiarare, conseguentemente, l'interruzione

del processo. Non sarebbe assolutamente condivisibile, pertanto, il diniego

dell'evenienza interruttiva del processo perché fondato su di

un'assunta sopravivenza della società incorporata in ragione della

permanenza della controversia giudiziale concernente un rap

porto obbligatorio nel quale, secondo la prospettazione, quella sarebbe il termine soggettivo passivo.

La prosecuzione del giudizio, in violazione del chiaro dispo sto del cpv. dell'art. 300 c.p.c. avrebbe così dato causa alla

nullità degli atti processuali successivi alla dichiarazione del pro curatore della società estinta e, quindi, della sentenza conclusi

va di quel giudizio (art. 304, 298 c.p.c.). Le censure sono fondate. La fusione di società per incorpora

zione (art. 2501 ss. c.c.), determina automaticamente, sul piano del diritto sostanziale, l'estinzione della società assoggettata alla

fusione ed il subingresso, nei rapporti ad essa relativi, per suc

cessione a titolo universale, della società incorporante (art. 2904 bis c.c.). Questa, peraltro, ben può proseguire il giudizio di cui era parte la società estinta, ai sensi dell'art. 110 c.p.c. costituendosi nel giudizio anche di gravame con esclusione, per

tanto, di qualsiasi incidenza della incorporazione sulla validità

di quello (in proposito anche Cass. 3 luglio 1981, n. 4331, Foro

it., Rep. 1981, voce Procedimento civile, n. 88; 18 giugno 1992, n. 7484, id., Rep. 1992, voce Società, n. 773).

Ne consegue immediatamente il primo errore della corte di

merito che, nel negare l'interruzione del processo, ha affermato

l'esistenza ulteriore della società, appellante principale, incor

porata in ragione della permanenza della controversia su di un

rapporto obbligatorio. Il fenomeno estintivo in esame va, agli effetti processuali,

assimilato alla morte della persona fisica e, pertanto, produce l'interruzione del processo nel quale sia parte la società estinta

quando, essendo questa costituita con il ministero di un procu

ratore, questi dell'evento verificatosi nella fase attiva del rap

porto processuale ne abbia fatto dichiarazione in udienza o no

tificazione alle altri parti, fino alla chiusura della discussione

(art. 300, 2° ed ultimo comma c.p.c.).

Conseguenza immediata del primo errore è la negazione del

l'effetto interruttivo del processo dell'evento estintivo, verifica

tosi nelle more del primo grado del giudizio, e della dichiarazio

ne fattane dal procuratore all'udienza di discussione.

Inutilmente il controricorrente Benone oppone, quale questione rilevabile ex officio iudicis, il passaggio in re iudicata della sen tenza del tribunale in conseguenza dell'inammissibilità dell'ap

pello proposto dal procuratore della Nuovo Lido Genova s.p.à. in virtù di una procura ad litem conferitagli nel gennaio 1987

da quella, poi estinta per fusione mediante incorporazione, av

venuta nelle more del giudizio di primo grado, nella El.Fra s.r.l.

poi Nuovo Lido El.Fra s.r.l.

L'utrattività del mandato — sostiene il Benone — e la so

pravvivenza della procura ad litem, oltre la morte, l'estinzione

della persona, fisica o giuridica, o l'incapacità sopravvenuta del

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1915 PARTE PRIMA 1916

conferente, costituirebbero deroghe alle regole generali sommi

nistrate dagli art. 1722, n. 4, c.c. e 83, 84 c.p.c. e che per il

loro carattere eccezionale dovrebbero essere rigorosamente man

tenute nell'ambito delle norme che le consentono, art. 1728 c.c.

e 300 c.p.c. Ne conseguirebbe una loro operatività nell'ambito del grado

del processo in cui si siano verificati il decesso o l'estinzione

o la perdita della capacità del conferente: limite costituito dalla

pronunzia della sentenza conclusiva del grado di giudizio, oltre

il quale riprenderebbe vigore il principio generale secondo il quale il mandato si estingue con la morte o la perdita della capacità del mandante.

Il procuratore, pertanto, sarebbe privo del potere di compiere

qualsiasi atto processuale ulteriore — nella specie quello di im

pugnazione — attinente alla controversia per la quale gli era

stato conferito l'incarico, avvalendosi di una procura ad litem

estinta.

La corte, pur riconoscendo essere stata questa prospettazione aderita in alcune sue decisioni (in proposito Cass. 15 giugno

1977, n. 2495, id., 1977, I, 2187; 14 dicembre 1979, n. 6522,

id., 1980, I, 317) ne dissente ritenendo doversi adeguare alla

pronunzia delle sezioni unite (sez. un. 1228 del 21 febbraio 1984,

id., 1984,1, 664) per una sua compiuta disamina delle discipline

discriminate in ragione del momento processuale in cui si siano

verificati gli eventi morte, estinzione o perdita della capacità di stare in giudizio della parte.

L'incidenza di questi eventi, indicati dall'art. 299 c.p.c. che

riguardino — come nella specie — una parte costituita a mezzo

del procuratore nella fase attiva (dalla costituzione alla conclu

sione della discussione) del giudizio di merito, di primo grado o di impugnazione, è esaustivamente regolata dall'art. 300, 1°,

2° e 4° comma, c.p.c.

Dopo la costituzione delle parti e fino alla conclusione della

discussione, il processo si interrompe solo dal momento in cui

il procuratore della parte deceduta, estinta o divenuta incapace, abbia dichiarato l'evento in udienza o Io abbia notificato alle

altre parti. L'effetto interruttivo del processo trova quindi la sua causa

secondo la disciplina dell'art. 300 c.p.c. in una fattispecie com

plessa costituita dagli eventi morte, estinzione o perdita della

capacità di stare in giudizio della parte e dalla sua comunicazio

ne (dichiarazione in udienza o notificazione) fatta dal procu ratore.

Dichiarazione o notificazione che solamente questo, non il

successore a titolo universale né il rappresentante legale, può discrezionalmente non fare o fare nel momento — cadente nel

primo grado del giudizio o in quello di impugnazione e non

oltre la conclusione della discussione — che ritiene più opportu no al fine di provocare, sul presupposto della esistenza dell'e

vento, l'interruzione del processo.

Onde, l'esteriorizzazione di una determinazione volitiva fina

lizzata alla produzione dell'effetto interruttivo si configura co

me negozio processuale del procuratore legittimato dal potere

rappresentativo conferitogli dalla procura ad litem.

Proseguendo l'iter processuale anche nell'ulteriore grado, co

me se la parte deceduta, estinta o divenuta incapace fosse viva, esistente e capace fino all'eventuale comunicazione del procura

tore, si configura così l'ultrattività della procura ad litem nono

stante il verificarsi di un evento che in virtù del n. 4 dell'art.

1722 c.c. ne avrebbe provocato l'estinzione.

Nella fase processuale compresa fra la chiusura della discus

sione e la pubblicazione della sentenza, il verificarsi di quegli

eventi, pur se comunicati dal procuratore, non produce l'effetto

interruttivo (art. 300, 4° comma, ultimo inciso, c.p.c.) perché la situazione delle parti è «cristallizzata» al momento iniziale

di tal fase ed a questo si riferisce la sentenza.

Nel c.d. «periodo di quiescenza» del rapporto processuale, rinvenibile tra un grado e l'altro eventuale del giudizio, l'inci

denza degli eventi indicati che in quella si verifichino è regolata dall'art. 328 c.p.c. con l'immediatezza dell'effetto interruttivo

del termine di impugnazione o la proroga dello stesso: così con

figurandosi quelli come unici elementi genetici.

Emerge così una diversità di normative a seconda del mo

mento del rapporto processuale nel quale si verifichino la mor

ii. Foro Italiano — 1997.

te, l'estinzione o la perdita della capacità della parte; una diffe

renziazione che esclude la loro sovrapponibilità nel senso che

ogni disciplina trova applicazione in ragione del momento della

verificazione di quegli eventi e, prodottosi il relativo effetto,

questo permane nel successivo svolgimento del rapporto senza

che possano aver incidenza le altre disposizioni che regolano

gli effetti dei medesimi eventi quando questi cadano in altri e

successivi momenti del rapporto medesimo.

Ne consegue immediatamente che verificatesi la morte, l'e

stinzione o la perdita della capacità di stare in giudizio di una

delle parti nella fase attiva del rapporto processuale, nel perio do compreso fra la costituzione e la conclusione della discussio

ne, l'unica disciplina applicabile è quella dettata dall'art. 300

c.p.c. e, ulteriormente, che, a seconda che sia integrata o non

la fattispecie complessa evento-dichiarazione, l'effetto produci

bile, prosecuzione o interruzione del processo, permane in tutto

l'ulteriore svolgersi del rapporto. Una sua modificazione è possibile solamente in base dell'uni

ca disciplina applicabile rinvenuta nell'art. 300 c.p.c. Deve così concludersi che, omessa — come nella specie —

dal procuratore, l'unico legittimato ad effettuarla, la dichiara

zione o la notificazione di alcuno di quegli eventi riguardanti una delle parti verificatosi nella fase attiva del primo grado del

giudizio, questo prosegue ulteriormente nella fase di quiescenza e nell'ulteriore fase attiva a seguito dell'impugnazione come se

la parte rappresentata fosse viva, esistente o capace.

Questa posizione stabilizzata si modificherà, divenendo effi

cace la morte, l'estinzione o la perdita di capacità, se nella fase

di impugnazione si costituiranno il successore a titolo universale

o il rappresentante legale oppure, come nel caso che occupa la corte, il procuratore dichiarerà in udienza o notificherà alle

altre parti l'evento verificatosi.

Queste considerazioni negano validità anche alla tesi subordi

nata del controricorrente secondo la quale sarebbero nulli tutti

gli atti successivi, impugnazione e la sentenza di appello, all'ef

fetto interruttivo immediato conseguente all'estinzione della so

cietà incorporata prima della sua «costituzione» nel giudizio di

impugnazione, art. 299 c.p.c.

Inutilmente, poi, il Benone indica a sostegno dell'assunto del

la non ultrattività della procura ad litem rispetto al grado del

giudizio nel quale l'evento sia caduto, la sentenza di questa cor

te del 27 gennaio 1994, n. 833 (id., 1994, I, 3485) quale segno

tangibile di un cambiamento radicale di indirizzo giurispru denziale.

Oggetto di quella decisione è la diversa, ed estranea, ipotesi

dell'impugnazione proposta per la società incorporante dal pro curatore che si sia avvalso della procura a suo tempo conferita

gli dalla società incorporata, estinta.

Nel caso posto all'esame della corte, dalla estinzione a segui to della incorporazione della Nuovo Lido Genova nella El.Fra

s.r.l. avvenuta nelle more del primo grado del giudizio e della

dichiarazione dell'evento estintivo fatta dal procuratore di quel la società all'udienza di discussione nel grado di appello è con

seguito l'effetto interruttivo del processo. Avendolo quel giudice negato proseguendo nel giudizio, la

sentenza conclusiva in quanto nulla va cassata senza rinvio (art.

382, 3° comma, ultima ipotesi, c.p.c.) con rimessione degli atti

allo stesso giudice che l'ha pronunziata ed al quale la corte ri

mette la liquidazione del giudizio di legittimità (art. 385, cpv., c.p.c.).

Alla pronunzia consegue l'assorbimento degli altri motivi di

gravame con i quali la società ricorrente denunzia i vizi: di vio

lazione degli art. 2736, cpv., 2739 c.c. sulla ritenuta ammissibi

lità del giuramento suppletorio, senza la preventiva disamina

di quella dei mezzi di prova richiesti, e pur concernente l'esi

stenza di un rapporto giuridico; di violazione dell'art. 19 d.p.r. 22 ottobre 1973 n. 696 in punto di diniego della nullità della

«parcella» per generica indicazione del valore delle «pratiche»; di ultrapetizione, art. 112 c.p.c., in punto di riduzione di un

credito preteso nella sua interezza; di violazione del cpv. del

l'art. 1224 c.c. e di insufficiente motivazione ove si era confer

mata la condanna al risarcimento del maggior danno da svalu

tazione monetaria senza che del pregiudizio fosse acquisita l'esi

stenza.

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