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sezione II civile; sentenza 21 maggio 2003, n. 7962; Pres. Pontorieri, Est. Settimj, P.M. Marinelli...

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sezione II civile; sentenza 21 maggio 2003, n. 7962; Pres. Pontorieri, Est. Settimj, P.M. Marinelli (concl. conf.); Comune di Marigliano (Avv. Ausiello) c. Napolitano; Napolitano (Avv. Cattaneo) c. Comune di Marigliano. Cassa App. Napoli 9 settembre 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1889/1890-1893/1894 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199249 . Accessed: 28/06/2014 08:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.189 on Sat, 28 Jun 2014 08:37:39 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 21 maggio 2003, n. 7962; Pres. Pontorieri, Est. Settimj, P.M.Marinelli (concl. conf.); Comune di Marigliano (Avv. Ausiello) c. Napolitano; Napolitano (Avv.Cattaneo) c. Comune di Marigliano. Cassa App. Napoli 9 settembre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1889/1890-1893/1894Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199249 .

Accessed: 28/06/2014 08:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Avverso tale decisione V. R. ed i T.-Z. proponevano distinti

gravami ai quali resisteva G. R.

Decidendo sulle cause riunite, la Corte d'appello di Catanza

ro — ritenuto che le risultanze istruttorie dimostrassero ade

guatamente il possesso animo domini ultraventennale pieno ed

indisturbato sull'immobile in discussione da parte di V. R. —

accoglieva il gravame e, in riforma dell'impugnata sentenza, ri

gettava le originarie domande di G. R. compensando integral mente le spese di entrambi i gradi.

Avverso tale decisione G. R. proponeva ricorso per cassazio

ne con tre motivi.

Resistevano con controricorso V. R. nonché I. T. e C. Z., co

storo proponendo anche ricorso incidentale con un unico motivo

al quale G. R. resisteva, a sua volta, con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, il ricorrente — denunziando violazione degli art. 714, 1102, 2697 c.c. e vi

zio di motivazione — si duole che la corte territoriale abbia de

sunto da elementi di giudizio che la prevalente giurisprudenza considera inidonei a tale scopo la prova dell'ex adverso pretesa

usucapione e di avere mal interpretato le dichiarazioni che ella

aveva rese in sede di interrogatorio libero.

Con il secondo motivo, la ricorrente — denunziando viola

zione dell'art. 1158 c.c. e vizio di motivazione — si duole che

la corte territoriale abbia erroneamente interpretato la dichiara

zione scritta e con firma autenticata resa nel 1971 dall'altra co

erede M. R., comunque non considerando che da tale epoca a

quella della vendita non erano trascorsi vent'anni.

Con il terzo motivo la ricorrente — denunziando violazione

degli art. 1165 e 2944 c.c. e vizio di motivazione — si duole che

la corte territoriale non abbia adeguatamente valutato la scrittu

ra 1° febbraio 1971 come prova della permanenza sin'allora del

possesso pro quota in capo a ciascuna coerede e come valido

atto interruttivo altresì dell'ex adverso vantata usucapione. I riportati motivi — che, per connessione, possono essere

trattati congiuntamente, meritano accoglimento per le ragioni che seguono. (Omissis)

II riconoscimento, poi, da parte di V. R., del diritto delle co

eredi di disporre delle quote di pertinenza di ciascuno in sede di

divisione secondo il progetto concordato, rappresentava, per il

combinato disposto degli art. 1165 e 2944 c.c., un fatto interrut

tivo della prescrizione acquisitiva che il giudice avrebbe dovuto

rilevare d'ufficio riconsiderando, quindi, tutta la vicenda a parti re solo dal 1971.

L'art. 1158 c.c. pone, infatti, tra gli elementi costitutivi del

l'usucapione, il protrarsi continuativo del possesso per il previ sto periodo, onde l'attore od il convenuto che intendano farsela

riconoscere sono onerati della prova di tale continuità ed il giu dice, a sua volta, tale continuità deve accertare in quanto condi

zione per l'accoglimento della domanda o dell'eccezione.

Pertanto, se è vero che al possessore il quale deduca, così in

agendo come in excipiendo, l'intervenuta usucapione giova la

presunzione di possesso intermedio posta dall'art. 1142 c.c. —

per la quale si determina un'inversione dell'onere della prova, non essendo l'attore od il convenuto tenuti a dimostrare la con

tinuità del possesso ma la controparte, che neghi essersi verifi

cata l'usucapione, tenuta a dimostrarne l'intervenuta interruzio

ne — è pur vero che, ove il difetto della continuità del possesso risulti ex actis dalla produzione stessa della parte che quella continuità invoca, il giudice, pur ove l'interruzione non sia stata

dedotta dalla controparte ed anche nella contumacia di questa, non può esimersi dal rilevare il difetto d'una condizione d'ac

coglibilità dell'azione risultante appunto ex actis, giacché, in tal

caso, non esorbita dall'ambito della potestas iudicandi in viola

zione dell'art. 112 c.p.c. rilevando un fatto che avrebbe dovuto

formare oggetto d'eccezione ad iniziativa della controparte inte

ressata, bensì si limita a constatare il difetto, risultante appunto

dagli stessi elementi di giudizio fornitigli dalla parte interessata,

di una delle condizioni necessarie all'accoglimento della do

manda o dell'eccezione: in altri termini, non pone a fondamento

della decisione reiettiva della domanda o dell'eccezione d'usu

capione la prova di un fatto interruttivo della continuità del pos sesso ma l'originario difetto di una valida allegazione di tale

continuità. (Omissis)

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 21

maggio 2003, n. 7962; Pres. Pontorieri, Est. Settimj, P.M.

Marinelli (conci, conf.); Comune di Marigliano (Avv. Au

Siello) c. Napolitano; Napolitano (Avv. Cattaneo) c. Comu

ne di Marigliano. Cassa App. Napoli 9 settembre 1999.

Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione —

Contratto d'opera professionale — Forma scritta — Fat

tispecie (Cod. civ., art. 1325, 1326, 1350, 1418; r.d. 18 no vembre 1923 n. 2440, nuove disposizioni sull'amministrazio

ne del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, art.

16, 17; r.d. 23 maggio 1924 n. 827, regolamento per l'ammi

nistrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello

Stato, art. 93).

Il contratto d'opera professionale con il comune deve constare

da distinto ed autonomo documento sottoscritto dal rappre sentante esterno dell'ente e dal professionista, irrilevante es

sendo una lettera con cui il ridetto rappresentante porti a co

noscenza del professionista l'intervenuta delibera dell'orga no collegiale dell'ente di affidargli l'incarico, così come è ir

rilevante la risposta, qualificabile come accettazione, del

professionista. (1)

(1) La decisione in epigrafe è conforme ad un orientamento che, dati i numerosi precedenti, può dirsi consolidato. Nel senso che tutti i con tratti stipulati dalla pubblica amministrazione (e non solo il contratto

d'opera professionale) — anche quando essa agisca iure privatorum —

richiedono la forma scritta ad substantiam, conseguendo alla mancanza di tale requisito l'inesistenza di un'obbligazione contrattuale a carico dell'amministrazione medesima, v. Cons. Stato, sez. V, 24 settembre

2003, n. 5444, <www.giustizia-amministrativa.it>; Tar Sardegna 29

agosto 2003, n. 1046, ibid. Per quanto attiene alla giurisprudenza della

Suprema corte, v. Cass. 3 febbraio 2004, n. 1929, Foro it., Mass., 119; 12 novembre 2003, n. 17028, id., 2004, I, 770, e 18 luglio 2002, n.

10440, id., 2003,1, 822, con nota di richiami e osservazioni di Cresta, nonché 12 settembre 2003, n. 13431, id., Mass., 1304; 11 ottobre 2002, n. 14524, id., Rep. 2002, voce Contratti della p.a., n. 173; 30 maggio 2002, n. 7913, ibid., n. 172; 21 maggio 2002, n. 7422, ibid., n. 171; 27 febbraio 2002, n. 2885, ibid., n. 722; Trib. Roma 11 giugno 2001, ibid., n. 675, e Corriere giur., 2002, 383, con nota di Lamorgese, La forma dei contratti della pubblica amministrazione a trattativa privata.

La pronuncia in rassegna rinviene la sua ratio nel principio, chiara mente espresso dalla giurisprudenza citata, per cui la forma scritta è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell'attività ammini

strativa, agevolando l'espletamento della funzione di controllo da parte delle autorità tutorie ed è quindi espressione dei principi di buon anda mento ed imparzialità della pubblica amministrazione posti dall'art. 97 Cost. Invero tale principio appare oggi meno pregnante in ragione del drastico ridimensionamento dei controlli preventivi di legittimità, seb bene la forma scritta mantiene pur sempre la sua importanza anche nel

quadro del complessivo ripensamento della funzione di controllo. Per un'analisi ad ampio raggio delle problematiche relative alla disciplina dei controlli nel sistema amministrativo, cfr., in dottrina, R. Lombardi, Contributo allo studio della funzione di controllo. Controlli interni e attività amministrativa, Milano, 2003.

Alla medesima logica ispiratrice appare, altresì, informata Cass. 12

febbraio 2003, n. 2067, Foro it., Mass., 197, la quale dispone, inoltre, che all'atto del conferimento di un incarico professionale ad un privato da parte della pubblica amministrazione deve rispettarsi il principio di contestualità delle dichiarazioni di volontà, in forza del quale è escluso che la conclusione del contratto possa avvenire per corrispondenza ed

assumere, per l'effetto, la forma di due dichiarazioni separate. Nel vi

gore dell'attuale disciplina, nella quale, nonostante il fondamento nor mativo di tale principio — ovverosia l'art. 17 r.d. 2440/23, richiamato dall'art. 87 r.d. 383/34, a mente del quale il contratto poteva concluder si per corrispondenza solo quando interveniva con ditte commerciali —

sia oggi venuto meno per effetto dell'abrogazione del citato t.u. 383/34, l'orientamento giurisprudenziale più recente ritiene ancora necessaria

la contestualità delle manifestazioni della volontà negoziale, perché

maggiormente funzionale al controllo — sia della collettività che istitu

zionale — sull'operato della pubblica amministrazione. In tal senso, v., oltre alla pronuncia in epigrafe, Cass. 26 febbraio 2002, n. 2832, id.,

2002,1, 2063, con nota di richiami e osservazioni di Cresta.

Peraltro, su quest'ultimo specifico profilo, si segnala un corposo fi

lone di segno contrario: v. Cass. 3 febbraio 2004, n. 1929, cit. ; 13 giu

gno 2000, n. 8023, id., Rep. 2000, voce Professioni intellettuali, n. 131; 18 luglio 1997, n. 6629, id., Rep. 1997, voce Contratto in genere, n.

380; 13 maggio 1997, n. 4185, id., Rep. 1998, voce Comune, n. 420.

In particolare, nel senso che l'atto contrattuale, debitamente sotto

scritto dal rappresentante esterno dell'ente e dal professionista, costi

tuisce il documento da cui deve potersi desumere la concreta instaura

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PARTE PRIMA 1892

Svolgimento del processo. —

L'ing. Sergio Napolitano, che

per delibera di giunta del 12 ottobre 1989 aveva ricevuto dal

comune di Marigliano l'incarico di provvedere alla progettazio ne esecutiva dell'ammodernamento ed ampliamento dell'im

pianto d'illuminazione pubblica, avendo presentato in data 15

febbraio 1990 il progetto, poi approvato dalla regione in data 24

ottobre 1995, e non avendo ricevuto il compenso pattuito, con

citazione notificata il 20 febbraio 1996 conveniva il commit

tente innanzi al Tribunale di Nola onde sentirlo condannare al

pagamento in proprio favore della somma di lire 310.823.285, secondo parcella vistata dal competente consiglio dell'ordine, oltre accessori ed indennizzo per ingiustificato arricchimento.

Costituendosi, il comune eccepiva che l'impianto progettato dall'attore non era stato ancora collaudato né finanziato per fatti

addebitabili all'attore stesso, onde non s'era verificata la condi

zione cui era sottoposto il pagamento del compenso. Con sentenza 11 novembre 1997, l'adito tribunale rigettava la

domanda sia sotto il profilo della corresponsione del compenso,

per l'insussistenza d'un valido contratto in difetto di sua forma

lizzazione per iscritto quale imposta dall'art. 17 r.d. 827/24, sia

sotto quello dell'indennizzo da indebito, per l'insussistenza

d'un riconoscimento dell'utilità dell'opera e, comunque, del

presupposto della sussidiaria responsabilità di funzionari od

amministratori ex art. 23 d.l. 66/89, convertito in 1. 144/89.

Avverso tale decisione il Napolitano proponeva gravame cui

resisteva il comune.

Decidendone con sentenza 9 settembre 1999, la Corte d'ap

pello di Napoli l'accoglieva, ritenendo che la produzione di

zione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle

prestazioni da svolgersi e al compenso da corrispondersi, v. Cass. 23

luglio 1998, n. 7245, id., 1999,1, 947.

Quale corollario della necessaria formalizzazione per iscritto della manifestazione di volontà della pubblica amministrazione di conferire incarichi professionali, si è consolidato in giurisprudenza l'orienta mento per cui la valida costituzione del rapporto contrattuale non sia

surrogabile per facta concludendo (quali l'esecuzione dell'incarico e la ricezione ed utilizzazione dell'opera da parte dell'ente: Cass. 18 luglio 2002, n. 10440, cit.), né che la sussistenza del requisito formale possa essere ricavata aliunde, ad esempio attraverso la produzione di altri do cumenti che non costituiscono il contratto, ma lo presuppongono (quale la delibera con la quale l'organo collegiale dell'ente abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, atto avente mera valenza preparatoria del futuro contratto ed improduttivo, in quanto tale, di effetti nei confronti dei terzi: v. Cass. 3 febbraio 2004, n. 1929, cit.; 12 settembre 2003, n. 13431, cit.; 18 luglio 2002, n. 10440, cit.; nonché 2 novembre 1998, n. 10956, id., Rep. 2000, voce Contratti della p.a., n. 108).

In linea di continuità con la parabola argomentativa della nullità del contratto si pone la considerazione dell'insuscettibilità di sanatoria del vizio di forma anche attraverso successivi comportamenti concludenti della pubblica amministrazione, quali la concessione di proroghe, che non possono implicare il perfezionarsi con effetto retroattivo di un va lido rapporto contrattuale. L'eventuale ratifica da parte dell'ente pub blico presuppone, infatti, che la stipulazione del contratto abbia avuto

luogo nelle dovute forme e, per altro verso, implica in ogni caso l'ado zione di una specifica manifestazione di volontà da parte dell'organo competente in forma scritta: v. Cass. 21 maggio 2002, n. 7422, cit.

Allo stesso modo Cass. 7962/03 esclude che, a suffragio della tesi della valida costituzione del rapporto contrattuale, possa utilmente in vocarsi l'affidamento che il privato avrebbe potuto riporre nelle pur inidonee attività poste in essere dalla pubblica amministrazione, consi derato che l'invalidità del negozio deriva dalla violazione di disposi zioni generali regolatrici della materia da presumersi note ai consociati e, a fortiori, ad un soggetto specificamente operante nel settore. In tal senso, v. Cass. 26 agosto 1997, n. 7997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 125; 23 aprile 1996, n. 3843, id., Rep. 1996, voce cit., n. 99; 12 maggio 1995, n. 5179, id., Rep. 1995, voce cit., n. 86.

In particolare, circa la non invocabilità di eventuali difformi prassi della pubblica amministrazione sotto il profilo dell'errore incolpevole, v. Cass. 19 giugno 1995, n. 6919, ibid., voce Sanità pubblica, n. 247.

Sulla tematica in oggetto, in dottrina, cfr. Bravo, Contratti stipulati «iure privatorum» dalla pubblica amministrazione, in Contratti, 2002, 466 ss.; Mucio, Nullo il contratto della pubblica amministrazione non redatto in forma scritta, id., 2000, 225 ss.; Siconolfi, Contratto d'ope ra, in Studium iuris, 2002, 522 ss.; Tenca, Brevi note sul perfeziona mento del contratto con la pubblica amministrazione nella gara pub blica e nella trattativa privata, in Foro amm.-Cons. Stato, 2002, 589 ss.

Con riferimento al diverso profilo dei requisiti per l'ammissibilità dell'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica am ministrazione, v., ancora, Cass. 12 novembre 2003, n. 17028, cit. [A. Gandino]

Il Foro Italiano — 2004.

nuova documentazione da parte dell'appellante fosse consentita, trattandosi di prove precostituite e, comunque, superflue data la

decisività della documentazione già allegata in primo grado; che

la forma scritta richiesta per i contratti delle pubbliche ammini

strazioni dall'art. 17 r.d. 2440/23 fosse stata osservata, essendo

ravvisabili, nella lettera del sindaco 16 novembre 1989, una

proposta contrattuale e, nella richiesta di proroga avanzata dal

professionista ed accolta dal sindaco, la relativa accettazione, nulla ostando ad una manifestazione implicita della volontà in

dichiarazioni aventi finalità diverse delle quali costituisca, tut

tavia, il presupposto; che la parcella, vistata dal consiglio del

l'ordine, costituisse prova idonea dell'attività svolta dal profes sionista, il committente avendo solo eccepito la non liquidabilità del compenso sino a collaudo e finanziamento avvenuti, con ciò

ammettendo le circostanze desumibili dalla parcella ed esone

rando il professionista stesso dal fornire ulteriori prove; che ir

rilevante fosse l'essere stata, nella delibera della giunta, prevista la corresponsione del compenso come subordinata all'erogazio ne del finanziamento, tale atto essendo di formazione unilaterale

e mancando un'accettazione scritta della controparte. Avverso tale decisione il comune proponeva ricorso per cas

sazione con quattro motivi.

Resisteva il Napolitano con controricorso contestualmente

proponendo, a sua volta, ricorso incidentale con due motivi.

Motivi della decisione. — I due ricorsi, proposti avverso la

medesima sentenza e tra loro connessi, vanno riuniti ex art. 335

c.p.c. Con il primo motivo, il ricorrente principale

— denunziando

violazione dell'art. 345 c.p.c., si duole che la corte territoriale

abbia deciso sulla base di documenti irritualmente prodotti per la prima volta nel giudizio di secondo grado.

Il motivo non merita accoglimento. Come correttamente evidenziato dalla corte territoriale, i do

cumenti in questione costituiscono prove documentali precosti tuite delle quali, per costante interpretazione giurisprudenziale dell'art. 345 c.p.c., non è preclusa la produzione, nel giudizio di

secondo grado, neppure ove trattisi di giudizi introdotti succes

sivamente al 29 aprile 1995.

La facoltà di produrre nuovi documenti in appello è, infatti, ammessa dall'art. 345, 3° comma, c.p.c., nella formulazione di

cui all'art. 52 1. 26 novembre 1990 n. 353, atteso che il divieto di produzione di nuovi «mezzi di prova» va riferito alle prove c.d. costituende e non anche a quelle c.d. precostituite; tale fa

coltà, in armonia con lo spirito della richiamata legge, rivolta a

concentrare le attività assertive e probatorie nella fase iniziale

del procedimento, deve essere esercitata, a pena di decadenza, con la costituzione in giudizio ed entro il termine all'uopo fis sato dagli art. 165 e 166 c.p.c., espressamente richiamati, anche

con riferimento ai termini, dall'art. 347 stesso codice (Cass. 8

gennaio 2003, n. 60, Foro it., Mass., 8; 16 aprile 2002, n. 5463, id., Rep. 2002, voce Appello civile, n. 70; 13 ottobre 2000, n.

13670, id., Rep. 2000, voce cit., n. 82). D'altra parte, la stessa corte ha tenuto a sottolineare come

l'adottanda pronunzia non fosse basata su tali documenti ma su

altri, ritenuti essenziali, già acquisiti agli atti nel giudizio di

primo grado, onde il ricorrente difetta, comunque, d'interesse a dedurre la pretesa irrituale acquisizione di documenti dimostra tisi non decisivi.

Con il secondo motivo, lo stesso ricorrente — denunziando

violazione e falsa applicazione degli art. 1325, n. 4, 1326, 1350, 1418 c.c., 17 r.d. 2440/23, 93 ss. r.d. 827/24, 87 e 294 r.d. 383/34, nonché vizi di motivazione — si duole che la corte ter

ritoriale abbia erroneamente ritenuto provata la conclusione del

contratto per facta concludentia anziché a mezzo di quella for ma scritta, imposta dalla normativa in materia, la cui mancanza

doveva far ritenere nullo il contratto.

La censura è fondata.

Per il contratto d'opera professionale, quando ne sia parte una

pubblica amministrazione e pur ove questa agisca iure privato rum, è, infatti, richiesta, in ottemperanza al disposto degli art. 16 e 17 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, come per ogni altro contratto stipulato dalla pubblica amministrazione stessa, la forma scritta ad substantiam, che è strumento di garanzia del

regolare svolgimento dell'attività amministrativa nell'interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitrii, sia della collet

tività, agevolando l'espletamento della funzione di controllo, ed

è, quindi, espressione dei principi d'imparzialità e buon anda

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento della pubblica amministrazione posti dall'art. 97 Cost.;

pertanto, il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella reda

zione d'un apposito documento, recante la sottoscrizione del

professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di

rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale

possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le

indispensabili specifiche e puntuali determinazioni in ordine sia

alla prestazione da rendere sia al compenso da corrispondere (e

pluribus, da ultimo, Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, id., 2002, I, 762; 13 dicembre 2000, n. 15720, id., Rep. 2000, voce Con tratti della p.a., n. 110; 13 giugno 2000, n. 8023, id., Rep. 2001, voce cit., n. 117; 8 marzo 2000, n. 2619, ibid., n. 116; 15 giu gno 1999, n. 5922, id., Rep. 1999, voce cit., n. 125; 18 dicembre 1998, n. 12712, id., 1999,1, 1487; 23 luglio 1998, n. 7245, ibid., 947).

Di conseguenza, ai fini d'una valida conclusione del contratto

rimane del tutto irrilevante l'esistenza di una deliberazione con

la quale l'organo collegiale dell'ente abbia autorizzato il confe

rimento dell'incarico al professionista, ove tale deliberazione

non risulti essersi tradotta nel necessario distinto ed autonomo

documento sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stes

so e dal professionista, giacché detta deliberazione non costitui

sce una proposta contrattuale nei confronti di quest'ultimo, ma

un atto con efficacia interna all'ente che, almeno ai fini che ne

occupano, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinata

rio il diverso organo legittimato ad esprimerne la volontà all'e

sterno (Cass. 5 novembre 2001, n. 13628, 13 dicembre 2000, n.

15720, 8 marzo 2000, n. 2619, citate; 2 novembre 1998, n.

10956, id., Rep. 2000, voce cit., n. 108; 27 giugno 1994, n. 6182, id., Rep. 1994, voce Professioni intellettuali, n. 61; 27

maggio 1987, n. 4742, id., Rep. 1987, voce Contratti della p.a., n. 44).

Del pari irrilevante a tal fine è anche la lettera con la quale il

detto rappresentante esterno dell'ente porti a conoscenza del

professionista l'intervenuta deliberazione, con la quale l'organo

collegiale dell'ente medesimo abbia manifestato la volontà d'af

fidare l'incarico, quand'anche possa ravvisarvisi una proposta, così come irrilevante è che il destinatario a sua volta irivii altro

atto suscettibile d'essere interpretato quale accettazione, trat

tandosi di procedimento del tutto inidoneo alla costituzione

d'un valido rapporto contrattuale, in quanto ne continua, non di

meno, a difettare la necessaria formalizzazione nei modi nor

mativamente prescritti. Se pure, infatti, la legge sulla contabilità generale dello Stato,

alla quale fa espresso richiamo la disciplina dei contratti degli enti locali, consente, ferma restando la forma scritta, la conclu

sione a distanza del contratto a mezzo corrispondenza, tuttavia

tale modalità di costituzione può essere utilizzata per i soli rap

porti con le imprese commerciali — i quali, per intuibili esigen ze di praticità, possono anche essere definiti nel loro contenuto

con riferimento agli «usi del commercio» per quanto concerne

sia il prezzo sia le modalità d'esecuzione — ma non per la co

stituzione di rapporti complessi, quali quelli aventi ad oggetto il

conferimento d'un incarico professionale, la cui costituzione

non può aver luogo, e la cui sussistenza non può essere desunta, se non mediante la formazione del suindicato imprescindibile documento dal quale soltanto, e non aliunde, tutti i necessari e

puntualmente indicativi elementi identificativi della prestazione e del relativo compenso possono esser legittimamente desunti

(Cass. 18 luglio 2002, n. 10440, id., 2003, I, 822; 13 giugno 2000, n. 8023, 15 giugno 1999, n. 5922, citate; 14 marzo 1998,

n. 2772, id., 1998,1, 715; 27 giugno 1994, n. 6182, citata). Né potrebbe, in ipotesi, utilmente invocarsi, ai fini della pro

spettata tesi della valida costituzione del rapporto, l'affidamento

che il professionista avrebbe potuto riporre nelle pur inidonee

attività poste in essere dall'ente, dacché, nel tipo di rapporto in

discussione, l'invalidità del negozio deriva da disposizioni ge nerali da presumersi note ai consociati — e, particolarmente, al

professionista, soggetto che, per sua specifica competenza in

materia, non può essere considerato ignaro della normativa re

golatrice della materia stessa — onde è da escludere un affida

mento incolpevole della parte adempiente (Cass. 26 agosto

1997, n. 7997, id., Rep. 1998 , voce cit., n. 125; 23 aprile 1996, n. 3843, id., Rep. 1996, voce cit., n. 99; 12 maggio 1995, n. 5179, id., Rep. 1995, voce cit., n. 86; 20 agosto 1992, n. 9682,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 44); affidamento che, in presenza

delle richiamate specifiche norme imperative regolatrici della

Il Foro Italiano — 2004.

materia, neppure può trovare giustificazione in una eventuale

difforme «prassi» degli enti, giacché precedenti di comporta menti invalidi della pubblica amministrazione né legittimano af

fidamento siffatto né possono essere invocati sotto il profilo dell'errore incolpevole (Cass. 19 giugno 1995, n. 6919, id., Rep. 1995, voce Sanità pubblica, n. 247).

Né, ancora, l'evidenziata nullità dell'incarico potrebbe essere

sanata sotto il profilo che il conferimento sarebbe stato ratificato

dal comune, come sembra intendere il resistente, con il succes

sivo suo comportamento costituito da ulteriori attività, quali la

concessione di proroghe e l'invio della delibera all'organo di

controllo per l'approvazione, giacché, per un verso, la ratifica

presuppone che la stipulazione del contratto abbia avuto luogo nelle dovute forme, mentre nel caso di specie nessuna stipula zione aveva avuto luogo essendo mancata completamente la

sottoscrizione comune d'un documento idoneo, e, per altro ver

so, il contratto della pubblica amministrazione viziato per di

fetto di forma non può essere ratificato se non mediante un atto

valido sotto entrambi i detti profili, id est mediante specifica manifestazione della volontà da parte dell'organo competente in

forma scritta, e non mediante comportamenti concludenti, rile

vanti, se del caso, ad altri titoli peraltro non presi in considera

zione nella fase di merito del presente giudizio (cfr. Cass. 8

marzo 2000, n. 2619, citata; 11 settembre 1999, n. 9682, id.,

Rep. 1999, voce Contratti della p.a., n. 126; 5 marzo 1993, n.

2681, id., 1993,1, 2082). Con il terzo motivo, lo stesso ricorrente — denunziando vio

lazione delle medesime norme già indicate con il precedente motivo — si duole che la corte territoriale abbia, inoltre, igno rato la questione, pur non prospettatale ma rilevabile d'ufficio,

della nullità della delibera di conferimento dell'incarico per non

esservi stati previsti i mezzi necessari al finanziamento della

spesa, questione che, in quanto rilevabile d'ufficio, ritiene di

poter proporre anche per la prima volta in sede di legittimità. Con il quarto motivo, lo stesso ricorrente — denunziando

violazione degli art. 1326 e 1353 c.c. nonché vizio di motiva

zione — si duole che la corte territoriale abbia erroneamente

dubitato della validità della clausola, inserita nella delibera di

conferimento dell'incarico, con la quale la corresponsione del

compenso era subordinata all'approvazione ed al finanziamento

dell'opera, trattandosi, per contro, di condizione sospensiva del

tutto legittima, ed illogicamente ritenuto non accettata per iscritto la relativa clausola pur contenuta nella medesima lettera

di conferimento dell'incarico in ordine al quale, viceversa, ha

ritenuto si fosse verificata appunto un'accettazione scritta.

Entrambi i motivi rimangono, all'evidenza, assorbiti per l'ac

coglimento del motivo inerente l'inesistenza del contratto d'o

pera intellettuale.

Analogo effetto si verifica in ordine ai motivi del ricorso in

cidentale, concernenti l'uno l'entità del compenso riconosciuto

al professionista e l'altro gli interessi sullo stesso dovuti, dac

ché, ove la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, di

sposta in accoglimento del ricorso principale, ponga in dubbio

l'esistenza d'un diritto, si determina l'assorbimento dell'impu

gnazione incidentale relativa alla misura ed agli accessori del

diritto stesso.

L'impugnata sentenza va, dunque, annullata in relazione al

motivo accolto e la causa, di conseguenza, rimessa per nuovo

esame ad altro giudice del merito di secondo grado, che s'indica

in diversa sezione della stessa Corte d'appello di Napoli.

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