Sezione II civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1017; Pres. Marletta P., Est. Ferrati, P. M.Caldarera (concl. conf.); I.n.a.m. (Avv. Jemolo, Agosta, Foà) c. Costa (Avv. Assennato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1965/1966-1969/1970Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152871 .
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1965 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1966
tipici dei due negozi usati, sta di fatto che tra quegli effetti
non è traccia della clausola compromissoria che il Tupone vorrebbe utilizzare. D'altra parte, il carattere vincolante
della clausola compromissoria deriva pur sempre dalla na
tura contrattuale, sia pur con effetti processuali, della
clausola stessa ed è quindi condizionato alla esistenza di
una valida manifestaz;one di volontà delle parti interessate
(e quindi, nella specie, anche della volontà del Testa Al
fonso). La quale manifestazione di volontà deve essere
esplicita e rivestire ad substantiam la forma scritta, attese
le già illustrate conseguenze della clausola compromissoria sulla potestas decidendi. Donde la conseguenza, decisiva per il caso in esame, che, comunque, la esistenza di una clau
sola compromissoria vincolante il Testa Alfonso non po trebbe essere ricavata per via indiretta dal non dichiarato
scopo di assicurare al Testa Alfonso le stesse conseguenze economiche della non potuta effettuata cessione della quota sociale. Fermo, per quanto detto fin qui, che la stessa tesi
dell'odierno resistente esclude il trasferimento dello status
di socio in capo al Testa Alfonso, resta assorbito, ai fini
della economia della presente decisione, l'esame del più
ampio problema, accennato per tuziorismo dagli odierni
ricorrenti, circa la necessità o meno dell'approvazione spe cifica ex art. 1341 e 1342 cod. civ., da parte del successore
di un socio per atto tra vivi, della clausola compromissoria contenuta nell'atto costitutivo di una società.
L'accertata inesistenza della clausola compromissoria nei confronti del Testa Alfonso e, quindi, nei confronti
degli odierni ricorrenti, importa, come si è già detto, una
usurpazione della potestas decidendi da parte degli arbitri,
con la conseguenza della giuridica inesistenza del procedi mento arbitrale e del lodo nei confronti dei ricorrenti me
desimi.
Tale inesistenza importa, a sua volta, la preclusione, per il giudice dell'impugnativa del lodo, di pronunciare sul
merito della controversia in quanto il giudizio arbitrale
resta travolto in apicibus, laddove il potere di pronunciare nel merito ai sensi dell'art. 830 cod. proc. civ. ha per pre
supposto lo svolgimento, sia pure non regolare, di un pro cedimento dinanzi ad arbitri, che non difettino della neces
saria investitura della concorde volontà della parti (sent,
n. 4408 del 1956, di questa stessa Sezione, Foro it., Rep.
1956, voce Arbitrato, nn. 133, 134).
Concludendo, il ricorso deve essere accolto e la impu
gnata sentenza della Corte d'appello deve essere cassata.
Poiché al procedimento arbitrale de quo nonché al giu dizio di impugnazione del lodo parteciparono altri soggetti
(Battistella Giuseppe, Di Campii Sebastiano, Di Campii
Giovanni, Di Lallo Tommaso e Bellarmino Sofia), nei cui
confronti la clausola compromissoria non è mai stata posta in discussione e, comunque, era valida, attesa la loro qua
lità di soci della Hoffman Lancianese, la causa deve essere
rinviata ad altra corte d'appello, per una nuova pronunzia
sull'impugnativa del lodo nei confronti di tutte le parti
e che tenga conto della presente decisione di questa Corte
suprema. Il giudice di rinvio terrà conto, da un lato, dell'accertata
inesistenza giuridica del lodo nei confronti degli odierni
ricorrenti eredi Testa, e, dall'altro, del principio della indi
visibilità del lodo arbitrale (sentenza n. 2453 del 1954,
Foro it., 1954, I, 1396 ; sent. n. 2638 del 1957, id., Rep.
1957, voce Arbitrato, nn. 108, 112), sensibilizzato, nella
specie, dalla unitarietà ed inscindibilità della controversia
di merito in ogni suo punto ; nonché dell'altro principio, più
sopra affermato, circa la preclusione, per il giudice della
impugnativa del lodo, di procedere al giudizio di merito
previsto dall'art. 830 cod. proc. civ. qualora risulti accer
tata, come nella specie, la mancanza dei presupposti essen
ziali per una pronunzia arbitrale.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo
giudizio di cassazione.
Deve essere ordinata la restituzione del deposito ai
ricorrenti.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione ii civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1017; Prts.
Marletta P., Est. Ferrati, P. M. Caldarera (conci,
conf.) ; I.n.a.m. (Avv. Jemolo, Agosta, Foà) c. Costa
(Avv. Assennato).
(Conferma App. Genova 30 gennaio 1961)
Previdenza sociale — Assicurazione contro le ma
lattie — Apprendista licenziato o sospeso — Pre
stazioni sanitarie — Periodo di copertura (Legge 11 gennaio 1943 n. 138, istituzione dell'I.n.a.m., art. 6 ;
legge 18 gennaio 1952 n. 35, estensione dell'assicura
zione assistenza malattie ai lavoratori addetti ai servizi
domestici familiari, art. 18 ; legge 4 agosto 1955 n. 692,
estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati di
invalidità e vecchiaia, art. 13 ; legge 19 gennaio 1955
n. 25, disciplina dell'apprendistato, art. 1, 2. 7, S, 10,
11, 21, 22; legge 8 luglio 1956 n. 706, modifiche alla
legge 19 gennaio 1955 n. 25, art. 3, 4 ; d. pres. 30
dicembre 1956 n. 1668, regolamento per l'esecuzione
della disciplina legislativa sull'apprendistato, art. 26.
27, 28).
L'apprendista lia diritto alle prestazioni sanitarie previste nell'as,icurazione obbligatoria contro le malattie per i due
mesi successivi al licenziamento o alla sospensione del
rapporto di lavoro, al pari di qua/tito dispone, per i lavo
ratori dell'industria, il contratto collettivo corporativo 3
gennaio 1939. (1)
La Corte, ecc. — Nel denunciare violazione ed errata
applicazione dei principi generali sulla interpretazione dei
contratti e, in particolare, quello dell'autonomia contrat
tuale e degli art. 2071, 2° comma, cod. civ., 8 r. decreto
6 maggio 1928 n. 1251, 7 e 30 contratto collettivo 3 gennaio
1939, 6 legge 11 gennaio 1943 n. 138, 2, 21 e 22 legge 19
gennaio 1955 n. 25 modificati dagli art. 3 e 4 legge 8
luglio 1956 n. 706, 27 regolamento 30 dicembre 1956 n.
1668, l'Istituto ricorrente prospetta a questo Supremo col
legio il quesito giuridico, che i Giudici del merito hanno
concordemente risolto in senso a lui contrario. Si tratta
infatti di stabilire i limiti dell'assistenza di malattia che
compete all'apprendista di un'azienda industriale, di sta
bilire, cioè, se detti limiti debbano rinvenirsi esclusivamente
nelle apposite norme che disciplinano il rapporto di appren
distato ovvero se, per la parte non espressamente regolata dalla legge, all'assistenza di malattia dovuta all'apprendista
possano applicarsi le norme comuni vigenti per i lavoratori
del medesimo ramo, cosicché anche all'apprendista spetti
per i due mesi successivi alla cessazione o sospensione del
rapporto l'assistenza ospedaliera, di cui, a norma degli
art. 7 e 30 del contratto collettivo nazionale per il tratta
mento di malattia degli operai dell'industria stipulato il
3 gennaio 1939, gode quella categoria di lavoratori.
Con corretta argomentazione la Corte del merito ha
fatto proprio l'assunto dell'apprendista e, quindi, le ha
riconosciuto il diritto all'assistenza ospedaliera da parte
dell'I.n.a.m. in dipendenza del ricovero d'urgenza disposto
nell'ospedale di Genova Sampierdarena il 21 aprile 1958,
(1) La Cassazione si pronuncia per la prima volta, perve nendo alla stessa conclusione accolta dai giudici di merito. La
sentenza di primo grado del Trib. Genova 15 gennaio 1960 è
massimata in Foro it., Rep. 1960, voce Previdenza sociale, nn.
621-623 ; v. la sentenza d'appello della Corte di Genova 30 gen
naio 1961, id., Rep. 1961, voce cit., n. 504. Nello stesso senso,
v. App. Bologna 13 luglio 1961, ibid., n. 509 ; Trib. Ancona 9
marzo 1961, ibid., n. 510 ; Trib. Sassari 17 gennaio 1961, ibid.,
nn. 505-508. Sulla posizione previdenziale degli apprendisti, v. generi
camente, in dottrina, P. Coitso, Disposizioni particolari per alcune
categorie di lav., in Trattato di dir. lav., di Bobsi e Pergolesi,
1959, IV, 2, pag. 540; Benvenuti, in Riv. it. prev. soc., 1955,
201 ; Benvenuto, id., 1962, 374.
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1967 PARTE PRIMA 1968
quando il rapporto di apprendistato era cessato da appena diciassette giorni.
Siffatta decisione resiste a tutte le criticlie clie le ven
gono mosse dall'abile difesa del ricorrente. Per risolvere il quesito è necessario prendere in esame,
anzitutto, le disposizioni legislative clie disciplinano la
previdenza e l'assistenza sociale in favore degli apprendisti. La legge 19 gennaio 1955 n. 25, che detta le norme
generali in tema di apprendistato, stabilisce all'art. 21 che
l'apprendista sia obbligatoriamente assicurato per alcune forme di previdenza ed assistenza sociale e, tra queste, contempla espressamente l'assicurazione contro le malattie
(lett. b) ; lo stesso art. 21 precisa poi che detta assicura zione è quella «prevista dalla legge 11 gennaio 1943 n. 138 e successive modificazioni ed integrazioni », limitatamente tuttavia a cinque, tra cui l'assistenza ospedaliera, delle otto prestazioni elencate nell'art. 6 della legge suddetta.
Nessun'altra disposizione si rinviene nella legge del 1955, poiché il successivo art. 22, tanto nel testo originario, quanto in quello modificato con la legge 8 luglio 1956 n. 706, si limita a dettare una apposita disciplina per la misura ed il versamento dei contributi e la loro ripartizione tra le varie forme assicurative.
Per stabilire quindi il contenuto effettivo dell'assistenza dovuta all'apprendista occorre far capo, per quanto ri
guarda l'assicurazione malattia, alla legge del 1943 : di fatti l'art. 26 del regolamento approvato con decreto pres. 30 dicembre 1956 n. 1668 stabilisce che « le forme di previ denza e assistenza sociale, applicabili agli apprendisti ed elencate nell'art. 21 della legge, sono quelle gestite con carattere di generalità . . . dall'Istituto nazionale per l'as sicurazione contro le malattie », e cioè l'ente creato con la
legge 11 gennaio 1943 n. 138 ; ed il successivo art. 29 ribadisce che « per quanto non disposto dal presente rego lamento si applicano per le assicurazioni sociali agli appren disti le norme regolamentari previste per le diverse forme di previdenza ed assistenza sociale, alle quali gli stessi sono
soggetti ai sensi dell'art. 21 della legge ». Ora per quanto riguarda talune assistenze tra le quali precisamente l'as sistenza ospedaliera, la legge del 1943 non detta precise norme, poiché per i limiti, la misura e le modalità di tali assistenze rinvia alle disposizioni dei contratti collettivi
(art. 6, 4° comma) : è proprio in forza di tale rinvio che per l'assistenza di malattia dei lavoratori dell'industria, conti nuano ancor oggi ad avere applicazione le norme del con tratto collettivo 3 gennaio 1939, che era già in vigore al momento dell'emanazions della legge n. 138, di modo che il lavoratore della industria, licenziato o sospeso, continua a godere dell'assistenza ospedaliera per i due mesi succes sivi alla cessazione o sospensione del rapporto di lavoro.
Di fronte a tale normativa la conclusione, cui sono
pervenuti i Giudici del merito in ordine agli apprendisti, si
presenta di per sè piana e lineare, frutto del necessario, logico coordinamento di disposizioni di legge, che si con catenano tra di loro. Né valgono ad infirmarla le critiche del ricorrente, volte a dimostrare come la stessa non armo nizzi con la disciplina che il legislatore ha ritenuto di im
primere all'apprendistato. Si obietta anzitutto che l'apprendista ha una sua figura
giuridica propria, che lo differenzia dal comune lavoratore
subordinato, poiché il rapporto di apprendistato si diver sifica, rispetto al lavoro subordinato, sotto il profilo della sua causa tipica, consistente nello scambio tra lavoro ed addestramento professionale. Dalla non assimilabilità del
l'apprendista al comune lavoratore dovrebbe discendere senz'altro l'inapplicabilità al primo di norme dettate speci ficamente per il secondo.
Ora non v'è dubbio che l'apprendistato sia uno speciale rapporto di lavoro : così testualmente lo definisce l'art. 2 della legge del 1955. Ma è altrettanto certo che il rapporto di apprendistato deve essere inquadrato tra i rapporti di lavoro subordinato, perchè elemento fondamentale di esso è l'utilizzazione, nell'ambito dell'azienda produttiva, del
l'opera prestata dall'apprendista secondo una relazione di subordinazione e con la corrispettiva obbligazione di una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del la
voro prestato ; la esistenza di un'ulteriore obbligazione del
l'imprenditore, quella, cioè, di impartire all'apprendista
l'instgnamento necessario affinchè possa conseguire la ca
pacità tecnica per diventare operaio qualificato vale sem
plicemente a caratterizzare il rapporto stesso, rappresen tandone la specialità.
In questo senso è la costante giurisprudenza di questa
Suprema corte, la quale, appunto perchè l'apprendista è
un lavoratore, ha ritenuto che il principio costituzionale
della minima retribuzione sufficiente debba trovare appli cazione anche nei suoi confronti (sent. 21 febbraio 1961, n. 398, Foro it., Eep. 1961, voce Lavoro (rapporto), n.
199) : il che evidentemente non toglie che, rispetto alla
retribuzione dovuta all'operaio normale, quella spettante
all'apprendista possa essere minore in considerazione sia
della sua inesperienza, che gli consente un minor rendi
mento, sia del fatto che il lavoro svolto non rappresenta solo il mezzo per percepire un deteiminato guadagno, ma
anche il mezzo per consentire una qualifica professionale
(sent. 27 maggio 1961, n. 1260, ibid., n. 198). Posto adunque che l'apprendista deve inquadrarsi tra
i lavoratori subordinati, viene meno ogni difficoltà ad
estendere a lui una norma di carattere assistenziale dettata
per il lavoratore subordinato ; nè si può ritenere che l'ap
prendista costituisca (quanto meno sia stato considerato
dal legislatore) una categoria autonoma ed unica, comple tamente avulsa dalle categorie nelle quali i lavoratori si
ripartiscono a seconda dell'attività produttiva svolta, cosic
ché egli non debba fruire di una disposizione che, è pacifico, riflette soltanto una particolare categoria di lavoratori.
L'esistenza di un'unica legge per la disciplina dell'ap
prendistato non depone certo nel senso sostenuto dal ricor
rente, chiaro essendo che il legislatore si è preoccupato soltanto di dettare una serie di norme generali valevoli
per qualsiasi genere di apprendistato, senza peraltro esclu dere che, per determinati tipi, possano esistere norme
speciali. Basta riflettere che, in tema di durata dell'apprendi
stato, l'art. 7 della legge ne stabilisce il massimo in cinque anni, consentendo tuttavia che essa possa essere minore a
seconda delle categorie professionali : la legge stessa fa
dunque esplicito riferimento a quelle categorie professionali in cui l'apprendista dovrà essere inquadrato al teimine del
tirocinio e, se si considera la finalità stessa dell'apprendi distato, che è di formare un lavoratore qualificato, appare evidente come quella degli apprendisti non sia stata con
cepita come una categoria amorfa ed indifferenziata e come ciascuno di essi debba, invece, essere aggancialo alla cate
goria lavorativa verso la quale è indirizzato il suo tirocinio.
Una ulteriore riprova la fornisce l'art. 8 della medesima
legge, il quale dispone il cumulo dei periodi di servizio pre stato presso più datori di lavoro ai fini del computo della durata massima dell'apprendistato purché si riferiscano alla medesima attività » ; il che esclude proprio la esistenza di un apprendista generico.
Del tutto inconferenti appaiono quindi i rilievi del ri corrente in ordine alle attività che, una volta compiuto il
periodo di apprendistato, potranno essere svolte dall'ap prendista : ai fini di che trattasi non interessa quel che diverrà l'apprendista, basta considerare quel che egli è durante il periodo di tirocinio ; e, se questo è riconducibile ad una determinata categoria professionale, nulla vieta
che, ove ciò non sia escluso dalla specialità del rapporto, la disciplina di quella categoria si estenda anche agli appren disti della categoria medesima.
Ancor più infondate sono le obbligazioni sollevate dal ricorrente circa l'applicabilità dei contratti collettivi agli apprendisti.
La perentoria negazione della possibilità di contratti collettivi che riguardino anche gli apprendisti è sicura mente errata : non ha nessuna importanza il fatto che non esistano e non possano esistere associazioni sindacali costi tuite da soli apprendisti, giacché non si è mai posta la necessità di contratti collettivi che concernano esclusiva mente gli apprendisti. È certo invece, e nella discussione orale ne sono stati forniti esempi, che numerosi contratti
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1069 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1970
collettivi stipulati dalle normali associazioni di datori di lavoro e di lavoratori contengono norme apposite relative
agli apprendisti e questo, mentre ribadisce quel necessario, naturale collegamento tra lavoratori ed apprendisti del medesimo ramo, è perfettamente conforme alla legge, giac ché anche questa si riferisce espressamente ai contratti
collettivi per disciplinare particolari aspetti del rapporto di
apprendistato. Il già menzionato art. 7 richiama appunto, quanto alla
durata dell'apprendistato, le disposizioni dei contratti col lettivi ; l'art. 10 rinvia ai contratti collettivi per la deter
minazione delle ore destinate all'insegnamento comple mentare ; l'art. 11, nell'elencare gli obblighi del datore di
lavoro, gli impone « di osservare le norme dei contratti collettivi di lavoro e di retribuire l'apprendista in base ai
contratti stessi » ; altri richiami ai contratti collettivi di
lavoro si rinvengono poi nel regolamento approvato con decreto pres. 30 dicembre 1956 n. 1668, particolarmente in punto limitazioni di età (è significativo a questo proposito che le limitazioni siano previste per l'assunzione degli ap prendisti in determinate categorie professionali), esonero o riduzione del periodo di prova, limitazioni di orario.
Si deve quindi senz'altro escludere che, soltanto perchè tale, una norma di contratto collettivo non debba riflettere
anche gli apprendisti della categoria professionale per la
quale quel contratto è stato stipulato. Erroneamente il ricorrente si richiama poi ai principi
dell'autonomia del contratto collettivo e del rispetto della
volontà contrattuale per negare che in via di interpretazione la portata di una norma collettiva possa essere estesa ad
un'ipotesi non prevista dalle parti stipulanti. É certo che il contratto collettivo 3 gennaio 1939 non
menziona espressamente gli apprendisti, ma l'applicazione di quel contratto viene fatta dal giudice non a seguito di
una interpretazione della volontà che ha presieduto alla
stipulazione, perchè cioè il giudice si sia convinto che le
associazioni contraenti abbiano avuto presente, nello stipu larlo, anche la categoria degli apprendisti della industria, ma in ossequio ad un comando del legislatore, il quale,
quando ha disposto che anche gli apprendisti debbano
godere dell'assistenza di malattia secondo la disciplina della
legge n. 138 del 1943, ha necessariamente richiamato quelle norme di contratto collettivo che concorrono a formare la
disciplina medesima.
Giustamente si è osservato in proposito che, di fronte
al tenore del 4° comma dell'art. 6 della legge suddetta, non
è possibile scindere le norme della legge da quelle del con
tratto collettivo, poiché esse si compenetrano tra di loro,
integrandosi a vicenda ; il fenomeno della recezione in una
legge di norme originariamente contenute in un contratto
collettivo è tutt'altro che ignoto ; anzi la legge 14 luglio 1959 n. 741, con la quale il Governo è stato delegato a
dettare minimi di trattamento economico e normativo in
favore dei lavoratori, consente appunto di conferire effi
cacia normativa erga omnes a pattuizioni che in origine erano vincolanti solo per le parti che le avevano stipulate.
Obietta ancora il ricorrente che, mentre nelle leggi del 1955 e del 1956, relative agli apprendisti, non esiste
alcun richiamo all'assistenza di malattia dovuta ai lavora
tori dell'industria, simile richiamo si legge sia nell'art. 18
della legge 18 gennaio 1952 n. 35 sia nell'art. 3 della legge 4 agosto 1955 n. 692, che hanno esteso l'assicurazione di
malattia rispettivamente agli addetti ai servizi domestici
e ai pensionati d'invalidità e vecchiaia.
Tale diversa formulazione della norma non suffraga tuttavia l'assunto del ricorrente. Nelle due leggi sovramen
zionate la specificazione era necessaria in quanto occorreva
inquadrare le nuove categorie di beneficiari dell'assicura
zione in quelle che già ne fruivano e la loro posizione,
rispettivamente di addetti ai servizi domestici e di pensio
nati, non apprestava un criterio sicuro per tale inquadra mento : esigenza che, invece, non si presentava per gli
apprendisti, potendo questi, per le considerazioni in prece denza fatte, essere assimilati ai lavoratori del medesimo
ramo, anzi, proprio per questo motivo, non si sarebbe giusti ficato un richiamo espresso alle norme sull'assistenza di
Il Foro Italiano — Volume LXXXYI — Parte 1-128,
malattia dei lavoratori dell'industria in una norma di ca
rattere generale riguardante tutti gli apprendisti. Piuttosto
quella precisazione contenuta nelle due leggi speciali for
nisce un'ulteriore riprova della incompletezza della legge del 1943, la quale, isolatamente considerata, non appresta un completo sistema assistenziale e necessita di essere in
tegrata con le norme collettive.
Si obietta, infine, che la protrazione del periodo di
copertura, disposta in favore degli operai dell'industria
dagli art. 7 e 30 del contratto collettivo, mal si concilia con le caratteristiche proprie dell'apprendistato, giacché sarebbe una contraddizione in termini configurare un ap prendista disoccupato.
Correttamente è stato rilevato che anche l'espressione « lavoratore disoccupato » contiene pur essa una vera e
propria contraddizione in termini, eppure essa è abitual mente usata non solo nel linguaggio comune, ma anche dallo stesso legislatore. A parte ciò, è fuor di dubbio che il lavoratore disoccupato, il quale beneficia del periodo di
comporto, trae il suo diritto all'assistenza dal precorso
rapporto di lavoro : non v'è quindi nessuna logica impos sibilità a che identico fenomeno si verifichi nei riguardi
dell'apprendista e questo abbia, di conseguenza, diritto all'assistenza anche per quel periodo di comporto in virtù del rapporto di apprendistato in precedenza svoltosi ; tanto
più che egli può aver cessato l'apprendistato presso un determinato imprenditore senza aver per questo compiuto il periodo di apprendistato previsto dalla legge e senza
avere, quindi, perduto quella qualifica che gli dà diritto
all'assistenza.
Nè miglior argomento può desumersi dall'art. 27 del
regolamento, a mente del quale le forme di previdenza ed
assistenza sociale obbligatorie, estese agli apprendisti, si
applicano per tutta la durata dell'apprendistato. A prescindere che, trattandosi di norma regolamentare,
questa va interpretata nel sistema della legge e quindi deve armonizzarsi con essa (poiché non può avere una por tata correttiva o limitativa dei diritti che discendono dalla norma primaria posta dal legislatore), l'esatto significato dell'art. 27 è stato ben individuato dai Giudici del merito
quando hanno rilevato che coincidenza tra durata dell'ap. prendistato e periodo di applicazione delle forme di assi
stenza e previdenza obbligatorie non importa necessaria mente che gli effetti di tale applicazione cessino non appena cessi l'apprendistato ; e dalla distinzione tra applicazione della forma previdenziale e assistenziale ed i diritti che da tale applicazione derivano hanno dedotto che limita
zione della durata di quella non implica di per sè alcuna
limitazione del contenuto e della estensione di questi. Giustamente quindi si è negato che l'art. 27 contenga
una norma particolare, specificamente diretta a limitare nel tempo i benefici derivanti agli apprendisti dall'assi stenza sociale obbligatoria, riducendo la portata concreta
di essi rispetto a quelli spettanti agli altri lavoratori. È
questo proprio il risultato cui porterebbe la soluzione patro cinata dal ricorrente, quella, cioè, di creare per gli appren disti una situazione deteriore in confronto a quella in cui si trovano i comuni lavoratori del medesimo ramo ; il che, oltre tutto, appare in netto ed insanabile contrasto con le
finalità stesse perseguite dal legislatore, il quale ha avver
tito la necessità di una particolare tutela degli apprendisti anche nello specifico campo che qui interessa.
Dimostrata in tal modo l'infondatezza di tutte le argo mentazioni abilmente addotte dal ricorrente, non rimane che far applicazione pura e semplice della norma di legge, la quale, attraverso i successivi richiami, riconduce la di
sciplina dell'assistenza di malattia degli apprendisti della
industria, per le prestazioni che sono loro dovute in forza
dell'assicurazione obbligatoria, alle norme del contratto
collettivo più volte menzionato, e riconoscere quindi anche
all'apprendista dell'industria il diritto dell'assistenza ospe daliera per i due mesi successivi alla cessazione del rapporto,
Per questi motivi, rigetta, ecc.
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