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sezione II civile; sentenza 23 ottobre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M. Martinelli...

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sezione II civile; sentenza 23 ottobre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M. Martinelli (concl. conf.); Ferrero (Avv. Romagnoli, Treves) c. Cavallo (Avv. Menghini, Vecchione). Cassa App. Torino 10 settembre 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 3 (MARZO 1993), pp. 927/928-931/932 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186157 . Accessed: 25/06/2014 06:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.134 on Wed, 25 Jun 2014 06:19:21 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 23 ottobre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M.Martinelli (concl. conf.); Ferrero (Avv. Romagnoli, Treves) c. Cavallo (Avv. Menghini,Vecchione). Cassa App. Torino 10 settembre 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 3 (MARZO 1993), pp. 927/928-931/932Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186157 .

Accessed: 25/06/2014 06:19

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PARTE PRIMA

rapporto causale tra il vizio o difetto e il danno è sufficiente

a dar luogo alla responsabilità del proprietario. In buona sostanza, l'art. 2053 costituisce una ipotesi di specie

rispetto all'art. 2051 e di questa condivide la natura oggettiva della responsabilità ed il limite del fortuito. Va, però, rilevato

che nell'art. 2053 l'imputazione sorge in base non ad una rela zione di fatto con la cosa, come la custodia di cui all'art. 2051, ma di diritto, in base al testo normativo. Per l'art. 2053 respon sabile è il proprietario al tempo della rovina (anche parziale).

2./- Viceversa, non può non far carico ex 2051 al conduttore

la responsabilità per tutte le altre cose che fossero nella sua

disponibilità e sulle quali egli può intervenire onde prevenire il danno e — se intervenuto — sollecitamente eliminarlo, onde

non recare pregiudizio ai terzi. Ad esempio: allagamenti o inta

samenti conseguenti al cattivo uso o rottura dei servizi dell'ap

partamento sui quali egli può intervenire avendone la immedia

ta disponibilità. Deve anche qui tenersi presente che la respon sabilità consegue ipso facto per aver il conduttore la custodia della cosa.

2.g - Responsabilità solidale. Il menzionato criterio della di

sponibilità della cosa porta ad escludere in tesi il principio della

solidarietà. Il proprietario che non abbia la disponibilità della

cosa non deve generalmente rispondere dei danni da essa arre

cati, a meno che colui cui l'ha affidata non ne abbia avuto un possesso momentaneo.

Viceversa, il conduttore — detentore qualificato — risponde nei limiti della sua disponibilità, in quanto in tal caso a lui incombe l'obbligo di custodia.

3. - Caso fortuito. La responsabilità per danno da cosa in

custodia viene meno quando il destinatario dell'imputazione provi il «caso fortuito». All'attore compete provare l'esistenza del rap

porto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo; il convenuto per

liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estreneo alla

sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

E tale idoneità sussiste solo se il fattore estraneo presenta i ca

ratteri dell'imprevedibilità e dell'assoluta eccezionalità, che so no appunto gli elementi che identificano la ragione del caso

fortuito. La valutazione sulla rilevanza causale del fatto estra

neo va operata con riferimento alle condizioni della cosa in con

creto, che risulteranno per lo più dal modo con il quale si è

esplicato il «governo della cosa» da parte del custode.

4. - Venendo particolarmente all'esame del caso di specie, e confrontandolo con il concetto di «disponibilità» della cosa in custodia, testé enucleato, è dato rilevare che la responsabilità

per la caduta del ramo dell'albero, posto nel giardino, regolar mente locato dal comune di Caldaro all'associazione pescatori

sportivi, caduta che ha provocato lesioni personali al Carminet

ti, socio di detta associazione non può essere ascritta al comune che ben sei anni prima dell'evento aveva concesso in locazione il capanno ed il circostante giardino sul lago.

Seguendo una consolidata giurisprudenza (Cass. 31 maggio 1971, n. 1641, cit.), di questa corte al riguardo (sul punto non si ravvisano, invero, contrasti) la caduta di un albero sito in un giardino annesso ad un edificio non comporta responsabilità alcuna del proprietario, non ricorrendo la fattispecie giuridica della «rovina dell'edificio» ex art. 2053 c.c., avanti menziona

to, ma quella del conduttore quale custode della cosa ex art. 2051 c.c.

Se è vero infatti che il concetto di rovina totale o parziale dell'edificio non si restringe alla disintegrazione e alla caduta di elementi od opere murarie che ne costituiscono la struttura

essenziale, ma comprende anche il distacco e la caduta di sem

plici manufatti anche accessori, non può tuttavia estendersi alla caduta di cose che non siano materialmente e stabilmente incor

porate con l'edificio medesimo.

Sussiste viceversa la previsione normativa dell'art. 2051 c.c. a carico del conduttore.

La locazione, invero, determina il passaggio al conduttore, che è costituito detentore, della custodia dell'immobile locato e delle pertinenze. Come si è detto, la responsabilità ex art. 2051 postula, infatti una relazione materiale di disponibilità di fatto, oltreché giuridica, tra il custode e la cosa, relazione che

determina, a carico di chi ha il potere fisico sulla stessa, l'onere di impedire che da essa possa derivare pregiudizio a terzi.

L'albero di salice non era nella disponibilità fisica del pro

li. Foro Italiano — 1993.

prietario da più di sei anni. Competeva al conduttore custodirla

in maniera che non provocasse danni a terzi.

Con il secondo motivo il ricorrente denunzia: «Violazione de

gli art. 1578 e 1581 c.c.». Assume che se, sia pure in ipotesi

subordinata, esso Carminetti dovesse essere ritenuto, in quanto socio dell'associazione pescatori, non terzo, ma conduttore, il

comune di Caldaro non potrebbe considerarsi esente da respon sabilità ai sensi del combinato disposto degli art. 1578 e 1581 c.c. — per vizi sopravvenuti nel corso della locazione — atteso

che il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati

da vizi della cosa, ove non provi di averne senza colpa ignorato l'esistenza al momento della consegna.

Il motivo è inammissibile poiché una tale domanda è stata

proposta per la prima volta in appello ed è quindi nuova (art. 345 c.p.c.).

È dato, comunque, rilevare che le ragioni poste nella senten

za impugnata a base dell'esclusione di ogni responsabilità del

comune in riferimento alle norme citate resistono ad ogni cen

sura, in quanto motivate su elementi di fatto (tempo trascorso

tra la cessione in affitto e l'evento e recinzione della zona da

parte dell'associazione affittuaria), non più censurabili in que sta sede di legittimità.

Il ricorso va, dunque, respinto.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 23 otto

bre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M. Mar

tinelli (conci, conf.); Ferrerò (Aw. Romagnoli, Treves) c.

Cavallo (Avv. Menghini, Vecchione). Cassa App. Torino

10 settembre 1986.

Vendita — Immobile difforme da licenza edilizia — Acquirente — Tutela — Fattispecie (Cod. civ., art. 1489; 1. 6 agosto 1967

n. 765, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 10).

L'acquirente di una soffitta abusivamente trasformata, nel vi

gore della l. 765/67, in locale abitabile in difformità dalla licenza edilizia, può esperire i rimedi previsti dall'art. 1489 c.c. in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa,

sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel con tratto o comunque non sia conosciuta dal compratore al mo mento dell'acquisto ed altresì persista il potere repressivo del la pubblica amministrazione, tanto da determinare deprezza mento o minore commerciabilità dell'immobile (nella specie, è stata cassata la sentenza di merito che, oltre ad affermare erroneamente l'inesistenza del pregiudizio dell'acquirente per il solo fatto che il comune non aveva ancora esercitato i pote ri repressivi, aveva omesso di accertare se il compratore fosse a conoscenza della difformità al tempo della compravendita e se, per qualsivoglia ragione, fosse venuto meno il potere repressivo dell'amministrazione al tempo della decisione). (1)

Svolgimento del processo. — 1. - Il Tribunale di Torino respin se la domanda proposta da Luigi Ferrerò nei confronti di Cateri na Cavallo, con la quale l'attore, premesso che il piano sotto

(1) Nel senso che l'irregolarità edilizia della cosa venduta non con sente la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1489 c.c. se nota al l'acquirente, v. Cass. 6 dicembre 1984, n. 6399, Foro it., 1985, I, 728, con nota di richiami. Sulla rilevanza dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici ai fini della esperibilità dei rimedi previsti dalla norma cita ta, Cass. 11 gennaio 1992, n. 253, id., 1992, I, 1431.

La nota di richiami a Pret. Verona 5 febbraio 1992, ibid., 1589, at tiene al problema dell'imputabilità delle somme corrisposte per sanare l'abusività dell'immobile oggetto di alienazione.

Sulle conseguenze dell'errore sulle caratteristiche del bene venduto sotto il profilo urbanistico, v. Cass. 6 maggio 1991, n. 4984, ibid., 466.

In dottrina, Mengoli, Compravendita immobiliare e normativa urba nistica, Milano, 1990, passim.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tetto di una villetta vendutagli dalla convenuta non era confor

me alla licenza edilizia rilasciata nel 1968, aveva chiesto che

venisse determinato il minore valore dell'immobile rispetto al

prezzo contrattualmente stabilito.

La Corte di appello di Torino, con sentenza del 10 settembre

1986, respinse il gravame del soccombente.

2. - Osservò, tra l'altro, la corte di appello che il piano sotto

tetto era stato trasformato da semplice soffitta a piano abitabi

le munito di bagno, mediante modifiche interne ed esterne non

previste dalla licenza e che ciò aveva comportato un aumento

e non un decremento di valore dell'immobile; e che, mentre

per le opere interne, eseguite nel 1970, la legge del tempo non

richiedeva alcuna autorizzazione, per quelle esterne la mancata

adozione di misure repressive da parte della pubblica ammini

strazione escludeva, allo stato, la ricorrenza di un danno patri

moniale risarcibile. 3. - Ha proposto ricorso per cassazione il Ferrerò, sulla base

di un'unica censura. L'intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorrente denuncia violazio

ne e falsa applicazione dell'art. 1489 c.c., in relazione agli art.

31 e 41 1. 17 agosto 1942 n. 1150 e 10 1. 6 agosto 1967 n.

765, e in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., deducendo che la

corte di appello, pur ritenendo veritiere le prospettazioni di fat

to di esso ricorrente, aveva erroneamente negato rilevanza alle

trasformazioni operate dalla venditrice; ed infatti non poteva

essere ritenuto che per le opere interne non fosse necessaria l'au

torizzazione, essendo questa richiesta dall'art. 31 1. n. 1150, con

la sanzione prevista dal successivo art. 41; e che, per le modifi

che esterne, la mancata adozione di misure repressive da parte

della pubblica amministrazione escludesse l'esistenza di un pre

giudizio attuale che giustificasse la domanda; al contrario, l'e

ventualità delle sanzioni amministrative era di per se stessa ca

gione di deprezzamento dell'immobile e di ostacolo alla sua com

merciabilità: onde la domanda di riduzione del prezzo non poteva

essere disattesa.

La censura è fondata. La corte di appello ha ritenuto in pun to di fatto che la trasformazione della soffitta in piano abitabile

e munito di bagno fosse stata realizzata dalla venditrice in vio

lazione della licenza edilizia e con l'esecuzione di opere sia in

terne che esterne (per quanto riguarda queste ultime, anche con

modifica del prospetto, mediante creazione di un balconcino

munito di soletta e di ringhiera, al posto di una finestra; non

ché di altre finestre). In tale situazione non può essere condivisa

la motivazione della corte del merito, limitatasi a sottolineare

l'irrilevanza al fine che ne occupa delle denunciate violazioni.

Per vero le opere interne ed esterne, tra loro strutturalmente

e funzionalmente collegate, comportarono il sostanziale muta

mento di destinazione dell'immobile e del suo aspetto interno

ed esterno e, non essendo state previamente autorizzate, crearo

no le condizioni per l'esperimento dell'azione repressiva da par

te del comune (volta alla demolizione parziale dell'immobile od

all'applicazione delle misure pecuniarie sostitutive) secondo il

sistema sanzionatorio delineato dall'art. 13 1. 6 agosto 1967 n.

765. In tema di compravendita, la fondamentale obbligazione del

venditore di consegnare la cosa al compratore, assicurandoglie

ne il godimento, ex art. 1476 c.c., è correlata a particolari ga

ranzie, le quali — riguardanti o l'appartenenza della cosa al

venditore (art. 1478 e 1480 c.c.) o l'inesistenza su di essa di

garanzie reali o di altri vincoli (art. 1482 c.c.) o l'esclusione

di oneri o di diritti reali o personali a favore di terzi (art. 1489

c.c.) ovvero l'immunità da vizi (art. 1490 c.c.) o la corrispon

denza con le qualità promesse od essenziali (art. 1497 c.c.) —

sono volte ad assicurare al compratore, per l'ineliminabile esi

genza della normalità degli scambi, il pieno godimento della

cosa compravenduta, senza menomazioni e senza pericolo di

perdita, totale od anche soltanto parziale.

Allorquando il bene compravenduto sia costituito da una co

struzione realizzata in difformità dal progetto approvato dal co

mune, al fine di inquadrare esattamente la condizione del bene

stesso, in relazione ai mezzi cautelativi apprestati dalla legge

in tema di compravendita o, più in generale, di inadempimento

delle obbligazioni e di nullità degli obblighi, occore innanzitutto tener presente il rapporto che si costituisce tra il costruttore

e la pubblica amministrazione: e non è dubbio che tale rappor

to esprima una posizione di soggezione del privato alle sanzioni

Il Foro Italiano — 1993.

amministrative, che la pubblica amministrazione ha la potestà di adottare a tutela del pubblico interesse. Nei rapporti privati stici la non conformità della costruzione al progetto approvato dall'amministrazione non può essere ritenuta vizio della cosa,

ex art. 1490 c.c., non trattandosi di una anomalia strutturale

e risolvendosi, invece, sotto il profilo giuridico, in una irregola rità che assoggetta la cosa medesima al potere sanzionatorio

dell'amministrazione e determina, secondo la giurisprudenza di

questa corte, l'inquadramento della fattispecie nell'ambito del

l'art. 1489 c.c., che disciplina il caso nel quale la cosa compra venduta sia gravata da oneri o da diritti reali o personali in

favore di terzi, i quali ne diminuiscano non solo il libero godi mento ma anche il valore e la commerciabilità (vedansi sentenze

15 novembre 1978, n. 5272, Foro it., Rep. 1979, voce Vendita,

n. 94; 6 dicembre 1984, n. 6399, id., 1985, I, 728, di questa corte). L'ordine di demolizione della costruzione, che può esse

re adottato in conseguenza dell'irregolarità amministrativa, avrà,

una volta intervenuto ed eseguito, gli effetti sostanziali di un'e

vizione totale o parziale (art. 1483 e 1484 c.c.) a seconda che

ne derivi l'abbattimento totale o parziale dell'immobile, con la

conseguenza che il venditore, anche se non tenuto alla garanzia

per effetto della conoscenza della irregolarità da parte del com

pratore, è nondimeno obbligato a restituire il prezzo ed a rim

borsarne le spese, a meno che la vendita non sia stata convenu

ta a rischio e pericolo del compratore stesso ex art. 1483 c.c.

(sul punto, v. sentenze 18 aprile 1975, n. 1479, id., Rep. 1975,

voce cit., n. 21; 24 febbraio 1982, n. 1139, id., 1982, I, 2535; 6 dicembre 1984, n. 6399, cit.). In tale ottica non potrebbe nep

pure essere fondatamente ipotizzata la nullità del contratto (per

illiceità od impossibilità dell'oggetto) posto che tali situazioni

attengono a diverse categorie giuridiche e sono caratterizzate

dall'inconciliabilità dell'attuazione della volontà contrattuale con

norme imperative oppure dalla irrealizzabilità di un determina

to risultato per l'inesistenza del bene oggetto del contratto (ius

receptum di questa corte: vedansi sentenze 28 giugno 1980, id.,

Rep. 1980, voce cit., n. 126; 24 febbraio 1982, n. 1139, cit.; 6 dicembre 1984, n. 6399, cit.).

Altra conseguenza rilevante, connessa all'inclusione della ir

regolarità de qua nella previsione dell'art. 1489 c.c., è che la

conoscenza di essa da parte del compratore preclude a questi

la possibilità di chiedere la riduzione del prezzo, secondo quan

to dispone l'art. 1480 richiamato dalla prima di dette norme;

infatti degli oneri e dei diritti altrui, gravanti sulla cosa compra

venduta, il venditore risponde soltanto se essi non siano stati

dichiarati nel contratto o non siano stati effettivamente cono

sciuti dal compratore al tempo dell'acquisto, dovendosi presu

mere, in caso contrario, che la cosa sia stata accettata dall'ac

quirente nella situazione di fatto e di diritto a lui nota.

La giurisprudenza di questa corte è poi ferma nel ritenere

l'applicabilità dell'art. 1489 citato anche nell'ipotesi che le san

zioni repressive, ancorché rientranti nella potestà dell'ammini

strazione, non siano state ancora concretamente scelte ed inflit

te (vedansi sentenze 18 aprile 1975, n. 1479, cit., e 11 maggio

1984, n. 2890, id., Rep. 1984, voce cit., n. 47): ciò rilevando l'innegabile deprezzamento e la minore commerciabilità dell'im

mobile rispetto ad altri similari ma regolarmente costruiti; tali

difetti incidono infatti in via immediata e diretta sul sinallag

ma, la cui alterazione è attuale e concreta e non meramente

potenziale, mentre la successiva applicazione delle misure san

zionatorie non determina l'insorgere di detta alterazione ma in

fluisce sulla intensità della stessa, nella misura corrispondente

alla qualità della sanzione (abbattimento o pena pecuniaria).

Inoltre la previsione in apposita norma dell'ipotesi di com

pravendita di bene gravato da oneri o diritti in favore di terzi

è giustificata dal fatto che l'esistenza degli oneri e dei diritti

non incide in via immediata sulla titolarità del diritto di pro prietà né sull'esistenza dello stesso diritto sull'intera cosa, ma

principalmente sulla facoltà di godimento, comprimendola o pre

cludendone totalmente l'esercizio al proprietario. In relazione

a siffatta peculiarità non sarebbe possibile l'applicazione sic et

simpliciter della disciplina apprestata in tema di vendita di cosa

altrui oppure di quella sulla evizione (che comporta la perdita

totale o parziale del diritto).

Tuttavia, avendo le tre fattispecie un denominatore comune,

rappresentato dall'alterazione del sinallagma, il legislatore ha

ritenuto di tutelare l'acquirente mediante il richiamo espresso

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PARTE PRIMA

dell'art. 1480, disciplinante la vendita di cosa parzialmente al

trui, maggiormente assimilabile alla prima di esse in ordine alla

sproporzione tra le rispettive prestazioni (essendo la parziale alle

nita della cosa equiparabile, per quanto riguarda l'effetto ridut

tivo sulla cosa, all'esistenza del diritto o della limitazione in

favore di terzi) e disponendo, altresì, che si osservano, in quan to applicabili, le altre disposizioni contenute negli art. 1481,

1485, 1487 e 1488 c.c. disciplinanti la garanzia per evizione.

Per quanto attiene al richiamo a tale gruppo di norme deve

ritenersi non riguardare la fattispecie di cui all'art. 1489 cit.

il 1° comma dell'art. 1485, nella parte in cui, disponendo che

il compratore, convenuto da una terzo che pretenda di avere diritti sul bene venduto, deve chiamare in causa il venditore,

prevede come momento iniziale (sostanzialmente come presup

posto) del meccanismo di garanzia una pretesa giudiziale da parte del terzo; per vero, mentre non può verificarsi l'evizione (e cioè

la perdita totale o parziale del diritto di proprietà) se prima il diritto del terzo non venga fatto valere innanzi al giudice, l'esistenza di uno ius in re è di per sé idonea (supra) a compri mere la facoltà di godimento del bene ed a ridurne il valore

economico, sicché l'interesse del compratore (ignaro del vincolo

al tempo della conclusione del contratto) ad esperire il rimedio

della riduzione del prezzo sussiste anche se il titolare del diritto

reale o personale non abbia ancora fatto valere alcuna pretesa sul bene.

Per l'esperibilità del rimedio della riduzione del prezzo è quindi sufficiente la certezza dell'esistenza del diritto altrui (nella spe cie, della potestà dell'amministrazione di adottare le sanzioni

repressive, anche nei confronti degli aventi causa del costruttore

e del venditore). Il detto rimedio non consegue automaticamente all'accerta

mento del diritto altrui ma prende le mosse dall'alterazione del

l'equilibrio delle prestazioni conseguente alla non conoscenza

e comunque alla non accettazione da parte dell'acquirente del

diritto gravante sul bene acquistato; e non può essere invocato

allorquando il diritto stesso, per qualsivoglia causa, più non sussista ed il bene trasferito abbia riacquistato il valore contrat

tualmente accettato.

2. - Nel caso in esame la corte del merito, oltre ad affermare

erroneamente l'inesistenza del pregiudizio del compratore, per il solo fatto che il comune non aveva (ancora) esercitato il suo

potere repressivo in presenza dell'opera ritenuta illegale, ha omes so di accertare se il compratore stesso fosse oppur non edotto di tale illegalità al tempo della compravendita, accettando la

situazione di fatto e di diritto ed assumendo i rischi e se in

ogni caso fosse venuto meno, al tempo della decisione, il potere

repressivo dell'amministrazione, per le cause prospettate dalla

venditrice o per qualunque altra ragione. 3. - La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio

ad altro giudice.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 otto bre 1991, n. 10398; Pres. Tropea, Est. Giustiniani, P.M. Amirante (conci, conf.); Guglielmi (Avv. Caligiuri) c. Ma scia e altri; Mascia e altro (Avv. Lipari) c. Guglielmi di Vul ci. Conferma App. Roma 5 novembre 1985.

Impugnazioni civili in genere — Fideiussione — Passaggio in

giudicato dell'obbligazione principale — Limiti al credito ga rantito (Cod. civ., art. 1306, 1491; cod. proc. civ., art. 332).

La sentenza di condanna in solido al risarcimento del danno, a carico del debitore principale e del fideiussore, passa in giu dicato, in difetto di impugnazione nei termini da o contro il debitore principale, esclusivamente nei confronti di quest'ul timo ed il fideiussore non può essere condannato, in sede di

gravame, ad un quantum superiore a quello liquidato con la stessa. (1)

(1) La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale consolida to nel senso della scindibilità delle cause relative ad obbligazioni solida

li. Foro Italiano — 1993.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione, notifica

to il 23 febbraio 1979, Mascia Gaetano, Mascia Rosa, Mascia

Salvatore e Mascia Donato, tutti eredi di Mascia Filippo, con

venivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma le soc. Sa

camp e Guglielmi di Vulci Giacinto fideiussore per sentirli con

dannare in solido al pagamento del risarcimento del danno in relazione ad una precedente sentenza dello stesso tribunale, che

aveva loro riconosciuto la sussistenza del diritto al risarcimento

per aver ricevuto pregiudizio dalla trascrizione di una azione

di revocazione ex art. 2901 c.c. proposta da Guido e Filippo Antonelli in riferimento alla compravendita di un complesso im

mobiliare industriale.

Costituitosi ritualmente in giudizio il solo Guglielmi di Vulci, il quale resisteva alla pretesa e ne chiedeva la reiezione, l'adito

Tribunale di Roma, con sentenza del 3-8 novembre 1982, con

dannava la contumace soc. Sacamp e il suo costituito fideiusso

re al pagamento solidale della somma di lire 50.000.000, liqui data equitativamente a titolo di risarcimento del danno e, inol

tre, al rimborso delle spese di lite.

li, con conseguente esclusione del litisconsorzio necessario: tra le altre oltre quelle citate in sentenza, v. Cass. 30 maggio 1990, n. 5082, Foro it., Rep. 1990, voce Impugnazioni civili, n. 75; 16 marzo 1990, n. 2154, ibid., voce Infortuni sul lavoro, n. 188; 9 settembre 1987, n. 7232, id., Rep. 1987, voce Appello civile, n. 127; 6 giugno 1987, n. 4956, id., Rep. 1988, voce Assicurazione (contratto), n. 255; 9 maggio 1987, n.

4296, id., Rep. 1987, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 17; 12 novembre 1985, n. 5534, id., Rep. 1985, voce Espropriazione per p.i., n. 270; 30 gennaio 1985, n. 579, id., 1985, I, 1351; 18 gennaio 1984, n. 443, id., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 81; 14 ottobre

1981, n. 5372, id., Rep. 1982, voce cit., n. 123; 8 settembre 1977, n.

3931, id., 1978, I, 1759. Contra, Cass. 2 aprile 1982, n. 2022, id., Rep. 1982, voce cit., n. 52; 29 marzo 1982, n. 1934, ibid., n. 112.

* * *

Solidarietà fideiussoria: sul difficile raccordo tra accessorietà ed au tonomia processuale.

1. - La scindibilità delle cause relative all'obbligazione solidale, affer mata per lo più pacificamente in giurisprudenza, viene tradizionalmente sostenuta dalla dottrina (già Amorth, L'obbligazione solidale, Milano, 1959, 315; Rotino, Delle obbligazioni, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1963, 294; di recente, nello stesso senso, Buoncristia

ni, Uno spunto per una rilettura dell'art. 1306 c.c., in Giust. civ., 1989, I, 654). Di qui l'evenienza, verificatasi nel caso di specie, che la pro nuncia di condanna passi in giudicato, per decorrenza dei termini, di

impugnazione, soltanto nei confronti del debitore principale e non an che del fideiussore che (solo) ha proposto gravame, nonché l'esclusione

dell'integrazione obbligatoria prevista dall'art. 331 c.p.c. (non sussistendo, nella specie, né litisconsorzio necessario, né il più blando fenomeno

dell'inscindibilità). Ulteriore conseguenza di tale configurazione processuale della solida

rietà è, nell'ipotesi specifica di fideiussione all'esame dei giudici di legit timità, l'impossibilità di liquidare, in fase di impugnazione, una som ma, dovuta a titolo di risarcimento, maggiore di quella oggetto della pronuncia passata in giudicato: vi osta la natura accessoria dell'obbli gazione fideiussoria, che trova positivo riscontro nell'art. 1941 c.c.

L'iter argomentativo della corte risulta quindi pienamente conforme alle regole (positive e pretorie) ed il dispositivo coerente con le premesse (scindibilità delle cause, accessorietà della fideiussione). Ad una più at tenta lettura affiorano peraltro elementi di incongruenza: l'integrazione del contraddittorio, richiesta in appello incidentale nei confronti del de bitore principale (condannato in contumacia) non impugnante, viene rigettata sul presupposto dell'autonomia (scindibilità, sul piano proces suale) delle cause relative a questo ed al fideiussore; la richiesta di liqui dazione, avanzata quindi soltanto nei confronti di quest'ultimo, di una somma maggiore rispetto a quella accertata in primo grado a carico dei due obbligati in solido, trova invece ostacolo al suo accoglimento nel giudicato, relativo al quantum, formatosi relativamente all'obbliga zione principale, poiché quella fideiussoria è ad essa intimamente col legata.

L'anomalia risiede, in ultima analisi, nella derivazione, da una mede sima configurazione del rapporto giuridico, di due conseguenze che im

plicano antitetici presupposti: da un lato, autonomia e scindibilità di cause, dall'altro accessorietà e stretta dipendenza di un'obbligazione ri

spetto all'altra. Se la frattura nasce dalla contrapposizione di effetti

processuali, relativi alla solidarietà, e sostanziali, inerenti al negozio fideiussorio, essa va colmata modificando la prospettiva sull'uno o sul l'altro versante. E poiché la natura accessoria e dipendente dell'obbli

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