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sezione II civile; sentenza 23 ottobre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M.Martinelli (concl. conf.); Ferrero (Avv. Romagnoli, Treves) c. Cavallo (Avv. Menghini,Vecchione). Cassa App. Torino 10 settembre 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 3 (MARZO 1993), pp. 927/928-931/932Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186157 .
Accessed: 25/06/2014 06:19
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PARTE PRIMA
rapporto causale tra il vizio o difetto e il danno è sufficiente
a dar luogo alla responsabilità del proprietario. In buona sostanza, l'art. 2053 costituisce una ipotesi di specie
rispetto all'art. 2051 e di questa condivide la natura oggettiva della responsabilità ed il limite del fortuito. Va, però, rilevato
che nell'art. 2053 l'imputazione sorge in base non ad una rela zione di fatto con la cosa, come la custodia di cui all'art. 2051, ma di diritto, in base al testo normativo. Per l'art. 2053 respon sabile è il proprietario al tempo della rovina (anche parziale).
2./- Viceversa, non può non far carico ex 2051 al conduttore
la responsabilità per tutte le altre cose che fossero nella sua
disponibilità e sulle quali egli può intervenire onde prevenire il danno e — se intervenuto — sollecitamente eliminarlo, onde
non recare pregiudizio ai terzi. Ad esempio: allagamenti o inta
samenti conseguenti al cattivo uso o rottura dei servizi dell'ap
partamento sui quali egli può intervenire avendone la immedia
ta disponibilità. Deve anche qui tenersi presente che la respon sabilità consegue ipso facto per aver il conduttore la custodia della cosa.
2.g - Responsabilità solidale. Il menzionato criterio della di
sponibilità della cosa porta ad escludere in tesi il principio della
solidarietà. Il proprietario che non abbia la disponibilità della
cosa non deve generalmente rispondere dei danni da essa arre
cati, a meno che colui cui l'ha affidata non ne abbia avuto un possesso momentaneo.
Viceversa, il conduttore — detentore qualificato — risponde nei limiti della sua disponibilità, in quanto in tal caso a lui incombe l'obbligo di custodia.
3. - Caso fortuito. La responsabilità per danno da cosa in
custodia viene meno quando il destinatario dell'imputazione provi il «caso fortuito». All'attore compete provare l'esistenza del rap
porto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo; il convenuto per
liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estreneo alla
sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.
E tale idoneità sussiste solo se il fattore estraneo presenta i ca
ratteri dell'imprevedibilità e dell'assoluta eccezionalità, che so no appunto gli elementi che identificano la ragione del caso
fortuito. La valutazione sulla rilevanza causale del fatto estra
neo va operata con riferimento alle condizioni della cosa in con
creto, che risulteranno per lo più dal modo con il quale si è
esplicato il «governo della cosa» da parte del custode.
4. - Venendo particolarmente all'esame del caso di specie, e confrontandolo con il concetto di «disponibilità» della cosa in custodia, testé enucleato, è dato rilevare che la responsabilità
per la caduta del ramo dell'albero, posto nel giardino, regolar mente locato dal comune di Caldaro all'associazione pescatori
sportivi, caduta che ha provocato lesioni personali al Carminet
ti, socio di detta associazione non può essere ascritta al comune che ben sei anni prima dell'evento aveva concesso in locazione il capanno ed il circostante giardino sul lago.
Seguendo una consolidata giurisprudenza (Cass. 31 maggio 1971, n. 1641, cit.), di questa corte al riguardo (sul punto non si ravvisano, invero, contrasti) la caduta di un albero sito in un giardino annesso ad un edificio non comporta responsabilità alcuna del proprietario, non ricorrendo la fattispecie giuridica della «rovina dell'edificio» ex art. 2053 c.c., avanti menziona
to, ma quella del conduttore quale custode della cosa ex art. 2051 c.c.
Se è vero infatti che il concetto di rovina totale o parziale dell'edificio non si restringe alla disintegrazione e alla caduta di elementi od opere murarie che ne costituiscono la struttura
essenziale, ma comprende anche il distacco e la caduta di sem
plici manufatti anche accessori, non può tuttavia estendersi alla caduta di cose che non siano materialmente e stabilmente incor
porate con l'edificio medesimo.
Sussiste viceversa la previsione normativa dell'art. 2051 c.c. a carico del conduttore.
La locazione, invero, determina il passaggio al conduttore, che è costituito detentore, della custodia dell'immobile locato e delle pertinenze. Come si è detto, la responsabilità ex art. 2051 postula, infatti una relazione materiale di disponibilità di fatto, oltreché giuridica, tra il custode e la cosa, relazione che
determina, a carico di chi ha il potere fisico sulla stessa, l'onere di impedire che da essa possa derivare pregiudizio a terzi.
L'albero di salice non era nella disponibilità fisica del pro
li. Foro Italiano — 1993.
prietario da più di sei anni. Competeva al conduttore custodirla
in maniera che non provocasse danni a terzi.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia: «Violazione de
gli art. 1578 e 1581 c.c.». Assume che se, sia pure in ipotesi
subordinata, esso Carminetti dovesse essere ritenuto, in quanto socio dell'associazione pescatori, non terzo, ma conduttore, il
comune di Caldaro non potrebbe considerarsi esente da respon sabilità ai sensi del combinato disposto degli art. 1578 e 1581 c.c. — per vizi sopravvenuti nel corso della locazione — atteso
che il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati
da vizi della cosa, ove non provi di averne senza colpa ignorato l'esistenza al momento della consegna.
Il motivo è inammissibile poiché una tale domanda è stata
proposta per la prima volta in appello ed è quindi nuova (art. 345 c.p.c.).
È dato, comunque, rilevare che le ragioni poste nella senten
za impugnata a base dell'esclusione di ogni responsabilità del
comune in riferimento alle norme citate resistono ad ogni cen
sura, in quanto motivate su elementi di fatto (tempo trascorso
tra la cessione in affitto e l'evento e recinzione della zona da
parte dell'associazione affittuaria), non più censurabili in que sta sede di legittimità.
Il ricorso va, dunque, respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 23 otto
bre 1991, n. 11218; Pres. D'Avino, Est. Garofalo, P.M. Mar
tinelli (conci, conf.); Ferrerò (Aw. Romagnoli, Treves) c.
Cavallo (Avv. Menghini, Vecchione). Cassa App. Torino
10 settembre 1986.
Vendita — Immobile difforme da licenza edilizia — Acquirente — Tutela — Fattispecie (Cod. civ., art. 1489; 1. 6 agosto 1967
n. 765, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 10).
L'acquirente di una soffitta abusivamente trasformata, nel vi
gore della l. 765/67, in locale abitabile in difformità dalla licenza edilizia, può esperire i rimedi previsti dall'art. 1489 c.c. in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa,
sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel con tratto o comunque non sia conosciuta dal compratore al mo mento dell'acquisto ed altresì persista il potere repressivo del la pubblica amministrazione, tanto da determinare deprezza mento o minore commerciabilità dell'immobile (nella specie, è stata cassata la sentenza di merito che, oltre ad affermare erroneamente l'inesistenza del pregiudizio dell'acquirente per il solo fatto che il comune non aveva ancora esercitato i pote ri repressivi, aveva omesso di accertare se il compratore fosse a conoscenza della difformità al tempo della compravendita e se, per qualsivoglia ragione, fosse venuto meno il potere repressivo dell'amministrazione al tempo della decisione). (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Il Tribunale di Torino respin se la domanda proposta da Luigi Ferrerò nei confronti di Cateri na Cavallo, con la quale l'attore, premesso che il piano sotto
(1) Nel senso che l'irregolarità edilizia della cosa venduta non con sente la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1489 c.c. se nota al l'acquirente, v. Cass. 6 dicembre 1984, n. 6399, Foro it., 1985, I, 728, con nota di richiami. Sulla rilevanza dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici ai fini della esperibilità dei rimedi previsti dalla norma cita ta, Cass. 11 gennaio 1992, n. 253, id., 1992, I, 1431.
La nota di richiami a Pret. Verona 5 febbraio 1992, ibid., 1589, at tiene al problema dell'imputabilità delle somme corrisposte per sanare l'abusività dell'immobile oggetto di alienazione.
Sulle conseguenze dell'errore sulle caratteristiche del bene venduto sotto il profilo urbanistico, v. Cass. 6 maggio 1991, n. 4984, ibid., 466.
In dottrina, Mengoli, Compravendita immobiliare e normativa urba nistica, Milano, 1990, passim.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tetto di una villetta vendutagli dalla convenuta non era confor
me alla licenza edilizia rilasciata nel 1968, aveva chiesto che
venisse determinato il minore valore dell'immobile rispetto al
prezzo contrattualmente stabilito.
La Corte di appello di Torino, con sentenza del 10 settembre
1986, respinse il gravame del soccombente.
2. - Osservò, tra l'altro, la corte di appello che il piano sotto
tetto era stato trasformato da semplice soffitta a piano abitabi
le munito di bagno, mediante modifiche interne ed esterne non
previste dalla licenza e che ciò aveva comportato un aumento
e non un decremento di valore dell'immobile; e che, mentre
per le opere interne, eseguite nel 1970, la legge del tempo non
richiedeva alcuna autorizzazione, per quelle esterne la mancata
adozione di misure repressive da parte della pubblica ammini
strazione escludeva, allo stato, la ricorrenza di un danno patri
moniale risarcibile. 3. - Ha proposto ricorso per cassazione il Ferrerò, sulla base
di un'unica censura. L'intimata ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione. — 1. - Il ricorrente denuncia violazio
ne e falsa applicazione dell'art. 1489 c.c., in relazione agli art.
31 e 41 1. 17 agosto 1942 n. 1150 e 10 1. 6 agosto 1967 n.
765, e in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., deducendo che la
corte di appello, pur ritenendo veritiere le prospettazioni di fat
to di esso ricorrente, aveva erroneamente negato rilevanza alle
trasformazioni operate dalla venditrice; ed infatti non poteva
essere ritenuto che per le opere interne non fosse necessaria l'au
torizzazione, essendo questa richiesta dall'art. 31 1. n. 1150, con
la sanzione prevista dal successivo art. 41; e che, per le modifi
che esterne, la mancata adozione di misure repressive da parte
della pubblica amministrazione escludesse l'esistenza di un pre
giudizio attuale che giustificasse la domanda; al contrario, l'e
ventualità delle sanzioni amministrative era di per se stessa ca
gione di deprezzamento dell'immobile e di ostacolo alla sua com
merciabilità: onde la domanda di riduzione del prezzo non poteva
essere disattesa.
La censura è fondata. La corte di appello ha ritenuto in pun to di fatto che la trasformazione della soffitta in piano abitabile
e munito di bagno fosse stata realizzata dalla venditrice in vio
lazione della licenza edilizia e con l'esecuzione di opere sia in
terne che esterne (per quanto riguarda queste ultime, anche con
modifica del prospetto, mediante creazione di un balconcino
munito di soletta e di ringhiera, al posto di una finestra; non
ché di altre finestre). In tale situazione non può essere condivisa
la motivazione della corte del merito, limitatasi a sottolineare
l'irrilevanza al fine che ne occupa delle denunciate violazioni.
Per vero le opere interne ed esterne, tra loro strutturalmente
e funzionalmente collegate, comportarono il sostanziale muta
mento di destinazione dell'immobile e del suo aspetto interno
ed esterno e, non essendo state previamente autorizzate, crearo
no le condizioni per l'esperimento dell'azione repressiva da par
te del comune (volta alla demolizione parziale dell'immobile od
all'applicazione delle misure pecuniarie sostitutive) secondo il
sistema sanzionatorio delineato dall'art. 13 1. 6 agosto 1967 n.
765. In tema di compravendita, la fondamentale obbligazione del
venditore di consegnare la cosa al compratore, assicurandoglie
ne il godimento, ex art. 1476 c.c., è correlata a particolari ga
ranzie, le quali — riguardanti o l'appartenenza della cosa al
venditore (art. 1478 e 1480 c.c.) o l'inesistenza su di essa di
garanzie reali o di altri vincoli (art. 1482 c.c.) o l'esclusione
di oneri o di diritti reali o personali a favore di terzi (art. 1489
c.c.) ovvero l'immunità da vizi (art. 1490 c.c.) o la corrispon
denza con le qualità promesse od essenziali (art. 1497 c.c.) —
sono volte ad assicurare al compratore, per l'ineliminabile esi
genza della normalità degli scambi, il pieno godimento della
cosa compravenduta, senza menomazioni e senza pericolo di
perdita, totale od anche soltanto parziale.
Allorquando il bene compravenduto sia costituito da una co
struzione realizzata in difformità dal progetto approvato dal co
mune, al fine di inquadrare esattamente la condizione del bene
stesso, in relazione ai mezzi cautelativi apprestati dalla legge
in tema di compravendita o, più in generale, di inadempimento
delle obbligazioni e di nullità degli obblighi, occore innanzitutto tener presente il rapporto che si costituisce tra il costruttore
e la pubblica amministrazione: e non è dubbio che tale rappor
to esprima una posizione di soggezione del privato alle sanzioni
Il Foro Italiano — 1993.
amministrative, che la pubblica amministrazione ha la potestà di adottare a tutela del pubblico interesse. Nei rapporti privati stici la non conformità della costruzione al progetto approvato dall'amministrazione non può essere ritenuta vizio della cosa,
ex art. 1490 c.c., non trattandosi di una anomalia strutturale
e risolvendosi, invece, sotto il profilo giuridico, in una irregola rità che assoggetta la cosa medesima al potere sanzionatorio
dell'amministrazione e determina, secondo la giurisprudenza di
questa corte, l'inquadramento della fattispecie nell'ambito del
l'art. 1489 c.c., che disciplina il caso nel quale la cosa compra venduta sia gravata da oneri o da diritti reali o personali in
favore di terzi, i quali ne diminuiscano non solo il libero godi mento ma anche il valore e la commerciabilità (vedansi sentenze
15 novembre 1978, n. 5272, Foro it., Rep. 1979, voce Vendita,
n. 94; 6 dicembre 1984, n. 6399, id., 1985, I, 728, di questa corte). L'ordine di demolizione della costruzione, che può esse
re adottato in conseguenza dell'irregolarità amministrativa, avrà,
una volta intervenuto ed eseguito, gli effetti sostanziali di un'e
vizione totale o parziale (art. 1483 e 1484 c.c.) a seconda che
ne derivi l'abbattimento totale o parziale dell'immobile, con la
conseguenza che il venditore, anche se non tenuto alla garanzia
per effetto della conoscenza della irregolarità da parte del com
pratore, è nondimeno obbligato a restituire il prezzo ed a rim
borsarne le spese, a meno che la vendita non sia stata convenu
ta a rischio e pericolo del compratore stesso ex art. 1483 c.c.
(sul punto, v. sentenze 18 aprile 1975, n. 1479, id., Rep. 1975,
voce cit., n. 21; 24 febbraio 1982, n. 1139, id., 1982, I, 2535; 6 dicembre 1984, n. 6399, cit.). In tale ottica non potrebbe nep
pure essere fondatamente ipotizzata la nullità del contratto (per
illiceità od impossibilità dell'oggetto) posto che tali situazioni
attengono a diverse categorie giuridiche e sono caratterizzate
dall'inconciliabilità dell'attuazione della volontà contrattuale con
norme imperative oppure dalla irrealizzabilità di un determina
to risultato per l'inesistenza del bene oggetto del contratto (ius
receptum di questa corte: vedansi sentenze 28 giugno 1980, id.,
Rep. 1980, voce cit., n. 126; 24 febbraio 1982, n. 1139, cit.; 6 dicembre 1984, n. 6399, cit.).
Altra conseguenza rilevante, connessa all'inclusione della ir
regolarità de qua nella previsione dell'art. 1489 c.c., è che la
conoscenza di essa da parte del compratore preclude a questi
la possibilità di chiedere la riduzione del prezzo, secondo quan
to dispone l'art. 1480 richiamato dalla prima di dette norme;
infatti degli oneri e dei diritti altrui, gravanti sulla cosa compra
venduta, il venditore risponde soltanto se essi non siano stati
dichiarati nel contratto o non siano stati effettivamente cono
sciuti dal compratore al tempo dell'acquisto, dovendosi presu
mere, in caso contrario, che la cosa sia stata accettata dall'ac
quirente nella situazione di fatto e di diritto a lui nota.
La giurisprudenza di questa corte è poi ferma nel ritenere
l'applicabilità dell'art. 1489 citato anche nell'ipotesi che le san
zioni repressive, ancorché rientranti nella potestà dell'ammini
strazione, non siano state ancora concretamente scelte ed inflit
te (vedansi sentenze 18 aprile 1975, n. 1479, cit., e 11 maggio
1984, n. 2890, id., Rep. 1984, voce cit., n. 47): ciò rilevando l'innegabile deprezzamento e la minore commerciabilità dell'im
mobile rispetto ad altri similari ma regolarmente costruiti; tali
difetti incidono infatti in via immediata e diretta sul sinallag
ma, la cui alterazione è attuale e concreta e non meramente
potenziale, mentre la successiva applicazione delle misure san
zionatorie non determina l'insorgere di detta alterazione ma in
fluisce sulla intensità della stessa, nella misura corrispondente
alla qualità della sanzione (abbattimento o pena pecuniaria).
Inoltre la previsione in apposita norma dell'ipotesi di com
pravendita di bene gravato da oneri o diritti in favore di terzi
è giustificata dal fatto che l'esistenza degli oneri e dei diritti
non incide in via immediata sulla titolarità del diritto di pro prietà né sull'esistenza dello stesso diritto sull'intera cosa, ma
principalmente sulla facoltà di godimento, comprimendola o pre
cludendone totalmente l'esercizio al proprietario. In relazione
a siffatta peculiarità non sarebbe possibile l'applicazione sic et
simpliciter della disciplina apprestata in tema di vendita di cosa
altrui oppure di quella sulla evizione (che comporta la perdita
totale o parziale del diritto).
Tuttavia, avendo le tre fattispecie un denominatore comune,
rappresentato dall'alterazione del sinallagma, il legislatore ha
ritenuto di tutelare l'acquirente mediante il richiamo espresso
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PARTE PRIMA
dell'art. 1480, disciplinante la vendita di cosa parzialmente al
trui, maggiormente assimilabile alla prima di esse in ordine alla
sproporzione tra le rispettive prestazioni (essendo la parziale alle
nita della cosa equiparabile, per quanto riguarda l'effetto ridut
tivo sulla cosa, all'esistenza del diritto o della limitazione in
favore di terzi) e disponendo, altresì, che si osservano, in quan to applicabili, le altre disposizioni contenute negli art. 1481,
1485, 1487 e 1488 c.c. disciplinanti la garanzia per evizione.
Per quanto attiene al richiamo a tale gruppo di norme deve
ritenersi non riguardare la fattispecie di cui all'art. 1489 cit.
il 1° comma dell'art. 1485, nella parte in cui, disponendo che
il compratore, convenuto da una terzo che pretenda di avere diritti sul bene venduto, deve chiamare in causa il venditore,
prevede come momento iniziale (sostanzialmente come presup
posto) del meccanismo di garanzia una pretesa giudiziale da parte del terzo; per vero, mentre non può verificarsi l'evizione (e cioè
la perdita totale o parziale del diritto di proprietà) se prima il diritto del terzo non venga fatto valere innanzi al giudice, l'esistenza di uno ius in re è di per sé idonea (supra) a compri mere la facoltà di godimento del bene ed a ridurne il valore
economico, sicché l'interesse del compratore (ignaro del vincolo
al tempo della conclusione del contratto) ad esperire il rimedio
della riduzione del prezzo sussiste anche se il titolare del diritto
reale o personale non abbia ancora fatto valere alcuna pretesa sul bene.
Per l'esperibilità del rimedio della riduzione del prezzo è quindi sufficiente la certezza dell'esistenza del diritto altrui (nella spe cie, della potestà dell'amministrazione di adottare le sanzioni
repressive, anche nei confronti degli aventi causa del costruttore
e del venditore). Il detto rimedio non consegue automaticamente all'accerta
mento del diritto altrui ma prende le mosse dall'alterazione del
l'equilibrio delle prestazioni conseguente alla non conoscenza
e comunque alla non accettazione da parte dell'acquirente del
diritto gravante sul bene acquistato; e non può essere invocato
allorquando il diritto stesso, per qualsivoglia causa, più non sussista ed il bene trasferito abbia riacquistato il valore contrat
tualmente accettato.
2. - Nel caso in esame la corte del merito, oltre ad affermare
erroneamente l'inesistenza del pregiudizio del compratore, per il solo fatto che il comune non aveva (ancora) esercitato il suo
potere repressivo in presenza dell'opera ritenuta illegale, ha omes so di accertare se il compratore stesso fosse oppur non edotto di tale illegalità al tempo della compravendita, accettando la
situazione di fatto e di diritto ed assumendo i rischi e se in
ogni caso fosse venuto meno, al tempo della decisione, il potere
repressivo dell'amministrazione, per le cause prospettate dalla
venditrice o per qualunque altra ragione. 3. - La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio
ad altro giudice.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 otto bre 1991, n. 10398; Pres. Tropea, Est. Giustiniani, P.M. Amirante (conci, conf.); Guglielmi (Avv. Caligiuri) c. Ma scia e altri; Mascia e altro (Avv. Lipari) c. Guglielmi di Vul ci. Conferma App. Roma 5 novembre 1985.
Impugnazioni civili in genere — Fideiussione — Passaggio in
giudicato dell'obbligazione principale — Limiti al credito ga rantito (Cod. civ., art. 1306, 1491; cod. proc. civ., art. 332).
La sentenza di condanna in solido al risarcimento del danno, a carico del debitore principale e del fideiussore, passa in giu dicato, in difetto di impugnazione nei termini da o contro il debitore principale, esclusivamente nei confronti di quest'ul timo ed il fideiussore non può essere condannato, in sede di
gravame, ad un quantum superiore a quello liquidato con la stessa. (1)
(1) La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale consolida to nel senso della scindibilità delle cause relative ad obbligazioni solida
li. Foro Italiano — 1993.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione, notifica
to il 23 febbraio 1979, Mascia Gaetano, Mascia Rosa, Mascia
Salvatore e Mascia Donato, tutti eredi di Mascia Filippo, con
venivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma le soc. Sa
camp e Guglielmi di Vulci Giacinto fideiussore per sentirli con
dannare in solido al pagamento del risarcimento del danno in relazione ad una precedente sentenza dello stesso tribunale, che
aveva loro riconosciuto la sussistenza del diritto al risarcimento
per aver ricevuto pregiudizio dalla trascrizione di una azione
di revocazione ex art. 2901 c.c. proposta da Guido e Filippo Antonelli in riferimento alla compravendita di un complesso im
mobiliare industriale.
Costituitosi ritualmente in giudizio il solo Guglielmi di Vulci, il quale resisteva alla pretesa e ne chiedeva la reiezione, l'adito
Tribunale di Roma, con sentenza del 3-8 novembre 1982, con
dannava la contumace soc. Sacamp e il suo costituito fideiusso
re al pagamento solidale della somma di lire 50.000.000, liqui data equitativamente a titolo di risarcimento del danno e, inol
tre, al rimborso delle spese di lite.
li, con conseguente esclusione del litisconsorzio necessario: tra le altre oltre quelle citate in sentenza, v. Cass. 30 maggio 1990, n. 5082, Foro it., Rep. 1990, voce Impugnazioni civili, n. 75; 16 marzo 1990, n. 2154, ibid., voce Infortuni sul lavoro, n. 188; 9 settembre 1987, n. 7232, id., Rep. 1987, voce Appello civile, n. 127; 6 giugno 1987, n. 4956, id., Rep. 1988, voce Assicurazione (contratto), n. 255; 9 maggio 1987, n.
4296, id., Rep. 1987, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 17; 12 novembre 1985, n. 5534, id., Rep. 1985, voce Espropriazione per p.i., n. 270; 30 gennaio 1985, n. 579, id., 1985, I, 1351; 18 gennaio 1984, n. 443, id., Rep. 1984, voce Impugnazioni civili, n. 81; 14 ottobre
1981, n. 5372, id., Rep. 1982, voce cit., n. 123; 8 settembre 1977, n.
3931, id., 1978, I, 1759. Contra, Cass. 2 aprile 1982, n. 2022, id., Rep. 1982, voce cit., n. 52; 29 marzo 1982, n. 1934, ibid., n. 112.
* * *
Solidarietà fideiussoria: sul difficile raccordo tra accessorietà ed au tonomia processuale.
1. - La scindibilità delle cause relative all'obbligazione solidale, affer mata per lo più pacificamente in giurisprudenza, viene tradizionalmente sostenuta dalla dottrina (già Amorth, L'obbligazione solidale, Milano, 1959, 315; Rotino, Delle obbligazioni, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1963, 294; di recente, nello stesso senso, Buoncristia
ni, Uno spunto per una rilettura dell'art. 1306 c.c., in Giust. civ., 1989, I, 654). Di qui l'evenienza, verificatasi nel caso di specie, che la pro nuncia di condanna passi in giudicato, per decorrenza dei termini, di
impugnazione, soltanto nei confronti del debitore principale e non an che del fideiussore che (solo) ha proposto gravame, nonché l'esclusione
dell'integrazione obbligatoria prevista dall'art. 331 c.p.c. (non sussistendo, nella specie, né litisconsorzio necessario, né il più blando fenomeno
dell'inscindibilità). Ulteriore conseguenza di tale configurazione processuale della solida
rietà è, nell'ipotesi specifica di fideiussione all'esame dei giudici di legit timità, l'impossibilità di liquidare, in fase di impugnazione, una som ma, dovuta a titolo di risarcimento, maggiore di quella oggetto della pronuncia passata in giudicato: vi osta la natura accessoria dell'obbli gazione fideiussoria, che trova positivo riscontro nell'art. 1941 c.c.
L'iter argomentativo della corte risulta quindi pienamente conforme alle regole (positive e pretorie) ed il dispositivo coerente con le premesse (scindibilità delle cause, accessorietà della fideiussione). Ad una più at tenta lettura affiorano peraltro elementi di incongruenza: l'integrazione del contraddittorio, richiesta in appello incidentale nei confronti del de bitore principale (condannato in contumacia) non impugnante, viene rigettata sul presupposto dell'autonomia (scindibilità, sul piano proces suale) delle cause relative a questo ed al fideiussore; la richiesta di liqui dazione, avanzata quindi soltanto nei confronti di quest'ultimo, di una somma maggiore rispetto a quella accertata in primo grado a carico dei due obbligati in solido, trova invece ostacolo al suo accoglimento nel giudicato, relativo al quantum, formatosi relativamente all'obbliga zione principale, poiché quella fideiussoria è ad essa intimamente col legata.
L'anomalia risiede, in ultima analisi, nella derivazione, da una mede sima configurazione del rapporto giuridico, di due conseguenze che im
plicano antitetici presupposti: da un lato, autonomia e scindibilità di cause, dall'altro accessorietà e stretta dipendenza di un'obbligazione ri
spetto all'altra. Se la frattura nasce dalla contrapposizione di effetti
processuali, relativi alla solidarietà, e sostanziali, inerenti al negozio fideiussorio, essa va colmata modificando la prospettiva sull'uno o sul l'altro versante. E poiché la natura accessoria e dipendente dell'obbli
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