sezione II civile; sentenza 23 settembre 1996, n. 8395; Pres. Girone, Est. Santilli, P.M. Dettori(concl. diff.); Benni (Avv. Cefaly, Vaccarella) c. Protopapa (Avv. Vitti) e Ditta Vela e Piroli(Avv. Padroni); Protopapa c. Benni e Ditta Vela e Piroli. Cassa App. Roma 22 giugno 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1217/1218-1221/1222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191415 .
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1217 PARTE PRIMA 1218
il quale si denuncia la violazione del principio della presunzione di legittimità degli atti amministrativi; la violazione e falsa ap
plicazione degli art. 10 ss. r.d. n. 215 del 1933 nonché dell'art.
23 Cost., ed infine la violazione delle regole sul riparto dell'o
nere della prova (art. 360, n. 3, c.p.c.). Osserva il consorzio che unico presupposto necessario all'im
posizione era una serie di atti amministrativi, per cui l'onere
della prova in ordine al beneficio conseguibili incombeva sul
singolo che si assumeva gravato dal provvedimento asseritamente
illegittimo; inoltre, il richiamo all'art. 23 Cost, è fuori luogo, perché l'imposizione avviene in base all'art. 10 r.d. n. 215 del
1933. Il ricorso incidentale è infondato, perché, sebbene l'iniziativa
dell'azione in giudizio provenga dal soggetto debitore, contro
il quale l'ente pubblico fa valere una pretesa esecutoria (ruolo di contribuzione), è evidente, da un canto, che di fronte al
l'a.g.o. non esiste alcuna presunzione di legittimità dell'atto am
ministrativo d'imposizione e, dall'altro, che, l'onere dei fatti
costitutivi della pretesa incombe sull'ente creditore (Cass.
2990/79, id., 1979, I, 1721; 1937/81, id., Rep. 1981, voce Ri scossione delle imposte, n. 115; 3023/83, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 159). Tra tali fatti costitutivi è preminente — nella spe cie — l'esistenza del beneficio dipendente dalla bonifica, a te
nore dell'art. 10 r.d. n. 215 del 1933, che pertanto — in caso
di contestazione — deve essere provato dal consorzio.
Il giudice di rivio si designa in altra sezione della Corte d'ap
pello di Trieste.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 23 set
tembre 1996, n. 8395; Pres. Girone, Est. Santilli, P.M. Det
tori (conci, diff.); Benni (Aw. Cefaly, Vaccarella) c. Pro
topapa (Avv. Vitti) e Ditta Vela e Piroli (Avv. Padroni);
Protopapa c. Benni e Ditta Vela e Piroli. Cassa App. Roma
22 giugno 1992.
Appalto — Progettazione ed esecuzione — Vizi dellopera deri
vanti da errori progettuali — Responsabilità del progettista e dell'appaltatore (Cod. civ., art. 1667, 2236).
Appalto — Progettazione ed esecuzione — Controllo sulla vali
dità tecnica del progetto — Obbligo dell'appaltatore (Cod.
civ., art. 1667).
La responsabilità del progettista per inadempimento dell'obbli
gazione assunta con il contratto d'opera è concorrente e soli
dale con quella dell'appaltatore, che deve rispondere sulla ba
se del contratto d'appalto dei vizi dell'opera dipendenti da!
cedimento delle fondazioni, dovuto alle caratteristiche del suolo
non tenute presenti dal progetto. (.1) Rientra tra gli obblighi di diligenza dell'appaltatore esercitare
il controllo sulla validità tecnica del progetto fornito dal com
mittente, anche in relazione alle caratteristiche geologiche del
terreno su cui l'edificio deve sorgere, posto che il risultato
promesso dipende, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dalla
corretta progettazione. (2)
(1-2) SulPobbligo dell'appaltatore di verificare la congruità del pro
getto che deve eseguire e sulla responsabilità contrattuale solidale del
progettista e dell'appaltatore in caso di vizi dell'opera derivanti dall'i
nadeguatezza tecnica del progetto, consta un solo precedente puntuale: Cass. 4 dicembre 1991, n. 13039, Foro it., Rep. 1992, voce Appalto, n. 37. Contra, Cass. 10 maggio 1995, n. 5099, id., Rep. 1995, voce
cit., n. 37, e Trib. Milano 27 aprile 1994, ibid., n. 38, a tenore delle
quali soltanto l'appaltatore è obbligato al risarcimento, salvo che dimo
stri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto
ad eseguire il progetto come nudus minister (c.d. «appalto a regia»), nel qual caso egli è esente da responsabilità.
Sulla responsabilità in solido del progettista e dell'appaltatore indi
pendentemente dalla diversità del titolo negoziale, Cass. 4 dicembre 1991,
Il Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 6-9 febbraio 1979 il sig. Salvatore Protopapa convenne da
vanti al Tribunale di Roma l'ing. Alberto Benni, quale progetti sta e direttore dei lavori, e la ditta Vela e Piroli, quale appalta trice dell'opera esponendo che sia durante l'esecuzione dei lavo
ri, sia successivamente, nelle strutture degli immobili, costruiti
dalla sopra indicata ditta in base a contratto di appalto stipula to il 16 settembre 1973, si erano verificate crepe tali da compro mettere la stabilità degli edifici e da impedirne la vendita. Ciò premesso, chiese che fossero condannati al risarcimento dei danni
da liquidarsi in relazione all'ammontare del costo dei lavori di
eliminazione dei difetti, al lucro cessante per la mancata vendi
ta e agli interessi passivi del mutuo gravante sugli immobili.
Costituitisi, i convenuti resistettero alla domanda, il Benni
eccependo di non essere stato il progettista e direttore dei lavori
ed affermando che i danni erano dovuti a imprevedibile smotta
mento del terreno e comunque a difettosa esecuzione dell'ope
ra, l'appaltatrice invece assumendo di aver svolto il suo compi
li. 13039, cit., e 24 febbraio 1986, n. 1114, id., Rep. 1986, voce cit., n. 45, sottolineano come al fine della sussistenza della solidarietà è suf ficiente che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in mo
do efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che costituiscano distinti e autonomi fatti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse. In merito alla solidarietà dell'obbligo al risarcimento del danno, si os
serva che essa è stata riconosciuta soprattutto ai sensi dell'art. 1669
c.c. e cioè in caso di responsabilità extracontrattuale (cfr. Cass. 28 otto bre 1994, n. 8904, id., Rep. 1995, voce cit., n. 63; 27 agosto 1994, n. 7550, ibid., n. 62; Trib. Roma 17 novembre 1993, ibid., n. 65; App. Cagliari 22 aprile 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 72; Cass. 26 aprile 1993, n. 4900, id., Rep. 1993, voce cit., n. 63; 21 marzo 1989, n. 1406,
id., Rep. 1989, voce cit., n. 44; 8 luglio 1980, n. 4356, id., 1981, I, 1358, con osservazione di A. Silvestrini; sulla natura aquiliana della
responsabilità ex art. 1669 c.c., v., da ultimo, Trib. Pescara 16 giugno 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 54; Cass. 7 giugno 1994, n. 5514,
id., 1995, I, 2526). Come si evince dalla parte motiva della sentenza in rassegna, la re
sponsabilità dell'appaltatore deriva dal fatto che l'appalto è un'obbliga zione di risultato: in tal senso, l'affermato obbligo per l'appaltatore stesso di conoscere e prevedere gli eventuali vizi dell'opera dovuti al
progetto, nei limiti della perizia e diligenza da lui richieste nel caso
concreto, si raccorda a quell'orientamento giurisprudenziale che collega la sua responsabilità all'ampio margine di autonomia tecnica e organiz zativa da lui goduta, che gli impone di attenersi alle regole dell'arte e di assicurare alla controparte il risultato tecnico conforme alle esigen ze concrete, non potendosi limitare ad accettare qualsiasi direttiva o
prescrizione del committente in ordine alle modalità di esecuzione dei
lavori (Cass. 14 novembre 1994, n. 9562, id., Rep. 1995, voce cit., n.
35; 23 marzo 1995, n. 3384, ibid., n. 36; 2 giugno 1993, n. 6171, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 40; Trib. Palermo 29 giugno 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 26; Cass. 11 gennaio 1989, n. 80, id., Rep. 1989, voce cit., n. 53; 31 marzo 1987, n. 3092, id., Rep. 1988, voce cit., n. 13). Più specificamente, a proposito della fattispecie oggetto della
sentenza in epigrafe, Cass. 27 aprile 1993, n. 4921, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 35, e 18 marzo 1987, n. 2725, id., Rep. 1987, voce cit., n.
33, riconoscono la responsabilità dell'appaltatore, escludendo quella del
progettista, in ipotesi di vizi di costruzione conseguenti all'inadeguatez za delle fondamenta in relazione alle caratteristiche geologiche del suo
lo, in quanto spetta all'appaltatore esperire l'indagine sulla natura e
consistenza del suolo; giungono, invece, a soluzione diametralmente op
posta: Cass. 16 novembre 1993, n. 11290, id., Rep. 1993, voce cit., n. 36; Trib. Perugia 7 gennaio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., nn. 56,
57; Cass. 14 aprile 1984, n. 2415, id., 1984, I, 1525, con osservazioni
di O. Troiano. Sulle problematiche evocate dalla sentenza, cfr., in dottrina, L. Bel
lanova, Difformità e vizi e difetti nell'appalto: a proposito del 10 com
ma dell'art. 1667 c.c., in Contratto e impr., 1994, 558; F. Girini, Note
in tema di garanzie dell'appaltatore, in Giur. it., 1994, IV, 89; G. Mu
solino, Responsabilità contrattuale e garanzia per vizi dell'opera nel
contratto di appalto, in Riv. trim, appalti, 1993, 49; G. Monferini, La responsabilità dell'appaltatore, in Dir. ed economia assicuraz., 1992,
563; G. Musolino, La responsabilità dell'appaltatore, Rimini, 1992; C.
Vaccà, La responsabilità del progettista e quella dell'impresa appalta trice per vizi del progetto, in Resp. civ., 1992, 378; R. Martini, La
responsabilità del progettista e del direttore dei lavori nella recente ela
borazione giurisprudenziale, in Giust. civ., 1990, II, 170; P. Rescigno,
Appalto: I) diritto privato, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani,
Roma, 1988, II; G. Zuddas, Vizi del suolo e responsabilità dell'appal tatore in caso di progetto predisposto dal committente, in Giur. it.,
1988, I, 2, 285; O. Cagnasso, Appalto nel diritto privato, voce del
Digesto comm., Torino, 1987, I, 165.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
to quale nudus minister e quindi di essere esente da qualsiasi
responsabilità. Con sentenza non definitiva 19 maggio 1986 l'adito giudice
condannò i convenuti in solido al pagamento della somma di
lire 87.000.000 con interessi legali, a titolo di risarcimento del
danno alle strutture e con sentenza definitiva 16 aprile 1988
rigettò le altre domande del Protopapa.
Proposta impugnazione contro la sentenza non definitiva dai
convenuti e contro la sentenza definitiva dall'attore, nonché, in ordine al regime delle spese, anche dal Benni, la corte d'ap
pello con sentenza 22 giugno 1992 rigettò il gravame del Proto
papa e del Benni; accolse quello della ditta appaltatrice, osser
vando che la responsabilità di questa non era nella specie confi
gurabile, posto che, per quanto fosse infondata la tesi con cui
aveva prospettato di avere agito, nell'esecuzione dell'opera, co
me un nudus minister, la causa delle lesioni non era ascrivibile
a difetti delle fondazioni, inadeguate non in sé, ma in relazione
alle condizioni idro-geologiche del terreno, identificabili solo con
indagini geognostiche, la cui esecuzione non poteva pretendersi dalla stessa ditta, presupponendo tale indagine conoscenze tec
niche del tutto particolari, esigibili solo da un ingegnere. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso — principale —
il Benni e — incidentale — il Protopapa con atti rispettivamen te notificati il 26-30 ottobre 1992 e il 4-7 dicembre 1992, dedu cendo ciascuno due motivi; resistono con controricorso sia il
Protopapa che l'altra intimata.
Motivi della decisione. — I ricorsi devono essere riuniti.
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la vio
lazione e falsa applicazione degli art. 1669, 1660 e 2697 c.c., nonché il difetto, l'illogicità e la contraddittorietà della motiva
zione in ordine al punto decisivo della controversia. Per il ricor
rente, la corte, dopo avere accertato, da un lato, che alla ditta
appaltatrice era stata riconosciuta autonomia di determinazio
ne, incompatibile con il ruolo di mera esecutrice di ordini, e,
dall'altro, che i difetti delle opere erano ascrivibili ad errori
non del progetto, ma del posizionamento dei fabbricati, esegui to senza alcun controllo delle condizioni idro-geologiche del ter
reno, e, dall'altro ancora, che la causa delle lesioni era ricondu
cibile non alla inadeguatezza delle fondazioni e del materiale
disomogeneo utilizzato, ma alla particolare conformazione idro
geologica del terreno, onde il danno sarebbe stato evitabile solo
con un accurato studio geognostico, aveva escluso la responsa bilità dell'appaltatrice, ritenendo che tale condotta non fosse
esigibile da essa, in quanto sfornita di quella competenza spe cialistica propria non di un comune imprenditore edile, ma ben
sì dell'ingegnere; affermazione questa emessa, da un lato, in
violazione degli art. 1655, 1660 e 1669 c.c., attesa la personale ed esclusiva responsabilità dell'appaltatore per vizi, difformità
e difetti dell'opera, derivante anche dal suo obbligo di vagliare criticamente il progetto per accertarsi delle sue eventuali man
chevolezze; e, dall'altro, in contrasto con criteri logici, poiché
all'appaltatore è richiesto non di avere conoscenze amplissime, ma la capacità di organizzarsi al fine di far conseguire al com
mittente un'opera eseguita a regola d'arte. La corte avrebbe
poi trascurato di rilevare che le prime crepe si erano manifesta te dopo l'ultimazione della struttura portante e che l'appaltato re aveva provveduto ad eseguire, senza nemmeno informarne il progettista, alcuni inadeguati lavori di rinforzo, il che impli cava o la sua capacità tecnica di intervenire o, se questa fosse
mancata, l'obbligo di ricorrere agli esperti. In definitiva, la corte avrebbe errato nel ritenere che l'indagi
ne sulla natura e consistenza del suolo edificatorio non rientras
se tra i compiti dell'appaltatore, salvo diversa previsione con
trattuale, e che pertanto i difetti derivanti dalle caratteristiche
idro-geologiche non comportassero la sua esclusiva responsabi lità e non escludessero quella del progettista.
Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa appli cazione degli art. 1669, 1660, 1292 ss., 2697 c.c., nonché l'illo
gicità e la contraddittorietà della motivazione in ordine a punto decisivo della controversia. Avendo la corte statuito che i vizi
della costruzione non erano riconducibili ad errori del progetto, ma alla mancata indagine sulle condizioni del suolo, essa non
avrebbe poi potuto affermare la responsabilità del progettista e comunque non escludere quella dell'appaltatore.
Con un primo mezzo del ricorso incidentale si denuncia la
violazione e falsa applicazione degli art. 1655, 1669, 1660 c.c.;
Il Foro Italiano — 1997.
secondo il ricorrente, la corte di merito, una volta accertato
che tra le parti era stato stipulato un contratto di appalto con
previsione di totale autonomia dell'appaltatore e conseguente assunzione di rischio e responsabilità per l'esecuzione dei lavo
ri, non poteva poi ritenere la medesima esente da responsabilità sul presupposto che la mancata considerazione delle caratteristi
che geologiche del terreno non potesse imputarsi a sua colpa, esulando le cognizioni tecniche richieste in un tale settore dal
bagaglio culturale che poteva pretendersi da persona che non
fosse ingegnere. Né la presenza di un progettista e di un diretto
re di lavori avrebbero potuto escludere o attenuare la responsa bilità dell'appaltatore, nascendo in ogni caso la responsabilità del professionista da altro titolo e cioè dal contratto di opera
professionale. Avrebbe dovuto infatti l'appaltatore eseguire dei
normali sondaggi del terreno e, qualora le opere previste nel
progetto non avessero assicurato l'esecuzione a regola d'arte del
manufatto, avrebbe dovuto fare ricorso alla procedura di cui
all'art. 1660 c.c.
Con un secondo mezzo si denuncia il difetto, l'insufficienza
e la contraddittorietà della motivazione in ordine a punto deci
sivo della controversia. La corte, escludendo la responsabilità della ditta appaltatrice per il fatto che le opere di fondazione
sarebbero state inadeguate, non in sé, ma solo in relazione alle
caratteristiche del terreno, non si sarebbe resa conto che l'ina
deguatezza andava giudicata solo da un punto di vista teleologi co e cioè in relazione allo scopo da raggiungere e comunque avrebbe dovuto ritenere la stessa ditta obbligata all'esecuzione
di uno studio geognostico prima di eseguire i lavori, rientrando
lo studio del terreno tra i compiti dell'appaltatore, qualunque siano le dimensioni della sua impresa.
I motivi di entrambi i ricorsi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione che esiste tra di loro, invol
gendo essi tematiche del tutto comuni.
Va in primo luogo osservato che, essendo l'appalto un con
tratto in cui l'obbligazione dell'appaltatore ha per oggetto il
risultato della sua attività, la stessa parte è tenuta ad assicurare
al committente l'opera od il servizio promessi, dovendo a ciò
provvedere con organizzazione adeguata sia da un punto di vi
sta economico che tecnico. Pertanto, discende dalla natura del
contratto che rientra tra gli obblighi di diligenza dell'appaltato re esercitare il controllo della validità tecnica del progetto forni
to dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del
suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta pro
gettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risul
tato promesso. Tale responsabilità non può quindi venire meno
solo per il fatto che un controllo di tal genere richiederebbe
cognizioni particolari, esigibili, secondo la sentenza impugnata, da persona particolarmente qualificata, e quindi nella specie dal
l'ingegnere. L'infondatezza di una tale tesi appare evidente solo che si
rifletta che l'imprenditore costruttore opera in un settore di at
tività che di per sé richiede quella specifica competenza, tanto
che la progettazione e la direzione dei lavori delle costruzioni in cemento armato di norma è riservata per legge agli ingegneri e agli architetti (r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537). Rientra cioè nel l'alea normale del contratto di appalto assicurare il risultato
quando questo richieda cognizioni tecniche che sono tipiche del-, l'attività necessaria per l'esecuzione dell'opera, onde si configu ra come onere dell'appaltatore predisporre un'organizzazione della sua impresa che assicuri la presenza di tali competenze
per poter adempiere l'obbligazione, assunta con il committente, di eseguire l'opera immune da vizi e difformità (art. 1667, 1668, 1669 c.c.).
Orbene, alla stregua di tali principi, si deve necessariamente
concludere che, poiché la validità di un progetto di una costru zione edilizia è condizionata dalla sua rispondenza alle caratte
ristiche geologiche del suolo su cui essa deve sorgere, il control lo dell'appaltatore deve essere esteso anche a tale aspetto del
progetto, ove questo gli fosse stato fornito dal committente, dovendo egli rispondere dei vizi e delle deficienze dell'opera, anche se questi siano ascrivibili alla imperfetta od erronea pro gettazione. I limiti a tale responsabilità sono quelli generali in tema di responsabilità contrattuale, presupponendo questa l'esi stenza della culpa levis del debitore e cioè il difetto dell'ordina ria diligenza, onde solo se nella specie le condizioni geologiche non fossero state accertabili con l'ausilio di strumenti, cono
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1221 PARTE PRIMA 1222
scenze e procedure per così dire normali, l'appaltatore potrebbe andare esente da responsabilità per vizi e difformità della co
struzione che dipendessero dalla mancata o insufficiente consi
derazione di quelle condizioni.
Pertanto, si deve affermare che l'indagine sulla natura e con
sistenza del suolo edificatorio rientra tra gli obblighi dell'appal
tatore, dipendendo l'esecuzione a regola d'arte di una costru
zione dall'adeguatezza del progetto alle caratteristiche geologi che del terreno su cui devono essere poste le fondazioni. Poiché
non risulta dalla sentenza che nella specie l'indagine presentasse difficoltà particolari superiori alle conoscenze che devono esse
re assicurate dalla organizzazione necessaria allo svolgimento
dell'attività edilizia, l'appaltatore deve rispondere in solido con
il progettista dei vizi dell'opera dipendenti dal cedimento delle
fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo non
tenute presenti dal progetto (v. Cass. 16 novembre 1993, n. 11290,
Foro it., Rep. 1993, voce Appalto, n. 35; 28 marzo 1987, n.
2725, id., Rep. 1987, voce cit., n. 33). Infatti, non può essere condivisa la tesi sostenuta dal ricor
rente principale, con cui si prospetta che la responsabilità an
drebbe posta a esclusivo carico della ditta appaltatrice sul pre
supposto che sull'appaltatore gravi l'obbligo di controllare la
validità del progetto in relazione alle caratteristiche geologiche
del terreno su cui l'edificio deve sorgere. Di tali condizioni in
fatti anche il progettista deve tenere conto nella redazione del
compito professionale commessogli, posto che questo non con
siste in un'esercitazione astratta di carattere architettonico od
estetico, ma nella redazione di un modello in funzione della
sua realizzazione in uno specifico manufatto. Il fatto che la
traduzione del modello in un'opera concreta spetti all'appalta
tore non fa venir meno la responsabilità del professionista nei
confronti del committente, qualora i vizi e le manchevolezze
della costruzione dipendano da una progettazione rivelatasi ina
deguata alle condizioni geologiche del terreno sul quale il pro
gettista non aveva svolto la necessaria indagine geognostica. Si
tratta invero di imperfetto adempimento dell'obbligazione as
sunta con il contratto d'opera professionale (art. 2235 c.c.) —
in ordine al quale non è stato comunque eccepito trattarsi di
prestazione implicante soluzione di problemi tecnici di speciale
difficoltà — che è fonte di responsabilità, allorché l'inadeguata
progettazione in relazione alle caratteristiche geologiche del ter
reno abbia costituito, come nella specie, uno degli antecedenti
eziologicamente rilevanti dei difetti della costruzione.
Orbene, la sentenza impugnata merita censura non nella sta
tuizione in cui ha riconosciuto la responsabilità del progettista,
essendosi informata ai sopra esposti principi normativi, ma in
quella in cui l'ha ritenuta esclusiva e non concorrente e solidale
con quella dell'appaltatrice, che, come si è sopra rilevato, deve
rispondere dei vizi della costruzione sulla base del contratto di
appalto. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rin
vio ad altra sezione della stessa corte d'appello, la quale, uni
formandosi ai sopra esposti principi di diritto, dovrà valutare
se l'appaltatrice debba rispondere dei vizi della costruzione ai
sensi dell'art. 1669 c.c. in solido con il progettista.
li Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 luglio
1996, n. 6786; Pres. Nuovo, Est. Roselli, P.M. Iannelli
(conci, conf.); Perotto (Avv. Del Col, Fiorenza) c. Min.
interno. Cassa Trib. Trieste 4 gennaio 1993.
Invalidi civili e di guerra — Pensione di invalidità civile — Re
voca — Omessa tempestiva impugnazione in sede ammini
strativa — Successiva domanda di pensione — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 443; 1. 30 aprile 1969 n. 153, revisione
degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurez
za sociale, art. 26; d.l. 30 gennaio 1971 n. 5, provvidenze a favore dei mutilati ed invalidi civili, art. 12, 15, 21; 1. 11 agosto 1973 n. 533, disciplina delle controversie individuali
di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e assi
stenza obbligatoria, art. 8; d.l. 8 febbraio 1988 n. 25, norme
in materia di assistenza ai sordomuti, ai mutilati ed invalidi
civili ultrasessantacinquenni, art. 1).
Poiché l'omessa tempestiva impugnazione in sede amministrati
va di un atto di revoca della pensione di invalidità civile ed
una successiva domanda amministrativa di pensione non im
portano di per sé acquiescenza all'atto di revoca, l'accertata
persistenza dei requisiti indicherà la sopravvivenza dell'origi nario diritto. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 7 dicembre 1990
(1) In tema di pensione di invalidità, ritiene che la proposizione di una nuova istanza da parte dell'assicurato che abbia visto respingere con provvedimento definitivo un'istanza precedente non comporti ac
quiescenza al primo provvedimento, Cass. 20 giugno 1978, n. 3050, Foro it., Rep. 1978, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 383, richiamata in motivazione.
Tale pronuncia, tuttavia, non àncora il principio enunciato alle nor me degli art. 8 1. n. 533 del 1973 e 443 c.p.c. Nella sentenza in epigrafe, invece, si afferma espressamente che la possibilità per il giudice di ac certare la illegittimità dell'atto amministrativo di revoca della prestazio ne previdenziale, ancorché non tempestivamente impugnato in sede am
ministrativa, deriva dalla previsione dell'art. 8 cit., per cui «nelle proce dure amministrative riguardanti le controversie di cui all'art. 442 c.p.c. non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi».
Sulla positiva utilizzazione di tale norma, v. Cass. 24 novembre 1994, n. 9965, id., Rep. 1994, voce Previdenza sociale, n. 840 (nella motiva
zione, id., 1995, I, 1513); 25 luglio 1991, n. 8333, id., Rep. 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 249; 13 aprile 1987, n. 3685,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 561; 14 marzo 1985, n. 2009, id., Rep. 1985, voce cit., n. 479; 23 febbraio 1984, n. 1284, id., Rep. 1984, voce
Previdenza sociale, n. 976; 14 maggio 1983, n. 3345, id., Rep. 1983, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 620.
Circa la portata da attribuirsi a tale norma, la giurisprudenza netta
mente maggioritaria ritiene che essa sia di stretta interpretazione e va
da, quindi, limitata alla fase del procedimento amministrativo destinata
alla composizione della vertenza. Non sarebbe, invece, applicabile alle
decadenze conseguenti alla tardività della domanda iniziale (v. Cass. 4 novembre 1995, n. 11514, id., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 991; 16 ottobre 1985, n. 5091, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1222; 23 ottobre 1985, n. 5213, id., Rep. 1985, voce cit., n. 1046) e, più in generale, a quei termini aventi natura non meramente processuale, ma sostanziale (Cass. 21 marzo 1991, n. 3044, id., Rep. 1991, voce
Infortuni sul lavoro, n. 225; 28 giugno 1989, n. 3134, id., Rep. 1989, voce Previdenza sociale, n. 979; 19 febbraio 1987, n. 1814, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1127; 10 agosto 1987, n. 6860, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 1117; 28 luglio 1986, n. 4813, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1134; 26 gennaio 1985, n. 422, id., 1985, I, 695, con nota di richiami; 11
aprile 1985, n. 2399, ibid., 1999, con nota di richiami). In dottrina, M. Cinelli, I termini di decadenza in materia di prestazioni previden ziali, in Giust. civ., 1995, I, 1968; contra, S. Cabibbo, Sull'art. 8 l.
533/73, in Riv. giur. lav., 1980, III, 102, dove sono riassunte altre posi zioni dottrinali. Afferma la possibilità di applicare l'art. 8 a quei termi
ni che, pur se estranei allo stretto ambito della procedura amministrati
va, sono ad essa strettamente collegati, come i termini posti per l'inizio
dell'azione giudiziaria, Corte cost. 26 gennaio 1988, n. 88, Foro it.,
Rep. 1989, voce cit., n. 976. La pronuncia che si riporta fa, altresì, rinvio alla norma dell'art.
443 c.p.c., la quale, nel prevedere che l'esaurimento del procedimento
per la composizione in sede amministrativa costituisce mera condizione
di procedibilità, e non di proponibilità della domanda, impone al giudi ce di pronunciarsi in ogni caso sul contenuto del rapporto e di non
pervenire al rigetto della pretesa sulla sola base di una decadenza proce dimentale. Circa il suo ambito di applicazione, v. Cass., sez. un., 5
agosto 1994, n. 7269, id., 1994, I, 2661 (in motivazione); 11 dicembre
1995, n. 12661, id., Rep. 1995, voce Lavoro e previdenza (controver
sie), n. 284.
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