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Sezione II civile sentenza 24 agosto 1963, n. 2356; Pres. Marletta P., Est. Iannitti Piromallo, P.M. Colli (concl. conf.); Istituto mobiliare italiano (Avv. Pascale) c. Soc. idroelettrica MedioAdigeSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 11 (1963), pp. 2279/2280-2281/2282Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153416 .
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2279 PARTE PRIMA 2280
ehe ne li anno formato oggetto. Per questa ovvia conside
razione dallo stesso curatore del fallimento e stata speri mentata azione d'inefficacia del vincolo, rispetto ai bene
conferito dal fallito Lasala, non solo nei suoi confronti ma
anche nei confronti della moglie ehe di quel bene non era
proprietaria. Non vale invooare le regole ehe attengono all'amministrazione dei beni _eostituenti il patrimonio fa
miliare e alla legittimazione neile cause ad essa relative,
poichü l'attuale controversia non ha per oggetto questioni
riguardanti l'amministrazione, ma la consistenza stessa
del patrimonio familiare.
Col primo mezzo la ricorrente, denunciando la viola
zione dell'art. 64 della legge sul fallimento, e degli art. 167,
169, 1° comma, 175 cod. civ., censura la sentenza impugna ta, per avere questa negato alla costituzione del patrimonio familiare la natura d'atto ehe põssa essere compiuto nello
adempimento d'un dovere morale, pur ammettendo ehe
taie natura si riscontra nell'atto di costituzione di dote, sotto 1'erroneo riflesso ehe, a differenza della dote, il co
stume e la coscienza sociale non avvertono nella costitu
zione del patrimonio familiare quel dovere morale qualifi
cato, concreto e determinato, ehe soltanto puõ attribuire
l'effetto dell'esclusione dairinefficacia sancita dall'art. 64
della legge sul fallimento.
La censura õ fondata. La Relazione del Ministro guarda
sigilli ai vigente codice civile (n. 110), nell'indicare il motivo
per cui Tistituto del patrimonio familiare era stato intro
dotto nei regime patrimoniale della famiglia, ha spiegato ch'esso assicura il rafforzamento del nucleo familiare e il
benessere della famiglia ancor piu della dote, la quale cessa
con lo scioglimento del matrimonio, mentre il patrimonio familiare dura finche i figli sono divenuti maggiorenni. Ora, se e universalmente riconoseiuto ehe 1'art. 64 della
legge sul fallimento esenta dairinefficacia di diritto gli atti
di costituzione di dote, come compiuti in adempimento di
un dovere morale, non si comprende perchõ dovrebbe es
sere esclusa dall'esenzione la costituzione del patrimonio familiare, piu della dote atta al raggiungimento del fine
per cui l'istituto fu introdotto nei codice.
La Corte d'appello non ha avvertito ehe per dovere
morale, sentito dalla eoscienza sociale, si deve intendere
quello comunque adempiuto al fine d'assicurare la saldezza
del nucleo familiare e il benessere della famiglia, quale che
sia il mezzo apprestato dallo ordinamento giuridico, di cui
si faccia uso per raggiungere lo scopo. Pertanto non puõ avere alcun rilievo che si ricorra alia costituzione del patri monio familiare anziche a quella della dote, anche se la
prima nella pratica ha trovato minimo favore, poiche la
una e l'altra sono modi diversi previsti dal codice che
adempiono perõ ad uno stesso fine e la coscienza sociale non
puõ non considerare come dovere morale anche la scelta
di quel modo che, come l'altro e piu dell'altro, 6 efficiente a raggiungere l'identico seopo.
La sentenza impugnata, avendo negato che la costitu zione del patrimonio familiare sia atto compiuto in adempi mento d'un dovere morale, non ha portato la sua indagine sull'altro requisite, di natura oggettiva, richiesto dall'art. 64 della legge sul fallimento per l'esenzione deirineffic .cia,
quello cioe della proporzione dei beni oggetto del patrimonio familiare al patrimonio del costituente, requisito che il curatore aveva contestato, affermando ripetutamente, nell'atto di citazione e nelle comparse conclusionali di primo grado e d'appello, che l'unica attivitä del fallito degna di
rilievo era rappresentata dal fondo rustico costituito in
patrimonio familiare. Tale indagine dev'essere pertanto compiuta dalla Corte di rinvio.
II secondo mezzo, che concerne le statuizioni emesse in
conseguenza della dichiarazione d'inefficacia, b ovviamente assorbito.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 24 agosto 1963, n. 2356 ; Pres.
Makletta P., Est. Iannitti Piromallo, P. M. Colli
(concl. eonf.) ; Istituto mobiliare italiano (Avv. Pascale) o. Soc. idroelettrica Medio Adige.
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Rovereto 25
marzo 1961)
Trascrizione — Nuove province — Deereti in materia
lavolare — Ricorso per cassazione — Inammissi
bilitä (Costituzione della Repubblica, art. 111,2° comma; nuovo testo della legge generale sui libri fondiari, all.
al r. d. 28 marzo 1929 n. 499, disposizioni relative ai
libri fondiari dei territori delle nuove province, art. 130
bis, 134).
E inammissibile il ricorso per cassazione dei deereti deliberati
in camera di consiglio in materia tavolare. (1)
La Corte, ecc. — II ricorso investe un provvedimento che l'art. 130 bis della legge tavolare del 25 luglio 1871
nel testo allegato al r. decreto 28 marzo 1929 n. 499, di
chiara non soggetto a reclamo.
La prima indagine che, quindi, si impone, b quella di
retta a stabilire se, malgrado la detta disposizione, il provve dimento stesso sia suscettibile del eindacato di legittimitä
previsto dall'art. Ill della Costituzione. Tale norma, che, come questo Supremo collegio ha costantemente affer
mato, h di immediata applicazione, si da reagire diretta mente sulle disposizioni anteriori che negavano l'impugna bilitä, stabilisce che « contro le sentenze .... 6 sempre am
messo ricorso in Cassazione per violazione di legge», nel
cui lato concetto rientrano tutti i vizi indicati dall'art. 360
cod. proc. civ. e non solo quello dell'inosservanza o falsa
applicazione di norme di diritto (sent. n. 1837 del 7 giugno 1954, Foro it., 1955, I, 352, e n. 696 del 4 aprile 1962, id.,
1962, I, 935, nella motivazione). Dal testo della norma innanzi riportata si rileva che i
provvedimenti assoggettabili al predetto sindacato di le
gittimitä debbono rivestire il carattere di sentenza. Quello in questione e legislativamente qualificato decreto ; ma, come b noto, per determinare la vera natura di un provve dimento ai fini dell'applicability della ripetuta disposi zione, deve prescindersi dalla forma di esso o dal nomen
iuris usato dal legislatore, ed avere, invece, riguardo al
suo contenuto sostanziale in relazione alia specifica disci
plina della materia costituente oggetto dell'adottata sta tuizione.
II campo proprio del decreto b essenzialmente quello della giurisdizione volontaria, avente natura amministra tiva. A dimostrare, peraltro, 1'equivocitä della terminologia come criterio di individuazione dell'effettiva natura del
provvedimento basta ricordare che il legislatore denomina deereti anche alcuni provvedimenti di giurisdizione con
tenziosa, siano essi di carattere ordinatorio (quali l'abbre viazione di termini: art. 166 cod. proc. civ. ; la designa zione del giudice istruttore : art. 173 ; la riunione di proce dimenti : art. 274 seg.) ; cautelativo (quali l'autorizzazione del sequestro : art. 672 e 673 cod. proc. civ.; e di altre mi sure assicurative : art. 679, 697 e 702 cod. proc. civ.) e de
eisorio (quali l'ingiunzione di pagamento e di consegna :
art! 641 cod. proc. civile). II provvedimento, di cui devesi attualmente definire la
natura, e l'atto conclusivo dello speciale procedimento di
sciplinato dagli art. 126 e seg. della eitata legge generale sui libri fondiari. L'art. 126 dispone che contro i deereti
del giudice tavolare b ammesso reclamo al tribunale, che
delibera con decreto in camera di consiglio. II successivo
(1) Non risulbano precedents specifici editi. Sull'applica bilitä immediata dell'art. Ill, 2° comma, della Costituzione, v. Cass. 5 ottobre 1963, n. 2050, retro, 1876, con nota di richiami dottrinali e giurisprudenziali.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
art. 130 bis dispone, a sua volta, che tale decreto, se non sia conforme a quello precedente del giudice tavolare, fe impu gnabile dinanzi alla corte di appello, ehe provvederä con
decreto, contro il quale non e ammessa alcuna impugna zione. Infine l'art. 134 stabilises che, per quanto non espli citamente previsto dalla legge stessa, si applicano al proce dimento di reclamo le disposizioni degli art. 778 a 782 cod.
proc. civ. (1865) sugli affari di camera di consiglio. 11 richiamo di tali norme, pur non fornendo decisivo
argomento per inquadrare il ripetuto provvedimento tra
quelli di volontaria giurisdizione, poiche, come 6 precisato dallo stesso art. 778 cod. proc. civ. 1865, il procedimento di camera di consiglio e utilizzabile anche fuori del campo innanzi indicato, ha un indubbio valore orientativo.
L'assenza di contraddittorio, ehe caratterizza il proce dimento stesso, si appalesa pienamente rispondente alia fun
zione pratica del discusso provvedimento. che non e quella di dirimere antagonismi, ma di s oddisfare l'esigenza, di
carattere prettamente amministrativo, che le iscrizioni nei
libri fondiari abbiano luogo con adeguate cautele. L'accen
nata mancanza di una contrapposizione di interessi da com
porre fornisce il criterio per differenziare l'indicato provve dimento dalla sentenza, che e l'atto con il quale il giudice afferina o nega l'esistenza di una concreta volonta di legge che assicuri un determinato bene all'una od aH'altra delle
parti che selo siano conteso.
Nfe, ai fini della determinazione dell'esatta natura del
provvedimento stesso, puõ attribuirsi rilevanza all'effi
caoia costitutiva dell'iscrizione tavolare, su cui il ricor
rente particolarmente insiste, poichfe tale effetto puõ de
rivare anche da atti o provvedimenti che, pur essendo
emanati dall'autorita giudiziaria, sono sicuramente privi di carattere decisorio. Basta ricordare al riguardo il caso
dell'adozione, che viene pronunciata con decreto, stante
l'assenza di un conflitto da comporre, mentre e revocata
con sentenza, ricorrendo in tale ipotesi il predetto con
trasto (art. 313 e 314 cod. civ.). Per la stessa ragione, men
tre sulla domanda di intavolazione si provvede, anche in
sede di reclamo, con decreto, sulla relativa impugnazione da parte del terzo per pretesa lesione di diritti si provvede con sentenza (art. 61 e seg. della legge generale sui libri
fondiari). In esito alle esposte considerazioni, con le quali si b
dimostrato che il provvedimento impugnato in questa sede
daU'I.m.i. non ha natura di sentenza, deve dichiararsi
inammissibile il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese, stante la man
eata costituzione della Societä elettrica.
Per questi motivi. dicliiara inammissibile, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioae III civile; sentenza 30 luglio 1963, n. 2163; Pres.
Pellettieri P., Est. Caizzi, P. M. Toro (concl. conf.); Banca mobiliare piemontese (Aw. Regard, Sacerdote,
Corsi) c. Soc. V.a.l.m. (Aw. Tornabuoni, Rapallini).
(Conferma App. Milano 30 giugno 1961)
Titoli di ci'cdito — Vendita di bcvande in bottifjlia — Cauzione a garanzia delta restitnzione dei vuoti
Crtssione cllettuata dal tracnte a favore del
prenditore della tratta — Inammissibilitä (Cod. civ., art. 1470, 1803, 1809; r. d. 21 settembre 1933
n. 1345, sulla cambiale tratta garantita con cessioni
dei crediti da forniture, art. 1).
11 credito per la cauzione a garanzia della restituzione dei vuoti
dati in comodato al compratore, non puö formare oggetto di tratta, emessa dal venditore di bevande in bottiglia a
carico del compratore, con cessione, a favore del pren ditore della tratta, della provvista prevista nel r. decreto
21 settembre 1933 n. 1345. (1)
(1) La sentenza 30 giugno 1961 della Oorte d'appello di
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. —- Con atto
di citazione in data 9 aprile 1957 la Banoa mobiliare pie montese, premesso ehe il 21 agosto 1956 aveva scontato alla Societä Esercizio industria vinicola italiana (S.e.i.v.i.) una tratta da quest'ultima emessa il 19 luglio 1956 a ca rico della Societä V.a.l.m. per l'importo di lire 1.082.000 a fronte della fattura n. 637 del 19 luglio 1956 ; clie in tale
operazione di seonto la S.e.i.v.i. aveva eeduto ad essa
istante, ai sensi dell'art. 1 r. decreto 21 settembre 1933 n. 1345, il credito di cui alia detta fattura ; che tale cessione era stata regolarmente notificata alia V.a.l.m. in data 21
agosto 1956 ; che la trattp. era stata respinta dalla Societä debitrice col pretesto che nulla era dovuto alia ditta emit
tente, per tali motivi conveniva la detta Societä V.a.l.m. a comparire innanzi ai Tribunale di Lodi per sentirla con dannare al pagamento della somma suddetta.
La convenuta eccepi l'inefficacia della cessione di cre dito fatta dalla Soc. S.e.i.v.i. in quanto la tratta era stata emessa non in pagamento di merce venduta ma a garanzia della restituzione dei recipienti della merce, concessi in
comodato. (Omissis) Motivi della decisione. — Osserva la Corte che i due
mezzi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente in quanto essi investono la sentenza impugnata sui punti decisivi della interpretazione della volontä delle parti e della qualificazione giuridica del contratto tra esse inter
ceduto al fine di prospettare la validitä della cessione della
provvista. Si assume infatti con il primo mezzo che la Corte di
merito avrebbe violato l'art. 1470 cod. civ. e falsamente
applicato gli art. 1803 e 1809 stesso codice in relazione all'art. 1 del r. decreto 21 settembre 1933 n. 1345, conver tito nella legge 15 gennaio 1936 n. 48, e sarebbe inoltre incorsa nei vizi di omessa e contraddittoria motivazione per avere ritenuto che fra le parti fosse intervenuto un con
tratto di comodato, mentre, non avendo esse pattuito l'ob
bligo della restituzione dei vuoti, ma solo la possibilitä del rimborso di quanto il concessionario intendeva restituire, mancando tale obbligo, elemento essenziale del contratto di comodato, non era configurabile tale contratto e la Corte avrebbe dovuto inquadrare 1'intento negoziale nello schema di una effettiva alienazione dei vuoti, quale materiale ac cessorio della vendita, con patto di retrovendita. Da ciõ la possibilitä della cessione della provvista dovendo rien
trare nella nozione di fornitura di merce di cui all'art. 1
del citato r. decreto del 1933 anche il credito causale per gli accessori.
Si aggiunge con il secondo mezzo, in linea graduata, che il contratto potrebbe essere qualificato come vendita sot
toposta a condizione risolutiva, concretatasi questa nella
restituzione dei vuoti, donde la conseguenza che, non essen dosi avverata tale condizione, il rapporto giuridico di avve nuta vendita comporterebbe l'obbligo del concessionario di pagare la tratta. Da ciõ la violazione anche dell'art. 1353 cod. civ. in relazione alle altre norme eitate nel primo mezzo.
Tali doglianze non hanno fondamento. La Corte di merito, premesso che la eitata legge del
1933, dando facoltä al traente di cedere il credito che egli ha verso il trattario, consente al portatore di realizzare il suo credito, attribuendogli, congiuntamente al credito cambiario verso il traente, quello di provvista verso il trat
tario, si che la cessione della provvista ha una funzione di
garanzia rispetto alia tratta; che non puõ essere fatta
cessione se non di un credito che il traente abbia verso il
Milano, ora confermata, 6 riassunta in Foro it., Rep. I1, voce Titoli di credito, nn. 75, 70.
La Cassazione, con sentenza 6 marzo 1962, n. 423 (III Se
zione) e 7 dicembre 1962, n. 3304 (I Sezione), riportate in questa raccolta (retro, 1460, con osservazioni critiche di A. Lener), ma non meazionate nella motivazione della presente, e andata in avviso contrario alla mässima ora enunciata, sia per quel che
riguarda la qualificazione del rapporto relativo ai vuoti a rendere, sia per quel che attiene alia cedibilita, come credito da fornitura, della cauzione a garanzia della restituzione.
Il Foro Itauano — Volume LXXXVJ — Parte /-146.
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