Sezione II civile; sentenza 24 luglio 1964, n. 2012; Pres. Gionfrida P., Est. Iannelli, P. M. Gentile(concl. conf.); Magnarapa (Avv. Bellisari, Ughi) c. Marchioli (Avv. Costa, Visconti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 11 (1964), pp. 2139/2140-2143/2144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155144 .
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2139 PARTE PRIMA 2140
risprudenza più recente di questa Corte suprema (sen tenze 30 maggio 1962, n. 1324, Foro it., 1962, I, 1695 ; 23
aprile 1953, n. 1116, id., 1953, I, 361) hanno interpretato l'espressione della norma « mantiene i suoi diritti » siccome
concernente soltanto i diritti derivanti dall'azione di re
gresso ed hanno giustificato l'eccezione, in rapporto alle finalità della legge di salvaguardare al debitore escusso la
possibilità dell'azione cartolare verso i precedenti obbli
gati, col rilievo che le formalità della presentazione e del
protesto non sono necessarie, in relazione a detta finalità,
perchè il traente non ha azione di regresso alcuno ; contro il primo girante perchè l'azione di regresso verso il traente, unica persona che sia tenuta a rispondere cartolarmente nei suoi confronti, gli è fatta salva dalla legge indipendente mente dall'attuazione delle formalità in questione.
Nè diversa può essere la disciplina dell'azione causale, dal momento che a suo riguardo l'art. 58 della legge citata statuisce che il possessore può esercitarla contro il debitore « purché abbia adempiuto le formalità necessarie per con servare al debitore stesso le azioni di regresso che possono
competergli » ; che la norma anzidetta va pertanto posta in relazione con l'art. 45 ; che il divieto di esercitare l'azione causale in conseguenza della mancata levata del protesto si richiama al dovere del possessore di offrire al debitore la restituzione dell'assegno ed alla conseguente necessità che la restituzione concerna un assegno impregiudicato.
Alla Banca toscana non può, infine, giovare neppure l'azione speciale di arricchimento ex art. 59 legge citata ; alla quale, in ultima analisi, sovrattutto nella discussione
orale, hanno le ricorrenti fatto richiamo.
Premesso che, per quanto si è detto, in dipendenza del l'omessa levata, la Banca toscana ha perduto la possibilità di esercitare, oltre che l'azione cartolare contro tutti gli obbligati, anche quella causale nei confronti del proprio girante, il problema interpretativo che si pone consiste nell'accertare se la proponibilità dell'azione di arricchi mento prevista dall'art. 59 a favore del protatore che abbia
perduto l'azione cambiaria sia condizionata alla mancanza
originaria dell'azione causale nei confronti di tutti gli ob
bligati cambiari ovvero se essa possa essere esercitata anche nel caso in cui l'azione causale originariamente esercitabile sia venuta meno per qualsiasi causa o non possa essere utilmente proposta. Si tratta, peraltro, di un problema già risolto da questo Supremo collegio (sentenze 26 ottobre
1957, n. 4139, Foro it., Bep. 1957, voce Titoli di credito, n. 147 ; 8 luglio 1954, n. 2409, id., Bep. 1954, voce cit., nn. 185, 186) nel primo e più restrittivo senso alla stregua della dottrina prevalente e dei principi generali sull'azione
generale di arricchimento (art. 2041 cod. civ.) della quale in definitiva quella in esame costituisce una particolare applicazione con riferimento anche al corrispondente art. 67 della legge sulla cambiale.
In ordine all'azione generale questa Corte ha affermato il concetto (sentenze 21 aprile 1955, n. 1125, Foro it., Bep. 1955, voce Locupletazione, n. 3 ; 4 agosto 1954, n. 2853, id., Bep. 1954, voce cit., n. 5) ohe l'azione stessa non può essere
promossa quando in favore di colui che afferma di aver su bito l'impoverimento sia prevista una specifica azione di so stituzione o indennizzo, discendente direttamente dalla legge ovvero fondata sul rapporto contrattuale, successivamente
perduta per decadenza o prescrizione. Ciò perchè la ratio
legis della norma favorevole, avendo il suo fondamento nella opportunità di supplire, con un rimedio eccezionale, a deficienze di disciplina normativa che non consentano di soddisfare altrimenti quella superiore esigenza di giu stizia che mal tollera la sopravvivenza di una situazione di fatto nella quale, pur mancando titoli specifici di respon sabilità contrattuale o di colpa legale, un soggetto giuridico debba ingiustamente subire una perdita patrimoniale a favore di altro soggetto, non ha motivo di corretta applica zione quando l'ordinamento giuridico abbia previsto, a favore del soggetto danneggiato, una qualsiasi azione per la reintegrazione del suo patrimonio o per il recupero della
perduta utilità economica. D'altra parte, ciò posto, non vi è motivo per considerare diversamente disciplinabile la specifica materia.
L'argomento testuale (contrapposizione evidente nelle
espressioni « perduto » e ohe « non abbia », usate dal legisla tore rispettivamente con riferimento all'azione cambiaria
ed a quella causale) idoneo ad identificare l'azione di ar
ricchimento siccome concessa esclusivamente come ri
medio alla perdita dell'azione cambiaria, che deve essere
esercitata in termini singolarmente brevi e particolarmente
rigorosi, al portatore che, per l'inesistenza di un rapporto causale sottostante, non abbia la possibilità di proporre un'azione diversa, è, invero, rafforzata, sotto un profilo
giustificativo, dal rilievo che la esistenza, anche soltanto
originaria, di un rapporto sottostante che abbia fatto sor
gere a favore del portatore un diritto di credito autonomo tale da autorizzare l'esercizio di una distinta azione per ottenere il pagamento, rappresenta nella materia in esame
precisamente il parallelo specifico di quella situazione di
fatto generatrice di una autonoma tutela prevista per l'azione generale quale ragione di esclusione, indipendente mente dalla valutazione jlella perduta possibilità di un con creto esercizio.
Le osservazioni precedenti, in quanto si risolvono nel riconoscimento che la Banca toscana non aveva comunque, in conseguenza della omessa levata del protesto, alcuna ef fettiva possibilità di agire giudizialmente contro il Cerrini
per essere dallo stesso rimborsata e nella constatazione che il rimborso in parola costituiva l'unico sostanziale petitum del rapporto Banca toscana-Cerrini, rendono, a loro volta,
superfluo l'esame delle censure d'ordine processuale. Abbia o non abbia, infatti, la Corte di Firenze errato nella iden tificazione della natura dell'azione, sia o meno la censura in argomento denunciabile in questa sede in rapporto alla
giurisprudenza di questa Corte in tema di qualificazione dell'azione da parte del giudice di merito, sia o meno, in
fine, possibile, nel corso del giudizio di primo grado o anche in grado di appello, sostituire all'azione cambiaria origi nariamente proposta l'azione causale ovvero quella di in debito arricchimento, è evidente, invero, che ogni eventuale risultato dell'indagine favorevole ad uno qualsiasi dei pro fili giuridici sollevati dalla Banca del lavoro non potrebbe comunque determinare l'annullamento di una sentenza che,
per quanto riguarda gli effetti della omessa levata del pro testo, appare motivata sotto due diversi ed indipendenti ordini di considerazioni, dei quali uno, quello di carattere
sostanziale, è senza dubbio fondato. Questa Corte non ha, invero, al riguardo che da richiamare la propria costante
giurisprudenza, che ha, per l'appunto, precisato (sentenze 19 ottobre 1963, n. 2796, Foro it., Rep. 1963, voce Cassa zione civ., n. 19 ; 26 giugno 1963, n. 1735, ibid., n. 21) che,
allorquando la sentenza di merito poggia la propria deci sione su più ragioni, tra loro distinte ed indipendenti, lo eventuale errore del giudice di merito in ordine ad uno degli argomenti enunciati in sentenza a sostegno della pronuncia non può giustificare l'annullamento se anche uno solo degli altri argomenti concorrenti sia esatto e sufficiente a sor
reggere la decisione. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 24 luglio 1964, n. 2012 ; Pres. Gionfrida P., Est. Iannelli, P. M. Gentile (conci, conf.) ; Magnarapa (Avv. Bellisari, Ughi) c. Mar chioli (Avv. Costa, Visconti).
(Conferma App. L'Aquila 14 dicembre 1961)
Professioni intellettuali — Geometra dipendente da ente pubblico ed iscritto all'albo professionale —
Diritto al compenso (Cod. civ., art. 2231 ; r. d. 11 febbraio 1929 n. 274, regolamento per la professione di
geometra, art. 16 ; r. d. 3 marzo 1934 n. 383, t. u. legge com. e prov., art. 241).
Professioni intellettuali — Geometri — Progetti di
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2141 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2142
opere idrauliche e di bonifica — Competenza —
Limiti — Fattispecie (E. d. 11 febbraio 1929 n. 274 ;
legge 3 marzo 1949 n. 144, tariffa degli onorari per le
prestazioni professionali dei geometri, art. 57).
Il geometra iscritto nell'albo professionale ha diritto al com
penso per l'opera prestata anche se, per il rapporto di
dipendenza da un ente pubblico, versa in una situazione
d'incompatibilità che legittima la cancellazione dall'albo. (1) Non tutti i progetti di opere idrauliche e di bonifica agraria
esulano dalla competenza professionale dei geometri, ma
solo quelli relativi ai piani generali di bonifica di un
comprensorio (nella specie il professionista aveva redatto
il progetto di bonifica di una singola unità poderale). (2)
La Corte, eco. — Col primo mezzo i ricorrenti, denun
ciando la violazione e falsa applicazione degli art. 7 r.
decreto 11 febbraio 1929 il. 274 e 241, 3° comma, della
legge comunale e provinciale in relazione all'art. 360, n. 3
cod. proc. civ., lamentano che la corte di appello abbia
risolto negativamente la questione da essi sollevata circa
l'incapacità del Marcinoli ad effettuare prestazioni profes sionali, stante la sua condizione di impiegato dell'ammini
strazione provinciale di Chieti e la inesistenza, quindi, del
preteso diritto fatto valere dal medesimo nei loro confronti
per avere corrisposto il compenso per il progetto di cbe
trattasi. Sostengono cbe la incompatibilità tra la qualifica di impiegato dell'ente suddetto e l'esercizio di qualunque
professione, quale nel caso concreto quella di geometra, essendo sostanziale e non meramente formale in quanto dichiarata espressamente dalla legge (art. 241 legge comu
nale e provinciale) è di per sè idonea ad invalidare il rap
porto di prestazione di opera professionale e ad escludere il
diritto ad ogni remunerazione di guisa che avrebbe errato
la corte di appello nel ritenere invece che il professionista fino a quando non sia cancellato dall'albo della propria
categoria mantenga integra, nonostante una situazione di
incompatibilità in atto, la capacità all'esercizio professio nale con diritto a compenso per l'opera richiestagli e dallo
stesso prestata. La doglianza è infondata.
Come è noto, l'esercizio di determinate libere profes
sioni, compresa quella di geometra, richiede in base a quanto
disposto dalle stesse leggi che contengono la disciplina la
i-crizione nei rispettivi albi professionali. L'art. 2231, 1°
comma, cod. civ. stabilisce a sua volta che, in mancanza del
l'iscrizione all'albo, quando ad essa sia condizionato l'eser
cizio di un'attività professionale, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione. Con questo è implicitamente disposto che l'iscrizione all'albo del libero professionista, ove sia
richiesta, rappresenta un elemento essenziale dei contratti
di lavoro autonomo senza la quale la prestazione del pro
fessionista, per non essere collegata con la contropresta zione di un compenso da un valido vincolo contrattuale,
non fa sorgere in lui alcun diritto.
La norma, quindi, col prendere in considerazione sol
tanto la mancanza della iscrizione e col determinarne gli
effetti, esclude, senz'altro, che, ove non sia stata accertata
(1) Sulla incompatibilità tra l'iscrizione all'albo dei geo metri ed il pubblico impiego, in genere, v. Cass. 17 aprile 1963, n. 946, Foro it., 1963, I, 1730, nonché 2 gennaio 1961, n. 2, id., 1962, I, 347 con note di richiami.
(2) Non constano precedenti specifici. Sui limiti della com
petenza dei geometri in materia di costruzioni edilizie, v. Cass. 7 maggio 1963, n. 1116, Foro it., 1963, I, 1817 ; App. Napoli 31 gennaio 1963, ibid., 1308 ; la seconda sentenza è stata anno
tata da Lega, in Giur. it., 1963, I, 2, 635.
Circa i progetti di lottizzazione urbanistica, v. Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 1962, n. 184, Foro it., Rep. 1962, voce Pro
fessioni intellettuali, n. 107. Per un caso di specie affine a quello esaminato dalla Cassa
zione nella sentenza che qui si pubblica, v. App. Bari 24 giugno
1952, id., Rep. 1953, voce cit., n. 31.
In dottrina sul problema in generale, v. Guarino, in Riv.
amm., 1962, 153 ; Romano, in Corriere amm., 1959, 245.
e dichiarata con le sue conseguenze indefettibili della si tuazione di incompatibilità del professionista iscritto, de rivante da qualsiasi causa, si debba tener conto. Che essa,
perciò sussista di fatto non ha rilevanza alcuna sulla vali
dità ed efficacia del contratto di opera professionale. Invero solo la cancellazione dall'albo a seguito dell'ac
certamento della causa di incompatibilità, l'una e l'altro
riservati ai competenti organi professionali, impedisce per la sopravvenuta incapacità del professionista l'esercizio del
l'ulteriore attività professionale e ne determina la illegit timità nel caso che l'attività medesima non sia nondimeno
cessata. Per l'art. 2231, 2° comma, cod. civ. la cancellazione
dall'albo risolve i contratti in corso salvo il diritto del pro fessionista al rimborso delle spese incontrate e ad un com
penso adeguato all'utilità del lavoro compiuto a differenza
dei contratti stipulati successivamente alla stessa, che sono, invece nulli.
Questo Supremo collegio ha, infatti, avvertito in ripe tute decisioni che, dovendo la capacità del professionista all'esercizio della propria attività ricondursi al fatto della
iscrizione all'albo di categoria, questa fino a quando non
venga a cessare con la cancellazione del professionista stesso
dall'albo esplica tutti i suoi effetti e sono, pertanto, validi
gli atti di esercizio della professione. Col secondo mezzo i ricorrenti, denunciando la viola
zione e la falsa applicazione dell'art. 16, lett. I, del r. de
creto 11 febbraio 1929 n. 274 in relazione sia all'art. 17 della legge 25 luglio 1952 n. 991 sia all'art. 360, n. 3, cod.
proc. civ., lamentano che la corte di appello abbia ritenuto
che rientri nella competenza professionale dei geometri la redazione del progetto di bonifica di un podere anche
se questo, come quello di essi ricorrenti, costituisca una
proprietà di estensione notevole. Deducono che i geometri a norma dell'art. 16 della legge professionale sono abilitati
alla progettazione soltanto di opere aventi una modesta
e limitata entità, mentre il progetto affidato al Marcinoli,
per essere relativo ad un complesso di opere alcune delle
quali come quella di bonifica idreaulica di ima certa con
sistenza, era progetto generale di bonifica rientrante nella
competenza professionale specifica di un ingegnere o di
dottore in agraria. La censura non ha fondamento. Se è vero, infatti che
il principio secondo il quale la mancanza di iscrizione al
l'albo di categoria porta senz'altro alla nullità del contratto
tra il professionista ed il proprio cliente, vale anche nella
ipotesi in cui il professionista, pur regolarmente iscritto
nell'albo della propria categoria, esplichi tuttavia la sua
attività in settori estranei per i quali esistono o siano ri
chiesti l'esercizio di altra professione e la iscrizione in altri
albi, in quanto anche in questo secondo caso, come nel primo, la nullità suddetta può essere fatta risalire ad un difetto di
capacità nel professionista contraente, non è men vero che la
corte del merito non s'è discostata nella sua decisione dal
l'osservanza del principio medesimo, avendo essa, dopo il richiamo fattone, negato, invece, che ricorressero, nella
specie, i presupposti di fatto per potere essere applicato. La corte, invero, ha accertato al riguardo clie il progetto redatto dal Marcinoli non rientrava tra « i progetti generali di bonifica idraulica e agraria» che l'art. 16, lett. I, del ci
tato r. decreto n. 274 del 1929 sottrae all'esercizio profes sionale della categoria dei geometri. A siffatto accertamento
essa è pervenuta dopo il riferimento a quanto disposto dalla legge 3 marzo 1949 n. 144 la quale, riguardante la ta
riffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geo
metri, prevede e stabilisce il compenso anche per i progetti di opere idrauliche e di bonifica agraria (art. 57), attra
verso sia la valutazione oggettiva del contenuto del lavoro
svolto in concreto dal Marchioli in relazione alla natura e
alla entità delle opere di miglioramento da apportare al
fondo dei coniugi Magnarapa-Cervi, sia l'esame della docu
mentazione in atti (lettera del consorzio di bonifica del
14 gennaio 1961) comprovante la netta differenziazione
dei piani aziendali di trasformazione dai piani generali di
bonifica di un comprensorio, ossia di un complesso costi
tuito da più unità aziendali avendo da ciò inferito che il
progetto de quo concernente un unico fondo, indipendente
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2143 PARTE PRIMA 2144
mente quindi dalla sua estensione effettiva, non aveva
potuto che riguardare un piano del primo tipo. Il giudizio della corte perciò poggia, per una parte, su
un'ineccepibile interpretazione della legge secondo la quale non tutti i progetti di opere idrauliche e di bonifica agraria esulano dalla competenza professionale dei geometri e, per altra parte, sulla valutazione di alcuni elementi -di fatto
che è incensurabile in questa sede, sorretta com'essa risulta
da un'adeguata motivazione. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 23 luglio 1964, n. 1989 ; Pres. Celentano P., Est. D'Amico, P. M. Maccarone (conci, conf.) ; Tropiano (Avv. Ciamarra, Diasparro, Malcan
gi) c. Istituto auton. case popolari di Bari (Avv. Memeo,
Tanzareli.a).
(Istanza di regolamento di competenza avverso Trib. Bari 3 aprile 1963)
Case popolari ed economiche — Eliti costruttori —
Contratti d'appalto — Capitolato generale opere pubbliche— Applicabilit à (Cod. civ., art. 1341, 1342; r. d. 28 aprile 1938 n. 1165, t. u. sull'edilizia popolare ed economica, art. 80 ; d. m. 28 maggio 1895, capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal mi nistero dei lavori pubblici, art. 42).
Opere pubbliche — Appalto — Controversie — Nuovo
capitolato generale — « Ius supervcniens » —- Giu risdizione ordinaria — Ammissibilità — Eatti
specie (D. pres. 16 luglio 1962 n. 1063, capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici, art. 47).
Il capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici si applica, indipenden temente da ogni richiamo o specifica approvazione scritta delle parti, ai contratti stipulati tra imprese appaltatici ed enti costruttori di case popolari ed economiche, mutua tari della Cassa depositi e prestiti. (1)
Il giudice ordinario è competente a conoscere della domanda
proposta dall'appaltatore di un'opera che pur rientra fra quelle disciplinate dal capitolato generale di appalto delle opere pubbliche, quando il relativo giudizio penda al momento della entrata in vigore dell'attuale capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero lavori pubblici, a nulla rilevando che, prima della domanda al giudice ordinario, l'appaltatore avesse proposto quella di arbitrato, peraltro non seguita da alcuna attività delle
parti. (2)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto
di citazione del 19 maggio 1962 l'imprenditore edile Vito
Tropiano convenne in giudizio davanti al Tribunale di Bari l'istituto autonomo case popolari della stessa provincia. Premesso che il 15 mayo 1960, a seguito di licitazione
(1) In senso conforme Cass. 3 agosto 1962, n. 2357, Foro it., Rep. 1962, voce Case popolari, n. 88 ; Trib. Bergamo 6 feb braio 1956, App. Genova 13 aprile 1956, id., Hep. 1956, voce Opere pubbliche, nn. 80-82 ; Cass. 9 marzo 1955, n. 715, id., 1955, I, 998. Queste sentenze trovansi già citate nell'amplissima nota di richiami a Cass. 23 gennaio 1964, n. 160, retro, 1011, che ha deciso conformemente a quella riportata per le clausole limitative di responsabilità contenute in un contratto di appalto stipulato dal ministero dei lavori pubblici.
(2) La sentenza, in una con l'altra 20 luglio 1964, n. 1953 (Foro it., Mass., 506), va segnalata per l'affermazione dell'effi cacia immediata dell'art. 47 del nuovo capitolato generale e, quindi, della sua applicabilità ai processi pendenti ; sull'art. 47, cons., in dottrina, Andrioli, Commento, IVs, pag. 778.
"V., inoltre, App. Roma 22 aprile 1964, retro, 1871, con
ampia nota di richiami.
privata, gli era stato aggiudicato dal predetto istituto
l'appalto dei lavori di costruzione di due fabbricati al
prezzo base di lire 24.000.000 col ribasso del 6,3%, e che i
lavori iniziati avevano dovuto essere sospesi dopo un mese
a causa di rilevanti errori di progettazione con la conse
guente necessità di varianti, a cui l'istituto non aveva
provveduto, costringendolo ad un lungo periodo di inat
tività con il cantiere già approntato, chiese che fosse
dichiarata la risoluzione del contratto di appalto e che l'isti
tuto fosse condannato al risarcimento dei danni.
L'ente convenuto, costituitosi nel giudizio, eccepì pre liminarmente l'incompetenza del giudice adito, essendo la
controversia di competenza del collegio arbitrale, previsto dal capitolato speciale di appalto e dal capitolato generale
per gli appalti delle opere pubbliche. L'attore, a sua volta, contestò che il capitolato generale
di appalto potesse esplicare una funzione normativa per
quanto riguardava gli appalti commessi dall'istituto case
popolari e sostenne quindi che la clausola concernente l'ar
bitrato, che faceva richiamo al capitolato generale, avrebbe
dovuto essere specificamente approvata per iscritto. Subor
dinatamente dedusse che l'istituto, invitato, con atto del
20 aprile 1962, a costituire il collegio arbitrale nominando
un proprio arbitro, non aveva provveduto all'invito con
la conseguente decadenza dal diritto a far valere la clausola
compromissoria. (Omissis) Motivi della decisione. — Il ricorrente sostiene innanzi
tutto che, nei contratti di opere pubbliche conclusi con
enti diversi dallo Stato, la clausola compromissoria ha ca
rattere contrattuale, cosicché avrebbe dovuto essere ap
provata specificamente per iscritto a norma dell'art. 1341, 2° comma, cod. proc. civile. Sostiene inoltre che l'art. 42
del capitolato generale di appalto, approvato con decreto
ministeriale 28 maggio 1895 e vigente al momento della
stipulazione dell'appalto, deve ritenersi sostituito dall'art.
47 del decreto pres. 16 luglio 1962 n. 1063, che approva il
nuovo capitolato generale di appalto per le opere di com
petenza del ministero dei lavori pubblici : tale nuova dispo sizione, sopraggiunta nel corso del giudizio iniziato davanti
al tribunale con l'entrata in vigore del nuovo capitolato (1° settembre 1962), consentendo alle parti la deroga alla
competenza arbitrale, è valida a determinare, come norma
di carattere processuale, la competenza del giudice ordinario. La prima tesi non ha fondamento. Questa Corte ha più
volte affermato (tra le altre, sentenze n. 365 del 18 febbraio
1963, Foro it., 1963, I, 1187, e n. 715 del 9 aprile 1955, id., 1955, I, 998) che, data la natura normativa, e non
contrattuale, del capitolato generale per gli appalti delle
opere pubbliche stipulati dal ministero dei lavori pubblici e della clausola compromissoria contenuta nell'art. 42 del
capitolato, non è applicabile, riguardo a tale clausola, l'art. 1341, 2° comma, cod. civ. che richiede la specifica approvazione per iscritto delle condizioni contrattuali ivi
contemplate, derivando l'efficacia della clausola compro missoria, più che dalla volontà negoziale dei contraenti, dal predetto art. 42 che, con l'imperatività propria delle norme di diritto obiettivo, ne impone l'inserzione in ogni contratto di appalto di cui sia parte contraente la pubblica amministrazione, e che, disponendo l'art. 80 del t. u. sull'edi lizia economica e popolare, approvato con r. decreto 28
aprile 1938 n. 1165, che tutti i rapporti tra imprese appalta trici ed enti costruttori di case popolari ed economiche, mutuatari della Cassa depositi e prestiti, sono regolati dalle norme in vigore per le opere in conto dello Stato, senza che possano avere efficacia le eventuali pattuizioni in contrasto, lo stesso principio si applica anche per tali
contratti, con la conseguenza che la predetta clausola è
operativa e vincolante senza necessità della specifica ap provazione scritta di cui al richiamato art. 1341, 2° comma, cod. civile.
Fondata invece è la seconda tesi e quindi deve essere affermata la competenza del giudice ordinario.
Il nuovo capitolato generale d'appalto per le opere di
competenza del ministero dei lavori pubblici, approvato con decreto pres. 16 luglio 1962 n. 1063, pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 7 agosto ed entrato in vigore il 1° set
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