sezione II civile; sentenza 26 maggio 1993, n. 5914; Pres. Anglani, Est. Paolini, P.M. Lupi (concl.conf.); Soc. Solaro (Avv. Cirillo) c. Testa (Avv. Ferretti, Grassi) e altri. Conferma App. Napoli13 marzo 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 10 (OTTOBRE 1993), pp. 2843/2844-2845/2846Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187623 .
Accessed: 25/06/2014 01:06
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 01:06:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 2844
Svolgimento del processo. — Con sentenza 28 ottobre 1987, n. 247, il Tribunale di Imperia respingeva la domanda con cui
l'ufficio del registro aveva chiesto di essere ammesso, con paga mento in prededuzione, al passivo del fallimento della s.r.l. Ut
Abras per la somma di oltre tre milioni dovuti a seguito dell'o
messo pagamento della tassa sulle società per il 1985. Su appello dell'ufficio la corte di Genova, con sentenza n.
197 del 21 marzo 1989 ammetteva l'ufficio del registro al passi vo del fallimento per la somma richiesta; respingeva però la
istanza di pagamento in prededuzione, stabilendo che la somma
dovuta per il tributo, con i relativi interessi, godesse di privile
gio e le somme dovute per penalità costituissero debito chiro
grafario. La corte di merito rilevava che, fino alla entrata in vigore
della 1. 26 luglio 1988 n. 291, il fallimento non comportava il venir meno dell'obbligo di provvedere al pagamento del tri
buto di cui all'art. 3 d.l. 19 dicembre 1984 (convertito in 1.
17/85); soggiungeva però che tale tassa era estranea alla logica ed ai costi della liquidazione e dunque non doveva esser prede
dotta, ma godeva solo di privilegio ai sensi dell'art. 2778 c.c.
Ricorre per cassazione l'amministrazione finanziaria deducendo
un motivo; mentre il fallimento resiste con controricorso e pro
pone ricorso incidentale deducendo tre motivi.
Motivi della decisione. — Debbono logicamente essere esami nati preliminarmente il primo ed il secondo motivo di ricorso
incidentale, con cui il fallimento asserisce di non dovere
l'imposta. La tesi urta però con la lettera della 1. 26 luglio 1988 n. 291,
che ha stabilito esplicitamente l'imposta non sia dovuta dalle
società dichiarate fallite; la norma non utilizza alcuna delle espres sioni tipiche delle disposizioni interpretative e dunque presup
pone la imposta fosse, in precedenza, applicabile. Del resto, l'imposta ha come suo presupposto la iscrizione
nel registro delle imprese, ed il fallimento non incide minima
mente su tale formalità.
Con il terzo motivo di ricorso il fallimento ha eccepito la tardività della richiesta di prededuzione del credito avanzata dalla
amministrazione solo con la comparsa conclusionale di primo
grado. È però agevole osservare che la prededucibilità del credi
to è un semplice profilo accessorio del credito stesso che può esser prospettato per la prima volta nella sede già indicata. An
che l'unico motivo di ricorso della amministrazione deve però essere respinto nel merito perché il pagamento della tassa in
questione non consegue ad alcuna attività od interesse del falli
mento ma è una conseguenza inevitabile della pregressa iscrizio
ne al registro delle imprese.
1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 8; Trib. Lecco 28 giugno 1985, cit.; contra, Trib. Perugia 2 febbraio 1987, cit., sul rilievo che nell'ampia accezione del termine «amministrazione» di cui all'art. 1111. fall, «de vesi necessariamente comprendere l'assolvimento dei pesi, di natura fi scale o meno, connessi alla (. . .) attività di curatela, che non può pre scindere dalla considerazione della situazione di fatto da cui la legge faccia discendere alcune conseguenze giuridiche, come nella fattispecie si verifica per il pagamento della tassa»; in dottrina, Caramazza, cit., 432, ad avviso del quale la tesi (sostenuta, ad esempio, da Trib. Como 25 gennaio 1988, cit.) che esclude che possa farsi carico alla massa falli mentare di oneri diversi da quelli che discendono «dall'attività negozia le del curatore» non è condivisibile; la stessa infatti porterebbe ad esclu dere dal pagamento in prededuzione anche l'imposta di bollo sugli atti della procedura, l'Iva dovuta ai professionisti di cui il fallimento si serve e l'Invim per le vendite immobiliari; per tale a., in definitiva, «non esistono (. . .) nella legge fallimentare preclusioni di principio al l'inserimento a carico della massa di un onere imposto da altra legge»; ad avviso di min. fin., ris. 4 ottobre 1986, cit., il tribunale fallimentare dovrebbe «verificare» che il curatore provveda ad accantonare gli im
porti destinati al pagamento della tassa de qua.
Il Foro Italiano — 1993.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 26 mag
gio 1993, n. 5914; Pres. Anglani, Est. Paolini, P.M. Lupi
(conci, conf.); Soc. Solaro (Avv. Cirillo) c. Testa (Avv. Fer
retti, Grassi) e altri. Conferma A pp. Napoli 13 marzo 1989.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Con
domini di due soli partecipanti — Assemblea condominiale — Disciplina (Cod. civ., art. 1104, 1105, 1106, 1136).
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Con
domini di due soli partecipanti — Spese per la conservazione
della cosa comune — Anticipazione di un condomino — Di
sciplina (Cod. civ., art. 1105, 1134, 1136).
Alle collettività condominiali composte di due soli partecipanti (c.d. «condomìni minimi») sono inapplicabili le norme proce dimentali sul funzionamento dell'assemblea condominiale, di
cui all'art. 1136 c.c., che resta regolato dagli art. 1104, 1105
e 1106, sulla comunione in generale. (1)
L'inoperatività nei condomini c.d. «minimi» delle norme proce dimentali sul funzionamento dell'assemblea condominiale (art. 1136 c.c.) non può indurre alla disapplicazione dell'art. 1134
c.c., per l'ipotesi di spese autonomamente sostenute dal con
domino per la conservazione e manutenzione della cosa co
mune, rendendosi applicabili, anche per tali condomini, la
disciplina di cui agli art. 1117-1138 c.c., e, solo per quanto non espressamente previsto, le norme sulla comunione in ge nerale. (2)
Motivi della decisione. — La Solaro s.r.l. deducendo in di
scussione il condominio nell'edificio di cui in narrativa, compo sto di due soli partecipanti, e cioè, da un lato, da essa istante,
e, dall'altro, dall'attuale controricorrente e dagli intimati, tutti
comproprietari di una delle unità immobiliari comprese nel fab
bricato comune, ha proposto una domanda tesa ad ottenere rim
borso di spese fatte per la conservazione ed il restauro di tale
fabbricato, di propria iniziativa e senza una qualche autorizza
zione dell'assemblea condominiale o dell'amministratore (mai
nominato). La sentenza impugnata ha rigettato la cosi azionata pretesa
recuperatoria, rilevando doversi ritenere la stessa destituita di
fondamento in quanto, non ricorrendo nella fattispecie il requi sito dell'urgenza delle spese contestate, risulterebbe applicabile nel caso in esame la disposizione di cui all'art. 1134 c.c., per la quale, appunto, in tema di condominio negli edifici, il diritto del condomino al rimborso delle spese fatte per le cose comuni
autonomamente, nella mancanza di autorizzazione degli organi
condominiali, può insorgere solo con riguardo alle spese urgenti. La Solaro s.r.l., con l'unico motivo del prodotto ricorso, pro
spetta che il giudice del merito, pronunciando negli esposti ter
mini, sarebbe incorso in violazione dell'art. 1110 c.c. ed in er ronea applicazione degli art. 1134 e 1136 c.c., rilevanti ai sensi
(1-2) Con riferimento ai condomini minimi, ovvero costituiti da due soli condomini, nella ritenuta impossibilità di formazione di una mag gioranza, e quindi del funzionamento dell'assemblea, l'orientamento giu risprudenziale è volto ad escludere l'applicabilità dell'art. 1136 c.c. (Cass. 26 aprile 1975, n. 1604, Foro it., 1975, I, 1672, con nota di Branca; 4 ottobre 1976, n. 3243, id., Rep. 1976, voce Comunione e condomi nio, n. 67), facendosi semmai riferimento, in virtù del rinvio disposto dall'art. 1139 c.c., alle norme sulla comunione in generale (Cass. 25
giugno 1991, n. 7126, id., Rep. 1991, voce cit., n. 190; 15 marzo 1966, n. 745, id., Rep. 1966, voce cit., n. 280, entrambe in tema di formalità di convocazione dell'assemblea).
Sul punto dell'applicabilità dell'art. 1134 c.c., la decisione in epigrafe si pone in consapevole contrasto con Cass. 18 ottobre 1988, n. 5664, id., Rep. 1989, voce cit., n. 103, con cui si è negato il diritto al rimbor so di spese fatte dal condomino per la cosa comune in mancanza del l'autorizzazione degli organi condominiali, e si è fatto richiamo all'art. 1110 c.c., in tema di comunione in generale, che tale rimborso accorda in caso di trascuranza dell'amministratore e degli altri partecipanti (in questo senso, v. anche Pret. Ottaviano 3 giugno 1970, id., Rep. 1971, voce cit., n. 36).
In dottrina, v. Cinelli, Condominio di edifici con due soli parteci panti e diritto al rimborso di spese, in Giur. merito, 1971, I, 251; Salis, Condominio di due partecipanti e impianto di ascensore, in Riv. giur. edilizia, 1975, I, 769; e inoltre Terzago, Il condominio, Milano, 1988, 961; Jannuzzi, Il condominio negli edifici, Milano, 1988, 581; Girino, Il condominio negli edifici, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1982, 402; Branca, Del condominio degli edifici, in Commentario
Sciatoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, 649.
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 01:06:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.: più specificamente, ac
campa avere detto giudice omesso di considerare che al condo
minio in discorso, come detto composto di due soli partecipanti
e, perciò, in ragione proprio del ridotto numero dei suoi com
ponenti, legittimamente privo di amministratore (art. 1129, 1°
comma, c.c.), non risulterebbero applicabili le disposizioni rela
tive al funzionamento dell'assemblea, di cui all'art. 1136 c.c.,
per essere i poteri deliberativi dell'organo assembleare paraliz zagli dall'eventuale disaccordo dei comunisti, e che, di conse
guenza, la fattispecie avrebbe dovuto essere ricondotta nell'am
bito di operatività, non già dell'art. 1134 c.c., ma dell'art. 1110
dello stesso codice, dettato in tema di comunione in generale, alla stregua del quale il comproprietario che, nella trascuranza
degli altri partecipanti o dell'eventuale amministratore, sosten
ga spese, comunque, necessarie per la conservazione della cosa
comune ha sempre diritto al rimborso delle somme erogate nel
l'interesse degli altri comunisti, pur nella riscontrata non urgen
za degli eseguiti esborsi.
Il motivo non è fondato. In proposito, giova evidenziare es
sere dato non contestato, in fatto, che la controversia attiene
a rapporto giuridico avente il titolo in una situazione di condo
minio in edifici. Orbene, secondo l'inequivocabile disposizione dell'art. 1139
c.c., la disciplina di rapporti del genere di quello in esame deve
essere ricavata essenzialmente dalle norme contenute nel capo
II del titolo VII del terzo libro del codice civile (art. 1117/1138),
e solo per quanto in tali norme non espressamente previsto pos
sono osservarsi le disposizioni sulla comunione in generale, di
cui agli articoli da 1100 a 1116 del codice anzidetto.
Il principio considerato, giusta quanto fatto palese dalla let
tera della legge, vale per ogni tipo di condominio e, quindi,
anche, in quanto per essi né esplicitamente né implicitamente
derogato, per i c.d. condomini minimi, e cioè per quelle collet
tività condominiali composte da due soli partecipanti, in rela
zione alle quali si ritiene generalmente, pur se non unanima
mente, che non possano applicarsi le disposizioni concernenti
il funzionamento delle assemblee di condominio dettate nell'art.
1136 c.c., che, perciò, la gestione dell'amministrazione debba
essere regolata secondo quanto prescritto dagli art. 1104, 1105
e 1106 c.c. (cfr., in tal senso, Cass. n. 7126 del 25 giugno 1991,
Foro it., Rep. 1991, voce Comunione e condominio, n. 190).
Ciò posto, deve osservarsi che la problematica relativa al di
ritto del condomino al rimborso di spese autonomamente soste
nute per la conservazione e la manutenzione del fabbricato co
mune ha nella normazione in tema di condominio una sua spe
cifica, espressa ed organica disciplina, diversa da quella dettata
con riguardo alla comunione in generale: ed infatti, mentre per
il condominio l'art. 1134 c.c. stabilisce che il rimborso in que stione spetta solo se il condomino abbia operato in caso di ur
genza, per la comunione l'insorgenza del considerato diritto del
partecipante operoso è subordinata esclusivamente al riscontro
della necessità della spesa sostenuta e della trascuranza degli
altri comunisti o dell'amministratore, e prescinde dall'urgenza
del realizzato intervento.
L'esistenza della normativa sul condominio negli edifici della
disposizione dell'art. 1134 c.c., regolamentante i casi del genere
di quello esaminato, a mente del dianzi ricordato art. 1139 c.c.,
preclude la possibilità di applicare nella fattispecie il dettato
dell'art. 1110 c.c., riferibile alla comunione in generale.
Sul punto, si rende opportuna una precisazione.
Questa Corte suprema, con propria precedente sentenza n.
5664 del 18 ottobre 1988 (id., Rep. 1989, voce cit., n. 103),
pronunciando su caso analogo a quello in discussione in questa
sede, ha statuito che con riguardo a rimborso di spese fatte
da un condomino per le cose comuni nell'ambito di un condo
minio composto da due soli soggetti non trova applicazione l'art.
1134 c.c., il quale, come detto, nega il diritto al rimborso in
questione nella mancanza di autorizzazione degli organi condo
miniali (salvo che per le spese urgenti), ed opera, invece, l'art.
1110 c.c., in tema di comunione in generale, onde al compro
prietario che abbia sostenuto spese necessarie per la conserva
zione della cosa comune spetta il rimborso nei confronti degli
altri partecipanti alla sola condizione che questi o l'amministra
tore trascurino di provvedere, in definitiva, ancorando la cosi
posta enunciazione di principio al rilievo che dalla tradizional
mente ritenuta inapplicabilità ai condomini c.d. minimi (com
posti da due soli partecipi) delle disposizioni relative al funzio
II Foro Italiano — 1993.
namento dell'assemblea condominiale, di cui all'art. 1136 c.c.
(cfr. in merito, Cass. n. 1604 del 26 aprile 1975, id., 1975, I,
1672; oltre che n. 7126 del 1991, cit.) dovrebbe farsi discendere
la non riferibilità a dette collettività condominiali anche della
norma dell'art. 1134 c.c., in ragione dell'impossibilità di ottene
re una autorizzazione assembleare nell'eventuale disaccordo dei
partecipanti al condominio.
Il collegio, però, riconsiderata la problematica in discorso,
ritiene non condivisibile l'orientamento giurisprudenziale segui
to nell'arresto dianzi ricordato.
Ed invero, alla stregua del tassativo dettato letterale del più
sopra richiamato art. 1139 c.c., non appare logicamente giusti ficato correlare alla ravvisata inoperatività nei condomini c.d.
minimi delle norme procedimentali sul funzionamento dell'as
semblea condominiale ed alla conseguentemente ritenuta appli
cabilità alla gestione di tali enti delle prescrizioni riguardanti la amministrazione dei cespiti oggetto di comunione in generale la disapplicazione con riferimento alle collettività condominiali
considerate della disposizione sostanziale dell'art. 1134 c.c., di
retta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili in
terferenze dei singoli partecipanti nella gestione del fabbricato
comune riservata agli organi del condominio: e ciò tanto più
in quanto sono previsti dalla legge strumenti alternativi, appron
tati per consentire all'interessato di ovviare alla eventualmente
ingiustificata opposizione, o all'inazione delle controparti nella
adozione e nell'esecuzione dei provvedimenti non urgenti, e tut
tavia necessari per la conservazione ed il godimento dell'edificio
in condominio (art. 1105, 4° comma, c.c.).
Nella ravvisata infondatezza del motivo articolato per suffra
garlo, il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 18 mag
gio 1993, n. 5639; Pres. Bronzini, Est. Patierno, P.M. Mar
tinelli (conci, conf.); Barbagallo (Avv. Lorenzoni) c. De
Negri (Aw. Pedretti, Murtula) e altri. Conferma App. Ge
nova 10 marzo 1988.
Distanze legali — Distanze nelle costruzioni — Computo — Spor
ti — Rilevanza (Cod. civ., art. 873).
Agli effetti del computo delle distanze tra gli edifici, di cui al
l'art. 873 c.c., che attiene ai rapporti tra confinanti, deve te
nersi conto degli sporti (balconi e cornicioni) dei fabbricati,
pur se il regolamento edilizio ne consenta un limitato aggetto,
per ragioni di interesse pubblico connesso all'estetica degli abitati. (1)
(1) Cfr., sulla computabilità delle sporgenze nella distanza tra fondi
finitimi, Cass. 11 dicembre 1992, n. 13109, Foro it., Rep. 1992, voce
Distanze legali, n. 5; 29 dicembre 1987, n. 9646, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 5, nonché, con espressa esclusione di rilevanza delle altezze cui
gli stessi siano collocati, Cass. 22 dicembre 1986, n. 7844, id., Rep.
1986, voce cit., n. 11.
Sulla distinzione tra «sporti» (mensole, lesene, risalti decorativi, ca
nalizzazioni di gronda), trascurabili agli effetti del computo delle di
stanze, e «corpi di fabbrica», destinati ad estendere la superficie abita
tiva o il volume degli immobili, v. Cass. 6 marzo 1992, n. 2703, id.,
Rep. 1992, voce cit., n. 3; 29 dicembre 1987, n. 9646, cit.; 21 febbraio
1986, n. 1058, id., Rep. 1986, voce cit., n. 12; 27 maggio 1981, n.
3481, id., Rep. 1981, voce cit., n. 15; 13 gennaio 1979, n. 272, id.,
Rep. 1979, voce cit., n. 8; 24 giugno 1976, n. 2375, id., Rep. 1976,
voce cit., n. 5.
In altre occasioni si è ritenuta l'insufficienza del criterio di ornamen
talità, accessorietà o attitudine all'incremento superficiario o volumetri
co, come pure della frontalità, totale o parziale, della sporgenza, rile
vando unicamente l'interesse della sicurezza, salubrità e igiene, che po
trebbe esser compromesso da intercapedini dannose (Cass. 5 febbraio
1982, n. 662, id., Rep. 1982, voce cit., n. 6; 23 ottobre 1972, n. 3203,
This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 01:06:00 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions