+ All Categories
Home > Documents > Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro...

Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: lamliem
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 5 (1962), pp. 987/988-991/992 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150610 . Accessed: 24/06/2014 23:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 23:19:16 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario)

Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro(concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 5 (1962), pp. 987/988-991/992Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150610 .

Accessed: 24/06/2014 23:19

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 23:19:16 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario)

987 PARTE PRIMA

decreto del 1936 per lo svolgimento della prescritta fase

amministrativa, senza ohe peraltro l'eventuale protrazione di tale fase o la sua riapertura a seguito di rinnovazione

della istanza di liquidazione possano valere come atti inter -

ruttivi del termine di prescrizione annuale che, per il suo

carattere speciale, può essere interrotto solo dall'effettivo

esercizio dell'azione giudiziaria. Come la protrazione del

procedimento amministrativo oltre il tempo che il legisla tore ha ritenuto sufficiente per il suo espletamento non può

più avere alcun effetto sospensivo rispetto al decorso del

termine di prescrizione, così le successive richieste, intese

a sollecitare nuovi accertamenti dell'Istituto per il ricono

scimento della indennità, non possono interromperne il

decorso già iniziato. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 10 novembre 1961, n. 2616 ; Pres. Verzì P., Est. Presa, P. M. Cutrupia (conci,

conf.) ; Ghisetti (Avv. Azzolina, Marinelli) c. Sesini

(Avv. Aliprandi, Lombardi).

(Conferma A pp. Brescia 18 giugno 1959)

Inabilitazione e interdizione — Causa promossa dall'inabilituto — Curatore — Poteri processuali — Impugnazione delle sentenze — Inammissibi

lità (Cod. civ., art. 428).

Il curatore dell'inabilitato, che lo ha assistito nel giudizio da questi promosso, non può impugnare la relativa sen

tenza. (1)

La Corte, eco. —- Con il primo motivo la ricorrente

denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art.

323, 334 e 339 cod. proc civ., in relazione all'art. 360, n. 3, dello stesso codice. In particolare deduce che la Corte

di merito ha erroneamente escluso la legittimazione di essa

Ghisetti a proporre l'impugnazione, perchè non ha consi

derato che curatore e inabilitato hanno una legittimazione

congiunta, per cui l'esercizio dell'azione spetta ad entrambi

i soggetti con la conseguenza che sia l'uno sia l'altro, avendo la veste formale di parte, può proporre appello in caso di soccombenza.

La censura non è fondata.

Il giudizio di annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere fu promosso dallo stesso incapace ai sensi dell'art. 428 cod. civ. Nella prima fase della proce dura la G-hisetti intervenne nella sua qualità di curatrice,

per assistere il marito che era stato dichiarato inabilitato.

L'assistenza era necessaria perchè il Palanti non era in

grado di difendersi pienamente a causa della limitazione

della sua capacità. L'assistenza, però, non può essere confusa con la rap

presentanza perchè l'inabilitato, a differenza dell'inter

detto, conserva la sua personalità giuridica e può anche

compiere atti di normale amministrazione : peraltro, nei

(1) In senso conforme, per il curatore speciale della minore in conflitto d'interessi con il coniuge, Cass. 20 marzo 1962, n. 554, retro, 637, con nota di richiami.

Sull'assistenza processuale del curatore dell'inabilitato, v. Cass. 10 aprile 1953, n. 939, Foro it., 1954, I, 342 ; sulla pos sibilità dell'intervento in appello dell'inabilitato, che così sana

l'irregolare costituzione del rapporto processuale ad opera del curatore, Oass. 12 giugno 1950, n. 1477, id., Rep. 1950, voce Inabilitazione, n. 35.

Nega che il curatore dell'inabilitato ne abbia la rappresen tanza, Cass. 7 aprile 1947, n. 521, id., Rep. 1947, voce cit., n. 17.

App. Torino 28 gennaio 1946, id., Rep. 1946, voce cit., n. 14, riconosce al curatore il potere di agire per l'annullamento dell'atto eccedente l'ordinaria amministrazione, compiuto dall'ina bilitato senza la sua assistenza.

giudizi in cui egli sia attore o convenuto, è imposto dalla

legge l'intervento del curatore per integrare la sua capacità e consentirgli una piena difesa delle proprie ragioni. Conse

guentemente la Grhisetti, quale semplice curatrice del co

niuge inabilitato, non aveva la rappresentanza di questo ultimo perchè la sua funzione era limitata all'assistenza.

Non poteva, pertanto, essere considerata parte nel giudizio

perchè era rappresentata, nè era portatrice di un interesse

proprio. In difetto di tale veste non poteva proporre ap

pello avverso la sentenza di primo, grado perchè tale diritto

spettava soltanto al Palanti che aveva promosso il giudizio. A tali principi si è uniformata la decisione impugnata

con adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici, e pertanto la censura si rivela sotto ogni aspetto priva di

fondamento. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416 ; Pres.

Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (conci, conf.) ; Istituto naz. luce (Avv. G-iacheddu, Sechi) c. Masetti

(Avv. Poxinario).

(Conferma App. Boma 9 luglio 1959)

Competenza e giurisdizione in materia civile — Sen

tenza del giudice di merito allermante la giuris dizione — Passaggio in giudicato — Condizioni.

Lavoro (rapporto) — Art. 2087 eod. civile — Carat

tere non innovativo (Cod. civ., art. 2087). Lavoro (rapporto) — Infermità prodotta ed aggravata

dalla prestazione di lavoro — Denuncia del dipen dente — Obblighi dell'imprenditore — Conseguenza

(Cod. civ., art. 2087).

La sentenza, con la quale il giudice di merito afferma la

propria giurisdizione, è suscettibile di passare in giudicato solo se contemporaneamente decida questioni inerenti al

merito della controversia. (1) L'art. 2087 cod. civ., che impone all'imprenditore di adottare,

nell'esercizio dell'impresa, le misure necessarie a tutelare

l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore di

lavoro, non ha carattere innovativo. (2)

L'imprenditore, al quale il dipendente denunci di avere, a

causa della prestazione di lavoro, contratto un'infermità o subito l'aggravamento di essa, deve sottoporre il dipen dente ad adeguati accertamenti sanitari e adottare le mi sure conseguenziali necessarie, non escluso il licenzia

mento per inidoneità fisica ; in difetto, egli risponde del danno subito dal prestatore di lavoro per effetto della

ulteriore permanenza nel posto di lavoro. (3)

(1) La massima si conforma al più recente indirizzo : v. Cass. 15 marzo 1960, n. 527, Foro it., 1961, I, 48!, con ampia nota di richiami, cui adde, nel medesimo senso, Cass. 12 marzo 1900, n. 494, id., Rep. 1960, voce Competenza civ., n. 261. Le due sentenze sono richiamate nella motivazione della presente, come Cass. 11 aprile 1959, n. 1072, riprodotta in questa rivista, 1959, I, 755.

(2-3) Sul carattere non innovativo dell'art. 2087, cfr. Cass. 25 febbraio 1945 (Foro it., Rep. 1943-45, voce Impresa, n. 8 : citata nella motivazione), secondo cui la norma « non ha fatto che codificare un principio già consolidato nella dottrina e nella

giurisprudenza nell'ultimo cinquantennio ». Y. anche la nota redaz. a Cass. 19 aprile 1945, n. 275 (id., 1944-46, I, 32), una delle prime sentenze che abbiamo applicato l'art. 2087.

Sul rapporto fra l'art. 2087 e l'art. 4 r. decreto 17 agosto 1935 n. 1765, v. per tutte Cass. 4 giugno 1956, n. 1898, id., 1956, I, 1816, con ampia nota di richiami (Cass. 22 ottobre 1955, n. 3459, ivi citata dal Repertorio, è riprodotta nel medesimo vo lume, I, 1686).

Sull'art. 2087, in generale, Cass. 12 aprile 1960, n. 845, id., 1960, I, 953 ; sul danno risarcibile, Trib. Venezia 22 luglio 1960, id., Rep. 1960, voce Lavoro (rapporto), n. 736 ; cfr. Cass. 3 aprile 1959, n. 996, id., Rep. 1959, voce Infortuni, nn. 374, 375.

This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 23:19:16 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La Corte, ecc. — Il ricorso principale dell'Istituto e

quello incidentale della Masetti vanno riuniti, essendo rela

tivi alla stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civile). Con il primo mezzo l'Istituto Luce denuncia la viola

zione dell'art. 2909 cod. civ. e dell'art. 11 delle preleggi, nonché il difetto di motivazione su punto decisivo (art.

360, n. 5, cod. proc. civile). Lamenta che erroneamente la

Corte di appello abbia ritenuto che la precedente sentenza, da essa emessa nello stesso processo, statuendo sulla giurisdi zione, non abbia delimitato la materia del contendere, con pronuncia passata in giudicato, all'esistenza o meno

di una colpa extracontrattuale ex art. 2043 cod. vig. e

1151 cod. 1865. Sostiene che, invece, la detta precedente sentenza avrebbe proprio stabilito che i riflessi e profili

giuridici dei fatti di causa attenevano esclusivamente alla

esistenza o meno di una responsabilità per colpa a qui liana

dell'Istituto, con esclusione del profilo contrattuale, e pro

prio su tali basi aveva escluso che ricorressero le condizioni

per l'applicazione delle norme sulla giurisdizione esclusiva

del Consiglio di Stato. Aggiunge, infine, che, in ogni caso, l'affermata applicabilità dell'art. 2087 cod. civ. costituisce

violazione del principio della non retroattività della legge, dato che i fatti di cui è causa si sono esauriti prima del

l'entrata in vigore del nuovo codice civile.

Le censure non hanno fondamento. Invero, a prescin dere che, come questo Supremo collegio ha più volte sotto

lineato (cfr., da ultimo, decisioni 11 aprile 1959, n. 1072, Foro it., 1959, I, 755 ; 12 marzo 1960, n. 494, id., Rep.

1960, voce Competenza civ., n. 261, e 15 marzo 1960, n.

527, id., 1961, I, 481), la cosa giudicata sul punto della

giurisdizione può formarsi solo quando si sia formato il

giudicato su una questione attinente al merito della con

troversia o quando la decisione sulla giurisdizione promani dalla Corte di cassazione (e nella specie è pacifico che non

si è avuta alcuna sentenza della Cassazione sul punto rela

tivo alla giurisdizione, mentre la precedente sentenza della

Corte di appello, che si assume passata in giudicato, non

riguardava nessuna questione di merito, ma solo la que stione di giurisdizione), è certo che, nella specie, la Corte

di appello, nella sua prima sentenza, ebbe a statuire sem

plicemente che la causa promossa dalla Masetti contro

l'Istituto Luce, essendo attinente ad un'azione di risarci

mento di danni, si ricollegava soltanto occasionalmente al

rapporto di pubblico impiego intercorso con l'Istituto e

quindi non rientrava nell'ambito della giurisdizione esclu

siva del giudice amministrativo.

Il fatto, poi, che nel corso della motivazione (sempre della prima sentenza) la Corte, dopo aver accennato a

quella che risultava la causa petendi della domanda risar

citoria, e cioè la violazione di norme di elementare pru denza e comune esperienza e la omissione delle misure

necessarie a tutelare la integrità fisica dei prestatori di

opera, abbia incidentalmente rilevato che la suddetta do

manda, come proposta dall'attrice, appariva posta in rela

zione con la responsabilità per fatto illecito prevista dal

l'art. 2043 cod. civ., non può certamente significare, come

esattamente è stato posto in rilievo pure nella sentenza

ora impugnata, che la Corte avesse inteso escludere l'ap

Per altri riferimenti consulta :

a) Trib. Roma 19 ottobre 1957 (id., Rep. 1958, voce In

fortuni, nn. 311, 312), sull'onere della prova del rapporto cau

sale tra l'evento dannoso ed il fatto che integra violazione del l'art. 2087 ;

b) Trib. Milano 16 maggio 1957 (id., Rep. 1957, voce Lavoro (rapporto), n. 540), che considera giusta causa di recesso

del lavoratore la violazione dell'art. 2087 da parte dell'impren ditore (nella specie : per mancato riscaldamento dell'ambiente di

lavoro nella stagione invernale) ; c) Oass. 21 aprile 1955, n. 1111 (id., 1956, I, 1817, dove

anche richia ni circa il problema della natura contrattuale od extracontrattuale della responsabilità derivante dalla viola

zione dell'art. 2087), affermativa della responsabilità dell'im

prenditore anche quando l'infortunio sia stato determinato

dall'impiego di strumenti pericolosi apprestati dal lavoratore,

che, all'atto dell'assunzione, abbia fatto noto di volersene

avvalere.

plicabilità nella controversia in esame anche delle norme

sulla responsabilità contrattuale ed in particolare del di

sposto dell'art. 2087 cod. civ., e ciò in quanto tale statui

zione, che avrebbe esulato dai limiti del giudizio di impu

gnazione, non avrebbe costituito un presupposto logico e

necessario del dispositivo della sentenza.

Ugualmente infondata è la censura, pure formulata dal

ricorrente, di violazione del principio della non retroatti

vità della legge (art. 11 disp. sulla legge in generale), per avere la Corte di merito ritenuto applicabile alla fatti

specie in esame l'art. 2087 cod. civ., nonostante che il

rapporto in questione si fosse esaurito nel 1941, prima, cioè, dell'entrata in vigore di tale norma.

Infatti, come ha posto in evidenza la sentenza impu gnata, uniformandosi all'orientamento di questa Suprema corte (decis. 25 febbraio 1945, Foro it., Eep. 1943-45, voce

Impresa, n. 8), l'art. 2087 cod. civ. non ha avuto carattere

innovativo, ma ha soltanto codificato un principio già con

solidato nella dottrina e nella giurisprudenza anteriori al

codice stesso ; principio che, a sua volta, almeno per la

parte relativa alla tutela dell'integrità fisica del lavoratore

(specificamente invocata nel caso di specie), affondava le

sue radici nella legislazione progressivamente emanata in

Italia, dagli inizi di questo secolo in poi, in materia di

igiene e di sicurezza del lavoro. (Omissis) Con il terzo ed ultimo motivo, l'Istituto denuncia altra

violazione degli art. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vio

lazione degli art. 2043 e 2729 cod. civ., e art. 132, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento agli art. 118 disp. att. e

360, n. 5, cod. proc. civile. Lamenta in sostanza il ricor

rente che la Corte di merito, pur avendo riconosciuto che

esso Istituto aveva compiuto quanto suggeriva la diligenza del buon pater familias, facendo visitare la Masetti all'inizio

e durante tutto il corso del rapporto, abbia poi erronea

mente ritenuto che sarebbe caduto in colpa quando la

Masetti avrebbe dato specifica notizia del pericolo cui la

esponeva il lavoro che essa eseguiva. Sostiene in contrario

che mancava qualsiasi prova che la Masetti avesse effetti

vamente presentato la pretesa istanza del novembre 1939, che esso Istituto aveva contestato tale presentazione e che la Masetti non aveva fornito alcuna prova sicura a sostegno della sua affermazione ; denuncia come erronei ed incon sistenti gli argomenti addotti dalla Corte in proposito.

Aggiunge che, comunque, anche se vi fosse stata la segna lazione della Masetti del novembre 1939, il logico sviluppo dei criteri esposti dalla stessa Corte avrebbe dovuto por tare ad escludere ogni colpa di esso Istituto.

Qaesta censura va esaminata insieme con quella formu

lata nell'unico motivo del ricorso incidentale proposto dalla

Masetti, in quanto entrambe riguardano la stessa parte della sentenza.

La Masetti denuncia a sua volta la violazione e falsa

applicazione degli art. 5, 1218, 1346, 2043, 2049, 2087 cod. civ. vig. ; 1116, 1123, 1151, 1153, 1218, 1225, 1226,

1627, 1628 cod. civ. 1865, nonché dei principi generali allora

vigenti circa le obbligazioni del datore di lavoro nei ri

guardi dell'igiene e della sicurezza del lavoro, nonché degli art. 1 decreto legge 15 maggio 1919 n. 818 ; 1, 2, 6, 7 r.

decreto 14 aprile 1927 n. 530 ; denuncia infine difetto e

contraddittorietà di motivazione in relazione agli art. 132, n. 4, 161, 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civile. Sostiene la

ricorrente incidentale che erroneamente la Corte, pur es

sendo rimasto accertato in fatto che le mansioni affidate

ad essa e dalla stessa espletate erano particolarmente affa

ticanti per l'unico occhio rimastole e ne danneggiavano la funzionalità e che il lavoro veniva svolto in condizioni

tutt'altro che ideali dal punto di vista dell'igiene dei locali, del trattamento preventivo dei lavoratori e della quantità del lavoro richiesto, abbia affermato che nessuna responsa bilità poteva addebitarsi all'Istituto, per aver fatto lavo

rare essa Masetti in condizioni pregiudizievoli della sua

residua capacità visiva, se non dalla data in cui l'Istituto

stesso aveva avuto notizia specifica del peggioramento delle

condizioni di essa dipendente. Denuncia l'erroneità, per tale capo, della decisione e la violazione delle norme indi

cate, sostenendo il fondamento del proprio assunto ten

This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 23:19:16 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Sezione II civile; sentenza 26 ottobre 1961, n. 2416; Pres. Lorizio P., Est. Albano, P. M. Toro (concl. conf.); Istituto naz. luce (Avv. Giacheddu, Sechi) c. Masetti (Avv. Fornario)

PARTE PRIMA

dente ad ottenere una declaratoria di completa responsa bilità dell'Istituto.

Entrambe le doglianze non hanno fondamento. In rela

zione particolarmente a quella formulata dall'Istituto Luce, è da osservare che la statuizione dei Giudici di merito, secondo cui la responsabilità aquiliana dell'Istituto doveva

ritenersi pienamente sussistente quanto meno in ordine al

periodo dal novembre 1939 in poi, in cui, cioè, nonostante

una specifica denuncia allo stesso Istituto da parte della

dipendente di un notevole aggravamento delle proprie, già

ridotte, facoltà visive, tale da renderla inidonea alle man

sioni cui era adibita, l'Istituto medesimo, violando una

norma di comune prudenza, non aveva sottoposto, come

pure avrebbe avuto obbligo, la donna ad adeguati accerta

menti sanitari, non merita alcuna censura.

Infatti, esattamente la Corte ha enucleato siffatto ob

bligo particolare dell'Istituto, di sottoporre la propria di

pendente ad adeguati accertamenti sanitari, in conseguenza della denuncia dell'infermità contratta od aggravata a

causa del servizio prestato, da una norma di comune pru

denza, cioè da un principio collegato al precetto generale del neminem laedere, la cui violazione costituisce il presup

posto e il fondamento della colpa aquiliana. In sostanza,

quando un dipendente denunci al proprio datore di la

voro di aver contratto, a causa della propria prestazione di lavoro, una malattia o di aver subito un aggravamento di una infermità preesistente, il datore di lavoro ha, in

ogni caso, l'obbligo specifico, in ottemperanza di una norma

di comune prudenza (e perciò indipendentemente dall'esi

stenza o meno di una particolare disposizione legislativa o

regolamentare in tal senso), di sottoporre il proprio di

pendente ad adeguato accertamento sanitario, adottando

poi le opportune misure consegiienziali, non esclusa quella del licenziamento per inidoneità fisica. Ove il datore di

lavoro non ottemperi all'obbligo suddetto, esattamente esso

va ritenuto responsabile delle conseguenze dannose deri

vate, per effetto del suo comportamento colposo, al dipen dente medesimo. Pertanto, nella specie, non merita cen

sura la statuizione della Corte di appello che ha affermato

la responsabilità dell'Istituto, in conseguenza del suo com

portamento omissivo, a far tempo dal novembre 1939.

Nè può valere a contestare la legittimità del principio

sopra affermato il rilievo, ripetuto dal ricorrente Istituto

anche in questa sede, secondo cui, cioè, essendo stati affi

dati, nella specie, al servizio sanitario dell'E.n.p.i. (Ente naz. prevenzione infortuni) l'accertamento ed il controllo

dell'idoneità fisica dei dipendenti, ogni eventuale segnala zione da parte del lavoratore avrebbe dovuto essere fatta

al detto Ente e non al datore di lavoro, con esclusione

pertanto di qualsiasi obbligo di controllo, e quindi di re

sponsabilità, a carico di quest'ultimo. In confutazione di tale rilievo non vi è che da confer

mare quanto già sostenuto in sostanza dai Giudici di me

rito, e cioè che, a prescindere che, nella specie, il periodico controllo sanitario dell'E.n.p.i. riguardava principalmente

l'apparato respiratorio, come quello vulnerabile per effetto

delle sostanze tossiche adoperate nelle operazioni di svi

luppo e stampa dei films, l'obbligo dell'Istituto di sotto

porre la Masetti a specifico accertamento oculistico discen

deva nel caso in esame esclusivamente dal fatto che proprio ad esso Istituto costei aveva denunziato la sua infermità

o l'aggravamento di questa nel novembre 1939. Pertanto, come è stato esattamente ritenuto dai Giudici di appello, in

dipendentemente dall'operato dei sanitari dell'E.n.p.i., l'Isti

tuto, in conseguenza della denuncia ad esso rivolta, avrebbe

dovuto provvedere direttamente all'accertamento specifico della infermità denunziata. Non avendo a tanto provveduto, la sua responsabilità non può essere posta in discussione.

Infine è da osservare che neppure merita accoglimento l'ultima doglianza dell'Istituto, secondo cui, cioè, manche

rebbe, in ogni caso, nella specie, la prova che effettiva

mente nel 1939 la Masetti avrebbe fatto istanza di trasfe

rimento ad altro reparto, denunciando la sua infermità

agli occhi.

Al riguardo è da considerare che la Corte di merito, valutando gli elementi probatori acquisiti agli atti, ha, con

ampia ed esauriente motivazione, ritenuto sicuramente av

venuta la presentazione dell'istanza in questione alla data

dell'8 novembre 1939, e tale apprezzamento di fatto non

è, come tale, sindacabile in questa sede.

Passando quindi ad esaminare le doglianze formulate

dalla Masetti nel ricorso incidentale, nessuna censura me

rita la sentenza di appello in ordine al diniego di responsa bilità dell'Istituto per il periodo anteriore all'8 novembre

1939, alla presentazione, cioè, della più volte ricordata

istanza di trasferimento ad altro reparto per aggravamento delle condizioni visive.

Invero l'affermazione della Corte, secondo cui nessuna

colpa poteva essere attribuita all'Istituto in relazione a

tale periodo precedente, avendo il detto Istituto, all'atto

dell'assunzione della Masetti e anclie nel corso del rap

porto, controllato periodicamente, tramite i sanitari del

l'E.n.p.i., le condizioni fisiche generali e anche visive della

propria dipendente, senza che costei avesse mai sollevato alcuna contestazione in ordine ai costanti e periodici giudizi di perfetta idoneità fisica al servizio di passafilms, al quale del resto essa Masetti era stata assegnata, su sua richiesta, fin dal momento dell'assunzione (1935), è assolutamente

ineccepibile sia dai punto di vista logico sia giuridico. Invero, come esattamente ha pure posto in rilievo la

Corte di appello, l'Istituto, avendo affidato ai sanitari

dell'E.n.p.i. il controllo sulla idoneità fisica dei dipendenti, non era tenuto a controllare, a sua volta, l'operato dei sani

tari, in mancanza di rilievi da parte degli interessati, di

guisa che il periodico giudizio degli stessi sull'idoneità dei

dipendenti doveva ritenersi sufficiente a rassicurare l'Isti tuto sulla persistenza della predetta idoneità nel corso del

rapporto.

Ugualmente infondate sono le doglianze della ricor

rente incidentale in ordine alla limitazione della responsa bilità dell'Istituto, sotto il riflesso della violazione delle norme relative alla tutela delle condizioni di lavoro e quindi del principio codificato nell'art. 2087 cod. civ., allo stesso

periodo compreso tra l'8 novembre 1939 e la fine del rap porto, avvenuta nel 1941.

A tale proposito occorre precisare che la Corte di ap pello ha ritenuto che, nella specie, la violazione delle norme relative alla tutela delle condizioni di lavoro fosse da rap portarsi solo al compimento in misura eccessiva di lavoro

straordinario, dato che questo talvolta si protraeva durante tutta la notte, sino all'alba (con esclusione perciò, contra riamente a quanto affermato dalla Masetti, di qualsiasi altra violazione, specie in relazione alle condizioni di igiene dei locali e al trattamento in genere dei lavoratori), ma ha limitato l'efficienza produttiva di danni di tale eccesso di lavoro straordinario al solo periodo successivo alla pre sentazione del noto esposto dell'8 novembre 1939, in quanto, essendo solo in tale data l'Istituto venuto a conoscenza, tramite il suddetto esposto, delle precarie condizioni visive della Masetti, esso avrebbe dovuto, quanto meno con decor renza da quella data, astenersi dall'imporre in prosieguo di tempo a costei turni prolungati e gravosi di lavoro straor

dinario, che non potevano che fatalmente aggravare le sue facoltà visive.

Anche siffatta valutazione dei Giudici di merito, es sendo esaurientemente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di questa Suprema corte.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

I

Sezione I civile ; sentenza 25 ottobre 1961, n. 2366 ; Pres. Torrente P., Est. Iannuzzi, P. M. Colli (conci, conf.) ; Soc. Giurlani (Avv. Zappia) c. Romeo (Avv. Macrì).

(Gassa App. Catanzaro 29 agosto 1959)

Fallimento — Opposizione a sentenza dichiarativa — Intervento del creditore non istante — Legit

This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 23:19:16 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended