sezione II civile; sentenza 27 novembre 1998, n. 12077; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M. Nardi(concl. conf.); Soc. Figas Ischia (Avv. G. Di Meglio) c. Sorbo; Sorbo (Avv. V. Di Meglio,Pettorino) c. Soc. Figas Ischia. Conferma Trib. Napoli 30 settembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2993/2994-2995/2996Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194922 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 no
vembre 1998, n. 12077; Pres. Volpe, Est. Napoletano, P.M.
Nardi (conci, conf.); Soc. Figas Ischia (Avv. G. Di Meglio) c. Sorbo; Sorbo (Avv. V. Dì Meglio, Pettorino) c. Soc.
Figas Ischia. Conferma Trib. Napoli 30 settembre 1994.
Distanze legali — Depositi nocivi e pericolosi — Depositi di
gas liquido — Distanza — Principio della prevenzione — Esclu
sione (Cod. civ., art. 873, 875, 890; 1. 27 dicembre 1941 n.
1570, nuove norme per l'organizzazione dei servizi antincen
di, art. 28, 29).
La distanza di quaranta metri prevista dall'art. 4 della circolare
del ministero degli interni n. 74 del 20 settembre 1954 (ema nata in attuazione degli art. 28 e 29 l. 27 dicembre 1941 n.
1570) per l'installazione di impianti pericolosi (nella specie,
impianto di gas liquido) deve essere osservata dal confine del
fondo vicino indipendentemente dal momento in cui la co
struzione viene realizzata, ed i soggetti interessati all'installa
zione dell'impianto sono di conseguenza tenuti a costituire
sul proprio terreno la prescritta zona di sicurezza, senza poter invocare in danno dei vicini il principio della prevenzione. (1)
Svolgimento del processo. — La Figas Ischia s.r.l., proprieta ria di un fondo sito nella zona agricola del comune di Barano
d'Ischia, sul quale stava realizzando un deposito di gas liquido con impianto di riempimento delle bombole, con ricorso per denuncia di nuova opera proposto in data 3 dicembre 1983 al
Pretore di Ischia, chiese che Crescenzo Sorbo, proprietario di
un terreno ubicato nella stessa zona, fosse condannato ad arre
trare la costruzione intrapresa su detto suolo, perché posta a
distanza dal suo deposito inferiore a quella, minima, di quaran ta metri prescritta dall'art. 4 delle norme tecniche dettate dal
ministero degli interni con circolare n. 74 del 20 settembre 1954, in applicazione degli art. 28 e 29 1. n. 1570 del 1941.
L'adito pretore, disposta la sospensione dei lavori, ordinò la
comparizione delle parti ed il Sorbo, costituendosi in giudizio, resistè alla domanda, chiedendo la condanna della ricorrente
al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata, ai sensi
dell'art. 96 c.p.c. In esito al giudizio, il Pretore di Napoli, presso la sezione
distaccata di Ischia, rigettò la domanda proposta dalla ricorren
te, ma non accolse la richiesta di risarcimento danni avanzata
dal resistente.
Tale decisione, appellata, in via principale, dalla Figas Ischia
(1) In tema, v. Cons. Stato, sez. V, 13 novembre 1995, n. 1556, Foro
it., Rep. 1996, voce Distanze legali, n. 29, per il quale legittimamente un comune impone al proprietario di un impianto pericoloso (nella spe
cie, impianto di gas propellente liquido) di costruire sul proprio terreno
un muro tagliafiamme nel caso in cui successivamente realizzi sul fondo
vicino un impianto sportivo, non trovando nel caso applicazione il prin cipio della prevenzione; Cass. 19 aprile 1982, n. 2423, id., Rep. 1982, voce cit., n. 31 (richiamata in motivazione), che ha escluso l'applicabili tà del principio della prevenzione in tema di distanze per la costruzione di fabbriche di materie esplodenti, assoggettate alla disciplina del r.d.
6 maggio 1940 n. 635 (regolamento di esecuzione del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza); 21 gennaio 1963, n. 85, id., Rep. 1963, voce
Olii minerali e idrocarburi, nn. 41, 42, per la quale la distanza di sicu
rezza prevista dall'art. 39 d.m. 31 luglio 1934, emesso in esecuzione
del r.d.l. 2 novembre 1933 n. 1741 (convertito nella 1. 8 febbraio 1934
n. 367) e del regolamento approvato con r.d. 20 luglio 1934 n. 1303, sulla disciplina dell'importazione, lavorazione, deposito e distribuzione
di olì minerali e loro residui, deve essere osservata dal confine del fon
do vicino ai sensi dell'art. 890 c.c. anche se su tale fondo non preesista costruzione alcuna; 12 ottobre 1961, n. 2091, id., 1962, I, 1333, con
nota di richiami, sempre in tema di distanze regolate dal d.m. 31 luglio 1934.
Sulla natura ed efficacia delle disposizioni ministeriali in tema di di
stanze di sicurezza relative ad impianti pericolosi, v. Cass. 24 febbraio
1976, n. 603, id., 1976, I, 1547, con nota di richiami, che ha negato natura regolamentare alla circolare del ministero degli interni n. 10/01002
del 27 giugno 1962, in materia di impianti di colorazione artificiale de
gli agrumi mediante impiego di sostanze esplosive; 12 ottobre 1961, n. 2091, cit., per la quale tra le norme regolamentari cui l'art. 890
c.c. rinvia per la determinazione delle distanze dal confine per fabbri
che e depositi nocivi non è compreso l'art. 38 d.m. 31 luglio 1934; 29 gennaio 1960, n. 125, id., Rep. 1960, voce cit., n. 13, in tema di
norme dettate con provvedimento del ministero degli interni del 15 maggio
Il Foro Italiano — 1999.
s.r.l. e, in via incidentale, dal Sorbo, trovò conferma nella sen
tenza resa in data 30 settembre 1994 dal Tribunale di Napoli. Osservò il giudice d'appello che la normativa sulla quale la
Figas Ischia s.r.l. fondava la domanda poneva precetti e diritti
esclusivamente nei confronti dei soggetti interessati a costruire
impianti di riempimento e travaso di g.p.l., la loro osservanza
costituendo il presupposto indispensabile per il conseguimento del favorevole parere dei vigili del fuoco ed il conseguente rila
scio della concessione prefettizia.
Peraltro, rimarcò il tribunale, trattandosi di circolare, essa
non poteva limitare la sfera giuridica di altri soggetti, estranei
all'amministrazione da cui promanava, né poteva ritenersi ri
chiamata dall'art. 890 c.c., che prescrive di osservare, nella co
struzione presso il confine di depositi di materie esplodenti o
in altro modo pericolose o nocive, le distanze previste dalle nor
me regolamentari. Comunque, in via generale, detta normativa,
rivolgendosi esclusivamente a coloro che vogliano installare im
pianti pericolosi, esclude l'applicazione del principio della pre
venzione, ponendo il rispetto della distanza minima sempre e
solo a carico di detti soggetti.
Quanto al rigetto della domanda risarcitoria da responsabili tà aggravata, esso, ad avviso del tribunale, trovava giustifica zione nel rilievo che la questione di diritto dibattuta nel giudizio era di non agevole e pronta soluzione.
Avverso tale sentenza la Figas Ischia s.r.l. ha proposto ricor
so per cassazione fondato su di un unico motivo, illustrato da
successiva memoria. Il Sorbo resiste con controricorso, propo nendo a sua volta, ricorso incidentale fondato, anch'esso, su
di un solo mezzo.
Motivi della decisione. — Preliminarmente, ai sensi dell'art.
335 c.p.c., i due ricorsi vanno riuniti, essendo rivolti verso una
stessa sentenza.
Va dapprima esaminato il ricorso principale. Con l'unico motivo la ricorrente censura l'impugnata senten
za per violazione dell'art. 890 c.c. e della 1. 27 dicembre 1941
n. 1570, adducendo che il tribunale ha omesso di considerare
che, ai sensi dell'art. 890 c.c., pur in difetto di norme poste da regolamenti, si deve comunque osservare la distanza necessa
ria a preservare i vicini da ogni danno. Né rileva, ad avviso
della ricorrente, che la prescrizione della distanza di sicurezza
sia, nel caso in esame, dettata da una circolare, dal momento
che l'installazione del deposito fu autorizzato da un decreto pre fettizio.
Il fatto, poi, che nella zona possano essere state realizzate
1952 per l'installazione dell'esercizio di metanodotti e relative reti di
distribuzione e per le installazioni interne di utenze industriali. Più in generale, sul significato da attribuire al termine regolamento
contenuto nell'art. 890 c.c., v. Cass. 8 febbraio 1983, n. 1049, id., Rep. 1983, voce Distanze legali, n. 24.
Con riguardo alla presunzione di pericolosità connessa all'installazio ne di impianti e depositi rientranti nella previsione dell'art. 890 c.c., v. Cass. 11 agosto 1997, n. 7466, id., Rep. 1997, voce cit., n. 34; 23
dicembre 1994, n. 11138, id., Rep. 1994, voce cit., n. 31; 23 maggio 1992, n. 6217, id., Rep. 1992, voce cit., n. 23; 18 dicembre 1991, n.
13650, id., Rep. 1991, voce cit., n. 13; 8 agosto 1990, n. 8055, ibid., n. 12; 8 novembre 1985, n. 5459, id., Rep. 1985, voce cit., n. 31; 10
maggio 1980, n. 3082, id., Rep. 1980, voce cit., n. 44; 5 settembre
1978, n. 4040, id., Rep. 1978, voce cit., n. 44; 24 febbraio 1976, n.
603, cit. Sul principio della prevenzione in generale, v. Cass. 1° luglio 1996,
n. 5953, e 22 marzo 1996, n. 2473, id., 1997, I, 209, con nota di richia
mi. Cfr. anche Corte cost. 18 aprile 1996, n. 120, ibid., 394, con nota
di S. Benini, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 872 c.c. e 17, lett. c), 1. 6 agosto 1967 n. 765, nella parte in cui consentono di ritenere a distanza illegale un edificio
che fronteggi un altro preesistente, ma realizzato in totale difformità
della concessione, in riferimento agli art. 3, 24, 42 e 97 Cost.
In tema di distanze tra costruzioni, v. Cass. 12 febbraio 1998, n.
1509, id., 1998, I, 1091, con nota di richiami. In dottrina, sulle diverse questioni in tema di applicazione dell'art.
890 c.c., v. A. Albamonte, Nuova rassegna di giurisprudenza sul codi
ce civile, libro III, tomo I, Milano, 1997, sub art. 890 c.c.; G. Pescatore
C. Ruperto, Codice civile annotato con la giurisprudenza, Milano, 1997, 1090 ss.; R. Albano, Fabbriche e depositi nocivi e pericolosi, voce del
Digesto civ., Torino, 1992, Vili, 169 ss.; B. Biondi, Osservazioni intor
no all'art. 890 c.c., in Giur. it., 1963, I, 1, 291; F. De Martino, in
Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1976, sub art. 890 c.c.
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2995 PARTE PRIMA 2996
costruzioni rurali non vale, secondo la ricorrente, a mutare
la destinazione della zona stessa, che resta a destinazione
agricola. La ricorrente rimarca che l'osservanza della distanza di sicu
rezza risponde ad un'esigenza di carattere generale, che impone
comunque il rispetto della distanza, sicché non è ammissibile
che essa, dopo avere ottemperato ad ogni prescrizione, veda
messo in pericolo l'esercizio della propria attività commerciale
dalla successiva e, peraltro, abusiva costruzione del vicino, al
quale, comunque, «nel progetto approvato è stata anche pre scritta ed osservata la distanza di protezione».
Il ricorso è destituito di fondamento.
La sentenza impugnata fa corretta applicazione dell'art. 890
c.c. e dell'art. 28, lett. a) e d), 1. 1570/41 in esecuzione del
quale furono emanate le prescrizioni sulle distanze da osservarsi
in caso di installazione di depositi per il riempimento e travaso
di g.p.l., nella parte in cui afferma che esclusivi destinatari dei
precetti posti da tali norme sono i soggetti interessati all'instal
lazione di detti depositi, sicché alcuna limitazione può derivare
dalle prescrizioni allo ius aedificandi dei vicini.
Per vero, l'art. 4, 1° comma, della circolare n. 74 del 20
settembre 1954 del ministero degli interni stabilisce che tra gli elementi ritenuti pericolosi (punti di travaso, serbatoi fuori ter
ra, locale imbottigliamento, ecc.) dell'impianto ed i confini di
aree qualificate, in piano regolatore, come edificabili dovrà os
servarsi una distanza di sicurezza di quaranta metri; la stessa
distanza prescrive rispetto ai fabbricati «non pertinenti», dello
stabilimento stesso in cui gli elementi ritenuti pericolosi vengo no comunque installati.
È evidente, dunque, specie in considerazione del fatto che
la distanza di sicurezza dev'essere osservata anche all'interno
dello stabilimento, che i destinatari del precetto sono esclusiva
mente i soggetti che intendano realizzare i depositi ritenuti de
iure pericolosi e che il precetto intende tutelare proprio i fondi
vicini dal pericolo di danni connesso all'installazione di tali de
positi. Ne deriva che, contrariamente a quanto sostiene la ricorren
te, secondo cui sarebbe fuori luogo il richiamo al principio di
prevenzione fatto dal giudice d'appello per escludere l'applica
bilità, esattamente il tribunale ha fatto tale considerazione, es
sendo evidente che, se la norma si rivolge esclusivamente ai sog
getti interessati a realizzare le installazioni pericolose, il fatto
che costoro abbiano per primi operata l'installazione non con
ferisce loro alcun vantaggio nei confronti dei vicini che intenda
no costruire successivamente, per costringerli ad osservare, essi, la distanza di sicurezza.
Al contrario, sono gli interessati all'installazione dei depositi che devono osservare comunque detta distanza, indipendente mente dal momento in cui l'installazione viene realizzata con
riferimento alle costruzioni dei vicini, sicché la loro installazio
ne può essere ritenuta legittima solo se, al momento in cui av
viene, nel raggio di quaranta metri dall'opera realizzanda, an
che all'interno del fondo stesso in cui è destinato a sorgere il
deposito pericoloso, non esistano costruzioni né è possibile, in
relazione agli strumenti urbanistici vigenti nella zona, che essi
vengano in futuro ad esistenza (cfr. Cass. 19 aprile 1982, n.
2423, Foro it., Rep. 1982, voce Distanze legali, n. 31, in tema
di norme dettate dal r.d. 6 maggio 1940 n. 635 per la costruzio
ne di fabbriche di materie esplodenti).
Pertanto, i soggetti interessati alle installazioni pericolose so
no tenuti, essi, a costituire, sul proprio terreno, la prescritta zona di sicurezza o protezione verso l'esterno, senza poter invo
care in danno dei vicini il principio di prevenzione ai sensi degli art. 873 e 875 c.c.
E, poiché, nel caso in esame, è indubbio che nella zona
in cui l'installazione fu realizzata era possibile costruire fabbri
cati rurali, la ricorrente avrebbe dovuto preventivamente assi
curarsi che ciò concretamente non poteva verificarsi entro i
quaranta metri dal realizzando deposito al confine con i fondi
vicini. Tali considerazioni rendono irrilevante ogni questione con
nessa all'illegittimità della costruzione del Sorbo, che, peraltro, la contesta. Senza dire che l'assunto sostenuto al riguardo dal
la ricorrente contrasta con l'ammissione, da parte della stessa
ricorrente, dell'esistenza di un progetto regolarmente approvato.
Il Foro Italiano — 1999.
Né rileva che l'eventuale concessione possa avere imposto al
controricorrente l'osservanza della distanza di «protezione», poi ché a prescindere dalla legittimità di una siffatta prescrizione
per le considerazioni già svolte, da essa non sarebbe potuto de
rivare, comunque, un diritto soggettivo della Figas s.r.l. all'ar
retramento della costruzione del Sorbo, tale sanzione potendo derivare solo dalla violazione di una norma integratrice dell'art.
873 c.c., la cui esistenza non è stata neppure allegata dalla ri
corrente.
Va, ora, esaminato il ricorso incidentale, sostenuto da un unico
mezzo, col quale il Sorbo denuncia violazione degli art. 116
e 96, 2° comma, c.p.c. e degli art. 890, 873 e 875 c.c. nonché
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Sostiene il ricorrente che, nell'escludere l'esistenza dei pre
supposti necessari all'accoglimento della domanda risarcitoria
da responsabilità aggravata, il tribunale ha operato una confu
sione tra l'ipotesi prevista dal 1° comma dell'art. 96 e quella
prevista dal 2° comma nella specie ricorrente, essendo stata ne
gata l'esistenza del diritto posto a base del provvedimento cau
telare di sospensione dei lavori, tenuto in vita fino alla pronun cia di secondo grado.
Sotto il profilo soggettivo, aggiunge il ricorrente, ad integrare la suddetta ipotesi è sufficiente la colpa lieve, nella specie in
dubbiamente ravvisabile, in considerazione della natura quasi temeraria della domanda.
La colpa della ricorrente Figas s.r.l. è dimostrata, ad avviso
del Serbo, anche dal suo comportamento processuale, caratte
rizzato dalla reiterazione per circa un decennio delle stesse ar
gomentazioni, senza contrapporre alcunché alla motivazione delle
due sentenze sfavorevoli dei giudici di merito.
Anche questo ricorso è privo di fondamento.
Per vero, ancorché sinteticamente, il tribunale ha dato suffi
ciente contezza del proprio convincimento, rimarcando che la
questione dibattuta in giudizio si presentava di non facile e pronta soluzione. Il che, da un canto, esclude che il giudice d'appello
possa avere operata la confusione denunciata dal ricorrente, es
sendo evidente la riferibilità della valutazione fatta al parame tro della «normale prudenza», di cui al 2° comma dell'art. 96
c.p.c., dall'altro evidenzia che la motivazione data è immune
da vizi logici e giuridici idonei a giustificare il sindacato di legit timità su di una tipica valutazione di merito.
In tale valutazione non può non essere stato considerato
anche l'atteggiamento processuale della parte istante, anche
se di esso non v'è cenno esplicito in sentenza, e, comunque, esso non costituisce elemento idoneo a far ritenere che, se
considerato, avrebbe potuto indurre a diversa decisione della
domanda.
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