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sezione II civile; sentenza 27 settembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Palmieri(concl. conf.); Cappiello (Avv. Violante) c. Camerino (Avv. Castellana, M. Costantino, F.Macario). Cassa App. Bari 14 febbraio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2603/2604-2607/2608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191702 .
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2603 PARTE PRIMA 2604
del giudice del lavoro dispone l'art. 413, 1° comma, c.p.c., la
competenza territoriale è regolata dallo stesso articolo nei com
mi successivi. Con riguardo alle controversie individuali di la
voro subordinato, la disciplina va ricercata nel 2° e nel 3° (non ché nel 5° e nel 6°) comma dell'art. 413, cit.
Il 2° comma, sulla base dell'interpretazione tradizionale (e di gran lunga prevalente) individua tre fori concorrenti e alter
nativi: quello del luogo in cui è sorto il rapporto, quello della
sede dell'azienda, e quello del luogo della dipendenza aziendale
alla quale il lavoratore è addetto o prestava la sua opera nel
momento finale del rapporto (in tal senso, ex pluribus, Cass.
18 novembre 1991, n. 12373, id., Rep. 1992, voce cit., n. 89; 12 febbraio 1993, n. 1771, id., Rep. 1993, voce cit., n. 74; 2
settembre 1995, n. 9280, id., Rep. 1995, voce cit., n. 51). L'indirizzo giurisprudenziale minoritario, propugnato da Cass.
25 marzo 1996, n. 2618 (id., Mass., 257), ravvisa, invece, nella
previsione dell'art. 413, 2° comma, c.p.c. due soli fori concor
renti e alternativi, quello del luogo in cui è sorto il rapporto, e quello del luogo in cui si svolge la prestazione del lavoratore
(o si svolgeva al momento della cessazione del rapporto), alla
condizione che detto luogo coincida con quello della sede prin
cipale o di una dipendenza dell'azienda.
Orbene, per quanto attiene alla controversia in esame, pro mossa dall'aspirante lavoratore sig. Fasci nei confronti della so
cietà Ferrovie dello Stato (asseritamente obbligata alla di lui
assunzione), non si rende indispensabile optare per l'una o per l'altra lettura del testo normativo; e infatti, sia che si aderisca
all'uno come all'altro riferito indirizzo, la competenza territo
riale nella presente causa va comunque attribuita al foro di Roma.
Seguendo, infatti, l'orientamento tradizionale, poiché rispet to alla lite relativa a rapporto di lavoro ancora da costituire
fra le parti non possono operare né il foro del luogo in cui
«è sorto il rapporto» (foro che presuppone un rapporto di lavo
ro, appunto, già sorto, quantunque, in ipotesi, venuto poi ad
estinguersi) né il foro della dipendenza aziendale (foro che pre
suppone il lavoratore già addetto alla dipendenza nell'atto del
l'introduzione della lite, o quanto meno nel momento dell'estin
zione — se già avvenuta — del rapporto), altro non rimane
che dare applicazione esclusiva al terzo residuo foro (cfr. Cass.
8 febbraio 1990, n. 823, id., 1990, I, 2232), ossia al foro della
sede dell'azienda.
Seguendo, invece, l'orientamento di Cass. 2618/96, citata, ri
sultano evidentemente inapplicabili nella controversia relativa
a rapporto di lavoro non ancora costituito fra le parti entrambi
i criteri di collegamento di cui all'art. 413, 2° comma, c.p.c.: sia il forum contractus, che presuppone come si è visto il rap
porto di lavoro già costituito, sia il foro unico dell'azienda o
della dipendenza (considerato come foro della prestazione lavo
rativa), poiché anche tale foro esige l'avvenuta costituzione del
la locatio operarum (nel momento dell'introduzione della lite
il lavoratore deve trovarsi già addetto all'azienda o alla dipen denza, o deve esservi stato addetto all'epoca di cessazione del
rapporto). Sicché, non trovando applicazione nessuno dei fori
speciali dell'art. 413, 2° comma, la competenza passa al foro
generale sussidiario (quello dell'art. 19 c.p.c., implicitamente
evocato, assieme a quello dell'art. 18, dall'art. 413, 5° comma,
c.p.c.: cfr. sul punto Cass. 6 febbraio 1990, n. 823, cit.; 25
marzo 1996, n. 2618, cit.).
Conclusivamente, sia che debba farsi capo al foro dell'azien
da, di cui al 2° comma dell'art. 413 c.p.c., sia che debba opera re come sussidiario il foro della persona giuridica, di cui al 5°
comma, la competenza ratione loci nella presente lite spetta co
munque al giudice romano.
La corte provvede allora a regolare la competenza in favore
del Pretore giudice del lavoro di Roma.
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 set
tembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Pal
mieri (conci, conf.); Cappiello (Aw. Violante) c. Camerino
(Aw. Castellana, M. Costantino, F. Macario). Cassa App. Bari 14 febbraio 1994.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratto preli minare — Cessione del possesso di beni di uso civico — Nul
lità (Cod. civ., art. 1140, 1146, 1322, 1325, 1418, 1419, 2932; 1. 16 giugno 1927 n. 1766, conversione in legge, con modifi
cazioni, del r.d. 22 maggio 1924 n. 751, riguardante il riordi
namento degli usi civici nel regno, del r.d. 28 agosto 1924
n. 1484, che modifica l'art. 26 r.d. 22 maggio 1924 n. 751
e del r.d. 16 maggio 1926 n. 895, che proroga i termini asse
gnati dall'art. 2 r.d. 22 maggio 1924 n. 751, art. 9, 10, 21).
È nullo per impossibilità dell'oggetto il contratto preliminare
atipico, con cui le parti si siano obbligate, rispettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione possessoria (nel la specie, posizione di occupatore abusivo di terreni di uso
civico). (1)
(1) La Cassazione si pronuncia su un contratto preliminare, con cui le parti si obbligavano al trasferimento della situazione di occupatore abusivo di terre di uso civico; e lo dichiara nullo per impossibilità del
l'oggetto. La situazione giuridicamente protetta, ex art. 9 e 10 1. 1766/27, di
occupatore abusivo è considerata intrasferibile, in quanto situazione di mero fatto. La Suprema corte esclude anche l'operatività dell'istituto dell'accessit» possessioni (art. 1146, 2° comma, c.c.), per la mancanza dei necessari presupposti. In primo luogo, quindi, per l'assenza di un titolo (anche viziato) idoneo, in astratto, alla cessione del diritto di pro prietà del bene formante oggetto del possesso. Sul punto, v. App. Pa lermo 11 giugno 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Possesso, n. 18, e Temi siciliana, 1991, 180; Cass. 26 novembre 1986, n. 6977, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 13, e Foro pad., 1988, I, 229, con nota di
Lemmi; 30 luglio 1984, n. 4525, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 13; Pret. Terracina 31 maggio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 21, e Giur. it., 1985, I, 2, 257; Cass. 23 gennaio 1982, n. 456, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 57; 11 dicembre 1981, n. 6552, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 16. Inoltre, l'applicabilità al caso di specie dell'art. 1146, 2°
comma, viene esclusa, perché la norma prevede l'unione dei possessi e non la trasmissione del possesso da un soggetto ad un altro.
Il problema particolare della trasmissibilità di beni demaniali di uso civico è stato affrontato, in dottrina e, sporadicamente, in giurispru denza sotto il profilo dell'assimilazione della situazione dell'occupatore a quella possessoria, ai fini della legittimazione. Cons. Stato, sez. II, 24 novembre 1965, Nuovo dir. agr., 1981, 671, osserva che il possesso dell'occupatore abusivo ha i caratteri del «bene giuridico», i rapporti che su di esso possono essere costituiti sono regolati dal diritto comune ed è pienamente applicabile l'art. 1146 c.c. Si afferma, ulteriormente, la validità della trasmissione, a qualsiasi titolo, di terreni di uso civico
oggetto di occupazione abusiva, ai fini della legittimazione dell'occupa zione in capo all'ultimo occupatore. Nello stesso senso, Ramelli Di Celle, Legittimazione di terre di uso civico e cumulo del possesso, ibid., 661, ove si sottolinea la pratica impossibilità di scindere, ai fini della
legittimazione, con sicurezza, le migliorie apportate dall'uno o dall'al tro occupatore.
Sull'intrasmissibilità, a titolo particolare, dei terreni in oggetto, fon data sull'incommerciabilità dei beni classificati demaniali, v. Maccaro ni, Circa la trasmissibilità dell'occupazione dei beni demaniali di uso civico in possesso di privati occupatori senza titolo, in Temi romana, 1980, 685.
Le due ottiche evidenziate sono pacifiche in dottrina ed in giurispru denza (da ultimo, Cass., sez. un., 7 febbraio 1991, n. 1275, Foro it., Rep. 1991, voce Usi civici, nn. 25-27, ove si legge: «il requisito dell'ini ziale occupazione abusiva non viene meno se, dopo di essa, con l'occu
patore sia stato costituito un titolo interinale di godimento ... Il suc cessore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore, per goderne gli effetti. Con la conseguenza, nella specie, che la posizione giuridica degli occupatori iniziali delle terre si è tra smessa ai loro aventi causa». Per un precedente di più antico lignaggio, v. Cass., sez. un., 24 maggio 1921, Giur. it., 1924, IV, 127, con nota di Ciolfi, a cui dire «[. . .] nel caso in cui si siano verificate le condi zioni, per le quali l'occupatore può pretendere o chiedere la legittima zione del suo possesso . . . esse determinano un'entità economicamente e giuridicamente apprezzabile [. . .] E ciò basta perché se ne ammetta la trasmissibilità [...]. E il successore può a sua volta, come tale, far riconoscere l'esistenza di quello stato di fatto e di quelle condizioni
giuridiche a favore del suo autore e profittare a proprio beneficio del riconoscimento ottenuto»). Le due ottiche, dicevamo, sono pacifiche, ma risultano difficilmente conciliabili sul piano concreto. Si prenda, ad esempio, la fattispecie oggetto della sentenza in epigrafe: Tizio tra
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con citazione del 6 aprile 1989
Francesco Camerino convenne, davanti al Tribunale di Bari, Andrea Cappiello chiedendo, nei suoi confronti, l'emanazione
di una sentenza sostitutiva del contratto definitivo, che si sareb
be dovuto da entrambi concludere in adempimento di quello
preliminare di vendita, con il quale egli si era obbligato a tra
sferire e il Cappiello ad acquistare, per il prezzo di lire
105.911.000, alcuni fondi rustici. *
Costituitosi in giudizio, il convenuto eccepì la nullità del con
tratto preliminare, sostenendo che i beni promessi erano inalie
nabili perché gravati da diritti d'uso civico, e affermò che, ai
sensi dell'art. 1419 c.c., tale nullità si estendeva all'obbligo di
trasferimento assunto anche per alcuni terreni di cui il promit tente alienante era proprietario. E di quest'ultimo, chiese, con
domanda riconvenzionale, la condanna a restituirgli la somma
di denaro rivalutata già versatagli come parte di prezzo. Con sentenza del 5 aprile 1991 il tribunale respinse la doman
da principale, e, in accoglimento delle istanze riconvenzionali, dichiarò la nullità del contratto preliminare e condannò l'attore
a restituire al convenuto la somma di cinquanta milioni di lire
con gli interessi.
Osservò, tra l'altro, il tribunale che l'inalienabilità dei terre
ni, gravati da diritti d'uso civico, era confermata dall'art. 21
1. n. 1766 del 1927, pur riferendosi tale norma all'ipotesi delle
unità fondiarie assegnate in sede di ripartizione mentre, nel ca
so in esame, i terreni erano, per la maggior parte, abusivamente
occupati dal promittente, il quale aveva promosso il procedi mento amministrativo di legittimazione per acquistarne la pro
prietà.
Aggiunse il tribunale che, in ogni caso, non si sarebbe potuta trasferire con sentenza costitutiva, ai sensi dell'art. 2932 c.c., la posizione di occupatore arbitrario di un terreno di uso civico, trattandosi non di un diritto, ma di una situazione di mero fatto.
Contro tale pronuncia propose impugnazione il soccombente
insistendo nel chiedere l'accoglimento delle proprie pretese e il
rigetto di quelle della controparte che, a sua volta, resistette
al gravame eccependone l'infondatezza.
Con sentenza del 14 febbraio 1994 la Corte di appello di Ba
ri, in riforma della decisione di primo grado, «ha trasferito, con effetto dal momento del pagamento del residuo prezzo, la
situazione possessoria di occupatore, di cui agli art. 9 e 10 1.
sferisce a Caio il possesso del fondo Alfa, oggetto di occupazione abu
siva, il contratto è dichiarato nullo, ma Caio non restituisce il bene, che in precedenza gli era stato consegnato. A Tizio non competerà né
tutela petitoria, né tutela possessoria. Il risultato concreto sarà, quindi, che Caio non dovrà pagare il prezzo, essendo il contratto improduttivo di effetti, mentre Tizio non potrà in alcun modo recuperare la propria posizione. In definitiva Caio potrà, avvalendosi delle migliorie fatte da
Tizio, chiedere la legittimazione del fondo Alfa; a Tizio residuerà, for
se, la sola tutela dell'arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).
Questo paradossale risultato sarebbe forse stato evitato se, in sede
di interpretazione del contratto, si fosse inteso lo stesso non come preli minare di cessione di possesso, la cui inammissibilità risulta dalla co
stante interpretazione dell'art. 1140 c.c., ma come preliminare di un
diverso, e atipico, contratto, costitutivo dell'obbligo a non opporsi a che la controparte ottenesse, a suo nome, la legittimazione dei fondi
destinati ad uso civico. Convenzione probabilmente lecita, perché affi
ne a quei contratti obbligatori interprivati tra assegnatari di quote di
beni civici, al cui mantenimento sembra orientata la giurisprudenza: v. Cass. 4 agosto 1979, n. 4536, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 15, e Nuovo dir. agr., 1980, 229, con nota di Adornato.
In tale, diversa, ottica la questione si sarebbe spostata sul piano del
l'ammissibilità di un contratto preliminare di convenzione con effetti
meramente obbligatori. Sul punto, v. Gabrielli-Franceschelli, Con
tratto preliminare (dir. civ.), voce dell' Enciclopedìa giuridica Treccani,
Roma, 1988, IX. Per un precedente, v. Cass. 28 settembre 1977, n. 4120, Foro it.,
Rep. 1978, voce Vendita, n. 24, in cui i giudici disattendono la configu razione della vendita di beni di uso civico come vendita di cosa altrui
e dichiarano la nullità della stessa per impossibilità dell'oggetto. V. an
che Cass. 22 novembre 1990, n. 11265, id., 1990, I, 3396, in cui si
dichiara la nullità di atti di vendita di terre di uso civico disposti dal
comune. Su alcuni dei numerosissimi problemi posti dall'antico istituto degli
usi civici, v. Andrini, Usi civici ed attività notarile, in Vita not., 1991,
802; da ultimo, v. Corte cost. 10 maggio 1996, n. 156, e 19 marzo
1996, n. 83, Foro it., 1996, I, 2297, con nota di Pietrosanti: la prima delle due è anche riportata, id., 1995, I, 2770, con nota di Fuzio; 20
febbraio 1995, n. 46, ibid., 741, con nota di Benini. [E. Brunetti]
Il Foro Italiano — 1997.
n. 1766 del 1927, applicabile ai terreni, indicati nel contratto
preliminare nella clausola segnata col n. 1, e «ogni diritto, com
preso l'utile dominio degli appezzamenti di terreno, riportati nella clausola n. 2 del medesimo contratto».
La corte, premesso che tra le parti era stato concluso un con
tratto preliminare, ne ha ritenuto la validità sul presupposto che oggetto della promessa era stato il possesso che sui terreni, di cui al n. 1 della scrittura, l'occupatore abusivo esercitava
e per i quali aveva promosso il procedimento di legittimazione
(ai sensi degli art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927) per una situazione
che era completamente diversa da quella cui si riferisce l'art.
21 della stessa legge, che vieta le divisioni, le alienazioni e le
cessioni per qualsiasi titolo dei fondi prima della loro affran
cazione.
Ad avviso della corte la situazione possessoria poteva forma
re oggetto di contratto preliminare, essendo generatrice di dirit
ti ed espressamente tutelata dagli art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927.
In particolare, era ammissibile la trasmissione del possesso dei
terreni d'uso civico, oggetto di occupazione abusiva, potendo il cessionario giovarsi di essa per ottenere il provvedimento di
legittimazione a suo nome. E da tale conclusione derivava an
che l'ulteriore conseguenza della validità dell'intera promessa di vendita, dalla quale, comunque, non era emersa la volontà
dei contraenti di non addivenire al trasferimento dei beni, indi
cati nella clausola n. 2 della scrittura, senza la parte del suo
contenuto che fosse risultata nulla.
Ricorre per cassazione il Cappiello con otto motivi. Il Came
rino resiste con controricorso illustrato con memoria.
Motivi della decisione. — (Omissis). Con i motivi terzo, quarto,
quinto e settimo, tutti connessi, si censura la sentenza impugna ta per avere la corte d'appello pronunciato la sentenza costituti
va del trasferimento del possesso, senza considerare che all'e
manazione di tale statuizione ostava l'impossibilità della cessio
ne di mere situazioni di fatto, anche se protette giuridicamente, come quelle dell'occupatore abusivo di terre d'uso civico (art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927), e che, quindi, il contratto atipicó, con cui le parti si erano obbligate a tale trasferimento (prelimi
nare) era nullo per impossibilità dell'oggetto. In particolare, si nega che possa addursi, a sostegno della
conclusione cui è pervenuto il giudice d'appello, la disciplina dell'accesso possessionis (si legge nella motivazione della sen
tenza impugnata: «Si deve ammettere la validità della trasmis
sione del possesso dei terreni di uso civico, ai fini della legitti mazione della occupazione abusiva in testa all'ultimo occupato
re, sia se questi sia succeduto al suo autore dopo il periodo decennale d'occupazione, sia se, invece, si debba aggiungere al
periodo d'occupazione dell'autore quello del successore a titolo
particolare . . .»), giacché per la sua operatività è necessario che,
a monte della situazione possessoria, vi sia un titolo astratta
mente idoneo al trasferimento della proprietà, titolo che nel ca
so in esame non esisteva.
Si aggiunge che la corte d'appello ha ritenuto, in ogni caso, valido il contratto preliminare, nella parte relativa ai terreni non
gravati da diritti d'uso civico, con motivazione insufficiente e
contraddittoria, e ha trascurato una serie di elementi, la cui
valutazione avrebbe determinato una decisione diversa, e, so
prattutto, non ha considerato l'osservazione con la quale il pro missario aveva fatto presente di non poter avere alcun interesse
all'acquisto dei soli terreni, esenti da uso civico, data la loro
minima estensione in rapporto a quella totale.
I motivi sono fondati per l'assorbente e decisivo rilievo del
l'intrasferibilità contrattuale del possesso disgiunto dal diritto
di cui esso costituisca l'esercizio, e, quindi, dell'impossibilità della pronuncia di una sentenza, ai sensi dell'art. 2932 c.c., in
sostituzione del contratto che si sarebbe dovuto concludere per la sua cessione in esecuzione di una promessa rimasta ina
dempiuta. Innanzi tutto, a sostegno della tesi della trasmissione contrat
tuale del possesso, non può richiamarsi l'art. 1146, 2° comma,
c.c., perché per tale norma Vaccessio possessionis, da essa pre
vista, ha, per presupposto indispensabile, l'esistenza di un tito
lo, anche viziato, idoneo, in astratto, alla cessione del diritto
di proprietà (o di altro diritto reale) del bene formante oggetto del possesso (sent. nn. 6552 del 1981, Foro it., Rep. 1981, voce
Possesso, n. 16; 3876 del 1976, id., Rep. 1976, voce Usucapio
ne, n. 19; 3369 del 1972, id., Rep. 1972, voce Possesso, n. 35;
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2607 PARTE PRIMA 2608
936 del 1970, id., Rep. 1970 voce cit., n. 26; 1378 del 1964, id., Rep. 1964, voce Locazione, n. 54).
Inoltre, la norma non prevede affatto la trasmissione del pos sesso da un soggetto all'altro, ma soltanto la possibilità per il
successore a titolo particolare (acquirente o legatario) di unire
al proprio possesso quello distinto e diverso del dante causa
per goderne gli effetti.
Dalla stessa nozione del possesso, definito dall'art. 1140 c.c.
«il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispon dente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale», si
evince la sua intrasmissibilità. Infatti, un'attività non è mai tra
smissibile, ma può solo essere intrapresa, e l'intrasmissibilità
è maggiormente evidente in ordine al possesso, in quanto l'atti
vità che lo contraddistingue deve essere accompagnata àa\\'ani
mus possidendi (volontà di esercitare sulla cosa una signoria
corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale), cioè da
un elemento che, per la sua soggettività, può essere proprio sol
tanto di colui che attualmente possiede e non di chi ha possedu to in precedenza.
Quindi esattamente si è affermato in dottrina che ciò che si
trasferisce è solo l'oggetto del possesso, il quale, invece, «non
si compra e non si vende, non si cede e non si riceve per l'effet
to di un negozio», e, perciò, «l'acquisto a titolo derivativo del
possesso è un'espressione da usarsi solo in senso empirico e
traslato».
D'altra parte, anche chi propende per la tesi contraria rico
nosce che di acquisto derivativo possa parlarsi «soltanto per sottolineare che l'acquisto del possesso ha luogo con l'assenso
e la partecipazione del precedente possessore e non con il solo
contegno di colui che acquista il possesso, come accade nell'ap prensione».
L'unica eccezione a questa regola si ha nella successione uni
versale, in quanto in tale ipotesi, in forza di una fictio legis, il possesso continua nell'erede, con effetto dall'apertura della
successione, indipendentemente dalla verificazione dei suoi pre supposti di fatto.
Il contratto preliminare atipico con cui le parti, in base al l'autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), si siano obbligate, ri
spettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione pos sessoria, come si è verificato nella specie, è pertanto nullo, ai sensi degli art. 1418 e 1325 c.c., per l'impossibilità dell'oggetto.
Pertanto, la corte d'appello avrebbe dovuto rilevare, anche
d'ufficio, tale nullità e non emanare la sentenza, sostitutiva del contratto definitivo non concluso, con la quale ha trasferito il possesso dei terreni del promitente al promissario.
Il contratto preliminare, per la parte relativa ai terreni già di proprietà del promittente è stato ritenuto valido dalla corte
d'appello, anche nella previsione che si fosse ravvisata la nullità della parte riguardante il possesso. •
Ma la motivazione adottata non regge alle critiche del ricor
rente, in quanto l'affermazione, secondo cui non era risultato che i contraenti non avrebbero concluso il preliminare senza la parte del suo contenuto coperta dalla nullità, è stata fatta omettendo qualsiasi valutazione dell'argomento — il cui esame avrebbe potuto determinare una decisione diversa — con il qua le il convenuto aveva insistito per la declaratoria di nullità del l'intero contratto (assenza d'interesse alla cessione di terreni del
l'esigua superficie di are 2,50, rispetto a quella totale promessa di oltre 21 are, «tanto più che il prezzo era stato stabilito in modo globale e forfetario, indipendentemente dalla tipologia dei fondi»).
Consegue che:
1) deve rigettarsi il sesto motivo, devono accogliersi i motivi
terzo, quarto, quinto, e settimo e dichiararsi assorbiti il primo, il secondo e l'ottavo motivo, in quanto investono punti condi zionati dalla sorte dei motivi accolti;
2) deve cassarsi la sentenza impugnata e rinviarsi la causa ad altra sezione della stessa corte d'appello per nuovo esame, che dovrà essere limitato alla questione della nullità parziale o totale del contratto preliminare, al fine della pronuncia sulla domanda di cui all'art. 2932 c.c., avente per oggetto la promes sa di trasferimento della sola proprietà dei beni.
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 settem
bre 1996, n. 8477; Pres. Lanni, Est. Ravagnani, P.M. Ton di (conci, diff.); Società per il risanamento di Napoli (Avv. Della Chiesa D'Isasca, Rizzo) c. Campolongo (Avv. Pelle
grini). Cassa Trib. Napoli 10 dicembre 1992.
Lavoro (rapporto di) — Alloggio di servizio — Ritenzione —
Esclusione (Cod. civ., art. 1460).
Non ha diritto alla ritenzione dell'alloggio di servizio il portiere alle dipendenze di una società cui, alla cessazione del rappor to di servizio, non risulti sia stata offerta, come stabilito da
accordo sindacale, la locazione di altro immobile della socie
tà o, se indisponibile, l'indennità una tantum alternativamen te prevista dall'accordo stesso. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 4 marzo
1988, la Società per il risanamento di Napoli, deducendo che il sig. Vincenzo Campolongo, dopo avere svolto alle proprie dipendenze mansioni di portiere ed essere stato collocato in quie scienza il 31 gennaio 1988, non aveva provveduto all'adempi mento dell'obbligo, sancito dal contratto collettivo, di rilasciare
l'alloggio di servizio, nonostante avesse ricevuto dalla società sia comunicazione dell'indisponibilità di alloggi da concedere in locazione, sia offerta dell'indennità alternativa, chiedeva al
Pretore di Napoli di ordinare all'ex dipendente di rilasciare l'al
loggio di servizio occupato. Il convenuto eccepiva che, ai sensi dell'accordo sindacale del
28 ottobre 1983, la società datrice di lavoro poteva liberarsi
dall'obbligo assunto di concedere in locazione un alloggio, alla cessazione del rapporto di lavoro, solo nel caso in cui non vi fosse disponibilità di appartamenti, ed assumeva che, invece, esistevano immobili disponibili di proprietà della società, ma
questa non aveva proceduto a farne offerta. Il pretore adito rigettava la domanda. La Risanamento interponeva gravame, cui resisteva il Cam
polongo. Il Tribunale di Napoli rigettava l'appello, osservando quanto
segue. Dalla semplice lettura della norma pattizia risulta eviden te che fu stipulata non un'obbligazione alternativa, ma l'obbli
gazione principale di concedere un immobile in locazione e l'ob
bligazione secondaria di corrispondere una somma di denaro solo nell'ipotesi di impossibilità di adempimento della prima per indisponibilità di alloggi. L'onere della prova di quest'ultima circostanza spettava alla società, trattandosi di fatto costitutivo del diritto di liberarsi da ogni impegno negoziale, versando una somma di denaro. Peraltro, la deduzione di tale fatto e le relati ve istanze istruttorie correttamente sono state dichiarate inam missibili dal pretore, essendo state fatte non nell'atto introdutti vo del giudizio ma successivamente.
Giustamente, pertanto, è stato invocato il principio inadem
pienti non est adimplendum. Avverso questa sentenza la Società pel risanamento di Napoli
ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura. Il Campolongo ha presentato controricorso, ecce
pendo anzitutto l'inammissibilità del ricorso per mancata osser vanza del termine breve applicabile nella specie.
Motivi della decisione. — Premessa la manifesta infondatez za della sollevata eccezione, non risultando dagli atti, nonché la data, neppure la stessa notificazione della sentenza, oltre a tutto indicata quest'ultima dal medesimo resistente, nell'epigra
(1) Dictum strettamente legato alla specie decisa. Per l'affermazione, alla base della ratio decidendi, per cui l'eccezione d'inadempimento po stula necessariamente un rapporto di corrispettività ed è pertanto oppo nibile soltanto nell'ambito di un medesimo rapporto negoziale e non in altro autonomo rapporto, cfr. Cass. 8 settembre 1994, n. 7701, Foro it., Rep. 1994, voce Contratto in genere, n. 492; 11 febbraio 1987, n. 1489, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 450, entrambe citate in sentenza. Per l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento anche al di fuori dei contratti a prestazioni corrispettive, cfr. Cass. 28 ottobre 1993, n. 10723, id., Rep. 1993, voce Comunione e condominio, n. 179, secondo cui sarebbe possibile richiamarsi all'art. 1460 c.c. anche nel caso di rappor ti tra condomini. In tema di eccezione d'inadempimento nel rapporto di lavoro, cfr., di recente, Cass. 16 gennaio 1996, n. 307, Riv. it. dir. lav., 1996, II, 536, con nota di C. Saisi, Brevi note in materia di «ex ceptio inadimpleti contractus» nel contratto di lavoro subordinato. In materia di eccezione d'inadempimento in generale, cfr. Pret. Torino 20 febbraio 1995, Foro it., 1995, I, 2615, con nota di M. S. Zampetti.
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