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sezione II civile; sentenza 27 settembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Palmieri...

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sezione II civile; sentenza 27 settembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Palmieri (concl. conf.); Cappiello (Avv. Violante) c. Camerino (Avv. Castellana, M. Costantino, F. Macario). Cassa App. Bari 14 febbraio 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2603/2604-2607/2608 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191702 . Accessed: 28/06/2014 17:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 17:38:36 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 27 settembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Palmieri(concl. conf.); Cappiello (Avv. Violante) c. Camerino (Avv. Castellana, M. Costantino, F.Macario). Cassa App. Bari 14 febbraio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2603/2604-2607/2608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191702 .

Accessed: 28/06/2014 17:38

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2603 PARTE PRIMA 2604

del giudice del lavoro dispone l'art. 413, 1° comma, c.p.c., la

competenza territoriale è regolata dallo stesso articolo nei com

mi successivi. Con riguardo alle controversie individuali di la

voro subordinato, la disciplina va ricercata nel 2° e nel 3° (non ché nel 5° e nel 6°) comma dell'art. 413, cit.

Il 2° comma, sulla base dell'interpretazione tradizionale (e di gran lunga prevalente) individua tre fori concorrenti e alter

nativi: quello del luogo in cui è sorto il rapporto, quello della

sede dell'azienda, e quello del luogo della dipendenza aziendale

alla quale il lavoratore è addetto o prestava la sua opera nel

momento finale del rapporto (in tal senso, ex pluribus, Cass.

18 novembre 1991, n. 12373, id., Rep. 1992, voce cit., n. 89; 12 febbraio 1993, n. 1771, id., Rep. 1993, voce cit., n. 74; 2

settembre 1995, n. 9280, id., Rep. 1995, voce cit., n. 51). L'indirizzo giurisprudenziale minoritario, propugnato da Cass.

25 marzo 1996, n. 2618 (id., Mass., 257), ravvisa, invece, nella

previsione dell'art. 413, 2° comma, c.p.c. due soli fori concor

renti e alternativi, quello del luogo in cui è sorto il rapporto, e quello del luogo in cui si svolge la prestazione del lavoratore

(o si svolgeva al momento della cessazione del rapporto), alla

condizione che detto luogo coincida con quello della sede prin

cipale o di una dipendenza dell'azienda.

Orbene, per quanto attiene alla controversia in esame, pro mossa dall'aspirante lavoratore sig. Fasci nei confronti della so

cietà Ferrovie dello Stato (asseritamente obbligata alla di lui

assunzione), non si rende indispensabile optare per l'una o per l'altra lettura del testo normativo; e infatti, sia che si aderisca

all'uno come all'altro riferito indirizzo, la competenza territo

riale nella presente causa va comunque attribuita al foro di Roma.

Seguendo, infatti, l'orientamento tradizionale, poiché rispet to alla lite relativa a rapporto di lavoro ancora da costituire

fra le parti non possono operare né il foro del luogo in cui

«è sorto il rapporto» (foro che presuppone un rapporto di lavo

ro, appunto, già sorto, quantunque, in ipotesi, venuto poi ad

estinguersi) né il foro della dipendenza aziendale (foro che pre

suppone il lavoratore già addetto alla dipendenza nell'atto del

l'introduzione della lite, o quanto meno nel momento dell'estin

zione — se già avvenuta — del rapporto), altro non rimane

che dare applicazione esclusiva al terzo residuo foro (cfr. Cass.

8 febbraio 1990, n. 823, id., 1990, I, 2232), ossia al foro della

sede dell'azienda.

Seguendo, invece, l'orientamento di Cass. 2618/96, citata, ri

sultano evidentemente inapplicabili nella controversia relativa

a rapporto di lavoro non ancora costituito fra le parti entrambi

i criteri di collegamento di cui all'art. 413, 2° comma, c.p.c.: sia il forum contractus, che presuppone come si è visto il rap

porto di lavoro già costituito, sia il foro unico dell'azienda o

della dipendenza (considerato come foro della prestazione lavo

rativa), poiché anche tale foro esige l'avvenuta costituzione del

la locatio operarum (nel momento dell'introduzione della lite

il lavoratore deve trovarsi già addetto all'azienda o alla dipen denza, o deve esservi stato addetto all'epoca di cessazione del

rapporto). Sicché, non trovando applicazione nessuno dei fori

speciali dell'art. 413, 2° comma, la competenza passa al foro

generale sussidiario (quello dell'art. 19 c.p.c., implicitamente

evocato, assieme a quello dell'art. 18, dall'art. 413, 5° comma,

c.p.c.: cfr. sul punto Cass. 6 febbraio 1990, n. 823, cit.; 25

marzo 1996, n. 2618, cit.).

Conclusivamente, sia che debba farsi capo al foro dell'azien

da, di cui al 2° comma dell'art. 413 c.p.c., sia che debba opera re come sussidiario il foro della persona giuridica, di cui al 5°

comma, la competenza ratione loci nella presente lite spetta co

munque al giudice romano.

La corte provvede allora a regolare la competenza in favore

del Pretore giudice del lavoro di Roma.

Il Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 27 set

tembre 1996, n. 8528; Pres. Verde, Est. Vella, P.M. Pal

mieri (conci, conf.); Cappiello (Aw. Violante) c. Camerino

(Aw. Castellana, M. Costantino, F. Macario). Cassa App. Bari 14 febbraio 1994.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratto preli minare — Cessione del possesso di beni di uso civico — Nul

lità (Cod. civ., art. 1140, 1146, 1322, 1325, 1418, 1419, 2932; 1. 16 giugno 1927 n. 1766, conversione in legge, con modifi

cazioni, del r.d. 22 maggio 1924 n. 751, riguardante il riordi

namento degli usi civici nel regno, del r.d. 28 agosto 1924

n. 1484, che modifica l'art. 26 r.d. 22 maggio 1924 n. 751

e del r.d. 16 maggio 1926 n. 895, che proroga i termini asse

gnati dall'art. 2 r.d. 22 maggio 1924 n. 751, art. 9, 10, 21).

È nullo per impossibilità dell'oggetto il contratto preliminare

atipico, con cui le parti si siano obbligate, rispettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione possessoria (nel la specie, posizione di occupatore abusivo di terreni di uso

civico). (1)

(1) La Cassazione si pronuncia su un contratto preliminare, con cui le parti si obbligavano al trasferimento della situazione di occupatore abusivo di terre di uso civico; e lo dichiara nullo per impossibilità del

l'oggetto. La situazione giuridicamente protetta, ex art. 9 e 10 1. 1766/27, di

occupatore abusivo è considerata intrasferibile, in quanto situazione di mero fatto. La Suprema corte esclude anche l'operatività dell'istituto dell'accessit» possessioni (art. 1146, 2° comma, c.c.), per la mancanza dei necessari presupposti. In primo luogo, quindi, per l'assenza di un titolo (anche viziato) idoneo, in astratto, alla cessione del diritto di pro prietà del bene formante oggetto del possesso. Sul punto, v. App. Pa lermo 11 giugno 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Possesso, n. 18, e Temi siciliana, 1991, 180; Cass. 26 novembre 1986, n. 6977, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 13, e Foro pad., 1988, I, 229, con nota di

Lemmi; 30 luglio 1984, n. 4525, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 13; Pret. Terracina 31 maggio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 21, e Giur. it., 1985, I, 2, 257; Cass. 23 gennaio 1982, n. 456, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 57; 11 dicembre 1981, n. 6552, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 16. Inoltre, l'applicabilità al caso di specie dell'art. 1146, 2°

comma, viene esclusa, perché la norma prevede l'unione dei possessi e non la trasmissione del possesso da un soggetto ad un altro.

Il problema particolare della trasmissibilità di beni demaniali di uso civico è stato affrontato, in dottrina e, sporadicamente, in giurispru denza sotto il profilo dell'assimilazione della situazione dell'occupatore a quella possessoria, ai fini della legittimazione. Cons. Stato, sez. II, 24 novembre 1965, Nuovo dir. agr., 1981, 671, osserva che il possesso dell'occupatore abusivo ha i caratteri del «bene giuridico», i rapporti che su di esso possono essere costituiti sono regolati dal diritto comune ed è pienamente applicabile l'art. 1146 c.c. Si afferma, ulteriormente, la validità della trasmissione, a qualsiasi titolo, di terreni di uso civico

oggetto di occupazione abusiva, ai fini della legittimazione dell'occupa zione in capo all'ultimo occupatore. Nello stesso senso, Ramelli Di Celle, Legittimazione di terre di uso civico e cumulo del possesso, ibid., 661, ove si sottolinea la pratica impossibilità di scindere, ai fini della

legittimazione, con sicurezza, le migliorie apportate dall'uno o dall'al tro occupatore.

Sull'intrasmissibilità, a titolo particolare, dei terreni in oggetto, fon data sull'incommerciabilità dei beni classificati demaniali, v. Maccaro ni, Circa la trasmissibilità dell'occupazione dei beni demaniali di uso civico in possesso di privati occupatori senza titolo, in Temi romana, 1980, 685.

Le due ottiche evidenziate sono pacifiche in dottrina ed in giurispru denza (da ultimo, Cass., sez. un., 7 febbraio 1991, n. 1275, Foro it., Rep. 1991, voce Usi civici, nn. 25-27, ove si legge: «il requisito dell'ini ziale occupazione abusiva non viene meno se, dopo di essa, con l'occu

patore sia stato costituito un titolo interinale di godimento ... Il suc cessore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore, per goderne gli effetti. Con la conseguenza, nella specie, che la posizione giuridica degli occupatori iniziali delle terre si è tra smessa ai loro aventi causa». Per un precedente di più antico lignaggio, v. Cass., sez. un., 24 maggio 1921, Giur. it., 1924, IV, 127, con nota di Ciolfi, a cui dire «[. . .] nel caso in cui si siano verificate le condi zioni, per le quali l'occupatore può pretendere o chiedere la legittima zione del suo possesso . . . esse determinano un'entità economicamente e giuridicamente apprezzabile [. . .] E ciò basta perché se ne ammetta la trasmissibilità [...]. E il successore può a sua volta, come tale, far riconoscere l'esistenza di quello stato di fatto e di quelle condizioni

giuridiche a favore del suo autore e profittare a proprio beneficio del riconoscimento ottenuto»). Le due ottiche, dicevamo, sono pacifiche, ma risultano difficilmente conciliabili sul piano concreto. Si prenda, ad esempio, la fattispecie oggetto della sentenza in epigrafe: Tizio tra

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con citazione del 6 aprile 1989

Francesco Camerino convenne, davanti al Tribunale di Bari, Andrea Cappiello chiedendo, nei suoi confronti, l'emanazione

di una sentenza sostitutiva del contratto definitivo, che si sareb

be dovuto da entrambi concludere in adempimento di quello

preliminare di vendita, con il quale egli si era obbligato a tra

sferire e il Cappiello ad acquistare, per il prezzo di lire

105.911.000, alcuni fondi rustici. *

Costituitosi in giudizio, il convenuto eccepì la nullità del con

tratto preliminare, sostenendo che i beni promessi erano inalie

nabili perché gravati da diritti d'uso civico, e affermò che, ai

sensi dell'art. 1419 c.c., tale nullità si estendeva all'obbligo di

trasferimento assunto anche per alcuni terreni di cui il promit tente alienante era proprietario. E di quest'ultimo, chiese, con

domanda riconvenzionale, la condanna a restituirgli la somma

di denaro rivalutata già versatagli come parte di prezzo. Con sentenza del 5 aprile 1991 il tribunale respinse la doman

da principale, e, in accoglimento delle istanze riconvenzionali, dichiarò la nullità del contratto preliminare e condannò l'attore

a restituire al convenuto la somma di cinquanta milioni di lire

con gli interessi.

Osservò, tra l'altro, il tribunale che l'inalienabilità dei terre

ni, gravati da diritti d'uso civico, era confermata dall'art. 21

1. n. 1766 del 1927, pur riferendosi tale norma all'ipotesi delle

unità fondiarie assegnate in sede di ripartizione mentre, nel ca

so in esame, i terreni erano, per la maggior parte, abusivamente

occupati dal promittente, il quale aveva promosso il procedi mento amministrativo di legittimazione per acquistarne la pro

prietà.

Aggiunse il tribunale che, in ogni caso, non si sarebbe potuta trasferire con sentenza costitutiva, ai sensi dell'art. 2932 c.c., la posizione di occupatore arbitrario di un terreno di uso civico, trattandosi non di un diritto, ma di una situazione di mero fatto.

Contro tale pronuncia propose impugnazione il soccombente

insistendo nel chiedere l'accoglimento delle proprie pretese e il

rigetto di quelle della controparte che, a sua volta, resistette

al gravame eccependone l'infondatezza.

Con sentenza del 14 febbraio 1994 la Corte di appello di Ba

ri, in riforma della decisione di primo grado, «ha trasferito, con effetto dal momento del pagamento del residuo prezzo, la

situazione possessoria di occupatore, di cui agli art. 9 e 10 1.

sferisce a Caio il possesso del fondo Alfa, oggetto di occupazione abu

siva, il contratto è dichiarato nullo, ma Caio non restituisce il bene, che in precedenza gli era stato consegnato. A Tizio non competerà né

tutela petitoria, né tutela possessoria. Il risultato concreto sarà, quindi, che Caio non dovrà pagare il prezzo, essendo il contratto improduttivo di effetti, mentre Tizio non potrà in alcun modo recuperare la propria posizione. In definitiva Caio potrà, avvalendosi delle migliorie fatte da

Tizio, chiedere la legittimazione del fondo Alfa; a Tizio residuerà, for

se, la sola tutela dell'arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).

Questo paradossale risultato sarebbe forse stato evitato se, in sede

di interpretazione del contratto, si fosse inteso lo stesso non come preli minare di cessione di possesso, la cui inammissibilità risulta dalla co

stante interpretazione dell'art. 1140 c.c., ma come preliminare di un

diverso, e atipico, contratto, costitutivo dell'obbligo a non opporsi a che la controparte ottenesse, a suo nome, la legittimazione dei fondi

destinati ad uso civico. Convenzione probabilmente lecita, perché affi

ne a quei contratti obbligatori interprivati tra assegnatari di quote di

beni civici, al cui mantenimento sembra orientata la giurisprudenza: v. Cass. 4 agosto 1979, n. 4536, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 15, e Nuovo dir. agr., 1980, 229, con nota di Adornato.

In tale, diversa, ottica la questione si sarebbe spostata sul piano del

l'ammissibilità di un contratto preliminare di convenzione con effetti

meramente obbligatori. Sul punto, v. Gabrielli-Franceschelli, Con

tratto preliminare (dir. civ.), voce dell' Enciclopedìa giuridica Treccani,

Roma, 1988, IX. Per un precedente, v. Cass. 28 settembre 1977, n. 4120, Foro it.,

Rep. 1978, voce Vendita, n. 24, in cui i giudici disattendono la configu razione della vendita di beni di uso civico come vendita di cosa altrui

e dichiarano la nullità della stessa per impossibilità dell'oggetto. V. an

che Cass. 22 novembre 1990, n. 11265, id., 1990, I, 3396, in cui si

dichiara la nullità di atti di vendita di terre di uso civico disposti dal

comune. Su alcuni dei numerosissimi problemi posti dall'antico istituto degli

usi civici, v. Andrini, Usi civici ed attività notarile, in Vita not., 1991,

802; da ultimo, v. Corte cost. 10 maggio 1996, n. 156, e 19 marzo

1996, n. 83, Foro it., 1996, I, 2297, con nota di Pietrosanti: la prima delle due è anche riportata, id., 1995, I, 2770, con nota di Fuzio; 20

febbraio 1995, n. 46, ibid., 741, con nota di Benini. [E. Brunetti]

Il Foro Italiano — 1997.

n. 1766 del 1927, applicabile ai terreni, indicati nel contratto

preliminare nella clausola segnata col n. 1, e «ogni diritto, com

preso l'utile dominio degli appezzamenti di terreno, riportati nella clausola n. 2 del medesimo contratto».

La corte, premesso che tra le parti era stato concluso un con

tratto preliminare, ne ha ritenuto la validità sul presupposto che oggetto della promessa era stato il possesso che sui terreni, di cui al n. 1 della scrittura, l'occupatore abusivo esercitava

e per i quali aveva promosso il procedimento di legittimazione

(ai sensi degli art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927) per una situazione

che era completamente diversa da quella cui si riferisce l'art.

21 della stessa legge, che vieta le divisioni, le alienazioni e le

cessioni per qualsiasi titolo dei fondi prima della loro affran

cazione.

Ad avviso della corte la situazione possessoria poteva forma

re oggetto di contratto preliminare, essendo generatrice di dirit

ti ed espressamente tutelata dagli art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927.

In particolare, era ammissibile la trasmissione del possesso dei

terreni d'uso civico, oggetto di occupazione abusiva, potendo il cessionario giovarsi di essa per ottenere il provvedimento di

legittimazione a suo nome. E da tale conclusione derivava an

che l'ulteriore conseguenza della validità dell'intera promessa di vendita, dalla quale, comunque, non era emersa la volontà

dei contraenti di non addivenire al trasferimento dei beni, indi

cati nella clausola n. 2 della scrittura, senza la parte del suo

contenuto che fosse risultata nulla.

Ricorre per cassazione il Cappiello con otto motivi. Il Came

rino resiste con controricorso illustrato con memoria.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con i motivi terzo, quarto,

quinto e settimo, tutti connessi, si censura la sentenza impugna ta per avere la corte d'appello pronunciato la sentenza costituti

va del trasferimento del possesso, senza considerare che all'e

manazione di tale statuizione ostava l'impossibilità della cessio

ne di mere situazioni di fatto, anche se protette giuridicamente, come quelle dell'occupatore abusivo di terre d'uso civico (art. 9 e 10 1. n. 1766 del 1927), e che, quindi, il contratto atipicó, con cui le parti si erano obbligate a tale trasferimento (prelimi

nare) era nullo per impossibilità dell'oggetto. In particolare, si nega che possa addursi, a sostegno della

conclusione cui è pervenuto il giudice d'appello, la disciplina dell'accesso possessionis (si legge nella motivazione della sen

tenza impugnata: «Si deve ammettere la validità della trasmis

sione del possesso dei terreni di uso civico, ai fini della legitti mazione della occupazione abusiva in testa all'ultimo occupato

re, sia se questi sia succeduto al suo autore dopo il periodo decennale d'occupazione, sia se, invece, si debba aggiungere al

periodo d'occupazione dell'autore quello del successore a titolo

particolare . . .»), giacché per la sua operatività è necessario che,

a monte della situazione possessoria, vi sia un titolo astratta

mente idoneo al trasferimento della proprietà, titolo che nel ca

so in esame non esisteva.

Si aggiunge che la corte d'appello ha ritenuto, in ogni caso, valido il contratto preliminare, nella parte relativa ai terreni non

gravati da diritti d'uso civico, con motivazione insufficiente e

contraddittoria, e ha trascurato una serie di elementi, la cui

valutazione avrebbe determinato una decisione diversa, e, so

prattutto, non ha considerato l'osservazione con la quale il pro missario aveva fatto presente di non poter avere alcun interesse

all'acquisto dei soli terreni, esenti da uso civico, data la loro

minima estensione in rapporto a quella totale.

I motivi sono fondati per l'assorbente e decisivo rilievo del

l'intrasferibilità contrattuale del possesso disgiunto dal diritto

di cui esso costituisca l'esercizio, e, quindi, dell'impossibilità della pronuncia di una sentenza, ai sensi dell'art. 2932 c.c., in

sostituzione del contratto che si sarebbe dovuto concludere per la sua cessione in esecuzione di una promessa rimasta ina

dempiuta. Innanzi tutto, a sostegno della tesi della trasmissione contrat

tuale del possesso, non può richiamarsi l'art. 1146, 2° comma,

c.c., perché per tale norma Vaccessio possessionis, da essa pre

vista, ha, per presupposto indispensabile, l'esistenza di un tito

lo, anche viziato, idoneo, in astratto, alla cessione del diritto

di proprietà (o di altro diritto reale) del bene formante oggetto del possesso (sent. nn. 6552 del 1981, Foro it., Rep. 1981, voce

Possesso, n. 16; 3876 del 1976, id., Rep. 1976, voce Usucapio

ne, n. 19; 3369 del 1972, id., Rep. 1972, voce Possesso, n. 35;

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2607 PARTE PRIMA 2608

936 del 1970, id., Rep. 1970 voce cit., n. 26; 1378 del 1964, id., Rep. 1964, voce Locazione, n. 54).

Inoltre, la norma non prevede affatto la trasmissione del pos sesso da un soggetto all'altro, ma soltanto la possibilità per il

successore a titolo particolare (acquirente o legatario) di unire

al proprio possesso quello distinto e diverso del dante causa

per goderne gli effetti.

Dalla stessa nozione del possesso, definito dall'art. 1140 c.c.

«il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispon dente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale», si

evince la sua intrasmissibilità. Infatti, un'attività non è mai tra

smissibile, ma può solo essere intrapresa, e l'intrasmissibilità

è maggiormente evidente in ordine al possesso, in quanto l'atti

vità che lo contraddistingue deve essere accompagnata àa\\'ani

mus possidendi (volontà di esercitare sulla cosa una signoria

corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale), cioè da

un elemento che, per la sua soggettività, può essere proprio sol

tanto di colui che attualmente possiede e non di chi ha possedu to in precedenza.

Quindi esattamente si è affermato in dottrina che ciò che si

trasferisce è solo l'oggetto del possesso, il quale, invece, «non

si compra e non si vende, non si cede e non si riceve per l'effet

to di un negozio», e, perciò, «l'acquisto a titolo derivativo del

possesso è un'espressione da usarsi solo in senso empirico e

traslato».

D'altra parte, anche chi propende per la tesi contraria rico

nosce che di acquisto derivativo possa parlarsi «soltanto per sottolineare che l'acquisto del possesso ha luogo con l'assenso

e la partecipazione del precedente possessore e non con il solo

contegno di colui che acquista il possesso, come accade nell'ap prensione».

L'unica eccezione a questa regola si ha nella successione uni

versale, in quanto in tale ipotesi, in forza di una fictio legis, il possesso continua nell'erede, con effetto dall'apertura della

successione, indipendentemente dalla verificazione dei suoi pre supposti di fatto.

Il contratto preliminare atipico con cui le parti, in base al l'autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), si siano obbligate, ri

spettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione pos sessoria, come si è verificato nella specie, è pertanto nullo, ai sensi degli art. 1418 e 1325 c.c., per l'impossibilità dell'oggetto.

Pertanto, la corte d'appello avrebbe dovuto rilevare, anche

d'ufficio, tale nullità e non emanare la sentenza, sostitutiva del contratto definitivo non concluso, con la quale ha trasferito il possesso dei terreni del promitente al promissario.

Il contratto preliminare, per la parte relativa ai terreni già di proprietà del promittente è stato ritenuto valido dalla corte

d'appello, anche nella previsione che si fosse ravvisata la nullità della parte riguardante il possesso. •

Ma la motivazione adottata non regge alle critiche del ricor

rente, in quanto l'affermazione, secondo cui non era risultato che i contraenti non avrebbero concluso il preliminare senza la parte del suo contenuto coperta dalla nullità, è stata fatta omettendo qualsiasi valutazione dell'argomento — il cui esame avrebbe potuto determinare una decisione diversa — con il qua le il convenuto aveva insistito per la declaratoria di nullità del l'intero contratto (assenza d'interesse alla cessione di terreni del

l'esigua superficie di are 2,50, rispetto a quella totale promessa di oltre 21 are, «tanto più che il prezzo era stato stabilito in modo globale e forfetario, indipendentemente dalla tipologia dei fondi»).

Consegue che:

1) deve rigettarsi il sesto motivo, devono accogliersi i motivi

terzo, quarto, quinto, e settimo e dichiararsi assorbiti il primo, il secondo e l'ottavo motivo, in quanto investono punti condi zionati dalla sorte dei motivi accolti;

2) deve cassarsi la sentenza impugnata e rinviarsi la causa ad altra sezione della stessa corte d'appello per nuovo esame, che dovrà essere limitato alla questione della nullità parziale o totale del contratto preliminare, al fine della pronuncia sulla domanda di cui all'art. 2932 c.c., avente per oggetto la promes sa di trasferimento della sola proprietà dei beni.

Il Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 settem

bre 1996, n. 8477; Pres. Lanni, Est. Ravagnani, P.M. Ton di (conci, diff.); Società per il risanamento di Napoli (Avv. Della Chiesa D'Isasca, Rizzo) c. Campolongo (Avv. Pelle

grini). Cassa Trib. Napoli 10 dicembre 1992.

Lavoro (rapporto di) — Alloggio di servizio — Ritenzione —

Esclusione (Cod. civ., art. 1460).

Non ha diritto alla ritenzione dell'alloggio di servizio il portiere alle dipendenze di una società cui, alla cessazione del rappor to di servizio, non risulti sia stata offerta, come stabilito da

accordo sindacale, la locazione di altro immobile della socie

tà o, se indisponibile, l'indennità una tantum alternativamen te prevista dall'accordo stesso. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 4 marzo

1988, la Società per il risanamento di Napoli, deducendo che il sig. Vincenzo Campolongo, dopo avere svolto alle proprie dipendenze mansioni di portiere ed essere stato collocato in quie scienza il 31 gennaio 1988, non aveva provveduto all'adempi mento dell'obbligo, sancito dal contratto collettivo, di rilasciare

l'alloggio di servizio, nonostante avesse ricevuto dalla società sia comunicazione dell'indisponibilità di alloggi da concedere in locazione, sia offerta dell'indennità alternativa, chiedeva al

Pretore di Napoli di ordinare all'ex dipendente di rilasciare l'al

loggio di servizio occupato. Il convenuto eccepiva che, ai sensi dell'accordo sindacale del

28 ottobre 1983, la società datrice di lavoro poteva liberarsi

dall'obbligo assunto di concedere in locazione un alloggio, alla cessazione del rapporto di lavoro, solo nel caso in cui non vi fosse disponibilità di appartamenti, ed assumeva che, invece, esistevano immobili disponibili di proprietà della società, ma

questa non aveva proceduto a farne offerta. Il pretore adito rigettava la domanda. La Risanamento interponeva gravame, cui resisteva il Cam

polongo. Il Tribunale di Napoli rigettava l'appello, osservando quanto

segue. Dalla semplice lettura della norma pattizia risulta eviden te che fu stipulata non un'obbligazione alternativa, ma l'obbli

gazione principale di concedere un immobile in locazione e l'ob

bligazione secondaria di corrispondere una somma di denaro solo nell'ipotesi di impossibilità di adempimento della prima per indisponibilità di alloggi. L'onere della prova di quest'ultima circostanza spettava alla società, trattandosi di fatto costitutivo del diritto di liberarsi da ogni impegno negoziale, versando una somma di denaro. Peraltro, la deduzione di tale fatto e le relati ve istanze istruttorie correttamente sono state dichiarate inam missibili dal pretore, essendo state fatte non nell'atto introdutti vo del giudizio ma successivamente.

Giustamente, pertanto, è stato invocato il principio inadem

pienti non est adimplendum. Avverso questa sentenza la Società pel risanamento di Napoli

ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura. Il Campolongo ha presentato controricorso, ecce

pendo anzitutto l'inammissibilità del ricorso per mancata osser vanza del termine breve applicabile nella specie.

Motivi della decisione. — Premessa la manifesta infondatez za della sollevata eccezione, non risultando dagli atti, nonché la data, neppure la stessa notificazione della sentenza, oltre a tutto indicata quest'ultima dal medesimo resistente, nell'epigra

(1) Dictum strettamente legato alla specie decisa. Per l'affermazione, alla base della ratio decidendi, per cui l'eccezione d'inadempimento po stula necessariamente un rapporto di corrispettività ed è pertanto oppo nibile soltanto nell'ambito di un medesimo rapporto negoziale e non in altro autonomo rapporto, cfr. Cass. 8 settembre 1994, n. 7701, Foro it., Rep. 1994, voce Contratto in genere, n. 492; 11 febbraio 1987, n. 1489, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 450, entrambe citate in sentenza. Per l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento anche al di fuori dei contratti a prestazioni corrispettive, cfr. Cass. 28 ottobre 1993, n. 10723, id., Rep. 1993, voce Comunione e condominio, n. 179, secondo cui sarebbe possibile richiamarsi all'art. 1460 c.c. anche nel caso di rappor ti tra condomini. In tema di eccezione d'inadempimento nel rapporto di lavoro, cfr., di recente, Cass. 16 gennaio 1996, n. 307, Riv. it. dir. lav., 1996, II, 536, con nota di C. Saisi, Brevi note in materia di «ex ceptio inadimpleti contractus» nel contratto di lavoro subordinato. In materia di eccezione d'inadempimento in generale, cfr. Pret. Torino 20 febbraio 1995, Foro it., 1995, I, 2615, con nota di M. S. Zampetti.

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