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Sezione II civile; sentenza 29 aprile 1981, n. 2626; Pres. Moscone, Est. Iofrida, P. M. Zema (concl....

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Sezione II civile; sentenza 29 aprile 1981, n. 2626; Pres. Moscone, Est. Iofrida, P. M. Zema (concl. conf.); Fiorilla e altra (Avv. Biscari) c. Colantonio e altra. Conferma Trib. Ragusa 30 dicembre 1978 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 1903/1904-1905/1906 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172578 . Accessed: 28/06/2014 09:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.156 on Sat, 28 Jun 2014 09:36:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione II civile; sentenza 29 aprile 1981, n. 2626; Pres. Moscone, Est. Iofrida, P. M. Zema (concl. conf.); Fiorilla e altra (Avv. Biscari) c. Colantonio e altra. Conferma Trib. Ragusa

Sezione II civile; sentenza 29 aprile 1981, n. 2626; Pres. Moscone, Est. Iofrida, P. M. Zema(concl. conf.); Fiorilla e altra (Avv. Biscari) c. Colantonio e altra. Conferma Trib. Ragusa 30dicembre 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 1903/1904-1905/1906Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172578 .

Accessed: 28/06/2014 09:36

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.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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1903 PARTE PRIMA 1904

mo) il quale statuisce il venir meno della competenza del luogo dell'azienda e della dipendenza, dopo il trasferimento di esse da

oltre sei mesi, ma non statuisce affatto che, venuta meno quella

competenza, venga altresì esclusa anche quella del luogo nel quale l'azienda o la dipendenza si siano trasferite da oltre sei mesi.

Tale criterio di collegamento, previsto dal 2° comma dell'art.

413, è previsto in via generale e non già a condizione che, durante

il corso del rapporto, la sede dell'azienda o della dipendenza sia

rimasta immutata.

Anzi, l'ultrattività dei fori dell'azienda e della dipendenza sancita dall'art. 413, 3° comma, dimostra e conferma il ruolo

centrale, che nella definizione della competenza territoriale previ sta per le controversie di lavoro, hanno appunto la sede dell'a<

zienda o della dipendenza le quali, per essere destinatarie dell'at

tività del lavoratore e con questa materialmente correlate (nella

maggioranza dei casi), sono quelle più idonee a radicare il luogo di svolgimento del giudizio relativo alle controversie che derivino

dal rapporto di prestazione di opera. L'istanza deve essere, pertanto, rigettata, con l'indicazione della

competenza territoriale del Pretore di Parma. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 29 aprile 1981, n. 2626; Pres. Moscone, Est. Iofrida, P. M. Zema (conci,

conf.); Fiorilla e altra (Avv. Biscari) c. Colantonio e altra.

Conferma Trib. Ragusa 30 dicembre 1978.

Servitù — Destinazione del padre di famiglia — Costituzione

ad opera del detentore — Ammissibilità — Condizioni (Cod. civ., art. 1062).

La servitù per destinazione del padre di famiglia si costituisce

anche se lo stato di cose, dal quale risulta la servitù, è stato

stabilito dal detentore, il quale ha poi acquistato la porzione del fondo avvantaggiata senza che il proprietario manifestasse una volontà contraria alla servitù. (1)

(1) I precedenti giurisprudenziali sono sostanzialmente concordi nel l'attribuire rilevanza, ai fini della costituzione della servitù per destina zione del padre di famiglia, allo stato di cose attuato dal detentore: cfr. Cass. 14 dicembre 1973, n. 3410, Foro it., Rep. 1975, voce Servitù, n. 32 (caso di servitù posta in essere dal conduttore di un alloggio popolare, prima di divenirne proprietario, che però non è stata ritenuta validamente costituita perché creata contro la volontà dell'I.a.c.p.); Trib. Cremona 15 giugno 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 149 (situazione di asservimento creata dall'affittuario); Cass. 14 giugno 1958, n. 2032, id., Rep. 1958, voce cit., n. 102 (stato dei luoghi atto al sorgere della servitù posto in essere dai figli del proprietario cui questi aveva attribuito un mero diritto personale di godimento); Cass. 8 marzo 1956, n. 693, id., Rep. 1956, voce cit., n. 110 (caso di servitù posta in essere da un conduttore). In queste decisioni viene d'altro canto sottolineato, in maniera più o meno accentuata, che il proprietario deve essere a conoscenza delle opere fatte dal terzo detentore che pongano in essere la servitù o che, comunque, deve aver tollerato la loro esecuzione.

L'unico precedente in senso contrario, dall'entrata in vigore del codice, sembrerebbe Cass. 19 ottobre 1978, n. 4699, id., Rep. 1978, voce cit., n. 72 (inedita). Dalla massima si ricava che non è configura rle la servitù per destinazione del padre di famiglia in relazione a modifiche ed opere realizzate dagli assegnatari di alloggi economici e popolari, prima dell'acquisto della proprietà degli immobili medesimi, restando irrilevante che l'istituto assegnante, all'atto della cessione in proprietà, non sia intervenuto a ripristinare il precedente stato dei luoghi.

In dottrina, in senso conferme all'orientamento dominante in giuris prudenza, v. Branca, Servitù prediali, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, 323; Bursese, Servitù, voce del Novissimo digesto, 1970, XVII, 153; Tamburrino, Le servitù, Torino, 1968, 292; Deiana, Destinazione del padre di famiglia, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1964, XII, 324; Id., in Grosso e Deiana, Le servitù prediali3, Torino, 1963, 617 ss. (a questo scritto i giudici hanno prestato particolare attenzione nel risolvere la controversia in esame); Biondi, Funzione del possesso nella costituzione della servitù per destinazione, in Giur. it., 1959, I, 1, 217; Cavaliere, Servitù costituite per destinazione del padre di famiglia e possesso, in Mon. trib., 1958, 829; Ferranti, Il libro della proprietà, Milano, 1951, 693.

La Cassazione ha chiarito in motivazione che l'art. 1062 cod. civ. con l'espressione « siano stati posseduti dallo stesso proprietario » ha voluto indicare due requisiti distinti: l'appartenenza dei fondi alla stessa persona e il possesso, in senso tecnico, degli stessi fondi. L'assunto era stato diversamente interpretato da Messineo, Le servitù, Milano, 1949, 136, secondo il quale il legislatore non avrebbe inteso richiedere altro che l'appartenenza dei due fondi alla stessa persona (cfr., in senso conforme, De Sanctis Ricciardone, La destinazione del padre di famiglia. Presupposti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, 553); ma lo stesso a. ammette, subito dopo (op. cit., 137), la possibilità del

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto di

citazione notificato il 19 marzo 1971 i coniugi Fiorilla Giuseppe e

Mezzasalma Carmela convenivano i coniugi Colantonio Salvatore

e Interi Rosa avanti il Pretore di Vittoria e, premesso di essere

proprietari di una casa sita in contrada Bardia e confinante con

terreno dei convenuti, lamentavano che costoro avevano costruito

su tale terreno altra casa di abitazione senza il rispetto delle

distanze legali e costituito, inoltre, abusive servitù di veduta

dirette, laterali ed oblique; ne chiedevano, pertanto, la condanna

alla rimozione del fabbricato sino alla distanza legale ed all'elimi

nazione delle denunciate servitù.

1 convenuti, costituitisi, si opponevano alla domanda, deducen

do di essere divenuti proprietari del terreno, sul quale sorgeva il

loro fabbricato, con atto pubblico del 1° aprile 1970, da parte

degli stessi attori, dopo che era stata ultimata la costruzione delle

due case di abitazione, l'una — quella degli attori — eseguita nel

1963, la seconda, oggetto della domanda, negli anni 1968-1969,

senza che nel precitato rogito fossero state incluse particolari

disposizioni in ordine alle due contigue abitazioni. Assumevano

che gli attori avevano violato l'obbligo delle distanze legali rei

costruire la loro casa e ne chiedevano, riconvenzionalmente, la

condanna a demolirla o a rimuovere le opere e le serv'tù

illegittimamente create sul fondo limitrofo; chiedevano, altresì,

darsi loro atto di volersi avvalere della norma dell'art. 875 cod.

civ. e per l'effetto che venisse determinato il valore del muro da

accomunare e del suolo da occupare, salvo che gli attori non

avessero preferito arretrare la loro costruzione fino alla distanza

legale. Subordinatamente, infine, chiedevano dichiararsi che, per effetto dei presupposti di fatto e della norma di cui all'art. 1062

cod. civ., le contigue costruzioni delle parti contendenti godevano delle reciproche servitù per destinazione del padre di famiglia.

Disposta ed espletata consulenza tecnica ed escussa prova per

testi, il pretore con sentenza 17 febbraio 1977 rigettava sia la

domanda principale degli attori che la riconvenzionale dei conve

nuti e compensava per intero le spese del giudizio.

Avverso tale sentenza proponevano appello i coniugi Fioril

la-Mezzasalma, adducendo vari motivi ed insistendo nell'accogli

mento della loro originaria domanda. In particolare rilevavano

che era stato trascurato il fatto che oggetto della compravendita

dell'atto 1° aprile 1970 era stato uno stacco di terreno, senza

alcun riferimento alla casa costruita dai Colantonio, a favore della

quale non vi era stato alcun asservimento di veduta o di minore

distanza; comunque, erano assolutamente carenti i presupposti di

fatto e di diritto per ammettere l'eventuale coesistenza di recipro che servitù.

Gli appellati si costituivano con comparsa di riassunzione, non

avendo gli appellanti a suo tempo iscritto la causa a ruolo, e

chiedevano la conferma della sentenza pretorile, con l'unica ri

forma del capo relativo alla compensazione delle spese, per cui

spiegavano appello incidentale.

L'adito Tribunale di Ragusa con sentenza 29 dicembre 1978

rigettava l'appello principale dei coniugi Fiorilla e dichiarava

inammissibile l'appello incidentale dei coniugi Colantonio, con

dannando gli appellanti principali alla rifusione di metà delle

spese del grado. A tal sentenza ricorrevano per cassazione i coniugi Fioril

la-Mezzasalma, deducendo un unico mezzo. Non presentavano controricorso i coniugi Colantonio.

Motivi della decisione. — Deducono i ricorrenti violazione

dell'art. 1062 cod. civ. (in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc.

civ.): il tribunale, per rigettare l'appello proposto da essi coniugi

Fiorilla, ha ritenuto che nella specie ricorresse l'ipotesi ex art.

1062 cod. civ. (costituzione della servitù lamentata per destinazio

ne del padre di famiglia) nell'erroneo presupposto che i due

fondi, sui quali insistevano ora le due costruzioni, erano stati

posseduti dagli unici proprietari coniugi Fiorilla-Mezzasalma e che

le opere costruite erano state lasciate nello stato di fatto in cui

risultavano le reciproche servitù all'atto dell'alienazione dello

stacco a favore dei Colantonio; ditalché, considerato che l'atto di

vendita 1° aprile 1970 non conteneva alcuna contraria disposizio ne relativa alle servitù, queste dovevano intendersi stabilite, atti

vamente e passivamente, a favore e sopra ciascuno degli stacchi

separati. La doglianza è infondata. Premesso che la servitù per destina

zione del padre di famiglia s'intende stabilita ope legis per il solo

fatto che al momento della separazione dei fondi o del fraziona

possesso mediato ai fini della costituzione della servitù per destinazio ne.

Per quanto attiene al pati e alla sua qualificazione giuridica, v., in

generale, Patti, Profili della tolleranza nel diritto privato, Napoli, 1978.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mento dell'unico fondo lo stato dei luoghi sia stato posto o

lasciato, per opere o segni manifesti e univoci, in una situazione effettiva di subordinazione o di servizio, che integri de facto il

contenuto tipico di una servitù, proprio il posto ragionamento critico si volge contro i ricorrenti.

Invero, nella genesi della servitù in un comportamento a domino di porre o di lasciare i due fondi in una situazione di assogget tamento, se il comportamento del porre sussiste ogni qualvolta la

creazione dello stato di assoggettamento avvenga per volontà del

proprietario, già per tal via non si richiede, naturalmente, che le

opere necessarie per un siffatto stato siano materialmente eseguite dal proprietario e neppure che siano eseguite a sue spese; mentre

il comportamento del lasciare, per opinione corrente, si ha invece

allorché la creazione dello stato di assoggettamento sia avvenuta

senza la volontà del proprietario e questi abbia lasciato lo stesso

sussistere lo stato di assoggettamento. Ora, in materia, esatto che la servitù, quale quella stabilita ope

legis ed a titolo originario, ha la sua costituzione in una fattispe cie non negoziale (in quanto trae origine dalla volontà della legge in relazione alla situazione obiettiva di subordinazione, corrispor dente al contenuto in cui il proprietario di due fondi ne alien,i

uno), indipendentemente, quindi, da qualsiasi volontà, tacita o

presunta, dell'unico proprietario nel determinarla o nel mantener

la, non può negarsi che, non ricorrendo l'ipotesi del porre, quella del lasciare vieppiù trae la sua forza e ragione se trattasi di un

«lasciare consapevole». Indagine questa, seppur a rigore non

richiesta, nemmeno all'interprete vietata, sempre essendo possibile ed anzi consigliabile la valutazione, in relazione ad un atto o

fenomeno, a monte del comportamento del diretto interessato; anche perché è proprio il legislatore, con specificazione e puntua lizzazione di verbo, a richiedere che la situazione di assoggetta mento sia stata creata o lasciata dal proprietario di entrambi i

fondi. Con l'aggiunta che — dato l'equivoco che può di per sé

ingenerare il « lasciare » con accensione sempre di liti e disquisi zioni sul punto — giusto l'affermazione di un « consapevole lasciare » può, in concreto, risolvere, in piena tranquillità per il

giudicante, il dilemma se la servitù possa o meno sorgere anche

quando la situazione di assoggettamento esistente nel momento della separazione non sia stata voluta dall'unico proprietario dei due fondi. Esegesi questa del « lasciare » ben operata dal giudice di merito, il quale ha appunto evidenziato che la edificazione fatta dagli appellati era avvenuta con il consenso incontestato dei Fiorilla (i quali non avevano fatto questione di acquisto per accessione dell'opera o di sua rimozione, anzi avevano alienato

successivamente ai Colantonio il suolo per la regolarizzazione

dell'opera stessa) e che in tal situazione indifferente era il rilievo

che l'edificio fosse stato costruito da chi, come i Colantonio, non

era proprietario dello stacco; decisiva essendo, invece, la conside

razione che i Fiorilla avevano conservato la costruzione eretta sul

loro fondo dagli appellati, i quali già in effetti, per rapporto interno non rilevato, disponevano del suolo.

Che, poi, mancasse il voluto presupposto ex art. 1062 della

ricorrenza del possesso dei due fondi da parte dell'unico proprie

tario, è questione senza pregio apparente. Il legislatore con le parole « sono stati posseduti dallo stesso

proprietario » ha voluto esigere due requisiti del tutto distinti:

quello dell'appartenenza dei fondi alla stessa persona e quello del

possesso, in senso tecnico, di questi due fondi. Ma poiché posses' so in senso tecnico si ha — nel linguaggio del nostro legislatore — anche quando si tratti di possesso per mezzo di altri, non è

necessaria la ricorrenza di un possesso diretto, potendosi parifica re al possesso diretto quello per mezzo di altri. E, nella specie, chiaramente i Colantonio erano — come evidenziato in sentenza — meri detentori del terreno, se a costruzione avvenuta hanno

ritenuto necessario regolarizzare con atto pubblico di compraven dita il loro rapporto con il suolo su cui avevano eretto la loro

casa, ossia mai in loro era venuta meno, quoad possessionem, la

laudatio dell'effettivo dominus.

Contro i ricorrenti, infine, si volge la considerazione che in

detto atto non vi sia stato alcun richiamo della servitù: ex art.

1062 la costituzione di una servitù per destinazione del padre di

famiglia è solo impedita dalla contraria manifestazione di volontà

del proprietario dei due fondi, al momento della separazione di

essi; onde, viceversa, il silenzio sul punto integra solo il « lascia

re » dalla norma richiesto, in alternativa al porre, per la costitu

zione della servitù.

Il ricorso, pertanto, va respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 23

aprile 1981, n. 2425; Pres. Pedace, Est. Quaglione, P. M.

Gazzara (conci, conf.); Soc. S.i.o. (Avv. Montemarano, Gilar

doni) c. Cavallari (Avv. Capriolo, Ruotolo). Conferma Trib.

Milano 12 febbraio 1979.

Sequestro — Sequestro conservativo presso terzi — Credito —

Nozione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 543, 671, 678).

Il sequestro che si esegue nella forma del pignoramento presso terzi può avere ad oggetto unicamente beni mobili e crediti del

debitore verso terzi, da intendersi tale ultima espressione, non

nel senso di una generica aspettativa di una prestazione, ma

come specifico diritto al pagamento di una somma di denaro; risulta pertanto inammissibile l'atto col quale il creditore inten

da sottoporre a sequestro presso terzi i diritti sorti a favore del

debitore da un contratto di acquisto di beni immobili di incerta

natura (nella specie, sussistevano dubbi sulla qualificazione del

contratto come preliminare o definitivo). (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto

notificato l'8 e il 10 giugno 1977 la s.p.a. S.i.o. (società per l'industria dell'ossigeno e di altri gas), premesso che il presidente del Tribunale di Milano, con decreto 31 maggio 1977, aveva

autorizzato il sequestro conservativo, anche presso terzi, fino alla

concorrenza di duecento milioni di lire a carico di Angelo

Cavallari; che quest'ultimo aveva acquistato dall'impresa Giovan

ni Bottoni di Liscate due appartamenti in corso di costruzione per i quali aveva versato acconti in danaro; e che l'istante intendeva

procedere al sequestro conservativo « di tutto quanto fosse di

proprietà o in corso di acquisto » da parte del Cavallari; tutto

ciò premesso, la soc. S.i.o. conveniva davanti al Pretore di

Cassano D'Adda Giovanni Bottoni ed Angelo Cavallari affinché il

primo rendesse la dichiarazione di cui all'art. 547 cod. proc. civ.

ed il secondo vi assistesse. In calce all'atto e contestualmente alla

relata di notifica, l'ufficiale giudiziario dichiarava di sottoporre a

sequestro tutto quanto fosse di proprietà del Cavallari o in corso

di acquisto presso l'impresa Bottoni.

Con comparsa di costituzione avanti al pretore, in data 8 luglio

1977, Angelo Cavallari rilevava che — secondo la stessa soc. S.i.o. — l'atto era diretto ad eseguire il sequestro di immobili per cui,

da un lato, il pretore era funzionalmente incompetente ai sensi

dell'art. 16 cod. proc. civ. e, dall'altro, era inammissibile la forma

del pignoramento presso terzi per l'esecuzione del sequestro di

immobili: chiedeva, pertanto, al pretore di formalizzare, a norma

dell'art. 618 cod. proc. civ., la proposta opposizione.

Il Pretore di Cassano d'Adda invitava le parti a precisare le

conclusioni e quindi, con sentenza in data 31 dicembre 1977,

rigettava la domanda proposta dalla soc. S.i.o., osservando che

questa tendeva evidentemente al sequestro di immobili e che la

(1) Non constano precedenti esattamente in termini.

La dottrina è concorde nel senso di ritenere, conformemente alla

sentenza in epigrafe, che il credito sottoponibile a sequestro presso

terzi sia unicamente quello avente ad oggetto somme di denaro; v. in

tal senso S. Satta, L'esecuzione forzata, 1954, 181; Sparano, L'espro

priazione forzata e i diritti di credito, 1958, 43; v. però, nel senso

della sottoponibilità a pignoramento presso terzi anche crediti rap

presentati da frutti, derrate, ecc., D'Onofrio, Commento al cod. proc.

civ., 1957, II, 119 e 130. Sul più generale e complesso problema dell'esatta individuazione

dell'oggetto sostanziale del pignoramento di crediti (pecuniari), e cioè

se questo debba identificarsi con le somme di denaro che risultano

dovute in conseguenza del rapporto tra debitore e terzo, oppure con la

posizione giuridica, complessivamente intesa, che il creditore assume in

tale rapporto, v. nel primo senso Satta, op. cit., e nel secondo

Andrioli, Il diritto di credito come oggetto di esecuzione forzata, in

Foro it., 1941, IV, 1 ss. e Progresso nel diritto e stasi nel processo, in

Scritti in memoria di Calamandrei, 1958, 424 ss.; nonché per un

completo riesame del tema Colesanti, Il terzo debitore nel pignora mento di crediti, 1967, II, spec. 522 ss. Per ulteriori riferimenti di

dottrina e giurisprudenza v. anche l'osservazione di A. Proto, Pisani a

Cass. 19 maggio 1979, n. 2871, in Foro it., 1979, I, 1739.

Circa l'ammissibilità del sequestro e/o dell'esecuzione presso terzi di

crediti condizionati, illiquidi ed eventuali [è da ricordare che nel caso

di specie la corte ritiene che non può configurarsi come credito,

essendo questo assolutamente incerto, l'eventuale diritto (ad es. alla

restituzione o al risarcimento del danno) che al debitore esecutato

verrebbe a competere nei confronti del terzo, nell'ipotesi in cui si

facesse luogo ad es. alla risoluzione del contratto di acquisto], la

giurisprudenza è pacifica; v. infatti Cass. 16 ottobre 1959, n. 2887, id.,

1960, I, 2065; 22 ottobre 1963, n. 2803, id., Rep. 1963, voce

Esecuzione per obbligazioni pecuniarie, n. 39, richiamata in motivazio

ne; 16 luglio 1964, n. 1918, id., Rep. 1964, voce cit., n. 23; 22 luglio

1972, n. 2055, id., 1973, I, 1230, con nota di richiami di C. M. Barone,

citata in motivazione, e da ultimo Pret. Monza 9 gennaio 1978, id.,

1978. I, 1033 e Cass. 26 settembre 1979, n. 4970, id., 1980, I, 95.

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