Sezione II civile; sentenza 29 gennaio 1966, n. 356; Pres. Gentile P., Est. Pratis, P. M. Silocchi(concl. conf.); Bassetti Bellora (Avv. Scarabelli, Gagliardi) c. Soc. Tilane (Avv. Orlandi-Contucci,Fantinelli, Fornario)Source: Il Foro Italiano, Vol. 89, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1966), pp. 1303/1304-1307/1308Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155935 .
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1303 PARTE PRIMA 1304
validità rispetto a quello vigente, ispirato in subiecta ma teria ad analoghi principi.
La contraria tesi dei ricorrenti urta contro insegna menti tradizionali e, perciò, è stata giustamente disattesa.
Fondato, invece, si ravvisa il secondo motivo del ri
corso in esame, con il quale si censura l'impugnata sentenza
per insufficiente e contraddittoria motivazione sull'es senza e la funzione del muro a confine della vecchia fabbrica.
In grado di appello la società Crimi e D'Amore aveva
dedotto che, alla stregua delle risultanze della ispezione dei luoghi, eseguita dal consigliere istruttore, il proprio edificio doveva, considerarsi costruito in aderenza a quello dei Cuocolo, anche per la parte prospiciente la terrazza e
relativa scala di accesso e, quindi, non doveva essere assog
gettato all'osservanza di alcuna distanza.
Spiegava che lungo il confine dei Cuocolo ed addossato
al fabbricato di questi era rimasto il vecchio muro della costruzione preesistente, abbattuta dalla società, e che
tale muro formava parte integrante del nuovo edificio, anche perchè serviva di appoggio ad alcune terrazzine di
esso e di controspinta all'intero fabbricato.
La corte del merito, in accoglimento della contraria
tesi dei Cuocolo, ha rilevato invece che il muro, per la sua
attuale consistenza, « non è che un reliquato, trascurato nella demolizione del vecchio edificio probabilmente per la sua aderenza all'edificio Cuocolo, che ne rendeva dif
ficile e, comunque, superflua l'eliminazione », soggiungendo che «esso non adempie attualmente a nessuna funzione
specie nei riguardi della proprietà Crimi e D'Amore ».
Ora, se è vero che, in linea di diritto, un muro isolato,
privo di alcuna funzione e reliquato di una vecchia costru zione demolita, non potrebbe, per il solo fatto di essere
aderente alla costruzione del vicino, dispensare il suo
proprietario dal rispetto dell'obbligo delle distanze legali
per le nuove costruzioni, devesi tuttavia riconoscere che
la motivazione sopra riferita è nella specie insufficiente, in quanto trascura di prendere in esame l'assunto della
società ricorrente, secondo cui il muro farebbe parte della
nuova costruzione, perchè in esso si innesterebbero alcune
terrazze di questa. Ed è chiaro che se alcune terrazze del
nuovo edificio si innestassero veramente sul muro in pa rola, e fossero quindi chiuse da esso, non potrebbe dubi
tarsi che questo, anche se non avente carattere portante, farebbe in realtà parte del detto edificio, e che di esso
quindi dovrebbesi tener conto al fine di stabilire se il nuovo
edificio, nel suo complesso, violi o meno le norme del rego lamento edilizio del comune di Portici. Donde la necessità di sottoporre il materiale probatorio acquisito e le corri
spondenti deduzioni di parte ad un più penetrante e logico esame, non potendo appagare un giudizio vago ed appros simativo, tanto più se basato su ragioni di mera probabi lità, astrattamente ed ipoteticamente enunciate. (Omissis)
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 29 gennaio 1966, n. 356 ; l'res. Gentile P., Est. Pratis, P. M. Silocchi (conci, conf.) ; Bassetti Bellora (Avv. Scarabelli, Gagliardi) c. Soc. Tilane (Avv. Orlandi-Contucci, Fantinelli, Fornario).
(Cassa App. Milano 21 dicembre 1962)
Successione —• Accettazione beneficiata Azienda ereditaria jjestila dall'esecutore testamentario Effetti (Cod. civ., art. 493, 505, 703).
Cassazione in materia civile — Hicorso incidentale — Interesse — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 371).
L'erede non decade dal beneficio d'inventario se non si op pone alla normale gestione, da parte dell'esecutore te
stamentario, dell'azienda ereditaria, ma risponde illimi
latamente per le obbligazioni assunte nella gestione dal l'esecutore medesimo. (1)
E inammissibile il ricorso incidentale inteso a sottoporre all'esame della Cassazione questioni non esaminate dal
giudice d'appello per assorbimento. (2)
La Corte, ecc. :—- Svolgimento del processo. — 1121 aprile
1954 decedeva in Milano Ambrogio Bassetti Bellora, la
sciando quali eredi testamentari il figlio Giovanni e la
moglie Rita Arclienna, i quali, rispettivamente il 12 luglio 1964 e il 20 aprile 1955, accettavano l'eredità con beneficio
d'inventario. Frattanto 1*8 maggio 1954, l'esecutore testamentario,
avv. Franco De Bonis, entrava in possesso dei beni ereditari, fra cui un'azienda commerciale della quale iniziava la ge stione. Scaduto l'anno gli eredi nominavano altro profes sionista, quale amministratore della comune ereditaria, e costituivano in sostituzione della ditta individuale del
de cuius una società a responsabilità limitata.
In data 25 agosto 1955 la società « Lanificio Targetti »
otteneva dal presidente del Tribunale di Milano decreto
ingiuntivo contro i due eredi per il pagamento [di lire
(1) Non constano precedenti giurisprudenziali sul caso spe cifico, relativo all'interpretazione dell'art. 493, 1° comma, cod. civ. circa l'ambito degli atti di alienazione dei beni ereditari da esso previsti quale causa, dì decadenza dal beneficio d'in ventario.
Sull'art. 493 cod. civ. in generale, vedi : Trib. Palermo 20 marzo 1965, Foro it., Rep. 1965, voce Successione, n. 118 ; Cass. 6 luglio 1964, n. 1770, id., 1964, I, 1714, con nota di richiami.
In dottrina si è di diverso avviso. Infatti, pur nell'afferma zione della possibilità di individuare atti alienativi sia di straor dinaria sia di ordinaria amministrazione, dato il criterio econo
mico, e non giuridico, della minore o maggiore importanza pa trimoniale degli atti, al fine di una loro distinzione tra la ordi naria e la straordinaria amministrazione (vedi a tal proposito : Santoro-PassA.Rel.li, Dottrine generali del diritto civile, 1964, pag. 220-221 ; Mirabelli, I c. d. atti di amministrazione, in Scritti in onore di A. Scialoja, III, 1953, pag. 351 seg. ; Natoli, In tema di limitazione dei poteri di amministrazione di società, in Banca, borsa, ecc., 1955, I, 357 seg.), da taluni autori si so stiene che gli atti di alienazione che necessitano di autorizza zione giudiziale sono non soltanto quelli diretti a fini di liquida zione, ma anche quelli aventi fini conservativi, rientranti nella ordinaria amministrazione, i quali, peraltro, ricorrono nel caso in questione. Così : L. Ferri, Successioni in generale, in Commen tario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, pag. 313 ; Natoli, Amministrazione dei beni ereditari, II, 1947-49, pag. 121.
Anche altri autori, che hanno preso in esame il disposto dell'art. 493 cod. civ., non hanno mai inteso restringere l'appli cazione di esso agli atti tassativi di straordinaria amministra zione.
Vedi, a tal proposito : Cicu, Successioni per causa di morte, in Trattato di dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, 1961, pag. 287 seg. ; Cicu, Alienazione di beni di eredità beneficiata senza autorizzazione giudiziale, in Biv. trim. dir. proc. civ., 1951, 319-330 ; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, 1948, pag. 81-82 ; Moscarini, Beneficio d'inventario, voce ie\VEnciclopedia del diritto, V, 1959, pag. 128 ; Messineo, Manuale di dir. civ. e comm., Ili, 2, pag. 285.
(2) Riportano letteralmente i principi fissati nell'annotata sentenza le seguenti sentenze della Corte suprema : sent. 29 luglio 1964, n. 2151, Foro it., Rep. 1964, voce Cassazione civ., nn. 252, 253 ; 17 ottobre 1963, n. 2775, id., Rep. 1963, voce cit., n. 302 ; 23 febbraio 1963, n. 432, ibid., nn. 300, 301 ; 24 agosto 1962, n. 2649, id., Rep. 1962, voce cit., nn. 278, 279 ; 25 febbraio 1959, n. 534, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 139, 140 ; 7 luglio 1949, n. 1707, id., Rep. 1949, voce cit., n. 229.
Sull'ammissibilità del ricorso incidentale della parte total mente vittoriosa, la quale chieda la correzione della motivazione della sentenza, vedi Cass. 23 febbraio 1965, n. 296, id., Rep. 1965, voce cit., nn. 318, 319 ; 22 maggio 1964, n. 1266, id., Rep. 1964, voce cit., n. 241 ; 12 settembre 1963, n. 2481, id., Rep. 1963, voce cit., nn. 295, 296 ; 13 dicembre 1962, n. 3341, id., Rep. 1962, voce cit., n. 292 ; 6 giugno 1962, n. 1369, ibid., n. 293 ; 23 marzo 1961, n. 658, id., 1961, I, 588, con i relativi precedenti, alcuni dei quali almeno apparentemente difformi.
In dottrina, cfr. Andrioli, Commento, II3, 1956, pag. 549 551, 587 ; Satta, Commentario al cod. proc. civ., II, 2, pag. 18-22, 77-80, 245.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
4.804.406, per forniture effettuate alla ditta Bassetti Bel
lora, prima della morte dell'Ambrogio e durante la gestione dell'esecutore testamentario. I due eredi, con atti sepa rati, proponevano opposizione, sostenendo di non dovere
rispondere ultra vires, avendo accettato l'eredità con bene ficio d'inventario. Eiunite le cause ed espletate prove te
stimoniali sul punto del compimento di atti dispositivi nel corso della gestione della azienda, la società opposta conveniva in giudizio con atto separato l'avv. De Bonis
perchè fosse affermata la sua responsabilità quale esecu
tore testamentario, con la condanna al risarcimento dei
danni patiti dalla società lanificio Targetti. La nuova causa veniva riunita alle precedenti. (Omissis) Motivi della decisione. — Con i due motivi del ricorso
principale, da esaminarsi congiuntamente, il ricorrente
dott. Giovanni Bassetti-Bellora, denunciando la violazione
degli art. 12, delle disposizioni sulla legge generale, 703,
493, 1144 cod. civ., 105 e 116 cod. proc. civ. e altresì la
omessa e contraddittoria motivazione circa punti decisivi
della controversia, in relazione agli art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., lamenta che la corte del merito : a) abbia
erroneamente ritenuto che gli eredi Bassetti-Bellora, non
impedendo che si compisse da parte dell'esecutore testa
mentario la gestione della azienda, senza la necessaria auto
rizzazione della autorità giudiziaria, avessero attuato un
fatto analogo a quello dalla legge previsto quale causa di
decadenza dal beneficio d'inventario ex art. 393 cod. civ. ;
b) si sia contraddetta, addebitando da un lato agli eredi
di essersi ingeriti nell'amministrazione dell'esecutore te
stamentario, sì da ingenerare in coloro che concludevano
affari con l'impresa il convincimento che la gestione fosse
compiuta dagli eredi e che questi fossero obbligati, facendo
poi carico, d'altro lato, agli eredi stessi di essersi disinte
ressati della sorte del patrimonio ereditario, sebbene l'ese
cutore testamentario avesse preso a gestire l'azienda ;
c) non abbia assolto l'obbligo di valutare le prove iuxta
alligata et probata e di motivare il suo convincimento,
avendo, sul punto dell'ingerenza degli eredi sull'attività
dell'esecutore testamentario, fatto riferimento alla testi
monianza di un unico teste, dimenticando le altre ; d) ab
bia affermato apoditticamente e senza nesso logico, che
la mancata contestazione dell'operato dell'esecutore te
stamentario e la nomina di un amministratore della co
munione ereditaria comportavano « convalida » dei risul
tati della gestione dell'esecutore.
Le censure sono parzialmente fondate e sulla loro base
il ricorso deve essere accolto.
La corte del merito, in sostanza, ritenuto che la gestione
dell'impresa commerciale relativa all'azienda caduta nel
l'eredità, da parte dell'erede, o, senza sua opposizione, da parte dell'esecutore testamentario, deve essere autoriz
zata dall'autorità giudiziaria, in quanto necessariamente
importa la vendita di merci, ha dichiarato gli eredi Bas
setti decaduti dal beneficio d'inventario, ai sensi dell'art.
493 cod. civ. e, quindi, responsabili delle obbligazioni con
tratte durante la gestione dell'azienda, sia prima del de
cesso del de cuius, sia posteriormente. Osserva questa Corte suprema che i principi cui si sono
ispirati i giudici del merito sono giuridicamente errati.
Non v'è dubbio che all'erede spetta l'amministrazione
dell'eredità beneficiata e che, sino a quando i creditori
e i legatari non fanno opposizione o non chiedono la sepa razione dell'eredità, egli può provvedere normalmente alla
amministrazione stessa. Se perciò tra i beni ereditari si
trova una azienda commerciale, l'erede può senza dubbio
gestirla, rientrando ciò fra le sue facoltà ed essendo, anzi, la gestione necessaria, ove l'erede stesso non intenda pro cedere alla liquidazione per non impedire la svalutazione
e la dispersione dell'azienda, quale bene economico.
Nè può dirsi che la gestione dell'azienda da parte degli eredi debba essere sottoposta a preventiva autorizzazione
dell'autorità giudiziaria a norma dell'art. 493 cod. civ.
L'autorizzazione di cui si tratta riguarda gli atti straordi
nari di alienazione di beni ereditari, non gli atti ordinari
relativi alla gestione di un bene, come l'azienda, composto, a sua volta, di una massa di beni fluttuanti. La gestione
dell'azienda, come bene economico, comporta, invero, ne
cessariamente e di continuo, la vendita di merci e l'acqui sto di altre, in reintegrazione di quelle vendute. Pertanto, sino a che la vendita di merci d'una azienda facente parte dei beni d'una eredità è contenuta nei limiti della gestione ordinaria, essa non può essere considerata alienazione dei
beni ereditari ai fini previsti dall'art. 493 cod. civ. Tale
disposizione sarebbe, invece, applicabile di fronte ad una
vendita in massa delle merci, tale da condurre, in defini
tiva, alla liquidazione dell'azienda.
Nella specie, quindi, e a prescindere da ogni altra consi
derazione, il fatto solo di non essersi gli eredi opposti alla
gestione dell'impresa da parte dell'esecutore testamentario
non può certo comportare per essi la decadenza del bene ficio d'inventario, come non lo comporterebbe il fatto di
aver gestito l'impresa personalmente. Il ricorso principale va, pertanto, accolto. Va, peraltro,
avvertito che. il limite della responsabilità intra vires degli eredi, ove ne ricorrano in fatto tutti gli estremi, è appli cabile, comunque, soltanto alle obbligazioni contratte dal
de cuius, relativamente all'impresa e all'azienda delle quali si tratta. Per le obbligazioni contratte durante la gestione dell'impresa da parte dell'esecutore testamentario la re
sponsabilità degli eredi è invece in ogni caso integrale, ma non già perchè con tale gestione essi abbiano contratto
una responsabilità per debiti ereditari ultra vires bensì
perchè, accettata l'eredità, sia pure con beneficio d'inven
tario, le obbligazioni inerenti alla gestione dell'impresa
dopo la morte del de cuius, sono obbligazioni personali dell'erede. Nè costui può liberarsi da tali responsabilità, affermando che la gestione dell'azienda avvenne ad opera dell'esecutore testamentario ed invocando il principio con
tenuto nel 5° comma dell'art. 703 cod. civ., secondo il quale
qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica il diritto del chiamato ad accettare l'eredità con il beneficio
d'inventario (e quindi neppure è di pregiudizio alla conser
vazione del beneficio da parte dell'erede beneficiato). La continuazione dell'impresa commerciale dopo la
morte del de cuius, quando l'erede con l'accettazione della
eredità sia stato investito della proprietà dell'azienda, e quindi anche della titolarità dell'impresa, non può avve
nire che in nome dell'erede. Questi, pertanto non ha che
questa possibilità, se vuole liberarsi della responsabilità
per la continuazione dell'impresa : quella di vendere la
azienda o di passarla comunque in mani altrui, oppure, nel caso di accettazione con beneficio di inventario, di
promuovere la liquidazione a norma degli art. 503 e segg. Se, pertanto, l'azienda è in possesso dell'esecutore te
stamentario e questi esercita la gestione senza opposi zione dell'erede non v'è dubbio che il primo agisce in nome
del secondo, il quale deve rispondere integralmente delle
obbligazioni contratte per la relativa gestione. A tali principi giuridici dovrà attenersi la corte di rin
vio, così come sarà più oltre disposto. Va, infine, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale
condizionato, con il quale la società Tilane, per il caso di
esclusione della responsabilità ultra vires degli eredi, chiede
l'affermazione di responsabilità dell'esecutore testamentario, avv. De Bonis. Con tale ricorso si propone, invece, una que stione rispetto alla quale non sussiste soccombenza della so
cietà, perchè non esaminata dalla corte del merito, essendo
stata dichiarata assorbita dalla decisione sull'appello prin
cipale proposto dal Bassetti-Bellora.
Secondo la giurisprudenza di questa corte (sent. 17
ottobre 1963, n. 2775, Foro it., Rep. 1963, voce Cassazione
civ., n. 302 ; 23 febbraio 1963, n. 432, ibid., nn. 300, 301) il
ricorso incidentale, condizionato o meno all'accoglimento del ricorso principale per cassazione, è ammissibile, sempre che sussista un interesse giuridicamente rilevante, fondato
sulla soccombenza parziale di chi lo propone. Tale soccom
benza difetta quando le questioni riproposte con il ricorso
incidentale non sono state esaminate dal giudice del merito,
per essere state dallo stesso ritenute assorbite in dipendenza della portata della sua decisione su altre questioni propo ste dalle parti o rilevabili d'ufficio.
Alla dichiaratone di inammissibilità del ricorso inci
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1307 PARTE PRIMA 1308
dentale consegue la condanna della società Tilane alla per dita del deposito.
In conseguenza dell'accoglimento del ricorso principale la sentenza va cassata, ordinandosi la restituzione del depo sito al ricorrente.
La causa va, quindi, rinviata per nuovo esame ad al
tra sezione della Corte d'appello di Milano, che, nel suo
insindacabile apprezzamento dei fatti, dovrà uniformarsi
ai seguenti principi di diritto : la continuazione della ge stione dell'impresa commerciale relativa all'azienda ca
duta nell'eredità non produce per l'erede beneficiato la de
cadenza dal beneficio d'inventario, quando essa sia conte
nuta nei limiti del normale esercizio ; peraltro l'erede ri
sponde in loto con il proprio patrimonio, come di debito
suo personale, per le obbligazioni contratte da lui stesso
o da altri in suo nome nell'esercizio dell'impresa, dopo la
morte del de cuius, sino a che non trasferisca l'azienda in
mani altrui o sino a che, avendo accettato l'eredità con be
neficio d'inventario, non promuova la liquidazione a norma
dell'art. 503 cod. civile.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 10 gennaio 1966, n. 184 ; Pres.
Rossano P., Est. Onnis, P. M. Raja (conci, conf.) ; Navarra (Avv. Nicolò, Grisolia) c. Tersigni (Avv.
Rocco, Saedo).
(Cassa App. Boma 5 giugno 1964)
Cessione dei crediti — Credito iuturo — Effetti ob
bligatori del contratto -— Trasferimento del di
ritto — Fattispecie (Cod. civ., art. 1260, 1472). Cessione dei crediti ■— Credito futuro — Eccezioni
opponibili (Cod. civ., art. 1260, 1472).
Il contratto di cessione di un credito futuro ha efficacia me
ramente obbligatoria, ed il trasferimento del credito si
attua soltanto nel momento in cui questo viene ad esi
stenza (nella specie, è stato configurato come eredito
futuro la pretesa del venditore al pagamento del prezzo, la cui esigibilità era stata condizionata alla liberazione
dell'immobile dai pesi, cui il venditore medesimo si era
obbligato). (1)
(1) Non constano precisi precedenti. Si noti chela Corte
suprema sembra avere impostato in generale il problema del l'ammissibilità della cessione di un credito futuro, senza consi derare che se la cessione è a titolo gratuito (donazione) deve con siderarsi vietata dall'art. 771 cod. civile.
Probabilmente però la Cassazione ha inteso qui seguire quelle tesi per le quali la cessione del contratto è negozio a sè stante con causa variabile (sembra orientata in tal senso Cass. 6 ottobre
1962, n. 2857, Foro it., Rep. 1962, voce Cessione dei credili, nn. 2, 3, la quale non ha ritenuto necessaria nel contratto la menzione della causa, mentre tale menzione si ritiene necessaria negli ordinari contratti causali, come ha di recente affermato Cass. 21 giugno 1965, n. 1290, retro, 504, con osservazione di D'An
gelo) o addirittura negozio astratto (cfr. l'esposizione delle varie tesi sul punto in Panttccio, Cessione dei crediti, voce del
VEnciclopedia del diritto, VI, 1960, pag. 849 segg. ; Miccio, Delle obbligazioni in generali, in Commentario del codice civ., 1961, pag. 351 segg.).
In senso contrario taluni autori hanno però sostenuto che non esiste un negozio di cessione del credito, ma soltanto più negozi non riconducibili ad unità (vendita, donazione, ecc.) me diante i quali può realizzarsi l'effetto della cessione dei crediti
(così Carkabo, recensione a Panuccio, in Riv. dir. civ., 1957, I, 117, e sostanzialmente anche Schlesingeb, recensione a Re
scigno, Studi sull'accollo, in Riv. dir. civ., 1960, I, 651 segg.). L'argomento della cessione del credito futuro non risulta
comunque molto studiato ; dalla lettura dei pochi autori che sia pure di straforo, se ne sono occupati, pare però possa desu mersi che la cessione, per essere valida, deve avere ad oggetto un credito derivante da un rapporto-base già esistente, di modo
Anche in caso di cessione di un credito futuro, il debitore
può opporre al creditore cessionario le stesse eccezioni
che poteva opporre al cedente, compresa quella di inesigi bilità. (2)
La Corte, ecc. — Con l'unico mezzo, il ricorrente, de
nunciando, in rapporto all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione degli art. 1260, 1264,
1472, 1476, 1482 cod. civ. e dei principi relativi ai negozi di disposizione su cose future, nonché omessa e contrad
dittoria motivazione su punto decisivo della controversia, lamenta che la corte del merito abbia erroneamente escluso
che egli potesse opporre al Tersigni la eccezione di inesigi bilità del credito cedutogli dal Cesetti.
Il motivo è fondato. La corte del merito, dalla premessa sulla natura consensuale del contratto di cessione, ha tratto
la conseguenza che, nella specie, la titolarità del credito
fosse passata dal Cesetti al Tersigni all'atto dell'incontro
delle loro due volontà e che, in contrario, non rilevasse che
il credito ceduto fosse un credito futuro avuto riguardo alla retroattività della condizione.
Siffatte proposizioni non si appalesano esatte. Invero, se la natura consensuale del contratto di cessione importa che questo si perfeziona per effetto del solo consenso dei
contraenti, non importa, altresì che al perfezionamento del
contratto consegua sempre il passaggio del credito dal ce
dente al cessionario.
Nel caso in cui il credito ceduto sia, come nella specie, un credito futuro, il passaggio del credito dal cedente al
cessionario si verifica soltanto, per i principi che gover nano i negozi traslativi di cose future, nel momento in cui
il credito viene ad esistenza ; prima di allora, il contratto,
pure essendo perfetto, esplica efficacia meramente obbli
gatoria. Il riferimento della sentenza impugnata al contratto
condizionato ed alla retroattività della condizione si appa lesa fuori luogo, non potendo ricondursi ad una unica di
sciplina due figure nettamente diverse e distinte quale la
cessione condizionata e la cessione di un credito futuro.
Infatti, mentre nella cessione di credito sottoposta a
condizione sospensiva, il credito già esiste nel patrimonio del cedente nel momento in cui il negozio si conclude pure essendo la produzione degli effetti del negozio stesso subor
dinata ad un avvenimento futuro ed incerto nella cessione di credito futuro, invece, nel momento in cui il negozio si conclude, il credito non esiste ancora nel patrimonio del
cedente, onde gli effetti traslativi non si verificano all'atto della perfezione del negozio, ma non appena il credito verrà ad esistenza.
Se il credito ceduto non è ancora esistente, è naturale
venga ceduto così come sorgerà, nessun obbligo incombendo al debitore ceduto di far sorgere il credito stesso nel modo
più conveniente al cessionario. Invero se la cessione realizza una successione partico
lare nel lato attivo del rapporto obbligatorio, questo, pe raltro, non viene novato, ma per il debitore ceduto rimane
oggettivamente lo stesso, onde il debitore non ha doveri o diritti maggiori o diversi da quelli che aveva prima e può
che il credito stesso sia determinato, o determinabile, già al mo mento della conclusione del contratto (cfr. Rubino, op. cit., pag. 175-176 ; e per qualche riferimento, la problematica che pone l'art. 2852 cod. civ., su cui possono consultarsi lo stesso Rubino, L'ipoteca mobiliare, e immobiliare, 1956, pag. 31 ; Gorla, Pegno Ipoteca, in Commentario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1955, pag. 550-551). In caso contrario, non potendosi sapere quale sarà la consistenza del credito, si sarà in presenza o di una vendita nulla o di una emptio spei aleatoria (art. 1472, 2° comma, cod.
civ.) (v. Rubino, op. cit., pag. 231-214 ; Gorla, La compraven dita e la permuta, 1937, pag. 242 segg.).
(2) Non constano precedenti. Sulle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario, possono però consultarsi, nello stesso senso, Cass. 6 marzo 1962, n. 423, Foro it., Rep. 1962, voce Cessione dei crediti, n. 5 ; Panuccio, Cessione dei crediti, voce dell' Enciclopedia del diritto, VI, I960, pag. 866.
U. M.
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