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sezione II civile; sentenza 29 luglio 1994, n. 7144; Pres. Patierno, Est. Calfapietra, P.M....

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sezione II civile; sentenza 29 luglio 1994, n. 7144; Pres. Patierno, Est. Calfapietra, P.M. Carnevali (concl. conf.); Moramarco e altri (Avv. Giancaspero) c. Palmisano (Avv. Russo Frattasi). Cassa App. Lecce 15 ottobre 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 565/566-567/568 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188834 . Accessed: 28/06/2014 09:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 09:25:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione II civile; sentenza 29 luglio 1994, n. 7144; Pres. Patierno, Est. Calfapietra, P.M.Carnevali (concl. conf.); Moramarco e altri (Avv. Giancaspero) c. Palmisano (Avv. RussoFrattasi). Cassa App. Lecce 15 ottobre 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 565/566-567/568Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188834 .

Accessed: 28/06/2014 09:25

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Come ha sottolineato la stessa commissione, non c'è dubbio

che l'attribuzione dell'alloggio al socio, effettuato dalla coope rativa a norma dell'art. 114 r.d. n. 1165, cit., non ha carattere

di locazione, in quanto essa comporta la proprietà comune del

bene ed è trasmissibile ai familiari secondo la speciale disciplina ivi prevista. Trattasi, come questa corte ha già avuto occasione

di stabilire in passato, di trasferimento a titolo di diritto di abi tazione (Cass. 21 aprile 1964, n. 947, Foro it., Rep. 1964, voce

Case popolari ed economiche, n. 47), che nella disciplina tribu

taria, è assimilata alle «assegnazioni di case di abitazioni fatte

ai soci di cooperative edilizie, a norma del r.d. 28 aprile 1938

n. 1165», comprese tra le operazioni che (non) possono essere

considerate «cessioni di beni» (art. 2, lett. g, d.p.r. n. 633, cit.). In entrambi i casi, infatti, si realizza una cessione di beni me

diante il trasferimento di un diritto reale. D'altronde, non si

spiegherebbe come l'attribuzione di un diritto di abitazione, per

giunta trasmissibile entro determinati limiti temporali a terzi, e che comporta anche la cessione di una quota indivisa del pa trimonio, possa essere configurata una prestazione di servizi.

Si aggiunga che una interpretazione del disposto di cui al cit.

art. 2, lett. g), che postuli un diverso regime tributario per l'as

segnazione in godimento rispetto alla cessione in proprietà, com

porterebbe, in contrasto col dettato costituzionale, una ingiusti ficata disparità di trattamento tra due ipotesi sostanzialmente

omologhe, perché sottrarrebbe irragionevolmente dal campo di

applicazione dell'Iva soltanto le assegnazioni in proprietà a soci

da parte di cooperative a proprietà divisa.

D'altra parte, in tal senso il legislatore si è chiaramente espresso nel d.p.r. del 1979, come è reso palese dalla relazione ministe

riale allo schema del provvedimento, che, richiamando «il vi

gente testo del 3° comma, lett. g), dell'art. 2», ha sottolineato

la unitarietà della disciplina delle due operazioni, precisando che l'ipotesi dell'assegnazione in godimento deve ritenersi com

presa nell'ambito della disciplina prevista dall'art. 2, lett. g),

sopra richiamato.

Infine, la sostanziale omogeneità delle due fattispecie ha tro

vato ulteriore conferma nelle disposizioni della 1. 27 aprile 1989

n. 154, avendo il legislatore, anche in tal caso, previsto (art.

1, 2° comma) una regolamentazione comune per entrambe le

ipotesi. 4. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, è evi

dente l'infondatezza del ricorso incidentale — proposto, condi

zionatamente, dall'amministrazione — col quale si deduce che, una volta riconosciuta la estraneità delle assegnazioni in godi mento all'ambito delle cessioni di cui agli art. 1 e 2 del decreto

istitutivo dell'Iva, il relativo regime dovrebbe desumersi da quello di esenzione dettato per le locazioni, stante la identità di fun

zioni dei due istituti. Come, infatti, si è già osservato, nella disciplina positiva sul

l'imposta del valore aggiunto, la struttura giuridica dell'asse

gnazione in godimento a proprietà indivisa non è rapportabile alla locazione.

5. - In conclusione, devono essere accolti il primo ed il secon

do motivo del ricorso principale, e vanno dichiarati assorbiti

gli altri due motivi dello stesso ricorso. Va, invece, rigettato il ricorso incidentale. Conseguentemente, la decisione impugna ta deve essere cassata, con rinvio alla stessa Commissione tribu

taria centrale, che deciderà adeguandosi ai suenunciati principi di diritto.

Il Foro Italiano — 1995.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 29 luglio

1994, n. 7144; Pres. Paterno, Est. Calfapietra, P.M. Car

nevali (conci, conf.); Moramarco e altri (Aw. Giancaspero) c. Palmisano (Avv. Russo Frattasi). Cassa App. Lecce 15

ottobre 1991.

Vendita — Preliminare — Immobili a corpo — Indicazione del

l'estensione — Rettifica del prezzo — Configurabilità (Cod.

civ., art. 1538).

Nella vendita, cosi come nel preliminare di vendita di immobili

a corpo la menzione nel contratto della misura del bene con

sente, in presenza di uno scarto superiore al ventesimo tra

la misura reale e quella indicata, la rettifica del prezzo ai sen si dell'art. 1538 c.c., salvo che le parti abbiano manifestato la volontà di derogare alla norma stessa, avente carattere di

spositivo. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 15/17 settembre 1980, Michele Moramarco, Rocco Martino, Franca Popolizio e Nicola Lorusso convennero in giudizio, da

vanti al Tribunale di Brindisi, i fratelli Michele e Vito Palmisa no, e dichiararono che, con scrittura privata del 1° luglio 1970, avevano promesso di acquistare dai convenuti, i quali avevano

loro promesso di vendere, un appezzamento di terreno agricolo di loro proprietà sito in agro di Fasano, località Torre Canne, esteso mq. 6.981 ed opportunamente individuato con l'indica

zione dei confini, per il prezzo di lire 86.000.000, parte del qua

le, ammontante a lire 10.000.000, subito versata a titolo di ca

parra; a seguito di misurazione, il terreno oggetto del contratto

preliminare era risultato di estensione pari a mq. 4.776; chiese

ro pertanto al tribunale la riduzione proporzionale del prezzo convenuto ai sensi dell'art. 1538 c.c. ed il trasferimento del fon

do a loro nome ai sensi dell'art. 2932 c.c., oltre al risarcimento

del danno per il suo mancato godimento. Nel costituirsi in giudizio i promittenti contestarono la do

manda e ne chiesero il rigetto, sostenendo l'inapplicabilità del

l'art. 1538 c.c. In via riconvenzionale chiesero l'annullamento

del contratto per errore, dato che in esso era stata riprodotta

(1) La sentenza si aggancia alla precedente Cass. 9 luglio 1991, n.

7594, Foro it., Rep. 1992, voce Vendita, n. 93 (annotata da De Tuia in Giust. civ., 1992, I, 1555), opponendosi al diverso (e dominante) orientamento giurisprudenziale accolto, da ultimo, in Trib. Napoli 10

maggio 1989, (Foro it., 1990, I, 2325, con richiami di dottrina e giuris prudenza). Secondo quest'ultima pronuncia, nella vendita immobiliare a corpo l'eventuale indicazione della misura del fondo non è sufficiente ai fini della rettifica del prezzo quando costituisce un mezzo ulteriore

per l'individuazione dell'immobile o, comunque, non ha funzione es senziale nella determinazione del prezzo (nello stesso senso: Cass. 18

gennaio 1984, n. 422, id., Rep. 1984, voce cit., n. 73; 29 gennaio 1983, n. 827, id., Rep. 1983, voce cit., n. 42; 5 gennaio 1983, n. 576, ibid., n. 41; 25 febbraio 1982, n. 1196, id., Rep. 1982, voce cit., n. 84. Più risalente Cass. 5 aprile 1971, n. 974, id., 1972, I, 755, con nota di

Branca). Il nuovo indirizzo, espresso dalla presente pronuncia concordemente

alla pressoché unanime dottrina, allarga invece l'ambito di applicazione del rimedio della rettifica del prezzo, escludendo la necessità di verifica re l'esistenza di uno specifico collegamento tra estensione dell'immobile e prezzo.

Si osserva, infatti, che nella vendita a corpo per definizione il prezzo non è determinato in funzione della misura. D'altra parte, quest'ultima può essere comunque indicata dalle parti con il valore di una descrizio ne ulteriore del bene e senza alcuna connessione con il prezzo. È ap punto a tale fattispecie che deve riferirsi il rimedio della rettifica di

cui all'art. 1538 c.c. (tali argomentazioni si trovano in Greco, Cotti

no, La vendita, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981,

499). Richiedere, come fa la giurisprudenza citata, che la miura abbia

funzione essenziale ai fini della determinazione del prezzo significa evi

dentemente rovesciare la prescrizione normativa in esame, portandola nel diverso ambito della vendita a misura (Gardani Contorsi Lisi, La

compravendita, Torino, 1985, 385). Per una rassegna sulla disputa, si veda, da ultimo, Lepri, La com

pravendita immobiliare, Milano, 1993, 373 s.

Infine, va segnalato Trib. Napoli 18 febbraio 1964, Foro it., Rep.

1964, voce cit., n. 116, secondo cui la richiesta di rettifica del prezzo ex art. 1538 c.c., presupponendo la definitività del contratto di compra vendita e l'avvenuto trasferimento del bene al compratore, non è pro

ponibile nel caso di promessa di vendita. Per l'applicazione del rimedio

anche al preliminare, v. invece Cass. 9 giugno 1981, n. 3721, id., Rep. 1981, voce cit., n. 120.

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PARTE PRIMA

l'estensione del fondo indicata nel loro titolo d'acquisto, ed il

risarcimento del danno.

A conclusione dell'istruzione probatoria — concretatasi nel

l'interrogatorio formale delle parti, in una prova testimoniale

e in una consulenza tecnica — il tribunale, con sentenza del

28 aprile 1989, rigettò la domanda dei promissari e li condannò

alla rifusione delle spese in favore dei Palmisano.

A seguito dell'impugnazione prodotta dai soccombenti e di

quella incidentale formulata dai promittenti, il contraddittorio

tra le parti si instaurò nuovamente davanti alla Corte d'appello di Lecce, la quale, con sentenza del 15 ottobre 1991, rigettò sia il gravame principale che quello incidentale, confermando

la decisione del tribunale.

Contro la sentenza Michele Moramarco, Rocco Martino, Fran

ca Popolizio e Nicola Lorusso propongono ricorso per cassazio

ne e formulano un solo motivo di impugnazione. Gli intimati

resistono con controricorso e formulano ricorso incidentale con

dizionato sostenuto da un solo motivo.

Motivi della decisione. — 1. - Va pregiudizialmente disposta la riunione dei due ricorsi, separatamente proposti contro la

stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 2. - Con l'unico motivo i ricorrenti principali denunziano «vio

lazione dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. in relazione all'art. 1538

c.c.» su punti decisivi della controversia costituiti: a) dal fatto

di non avere la corte considerato che il rimedio della rettifica

del prezzo è dato in via normale e presuntiva, b) dall'avere la

corte ritenuto il carattere marginale della indicazione del prezzo in quanto riferito complessivamente e genericamente all'intero

immobile, c) dalla considerazione del loro interesse all'indica

zione della misura e dalla mancata misurazione del fondo da

parte loro, d) dalla asserita conoscenza da parte loro della con

sistenza del fondo, e) dalla valutazione della delega conferita

dai promittenti all'agente immobiliare e dall'inserzione pubbli citaria da loro fatta su un quotidiano, f) dalla mancanza di

obiezioni opposte dai promittenti alla contestazione relativa alla

minore estensione del terreno loro fatta con lettera raccoman

data, g) dal fatto di essersi i promittenti difesi affermando che

l'estensione effettiva era assai vicina a quella dichiarata, h) dal

contenuto del capo 3 dell'interrogatorio deferito dai promitten

ti, i) dalla difesa dei promittenti, nel corso delle indagini perita

li, diretta a sostenere che il fondo aveva un'estensione di gran

lunga superiore a quella indicata dal consulente tecnico d'uffi

cio, e dalla loro perfetta conoscenza, desumibile dagli atti di

causa, della effettiva estensione del fondo, inferiore a quella indicata nell'atto.

Le censure sono fondate per quanto di ragione. Come risulta dalla sentenza impugnata, i giudici di merito

hanno accertato, in punto di fatto, che oggetto della scrittura

privata del 1° luglio 1980 era stata la proprietà comune «di un appezzamento di terreno agricolo, sito in agro di Fasano, località Torre Canne, della superficie complessiva di mq. 6.981, confinante con via Messina, via di piano regolatore, con pro prietà Amati Emerenziana, in catasto alla partita 8613, foglio 124, particella 144/6 di are 69,81»; «il prezzo di vendita com

plessivo dell'intero immobile» era stato convenuto tra le parti i lire 86.000.000, in conto del quale i promissari avevano versa to ai promittenti complessivamente la somma di lire 10.000.000

Il giudice d'appello ha anche accertato, per mezzo della esple tata consulenza tecnica, che l'estensione effettiva del fondo era

inferiore di oltre un ventesimo rispetto a quella indicata nel con tratto (mq. 4.666 anziché mq. 6.981), ma ciò nonostante ha

ritenuto di non potere accogliere la domanda di riduzione del

prezzo, dato che questo era stato determinato indipendentemente dalla estensione del fondo.

La corte ha puntualmente esaminato, a tal proposito, le pro ve addotte dalle parti a dimostrazione dell'interesse contrappo sto di ciascuna di loro, e si è convinta che tutti gli elementi

probatori inducevano concordemente a ritenere che il Moramar

co, il Martino, la Popolizio ed il Lorusso avevano acquistato il fondo, a ciascuno di loro ben noto, per quello che era, indi

pendentemente dalla sua estensione effettiva.

Cosi decidendo, però, il giudice di merito è incorso in una falsa applicazione dell'art. 1538 c.c., perché, dopo avere corret

tamente attribuito al contratto intercorso tra le parti la natura di preliminare d'una vendita a corpo, ha omesso di accertare, con una più puntuale ed approfondita disamina del contenuto

del contratto, gli elementi dimostrativi della comune volontà

Il Foro Italiano — 1995.

delle parti di derogare alla disciplina prevista dalla citata nor

ma, analizzando se l'indicazione della superficie del terreno fu

fatta dai contraenti per esprimere la misura, sia pure approssi

mativa, del corpo dell'immobile e determinare il suo prezzo, o per altri irrilevanti motivi, se insomma essi ebbero o meno

la comune intenzione di conferire a tale indicazione il valore

di base certa ed inequivoca per il riconoscimento di una diffe

renza, utile alla diminuzione o al supplemento del prezzo, con

la misura reale dell'immobile stesso.

Questa Corte suprema ha già avuro modo di affermare —

e non v'è ragione per discostarsi da questo orientamento —

che nella vendita immobiliare a corpo la menzione nel contratto

della misura del bene costituisce, nella previsione dell'art. 1538

c.c., un elemento cui la norma stessa — ricorrendo lo scarto

superiore al ventesimo tra la misura reale e quella indicata —

attribuisce rilevanza ai fini della rettifica del prezzo, salvo che

le parti abbiano manifestato la volontà di derogare alla norma

stessa, avente carattere dispositivo, e perciò che dall'interpreta zione del contratto risulti che i contraenti abbiano considerato

irrilevante l'effettiva estensione dell'immobile, quale che essa

sia (Cass. 9 luglio 1991, n. 7594, Foro it., Rep. 1992, voce Ven

dita, n. 93). La sentenza va dunque cassata. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 giugno

1994, n. 5606; Pres. Donnarumma, Est. Micali, P.M. Leo

(conci, conf.); Inps (Avv. Pansarella, Cantarini) c. Oltoli

ni e altra (Aw. D'Amati, Consonni). Conferma Trib. Mon

za 9 aprile 1992.

Lavoro (rapporto di) — Trattamento di fine rapporto — Obbli

gazione del fondo di garanzia — Natura retributiva — Con

seguenze in tema di prescrizione (Cod. civ., art. 2948; r.d.

26 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 94; 1.

29 maggio 1982 n. 297, disciplina del trattamento di fine rap

porto e norme in materia pensionistica, art. 2).

Posto che l'obbligazione a carico del fondo di garanzia per il

trattamento di fine rapporto è di natura retributiva, la mede

sima è assoggettata alla interruzione del decorso del termine

di prescrizione quinquennale, nel caso in cui il lavoratore in

soddisfatto si insinui nella procedura fallimentare promossa nei confronti del datore di lavoro. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 mag

gio 1994, n. 5043; Pres. Donnarumma, Est. Prestipino, P.M.

Tondi (conci, conf.); Inps (Avv. Pansarella, Cantarini) c.

Servo ed altri (Avv. Grassi, Correrà). Conferma Trib. Na

poli 7 dicembre 1991.

Lavoro (rapporto di) — Trattamento di fine rapporto — Falli mento — Rivalutazione monetaria ed interessi — Decorrenza

(Cod. proc. civ., art. 429; 1. 29 maggio 1982 n. 297, art. 2).

In caso di fallimento del datore di lavoro, il fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è tenuto a corrispondere al lavoratore l'intero ammontare del credito comprensivo sia

della somma capitale, che della rivalutazione monetaria e de

gli interessi fino al momento dell'effettivo pagamento. (2)

(1-2) Le sentenze concordano sulla configurabilità del credito vantato dai lavoratori nei confronti del fondo di garanzia come credito retribu

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